Ventiduesimo Capitolo!

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Non so bene come descrivere le emozioni che sento, nemmeno quando mi rifugio in casa. Premo la schiena contro la superfice dura del portone e ascolto i battiti del mio cuore, che sembrano impazziti del tutto. Non mi accorgo di nessuno fin quando non sento delle voci provenire dal fondo del piccolo corridoio. Quando apro gli occhi, mi ritrovo davanti mia sorella e mia madre che discutono. Roteo gli occhi: altre discussioni, mi mancava solo questo adesso.

Lentamente le raggiungo cercando di capire il perché di tanto astio, ma le due donne non mi prestano attenzione, continuano a urlare e agitano le mani come se fossero delle esaurite.

Mi schiarisco la voce con un colpo di tosse. «Allora il motivo di tutto questo baccano?». Inarco un sopracciglio e resto in attesa di ricevere una risposta.

Chloe pianta i suoi occhi duri nei miei. «Tua madre è impazzita», le punta il dito contro. «vuole costringermi a denunciare il mio ex».

Cerco lo sguardo di mia madre, confusa da tutto questo. «Perché?». Non capisco cosa sia successo adesso, il suo ex ragazzo, Nathan non è stato il miglior fidanzato del mondo.

Con le labbra allungate in una linea dritta e dura, si allontana da noi raggiungendo la cucina, così velocemente che sembra che stia fuggendo. Lo fa sempre quando è sull'orlo di perdere ogni forma di lucidità.

«Mamma allora? Mi spiegate cosa è successo con Nathan?». Incalzo accigliata mettendomi a pochi passi da lei così da non farla andare via.

Esasperata emana uno sbuffo e poggia le mani sul tavolo. «Hannah, Nathan è uno stalker e tua sorella non ragiona. Ashton è arrabbiato e tua sorella non fa nulla per sistemare le cose. Sta sempre al telefono con quello lì, esce tutte le sere e non torna mai a casa. Deve trovarsi un lavoro, io non posso essere l'unica a mantenere questa famiglia». È stanca, non solo riesco a notarlo dal suo viso, ma anche il modo in cui emette fuori quelle parole, mi fa sentire un peso sulle sue spalle.

Forse dovrei mettere da parte l'orgoglio per una volta e aiutarla, forse solo così inizierò davvero a sentirmi meglio. Pianto i miei occhi nei suoi.

«Chloe sei impazzita? Quello lì ti ha tradito un miliardo di volte, ti ha quasi violentata e tu continui a stargli dietro?», urlo severa e la guardo con tutta la delusione che riesco a provare. Perché tutte le persone a cui voglio bene mi deludono frequentemente? «e non pensi ad Ash? Ci tiene davvero a te, cazzo Chloe, sei tu quella che dovrebbe farmi una predica e non io. Non ti importa di me e della mamma, l'importante che Chloe White sta bene ed esce tutte le sere per fare la ragazza australiana perfetta», sventolo le mani in aria più volte, piombandole addosso ogni mia rabbia e delusione possibile. Le parole mi escono fuori con una tale facilità che non mi rendo conto di poterla ferire. Ma è sempre la stessa storia con lei, ritorna sempre dove si è fatta male e mi domando se questo modo così malsano non sia dovuto alla conseguenza dell'abbandono.

Ho così tanto bisogno di lei e del suo supporto e lei nemmeno se ne rende conto che e chiedo aiuto anche senza dirlo ad alta voce. Mi sento sempre più invisibile ai suoi occhi.

La vedo indietreggiare, vacilla dinanzi ai nostri occhi accusatori e delusi. «Non sono perfetta, okay?», urla esasperata. «Nath mi ha solo chiesto di parlare per chiedermi scusa». Sputa fuori quelle parole come credesse lei stessa che possa succedere per davvero.

«Non ti chiama assiduamente ogni fottuta ora e nel cuore della notte», ghigna nostra madre. Ha gli occhi fuori dalle orbite talmente la rabbia che starà provando. «non mi va più bene che non hai un lavoro e non vuoi riprendere gli studi. Quindi non mi interessa di cosa pensi, da domani ti svegli ad un orario decente e andrai a trovare lavoro e stasera non uscire», punta il dito accusatorio contro di lei. Rabbrividisco al suo tono così severo e glaciale, ho sempre avuto paura di questo lato di mia madre. Non è mai stata la classica madre che mette i paletti e dei limiti, ci ha sempre lasciate libere di sbagliare ma adesso è esausta da noi due. In fondo ha due figlie che non riescono a produrre nulla di buono, se non altri guai e problemi.

