Capitolo 2

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Con estrema lentezza, Valeria si incamminò verso la propria macchina. Aveva appena salutato Serena con un abbraccio davanti casa di quest'ultima, promettendole che le avrebbe scritto quella stessa sera.

Mille pensieri invadevano la testa della ragazza, pronta a tornare alla propria abitazione. Sapeva già che non avrebbe trovato nessuno in casa, dato l'orario: erano appena le cinque del pomeriggio, i suoi non sarebbero rientrati prima delle sei e sua sorella era di sicuro in giro con il proprio ragazzo.

Fece un respiro profondo, abituata oramai a quella solitudine che caratterizzava le sue giornate. Durante le ore di luce, infatti, Marta si chiudeva nella propria stanza a usare il cellulare mentre, verso il crepuscolo, passava a prenderla Leonardo per portarla chissà dove e divertirsi un po' insieme.

Con il passare degli anni, Valeria aveva imparato ad amare e ricercare sempre di più la possibilità di rimanere da sola, fino a sviluppare nei suoi confronti una sorta di indifferenza. Non le importava più se era l'unica presenza su cui poter fare affidamento, tanto, oramai, ci aveva fatto il callo. Da quando, alle elementari, era stata presa di mira e isolata, evento che era continuato fino alla prima superiore, la giovane aveva compreso l'importanza di un animo solitario, schivo e riservato, sviluppandolo nel migliore dei modi. Se riusciva, era ella stessa a isolarsi dalle situazioni e dagli altri.

Le poche eccezioni erano le sue migliori amiche, con cui amava passare del tempo insieme. Erano le poche a non farla sentire completamente sola in una folla di ipocrisia e affetto. Valeria, infatti, aveva sviluppato una sorta di isolamento personale anche a causa delle false amicizie avute in passato. Quella che riteneva la sua migliore amica della scuola elementare l'aveva abbandonata il primo intervallo delle medie, mentre la ragazza con cui era riuscita a parlare un minimo, alla fine, se n'era andata per un altro gruppo.

Dopo un po' aveva imparato a incassare i colpi, arrivando a non legarsi a nessuno, ci erano voluti anni prima che accadesse di nuovo.

Si mostrava scherzosa, leggermente cinica con gli altri, in modo tale da celare un animo spezzettato, in frantumi e rimesso a nuovo con dello scotch e della colla. Era talmente fragile che poteva crollare da un momento all'altro. La solitudine era uno dei metodi che aveva trovato per proteggersi, oltre al sarcasmo e l'ironia. Era più facile rinchiudersi in se stessi che comunicare le proprie emozioni, nascondersi nelle tenebre per evitare la luce. Questo, infatti, erano il regno di Valeria. Per quanto ne fosse terrorizzata, esso era il luogo in cui trovava maggiore conforto.

All'età di circa sette anni, la ragazza aveva visto un episodio spaventoso di un cartone animato riguardo a cosa si poteva celare nell'oscurità, sviluppando una sorta di paura per il buio. Allo stesso tempo, però, trovava confortevole poter avere un luogo in cui potersi nascondere da occhi indiscreti.

In certe sere le era pure capitato di uscire per le strade del paese in cui abitava, attraversando strade buie che, se solo lo avessero saputo i suoi genitori, le avrebbero impedito di mettere piede fuori casa in certi orari. Non era un mondo facile, i pericoli potevano trovarsi ovunque, soprattutto se il buio dava una mano coprendoli con il proprio manto scuro. Eppure Valeria non poteva farne a meno.

Sentirsi avvolta dalle tenebre della notte le donava quell'affetto che spesso le era mancato nella vita. Si percepiva al sicuro, celata dagli occhi altrui, impossibilitati dal poter sputare su di lei le loro parole sporche e piene di veleno. Non puoi giudicare qualcosa a cui non stai pensando o di cui non ti importa.

All'improvviso, una farfalla bianca come il latte le passò davanti, adagiandosi su un piccolo ciuffo d'erba che spuntava dalle crepe del cemento. Come attratta da essa, Valeria si inginocchiò al suo fianco. La osservò per qualche istante, titubante, con la forte credenza che il piccolo essere potesse volare via da un momento all'altro se sotto minaccia.

