Capitolo 10 - La guerra

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Una nuvola passeggera adombrò il sole.

Urian alzò lo sguardo. Pennellate bianche solcavano il cielo, l'attraversavano in fretta come vele sospinte dal vento.

"Le cose cambiano sempre" disse. "Non importa quello che vuoi, cambiano e basta. Quando non ti adatti, ti spezzi. Io sono cambiato. E adesso anche tu devi fare lo stesso."

Cambiare.

Urian non credeva alle sue stesse parole, non completamente. Come poteva cambiare, lui, se anche dopo anni i suoi pensieri tornavano tanto facilmente a quel momento? Lui era ancora lì, inerme nelle mani di quel pazzo.

"La Morte vuole che tu vada avanti, compia la trasformazione che devi compiere. Penso che mi voglia qui per spingerti ad evolverti e così preservare l'equilibrio", a quelle parole si rese conto che la sua immobilità lo faceva infuriare per quella ragione. Lanciò a Daniel un sorriso abbozzato, sperava risultasse incoraggiante,ma quando incrociò i suoi occhi vi trovò un'attenzione assorta. Un'ombra grigia attraversò li attraversò, come se il cielo su quei laghi cristallini si fosse d'improvviso adombrato. L'espressione di Urian divenne incerta.

"Cosa c'è?"

"Credo di iniziare a capire anche io perché il Sole mi abbia portato da te."

"Spiegati."

"Quell'uomo, Aleph..."

Urian asi fece immediatamente più attento, indagò interrogativo il suo volto, Daniel esitava, allora lo esortò a proseguire con un movimento brusco della mano.

"L'ho incontrato".

"Dove?"

"Non è facile da spiegare."

"Provaci."

Una folata di vento li travolse. Premeva contro i loro cappotti, s'intrufolava sotto i vestiti. Urian rabbrividì. Aleph. L'aveva lo aveva vivisezionato e reso un mostro, schiavizzato, usato come arma. Daniel forse possedeva i pezzi della sua storia che ancora non conosceva. Quei pezzi avrebbero potuto aiutarlo a ritrovare quella feccia umana.

"Ricordi gli accordi di Francia e Germania di cui hai parlato?"

"Sì."

"Facevo da mediatore, ero con la delegazione diretta a Francoforte."

Si erano mancati per un soffio. Erano stati così vicini anni addietro, eppure solo adesso lo erano davvero. Urian dovette domandarsi per la prima volta quale fosse il piano che il Sole aveva per lui e se lo avrebbe portato con le mani intorno alla gola dell'alchimista.

"Cosa c'entra con lui?"

"Sono venuto in Germania perché sapevo che l'avrei trovato."

"Come facevi a saperlo?"

"Lo stavo cercando. Era un criminale di guerra in Inghilterra."

"Quindi l'hai incontrato in Inghilterra?"

"Non proprio."

"Daniel non mi stai facendo capire niente."

"È un periodo complicato da spiegare, te l'ho detto."

Daniel si alzò dalla panchina, fece qualche passo, tornò indietro, ma poi parve ripensarci e si allontanò ancora. Sul suo volto si animavano ogni volta espressioni diverse. Rabbia. Frustrazione. Dolore. Poi, quell'indecifrabile intenzione assorta.

"Daniel sta' fermo e parla!"

Daniel si fermò, disse "va bene", ma invece di proseguire tentennò ancora. Si passò le mani nel cespuglio di capelli ricci.

Urian allontanò lo sguardo e strinse i pugni. Scacciò i pensieri che già urlavano, si affollavano e inciampavano gli uni sugli altri e in quel fragore confuso di suoni di battaglia e immagini difficili da dimenticare si risollevò, come un presagio, la presenza di Aleph. La sua frustrazione divenne un'ondata che lo investiva con un moto di nausea.

"Daniel."

Espirò profondamente, ma sentì l'aria tremare attraversandogli la gola.

"Daniel, parla."

Daniel si schiarì la voce, raschiò il fondo della gola per spazzare via la morsa che ancora la stringeva, cercava le parole.

"Per la miseria, Daniel!" la voce corse fuori troppo in fretta, troppo alta, troppo nervosa.

"Dammi un attimo!" lo supplicò, strinse le labbra e abbassò gli occhi sul selciato. Si piegò sulle ginocchia e cercò ancora di respirare profondamente. Sul volto pallido aveva un'espressione sofferente.

Urian in un attimo fu al suo fianco. La sua preoccupazione era un moto di apprensione tenace che si manifestò con la mano che si posò sulla sua spalla.

"Va tutto bene?" chiese.

Daniel annuì, prima debolmente poi con maggiore convinzione.

"Che cosa ti è preso?".

"Niente."

"Bene", ma nella voce aveva un tono poco convinto. Urian sciolse solo dopo un secondo la presa sulla sua spalla, "dì la verità, è Aleph che ha ucciso la persona che hai perso?".

"No."

"E allora, di grazia, perché non mi dici dove l'hai incontrato?"

"Perché è una lunga storia."

"Non puoi limitarti a raccontare l'episodio e basta?".

"No", prese un ultimo, profondo, respiro e poi disse "devo cominciare dall'inizio".

Urian mantenne lo suo guardo su di lui, poi si arrese, "va bene". Seguì Daniel quando cominciò a camminare. Non gli dispiaceva, aveva bisogno di un diversivo per placare l'impazienza. Infilò le mani nelle tasche del suo cappotto consumato e fece i primi passi al suo fianco. Aveva finito le sigarette. Maledisse la sua sfortuna.

Il giardino che si lasciavano alle spalle era spazzato dal vento. I cespugli di fiori appena piantati si arruffarono e tutto ciò che aveva conosciuto fino a quel momento, le mani gentili dei giardinieri e il brusio di due uomini persi, scomparvero.

***

Daniel camminava lentamente. Il suono dei suoi passi sul selciato scricchiolava tanto gentilmente che per un po' si perse ad ascoltarlo. Urian lo osservava assorto, l'ansia gli mordeva la gola, ma si obbligava a rimanere in silenzio. La sua attesa fu ricompensata.

"Ricordi l'incendio di Wymond Dock?"

Urian gli allungò oltra la spalla un'occhiata sorpresa, "il porto di Liverpool, certo. I magazzini e le barche furono dati alle fiamme all'inizio della guerra in Inghilterra".

"Non era l'inizio. I conflitti scendevano da nord, la Scozia da più di dieci anni si batteva per l'indipendenza. La mia città fu distrutta durante quelle ostilità."

Il passo di Urian rallentò, anche se di poco, "mi dispiace".

Daniel reagì sminuendo la cosa con una scrollata di spalle, "quello che in Scozia era un movimento di liberazione, ha ridisceso l'isola come un moto di ribellione al Reggente Warner. Il paese si dimostrò una polveriera pronta ad esplodere. E qualcosa accese la miccia a Liverpool."

"Che cosa?"

"Me lo chiesi anch'io. E lo chiesi anche ad Amis."

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