«Non puoi fari questo», protesta battendo il piede a terra. Sembra una bambina.

«Sì che posso, sono tua madre e un giorno mi ringrazierai», ignora le sue proteste. «se non vuoi denunciarlo, bene lo farò io stessa domani. Ho già parlato con l'avvocato di Liam, basta solo una mia parola e tutto sarà finito». La sfida e so che è capace di farlo, perché nell'ultimo periodo ha dimostrato di avere una forza che aveva perso da anni.

Gli occhi di Chloe si restringono in due piccole fessure e si avvicina minacciosa a nostra madre. «Mi stai ricattando?». È fuori controllo.

Mia madre sostiene il suo sguardo con fermezza. «Non mi fai paura, Chloe. Sei solo una ragazzina che gioca a fare l'adulta. Prenditi le tue responsabilità per una volta. Lui non è cambiato, è lo stronzo possessivo di sempre. Ti devo ricordare di quanto ti ha fatta star male? Sei arrivata al punto di essere ricoverata in ospedale mentre tua sorella è rimasta da sola e forse è anche colpa tua se adesso è ridotta così». Non ha mai avuto il coraggio di dire queste cose. Cala un pauroso silenzio, un silenzio che ho paura di infrangere e di dire addio alla mia famiglia, quel poco che resta.

Ansimo alle sue parole. Giurerei di aver sentito il cuore di Chloe rompersi esattamente come il mio. Nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di dire una cosa simile e di incolparci a vicenda, abbiamo sempre dato la colpa ad un unico carnefice, mio padre.

Ricordo quel periodo. Mamma non c'era mai a casa e Chloe aveva sbalzi d'umore allucinanti. Le giornate trascorse in ospedale, i pianti isterici di Chloe, il suo rifiuto di mangiare e di ricevere aiuto hanno permesso che ci allontanassimo a poco a poco, affrontando l'abbandono da soli, elaborando il dolore da sole.

Chloe cerca di resistere all'affondo di nostra madre, fa di tutto per mantenere il suo sguardo ed essere dura. «Vorresti darmi la colpa di tutto? Sarebbe mia la colpa se tua figlia è una stronza egoista del cazzo?», urla furiosa puntando il dito contro di me. Dentro al suo urlo riesco a sentire il suo dolore, lacerante quanto il mio. Dentro ai suoi silenzi si nasconde un'anima ferita, Chloe non è quella che vedo ogni giorno, mi sono lasciata ingannare dalla sua facciata, non mi sono resa conto che in realtà anche lei soffre quanto me.

«Oh dio Chloe non mettermi parole in bocca che non ho detto», urla esasperata la donna con le mani praticamente fra i capelli. «ma cosa vi sta succedendo, eh? Da quando vostro padre vi ha mandato quella stupida lettera che vi state comportando come due squilibrate. Tu Hannah bevi e ti ubriachi e salti la scuola», i suoi occhi feriti scivolano nei miei gelandomi sul posto. Tutto il calore che ho percepito con Harold si dissolve nell'aria. Mi sento vuota. «tu Chloe invece, sei sempre in giro a fare chissà cosa, non ci sei mai a casa e tanto meno di preoccupi per noi, ti sembra un comportamento da responsabile?». Il suo viso è panozzo dalla rabbia, quasi la vedo cedere a quell'emozione così distruttiva.

Alza talmente la voce che sono sicura che i vicini stanno ascoltando tutto. Chissà quale idea si saranno fatte su di noi, penseranno di sicuro che siamo un'altra famiglia sfasciata, con dei problemi e bisognosa di aiuto.

«Mamma», mia sorella avanza verso di lei. Due leonesse pronte ad azzannarsi e ferirsi a vicenda. Forse è solo colpa mia se sta succedendo tutto questo casino. «Hannah non ha più cinque anni okay? È grande ed è consapevole di ogni scelta che fa, non ha bisogno di essere coperta le spalle. Non è colpa mia se non va bene a scuola e ti crea problemi», ringhia. Posso notare il tremolio delle sue mani. Ha una crisi isterica e nostra madre è pronta a esplodere per rinfacciarci tutto, facendoci quasi sentire in colpa di ogni scelta che ha dovuto prendere da sei anni a questa parte.

«No, ma potresti aiutarla, è tua sorella», mi indica solo con lo sguardo.

Mi sento di troppo. Resto ammutolita mentre le persone più importanti della mia vita discutono per me.

