Epilogo

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Michael tentò di riaprire gli occhi, ma la luce era così intensa da risultare quasi accecante. Le palpebre gli pesavano come se fossero di piombo, così tanto da non lasciargli nemmeno un piccolo spiraglio.

Ritentò di aprirli ma, ancora una volta, il tentativo fu vano.
Tentò di muoversi, le braccia e le gambe sembravano essere inchiodate, bloccate come in una morsa invisibile.
Sotto di lui, percepiva qualcosa di morbido e rigido allo stesso tempo.

Cercò di mantenere la calma, concentrandosi su lunghi respiri. Tuttavia, sentiva il cuore battere sempre più veloce ed il respiro farsi più affannato, come se l'ansia lo stesse soffocando.

La testa gli pulsava di dolore. Doveva riuscire ad aprire gli occhi e capire dove fosse.

Tentò di ricordare e di ricostruire gli ultimi avvenimenti, ma nella sua mente scorrevano solo immagini sfocate, come frammenti di diapositive proiettate alla rinfusa.

Vide Jake correre nel prato accanto alla scogliera, un'immagine rapida che svanì subito.
Rivide sé stesso con Drew in auto e poi, l'arrivo al Greenside Asylum.
Con una lacrima a rigargli la guancia, l'immagine del corpo congelato di suo padre riaffiorò intensa e dolorosa.

Vide il Dott. Sullivan e, subito dopo, sentì il dolore alla nuca.

"Drew..Drew mi ha colpito. Perché l'ha fatto? Dove mi trovo?"

Si sforzò di aprire gli occhi, questa volta utilizzando tutta la forza che aveva in corpo e, finalmente ci riuscì.
La luce intensa lo accecò di nuovo, costringendolo a socchiuderli.

Dopo alcuni secondi, la vista iniziò ad abituarsi, permettendogli lentamente di distinguere ciò che lo circondava.

Si trovava in una camera, la camera di un ospedale, forse.
I suoi arti, erano legati da delle cinghie di cuoio, che lo tenevano immobile.

Accanto al suo letto, ce n'era un altro, con una persona che dormiva. Si rese conto di essere l'unico  ad essere legato.

Era un bambino.

«Sam» chiamò Michael, ma senza ottenere risposta.

Quel bambino, accanto a lui, era il piccolo Sam.

"Forse...forse sono morto. Questo spiegherebbe perché mi trovo qui. Ma dov'è Drew? Dov'è il Dott. Sullivan?...Vigliacchi".

Ad un tratto, dalla porta della camera entrò un medico.
Lo riconobbe all'istante. Era lui.

«Tu! Dove mi trovo? Slegamiiii» urlò Michael.
«Calmati Michael» gli disse, mentre con una torcia a penna gli controllava le pupille.

«Rispondimi! Devi slegarmi! Cosa hai fatto a mio padre? Dov'è Drew?» esclamò Michael con disperazione mentre la madre, singhiozzando, si precipitò su di lui, stringendolo in un abbraccio disperato e soffocante.

«Tesoro mio, sei sveglio!» esclamò Jane.
«Mamma, devi ascoltarmi! Ho trovato il corpo di papà al Greenside...ero con Drew...poi...poi è arrivato lui! Mamma! Lui lo ha ucciso!» Disse quelle parole guardando la madre, il suo sguardo era in preda al panico.

Sua madre invece, sembrava essere tranquilla, non batteva ciglio e gli sorrideva dolcemente.

«È tutto finito ora. Stai tranquillo amore mio» gli accarezzò il viso, fino a voltarsi verso il medico.
«Sarebbe possibile slegarlo?» chiese con tono calmo, ma la risposta del medico fu un secco rifiuto.

Michael non riusciva a capire cosa stesse succedendo finché, nella stanza, non entrò un uomo.

Non riusciva a capire chi fosse, finché non si avvicinò al letto.

«Pa-pa-papà!» riuscì ad esclamare il ragazzo «Non è possibile. Io...io ti ho visto. Ho visto il tuo corpo nei sotterranei!».

Il padre si limitò ad accarezzargli la testa, per poi rivolgersi al medico.

«Dottor Sullivan, la prego, cosa succederà ora?» chiese con tono cupo, quasi triste.

«Signora Collins, vostro figlio non ha reagito all'elettroshock come avevamo previsto» disse il medico mentre osservava Michael, con uno sguardo professionale ma distaccato.

«Vedete anche voi, sta delirando...ancora una volta. Parla di cadaveri, pensa che lei sia morto e pensa che sia stato io ad ucciderla» continuò.

«Cosa possiamo fare?» chiese Jane.

«A questo punto, signori Collins, siamo nel 1961 e la medicina ha fatto passi da giganti. Penso che l'opzione ottimale ora sia quella di eseguire la lobotomia, nella speranza che vostro figlio possa finalmente guarire» rispose.

«Mamma! Mamma che sta dicendo? Mamma! Non sono pazzo! Sono io, sono tuo figlio, sono Michael!
Ci siamo trasferiti da poco a Wells House, papà era scomparso ed io ho trovato lavoro come fotografo. Mamma! Mamma ti ricordi?».
Jane lo guardava, con gli occhi pieni di lacrime, senza riuscire a dire una sola parola.

«Mamma, guarda!» disse indicando il letto accanto a lui «È Sam! È il bambino con cui ho fatto l'incidente, è in coma a causa mia!».
Ma le sue parole furono vane.

«Vedete, vostro figlio assimila le informazioni e poi, il suo cervello, le trasforma in storie. Per lui, le cose che dice sono reali. È come se le vivesse davvero. Non distingue più la realtà dai sogni» spiegò il Dott. Sullivan.
«Se siete d'accordo, procederei subito. Domani, potrete tornare qui e capiremo insieme se siamo sulla strada giusta» continuò.

I genitori di Michael acconsentirono con un lieve cenno del capo.
«A domani amore».
«Ciao piccolo esploratore».
I genitori lo salutarono, per poi uscire dalla stanza, come se nulla fosse.

Nel frattempo, entrò un'infermiera trasportando una barella vuota. Quella barella era per Michael.

«Drew! Diglielo che non sono pazzo» esclamò Michael rivolgendosi all'infermiera, la quale si limitò ad un pacato sorriso.

«Infermiera, lo porti nell'ala est per favore» ordinò il medico a Drew.

******

«Starà bene, vero?» chiese Jane guardano Victor con occhi speranzosi.
«Si tesoro, devi crederci. Lo cureranno e presto tornerà a casa. Ora andiamo, Joseph ci sta aspettando» rispose il marito, cingendole un braccio intorno ai fianchi.

Salirono sulla Jeep Wrangler e, prima di partire verso Wells House, Jane si voltò ancora una volta verso il Greenside Asylum, lasciando che una lacrima le rigasse il volto.

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