Tentò lentamente di allungare una mano verso l'insetto, sperando che l'altro vi si posasse sopra. Con estrema sorpresa di lei, la farfalla fece un piccolo balzo leggero dal ciuffo d'erba al suo dorso. La ragazza guardò il tutto estasiata, non aveva la minima idea di come spiegare la maniera in cui si stava sentendo in quel momento. Non si mosse più di tanto, questo per evitare di spaventare la nuova amica, ma non poté evitare di trattenere un sorriso di felicità.

Com'era possibile che qualcosa di tanto minuscolo e aggraziato vivesse in un mondo così sporco come quello? Come poteva un essere leggero e delicato volare in un luogo tanto opprimente e chiuso? Si meravigliava che non si fossero ancora estinte.

Con il passare del tempo, Valeria aveva capito la malvagità che si celava dietro agli individui, protetti da una società che li portava e incitava a comportarsi in quella maniera. La gentilezza e la bontà non erano più richieste, se non addirittura sradicate dagli animi umani. Si preferiva essere temuti piuttosto che amati, spregevoli e crudeli piuttosto che altruisti e parsimoniosi.

Il tutto si stava sgretolando sotto una fine linea di finto buonismo e cattiveria gratuita, a partire dalle notizie che passavano al telegiornale in televisione. Omicidi, suicidi, tentativi di ferire il prossimo. Le notizie belle e positive erano rare, oltre al fatto che duravano davvero poco. Non suscitava più stupore sapere che una ragazza era stata stuprata o un uomo accoltellato. Generava più sorpresa sapere che un uomo aveva aiutato una persona in fin di vita.

Tutto ciò che era fragile aveva due scelte: soccombere oppure trovare la forza di nascondersi. Chi era troppo esposto non faceva mai una bella fine. La società in cui era integrata, come aveva potuto apprendere anche a scuola, non era altro che un sistema intricato di norme e standard da rispettare. Se non lo facevi, la soluzione era quella di schiacciarti fino a che non ti saresti spezzato.

Un'alternativa, tuttavia, c'era. Nascondersi dagli occhi indiscreti e accusatori degli altri era il metodo più efficace per scappare dai soprusi e le malvagità di un mondo che non ti accettava per quello che eri.

Questo, tuttavia, non voleva dire che, solo perché era la scelta migliore, fosse anche quella più sicura. La stessa malvagità, quella non accettata o perpetrata dalla medesima cultura, poteva celarsi anch'essa tra le comode e calde pieghe del buio. A quel punto, il rifugio per le persone dagli animi fragili diventava il loro letto di morte. Sopravvivere era qualcosa che non tutti potevano permettersi, bisognava allenarsi e imparare di chi fidarsi, facendo affidamento sulla propria capacità di osservazione.

Vedere un essere tanto fragile e bello come una farfalla, nonostante se ne potessero scorgere alcune qualche volta, era un evento abbastanza raro. Valeria ne era attratta, una calamita che attirava a sé il metallo vibrante.

La creaturina dalle ali pure e candide, ancora posata sulla sua mano, pareva che la stesse guardando. Uno strano calore si propagava dalla zona in cui le minuscole zampe poggiavano, mentre le ali si muovevano pigre e lentamente.

La ragazza, gradualmente e facendo attenzione, alzò l'arto, in modo tale che la farfalla fosse all'altezza dei suoi occhi. Era talmente attratta da quell'insetto, che la giovane non si rese conto dell'uomo che si stava avvicinando nella sua direzione.

Egli aveva circa cinquant'anni, fatto segnato dai capelli corti e scuri oramai brizzolati, un completo nero fasciava il fisico asciutto, nonostante ci fossero trenta gradi. Continuava a guardare in maniera insistente l'orologio, spostando lo sguardo simile al mare da un punto all'altro della strada. Doveva incontrarsi con un cliente, il ritardo pareva scuoterlo e seguirlo, bruciando alle sue spalle.