«Sa badare a sé stessa», insiste Chloe. La realtà non è così, non sono in grado di prendere una sola sensata che non crei danni. Faccio sempre scelte sbagliate, incasinando la vita di chi mi è intorno.

«Dici?», mamma scoppia a ridere. Mi sento ferita dal suo scetticismo nei miei confronti. Anche lei non si fida di me. Indietreggio di alcuni passi, senza nemmeno volerlo, le lacrime puntano gli angoli dei miei occhi.

«La smettete voi due di parlare di me come se non ci fossi?», intervengo a mia volta urlando. Le due si voltano verso di me. «mamma capisco la tua rabbia e ne hai tutte le ragioni, ma addossare tutta la colpa su di noi è da codardi. Io non so bene quello che vi è successo, ma ci avete messe voi in questa situazione», serro la mano in un pugno, riferendomi a lei e a mio padre. Vorrei solo averlo di fronte e dirgli tutto quello che penso di lui e liberarmi da questo senso di vuoto e di rabbia che mi affligge ogni giorno. «quindi mamma scusami se non riesco a fidarmi di qualcuno come vorrei e di rifiutare di andare al matrimonio di mio padre. Scusa se faccio fatica a parlare di quello che mi succede con qualcuno senza aver il timore di essere fregata e il mio dolore usato come mezzo per ferirmi», le lacrime ormai hanno preso possesso del mio viso, non me ne curo. Cedo, ne ho bisogno. Ho bisogno di cadere, di toccare il fondo e di non alzarmi più.

Il fatto che non chiedo aiuto non significa che non ne abbia bisogno, ma nessuno se ne rende conto, special Chloe che sembra essere più facile per lei credere che la mia forza sia reale, ma non che stia fingendo per tutto il tempo.

Mamma scivola lontana da Chloe. I lineamenti duri ora si addolciscono e la preoccupazione si imbatte sul suo viso. «Hannah non me l'avevi mai detto». Tentenna dalla voglia di toccarmi, allunga e allontana la mano ogni volta.

Scuoto il capo. «Non bisognava dirtelo, si capiva, soprattutto dopo che Jensen è andato via e ora è qui, a fare cosa non lo so. Sono sicura che gliel'hai detto tu», guardo minacciosa Chloe. «perché?». Doveva pensare al mio benessere anziché fare di testa sua.

«Lui mi ha solo chiesto di te», alza le mani come per difendersi da me. «ma era già qui quando mi ha cercata su facebook. Io pensavo che dirgli di venire da te per parlati ti sarebbe stato d'aiuto». Prova a giustificarsi. Anche se le sue intenzioni fossero state buone, doveva dirmelo e avvisarmi, sarei riuscita a trovare un modo per prepararmi al suo incontro.

«Aiuto?», ghigno velenosa. «non ho bisogno di Jensen, non più. Cosa credevi di fare? Chloe sono quattro anni che non lo vedo e lo sento, pensi che potrei tornare a confidarmi con lui come niente fosse successo? Mi ha illusa, mi ha ferita nel momento in cui pensavo che contassi qualcosa». È stata lei a dargli l'indirizzo di casa e convincerlo a venire da me per parlarmi.

«Hannah non dirmi che ne sei innamorata». Lo dice quasi con un sorriso beffardo sul volto.

«Chloe ero piccola quando lui se n'è andato. Avevo tredici anni cazzo, si lo ammetto una cotta ma chi conosce l'amore a quell'età? Nessuno, ma non è questo il punto», batto il piede a terra. Odio averlo ammesso ma è la realtà dei fatti. «sta di fatto che ha tradito quando avevo più bisogno di lui e non si è degnato di dirmi della sua partenza. Io non voglio più averci a che fare, quindi ti pregherei con tutto il cuore di non intrometterti e di non organizzare più niente», la guardo con furia. Sono arrabbiata con lei per avermi costretto a parlarci, sono arrabbiata con lei perché dopotutto quello che abbiamo passato lei si comporta come se nulla fosse successo.

Chloe inchioda ancora il suo sguardo nel mio, incrociando le braccia al petto come per difendersi. «Sei così accecata dal tuo dolore e da te stessa da capire che ho solo cercato di aiutarti, perché è quello che fanno le sorelle aiutarsi». C'è della malinconia dentro alla sua voce, qualcosa le macchia l'anima. Vorrei semplicemente che la smettesse di comportarsi in maniera così infantile, piuttosto che tranare alle mie spalle, venisse da me per confidarsi e per aiutarmi davvero.

«Non è il genere di aiuto che voglio, Chloe», sposto il peso del corpo sull'altro piede. «ho solo bisogno di te, della Chloe comprensiva che sei sempre stata. Non ho bisogno che mi organizzi incontri. Io non sono pronta per ascoltarlo e tanto meno per perdonarlo, mi fa male e lo so da sola che ho un modo tutto strano per affrontare il dolore, come so che vi sto allontanando», scivolo a guardare mia madre, che nel mentre sta bevendo dell'acqua ma ha gli occhi fissi alla parete. Sta soffrendo in silenzio, come noi in fondo. «ma devi lasciarmi sbagliare e affrontare tutto, ma per farlo ho bisogno di comprensione e non di complicazioni». Sospiro, delusa e affranta, ma la realtà è che sono solo stanca di affrontare tutto questo da sola e di non poter cambiare le cose.

Adesso vorrei solo Harold fosse qui per me e mi dicesse qualcosa, uno dei suoi consigli così saggi che tanto fingo di detestare. Mi destabilizza pensare a lui in questo momento, soprattutto dopo essermi ripromessa di vederlo come un confidente, ma è così difficile restare immuni e non provare niente, perché in fondo ha fatto breccia dentro al mio cuore, in così poco tempo ha occupato dei territori inesplorati e mi spaventa.

Ma come posso dirlo a mia madre e a Chloe? Lui è il mio professore.

«Sentite ragazze» mamma si avvicina a noi lentamente, tenendo le mani unite come se stesse pregando. «io non sono arrabbiata con te Chloe, vorrei solo che tu occupassi la tua vita con altro anziché farti del male per quel cretino che non ti ha mai meritata. Tu Hannah, non pensare che sei un peso per noi e lo so quanto ti costa accettare il passato, ma tutte e tre dobbiamo essere unite, fare gioco di squadra, perché ho solo voi», prende le nostre mani e le unisce alle sue. Formiamo un piccolo cerchio, come quando eravamo bambine e avevamo avuto una brutta giornata. Lei è sempre stata presente per noi, senza mai lamentarsi, mettendo da parte sé stessa.

«Mamma», mormoro abbassa voce, con il fiato quasi in gola. Mi ha spiazzata.

«Scusa mamma», Chloe abbassa brevemente lo sguardo. «credevo di fare la cosa giusta», poi senza dire altro, prende il cellulare e la vedo maneggiare freneticamente le dita sullo schermo. «l'ho bloccato, ovunque». Orgogliosa, rialza lo sguardo. Ha gli occhi lucidi e un timido sorriso le spunta sul viso. Le costa ammettere di aver sbagliato, ma aver chiesto scusa forse rimargina un po' la ferita.

«Stiamo dando di matto», intervengo ridendo e scoppiamo a ridere, riempiendo finalmente la casa di risate, non di urla. Mi mancava questa sorta di complicità che avevamo sempre avuto ma abbiamo perduto. «mamma io non andrò al matrimonio, per quanto mi riguarda papà ha chiuso con me. Poi non ha senso, nemmeno si è degnato di venire», alzo gli occhi al soffitto e li roteo. A dire il vero non so nemmeno io come potrei reagire a ritrovarmelo di fronte dopo tutti questi anni, probabilmente non avrei nemmeno il coraggio, o la forza, di dirgli tutto e di ferirlo come lui ha fatto con noi. Resterei probabilmente ferma a guardarlo, piangendo mentre lui cerca di rifilarmi scuse per la sua assenza convincendomi ad accettare anche la presenza della sua nuova compagna.

«Non sei obbligata», mamma mi accarezza dolcemente il dorso della mano, con una tale delicatezza da farmi sentire bambina. «nemmeno tu Chloe lo sei, okay? Avete tutto il diritto di scegliere».

Chloe annuisce e si poggia al divano. «Non ho voglia di vederlo, ho sempre fatto di tutto per evitare di pensarci, ma la verità è che non ho mai odiato qualcuno come odio lui». Mi sorprende perché credevo che ci sarebbe andata, solo per il gusto di farlo soffrire.

La confessione di mia sorella mi fa sentire meno sola, perché provo il suo stesso odio e mi rende insicura e non sono me stessa. Non ho mai odiato nessuno e vorrei non provare questo sentimento così forte e velenoso, ma è inevitabile. Lui ha piantato delle spine dentro al mio cuore, pungono, sanguinano e fanno male.

«Allora...» mamma si allontana per raggiungere la credenza e prende la lettera in questione. Tremo nel vederla, mi ricorda di aver bevuto, dell'email. «la possiamo anche buttare». Con un gesto rapido ma deciso, strappa in pezzi la lettera, riducendola a piccoli pezzettini di carta che si posano sul pavimento.

«Hai fatto bene», Chloe inizia a raccogliere i pezzettini di carta. «con Jensen cosa farai?».

La sua domanda mi spiazza ma so che va affrontata. Tremo completamente.

«Non ho idea», mormoro impanicata. «non mi fido più di lui. È cambiato, io sono cambiata. Quello che provavo per lui si è trasformato in tristezza, è perduto. Sono stanca di persone del genere».

«Non devi fare nulla, chiaro? Tesoro non fare qualcosa che poi te ne pentirai, piuttosto, fai quello che ti senti», la mano di mia madre si posa sul mio petto, all'altezza del cuore. La guardo negli occhi emozionata ma con orgoglio.

Annuisco e mi stringo a lei in un disperato abbraccio. La discussione con Harold ha portato dei benefici. Sorrido nel pensarci.

Varco la soglia dell'ingresso della scuola, dentro di me sento crescere un turbinio di emozioni, ansia e agitazione prevalgono su tutte. Sarà perché dovrò rivederlo ancora, dopo l'intensa discussione che abbiamo avuto ieri al parco e l'essermi confidata con mia madre un po' ha migliorato il mio umore.

Giungo agli armadietti e non posso non notare Jessica a pochi metri da mio. Mi sento in colpa per come sono andate le cose, dopo essere scappata non mi sono più fatta sentire. Merita delle scuse. Mi avvicino a lei con estrema lentezza, ho paura che possa urlarmi addosso davanti a tutti, me lo merito dopotutto non mi sono comportata bene. Lei voleva solo fare amicizia e io l'ho trattata come se fosse lei la ragione per cui non riesco a fidarmi.

«Ciao», mormoro a pochi passi da lei, mi sento una stupida per essere andata via in quel modo.

Se ne sta appoggiata al suo armadietto disinvolta. Incrocia il mio sguardo e mi sorride. «Ehi fuggitiva, come stai?». Ironizza passando la sua mano sul mio braccio.

«Bene insomma...ecco io vorrei chiederti scusa per la scorsa volta. Sono andata via senza una spiegazione e non ti ho più scritto», la guardo mortificata. Sono poche le volte in cui chiedo scusa e ammetto di aver sbagliato, ma oggi a differenza degli altri giorni, mi fa sentire bene e non a disagio.

Scuote il capo senza smettere di sorridere. «Abbiamo tutti delle giornate no e tu probabilmente stai attraversando un brutto periodo. Non ti ho scritto perché volevo lasciarti tranquilla, ma ammetto di aver avuto voglia di farlo». Avrei dovuto farlo io in realtà, ma mi sono punta ancora con il mio orgoglio ferito.

È sincera come poche persone a questo mondo. È possibile che non sia arrabbiata o offesa dal mio comportamento? Le persone scappano mentre lei è così diversa.

«Meriti comunque delle scuse», dico con altrettanta sincerità. «vorrei rimediare e iniziare tutto daccapo, se per te va bene». È un passo importante quello che sto facendo, sarà difficile lasciarmi andare ma voglio provarci. Ho bisogno anch'io di avere qualcuno nella mia vita su cui contare davvero e Jessica sembra la persona adatta. Insomma lei è così radiosa e positiva, l'opposto di me.

«Ma certo che mi va bene, fuggitiva», circonda il mio collo con il suo braccio spingendomi verso di lei. Il suo profumo di fragole invade le mie narici, ma è così piacevole. «oggi pomeriggio possiamo fare i compiti insieme».

«Oh sì», annuisco sospirando. «ho così tanto da recuperare», ammetto ridendo. Non mi sto nemmeno rendendo conto di star buttando la mia vita e di trascurare lo studio. Ho un sogno e devo farcela, mi resta solo questo.

«Possiamo fare da te? A casa mia è un casino. Papà sta ristrutturando la stanza di mio fratello che rientra dall'Italia, mia madre è fuori per lavoro, è una cardiologa e spesso ha dei convegni in giro per il mondo, vorrei un po' di pace».

Non ho mai invitato nessuno a casa e un po' mi vergogno ad abitare in un buco di casa, ma non ho alternative e Jessica non mi sembra essere il tipo che giudica la vita di qualcuno.

«Va bene, solo che casa mia è un po' piccola», arrossisco e mi presto a mandarle tramite un messaggio l'indirizzo di casa. «non preoccuparti, mia madre lavora quasi tutto il giorno e spesso resta a dormire dal suo...compagno». Non posso fare almeno che fare una smorfia al pensiero di Liam Spencer. Non lo conosco ma so che è considerato uno degli scapoli d'oro di eccellenza. L'ho visto quasi nudo in casa mia e non mi sembra un bel modo di iniziare a conoscerci.

Mamma dopo mio padre non ha più voluto sapere di rifarsi una vita e mi domando cosa ha di così speciale quel biondino che ha cambiato le sue idee e le sue convinzioni.

«Non mi importa se è piccola», sorride di cuore Jessica. Il suo sorriso mi rassicura. «l'importante che passiamo del tempo insieme».

Annuisco. «Sei la prima persona che invito a casa», ammetto.

I suoi occhi si illuminano alle mie parole. «Sono felice di essere la prima allora», mi abbraccia e mi riempie il viso di baci. Arrossisco alla sua dimostrazione di affetto. Non sono abituata ma mi fa sentire speciale. È piacevole avere qualcuno di così caloroso che non ha vergogna di dimostrare affetto e dolcezza. Ho represso questi sentimenti per troppo tempo e lentamente stanno riaffiorando in me come fiori in primavera.

Io e Jessica ci dirigiamo nelle rispettive classi. Sono un po' agitata, vorrei rivedere Harold e ringraziarlo ancora per avermi ascoltata, ha decisamente aiutato a migliorare il mio umore. Non so come faccia in realtà ma ha un potere devastante su di me al quale io non riesco a sottrarmi.

«Allora ci vediamo dopo le lezioni, ti scrivo appena sto per venire da te», mi informa Jessica fermandosi davanti alla porta della mia classe. Annuisco e sorrido al tempo stesso e la vedo raggiungere la sua classe col passo svelto, forse è in ritardo per colpa mia. La guardo sparire all'interno dell'aula, mentre un sentimento nuovo mi infiamma il petto. Non so dargli un nome ma è così piacevole, mi fa sentire al sicuro. Devo forse iniziare a prendere sul serio il consiglio di Harold e di provare a dare una possibilità a qualcuno. Chissà se un giorno riuscirò a superare tutto questo o resterò semplicemente intrappolata nel mio mondo.

Entrando in classe mi rendo conto di una sola cosa: Harold non è qui. Sono delusa e una stretta allo stomaco inizia a farsi sentire, come se avessi mal di pancia. Guardo la cattedra vuota, non c'è nemmeno la sua ventiquattro ore poggiata lì sopra e ne la sua giacca sullo schienale della sedia.

Scivolo a sedermi al mio posto poggiando entrambi i gomiti sulla superfice dura del tavolo. Intorno a me gli altri borbottano e ridono, ignorando l'assenza del professore invece io mi sento a disagio, ne risento la sua assenza. Sono sempre abituata a vederlo in piedi a spiegarci la lezione, soprattutto ad ascoltare storie sugli dei grechi e sulla mitologia greca, mi ha quasi appassionata. La storia ha davvero il suo fascino. Sono tentata di prendere il telefono e di scrivergli, ma con quale diritto? Sono solo la sua alunna e sapere di non poter essere altro inizia a pesarmi.

Dio, ti caccerai nei guai.

Mi rimprovera la vocina nella mia testa. Lo so ma voglio comunque rischiare, in fondo la vita è fatta di rischi. Siamo solo noi a decidere se vale la pena rischiare o rinunciare, ma poi subentra il rimorso di non averci provato e ti porterai dietro la sensazione di insoddisfazione con te, non ti lascerà mai in pace.

Sbuffo scivolando a guardare le finestre. Il vento muove lentamente le poche foglie rimaste aggrappate ai rami degli alberi. Tra poco inizierà il ballo invernale e con sé verranno le vacanze di Natale e con esse il mio compleanno. Non ho nulla da festeggiare, mi farò più grande di un solo anno, niente di eclatante.

«Buongiorno». Una voce femminile riempie l'aula e rivolgo immediatamente la mia attenzione sulla donna in piedi alla porta. È alta e ha dei bellissimi capelli scuri che le arrivano sopra al seno. Incorniciano un piccolo volto con occhi grandi verdi e delle labbra piena colorate di un marrone chiaro. Indossa un tailleur color panna che risalta la sua pelle olivastra e il suo fisico slanciato. Sembra una modella ed è così giovane.

«Buongiorno», rispondiamo tutti ad unisono un po' confusi e spiazzati dalla sua presenza.

Allunga le sue labbra in un sorriso gentile e si avvicina con grazia alla cattedra. «Sono Selena Gray e sono la nuova psicologa della squadra e per chi se lo stesse domandando, sono la sorella del vostro professore Harold». Lo dice con una punta di soddisfazione nella voce.

La classe scoppia a ridere mentre io resto ammutolita a contemplarla. Ho davanti a me sua sorella e guardandola con più attenzione noto una certa somiglianza. Non mi spiego come mai è qui e invece il professore non è presente. Gli sarà successo qualcosa? Sento la mia gamba iniziare a tremare dall'ansia, un forte stato di agitazione si impossessa del mio corpo. Ma cosa mi succede?

«E come mai lei è qui?», il ragazzo di fianco a me fa la fatidica domanda. Lo ringrazio mentalmente.

Lei lo guarda, perfettamente rilassata e al suo agio. «Perché io e il professore e ovviamente il preside della squadra, ci siamo messi d'accordo per fare la mia conoscenza e di conoscervi, quindi il professore Gray mi ha concesso le sue ore». La sua professionalità mi spiazza. Vuole dimostrare probabilmente che è qui grazie ai suoi meriti e non per la parentela, ma io non sapevo nemmeno della sua esistenza, in realtà della sua vita non so nulla e questo mi irrita, perché lui conosce molti aspetti della mia vita. Gli ho promesso di portar pazienza ma non è facile, è come se mi stessi sentendo tradita senza nemmeno essere la sua ragazza.

«Non sapevamo che a scuola ci fosse la psicologa», interviene Lucy spaesata. Nessuno in realtà ne era a conoscenza.

Lei annuisce poggiandosi al bordo della cattedra. «Ed è per questo che sono qui, per farvi presente che sono qui per qualsiasi cosa. Non sono una strizzacervelli o la classica ficcanaso ma...» congiunge le mani e se le porta davanti alla pancia. «sono qui per ascoltarvi e per aiutarvi. In molte scuole manca una figura di sostegno per i ragazzi, soprattutto vittime di bullismo e di razzismo, molti studenti decidono di abbandonare gli studi e di isolarsi, altri invece decidono di percorrere una via più estrema, quella del suicidio». La serietà che le avvolge mi fa rabbrividire ma la verità che trasmette è ghiacciante. Nella mia vecchia scuola molte persone hanno smesso di venire a scuola proprio per i bulli. Io ho sempre cercato di dare meno nell'occhio possibile e di isolarmi da tutto e da tutti.

Il silenzio cala su di noi, ci guardiamo smarriti e leggo della paura negli occhi dei miei compagni. Il loro entusiasmo, la loro euforia si è affranta all'istante. Non tutti sono pronti e preparati a vedere la realtà delle cose. Purtroppo la scuola ha questa parte oscura e di orrore, non dovrebbe esistere e nessuno dovrebbe arrivare a tanto.

«Può sembrare una cosa lontana da noi ma in realtà è molto vicina. Molte persone non hanno il coraggio di parlarne, altre non vengono credute e questo non è d'aiuto. Io sono qui proprio per evitare situazioni spiacevoli e di essere dalla parte di chi ha bisogno di essere aiutato, cercando di aiutare più persone possibili». Rivedo quasi Harold in lei, il suo modo di fare, i suoi consigli, i tentativi che ha fatto per avvicinarsi a me. Forse è grazie a sua sorella che è così sensibile e altruista. «cercherò di essere un'amica e di non essere pesante e noiosa. Potremmo parlare di qualsiasi cosa, comunicare è importante e sfogarsi lo è altrettanto. Vorrei guadagnarmi la vostra fiducia nella maniera più sincera possibile». Ora sorride cercando di infonderci sicurezza e fiducia.

Qualcuno borbotta qualcosa di incomprensibile che si perde nel vuoto, altri annuiscono e sorridono rapiti dal suo fascino.

«Perché avete scelto di diventare una psicologa?», interviene ancora Lucy estremamente curiosa.

«Perché so cosa significa a non essere ascoltati, compresi e presi per pazzi»¸ ci rifila la risposta schietta senza pensarci due volte. «sono stata anch'io vittima di bullismo, so cosa ci si prova a essere dall'altra parte, le incertezze che ti assalgono e i dubbi che non ti fanno prendere una decisione, giusta o sbagliata che sia. So cosa ci si prova e vorrei dare il mio aiuto ad altre persone affinché nessuno si senta più emarginato, in difetto o uno sbaglio. Lo stesso aiuto che avevo bisogno di trovare a scuola ma che non c'è stato perché non me l'hanno voluto dare. Non si deve più ripetere e ognuno di noi deve iniziare a migliorare la scuola dando il proprio contributo e affinché voi non prendete una scelta sbagliata e ignorare le grida di aiuto anzi che evitate di assecondare quel fenomeno ormai velenoso che circola in ogni angolo di questa scuola».

Non posso fare almeno che trattenere lo sguardo alle sue parole. Sono così sincere ma allo stesso tempo dolorose. Il suo dolore è impregnato dentro di essa e l'unico modo di attenuarlo, di snellirlo è parlare e aiutare gli altri. Mi domando, -nel mentre continuo a guardarla-, da dove prendere tutta la forza e tutto il coraggio che sta dimostrando di avere, io non ci riesco neppur se mi impegno. Mi trattiene ancora qualcosa.

Non ho mai sentito la classe così silenziosa e così attenta, le sue parole ancora risuonano in queste mura, sembrano fondersi con i nostri esseri. Il peso delle sue parole, di una verità così atroce ci ha sconvolti, non eravamo pronti per sentirla. Chiude gli occhi, una frazione di secondi, respira piano e vedo il suo petto gonfiarsi per poi lasciar andare l'aria, un lungo ma eterno sospiro che forse le basti per controllare le sue emozioni. Non ho la forza di interrompere questo silenzio e di chiederle come faccia, le parole mi si fermano in gola e le lacrime iniziano a minacciare i miei occhi.

Oh no, non posso piangere...non adesso, non è il momento.

Mi dico ossessivamente piantando le mie unghie dentro alla pelle. Non mi rendo conto nemmeno di star tremando quando la donna scivola a camminare in mezzo ai banchi. La sua postura è così rigida, ferma, ma il suo passo è aggraziato, come i passi di danza. Sembra leggiadra come una ballerina che sta eseguendo un passo di danza, lo fa sembrare così facile quando in realtà è complicato. Per il momento mi sento che anche una semplice azione motoria come camminare, mi risulta complicato e pesante. Non riesco a far uscire le sue parole dalla mia testa, le mie grida di aiuto che aspettano solo di fuoriuscire dalla mia bocca e di essere ascoltata. Ma io non voglio ricevere occhi di compassione e sentire la pietà delle persone addosso, è stato già complicato averne parlato con lui e di aver condiviso un pezzo della mia storia.

Perché continuo a sentirmi sbagliata e continuo a sentirmi come se stessi facendo tutto male? Perché per una volta nella mia vita non provo soddisfazione per quello che faccio? Tutte domande e zero risposte. Vorrei correre a Londra, andare da lui e urlargli in faccia ogni cosa, mostrando il mio dolore. Ma a cosa servirebbe? Non mi farebbe sentire più sicura e leggera. Questo tarlo nella mia testa probabilmente non sparirà mai. Resterà sempre dentro di me, ricordandomi quanto sia sbagliata e rotta al punto da non essere vista da nessuno. Non importa se nessuno mi sceglierà, importa solo che gli altri non vedranno mai il mio dolore. Mi sono ripetuta centomila volte questa frase per darmi forza e continuare a comportarmi come una stronza menefreghista, ricevendo occhiatacce dalle ragazze, apprezzamenti puramente sessuali dai ragazzi e critiche dalla mia famiglia. Perché in fondo il loro disprezzo mi rende invincibile, non mi scalfisce più nulla.

Eppure se solo provassi a immaginare che anche lui possa comportarsi esattamente come gli altri, a vedermi come mi vedono tutti e inferirmi contro, non sono sicura di essere in grado di reggere il suo attacco e di restarci indenne, mi farebbe male, come mi ha fatto male il suo distacco e la sua freddezza. Sono contorta.

Spazio Autrice.

Buon salveeee....Sono tornata, spero di restareeee lol.

Come state? Spero bene, mi dovete scusare per questa lunga assenza ma ho avuto dei problemi da ottobre fino a settimana scorsa. Sono successe un paio di cose che mi hanno distrutta e non credo di essere del tutto guarita. Ma sto lavorando su me stessa e concentrando sulle storie, ho continuato a scrivere i capitoli sia di questa storia che di Card Castle.

Cosa ne pensate del nuovo arrivo? La sorella di Harold potrebbe sconvolgere le cose e magari no. Ma chi lo sa. lol

Spero che il capitolo vi piaccia e scusatemi per gli errori, plz.

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Vi voglio bene.

xxSusy

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