Non prestava attenzione a nulla, per questo non si rese nemmeno conto di aver urtato Valeria, facendola cadere per terra. Per puro istinto, la giovane aveva posato le mani di fronte a lei, in modo tale da attutire il colpo contro il marciapiede. Fortuna volesse che si trovasse già in ginocchio, quindi la caduta non le causò troppi danni.

Rivolse uno sguardo furioso verso l'uomo che l'aveva urtata, non ricevendo, però, alcuna reazione da parte dell'altro. Egli, infatti, stava procedendo per la propria strada senza alcun problema, il passo svelto e il sudore che gli colava dalla fronte.

Valeria scosse la testa, sospirando profondamente. Non appena si rese conto della situazione, di guardò intorno, tentando di vedere se riusciva a scorgere ancora la farfalla. Essa, dall'altra parte della strada, stava volando via, verso l'alto, sempre più lontana da lei.

Per quanto fosse per un motivo stolto, Valeria percepì le lacrime spingere per uscire. Sussurrò un'imprecazione e mosse in maniera brusca il braccio, prima di alzarsi in piedi e passarsi una mano tra i capelli.

In quel mondo ci voleva davvero poco per distruggere qualcosa di bello, rispetto alla sua creazione che, invece, richiedeva un periodo maggiore. Tutto il contrario per gli aspetti e gli eventi negativi.

La ragazza cercò di eliminare la polvere, proveniente dal marciapiede, che le si era attaccata ai pantaloni, per poi incamminarsi verso la propria automobile. In verità, non era sua ma della madre. La donna gliela prestava ogni volta ne avesse bisogno, ormai sapevano come fare. Il padre sarebbe andato a recuperare la moglie sul posto di lavoro, per poi, magari, fare tappa al supermercato prima di fare ritorno a casa.

Mentre si incamminava di nuovo, Valeria rallentò il passo, alla ricerca delle chiavi. Nel frattempo, ella controllò anche che ci fosse tutto nella borsa, come faceva spesso: la custodia con gli occhiali da sole e quest'ultimi al loro interno, il portafoglio, un pacchetto di fazzoletti, delle penne e matite e, infine, le chiavi della macchina e di casa.

La ragazza si fermò, osservando per qualche secondo i portachiavi che possedeva. Lei li amava, se avesse potuto ne avrebbe aggiunti all'infinito. Per il momento ne aveva tre, di cui due avevano un forte legame affettivo.

Uno era il simbolo di Hogwarts, l'importante scuola di magia e stregoneria citata nella celebre serie di libri "Harry Potter". A lei piaceva molto quella saga, per questo Sandra, in un viaggio con la scuola, gliel'aveva comprato, proprio perché si era ricordata di quella sua passione. Anche all'amica piaceva leggere, solo che, in alcuni ambiti, i loro gusti si allontanavano. Sperava che un giorno avessero la possibilità di fare insieme un viaggio, c'erano dei posti che volevano assolutamente visitare entrambe.

Un altro portachiavi era un cuore fatto a maglia e regalatole dalla nonna di Serena, contenete il suo colore preferito e quello che rappresentava l'altra a livello caratteriale. Più volte l'amica le aveva riferito che la parente voleva incontrarla, dato che le aveva parlato di lei. Desiderava avere la possibilità di viaggiare anche con lei, sia in Italia che altrove, mescolando la curiosità per la storia e l'arte a quella per alcuni negozi e bar alquanto particolari.

L'ultimo portachiavi era una piccola riproduzione di Homer Simpson, uno dei protagonisti del cartone "The Simpson". Con la testa troppo grossa, un cappellino da baseball in testa, una videocamera in mano e la maglietta con scritto "U.S.A.", non poteva gridare America più di così. Essendo stato un cartone della sua infanzia, Valeria era particolarmente legata a quel personaggio.

Bizzarro quanto poco intelligente, questo a causa di un pastello conficcatosi nel cervello attraverso il naso, Homer incarnava gli stereotipi del padre e uomo statunitense. Continuamente sbronzo, con un lavoro ben retribuito alla centrale nucleare della città, anche se pareva impossibile che riuscisse a tenerselo, dato il comportamento scorretto nell'ambiente lavorativo, l'uomo viveva in una piccola cittadina chiamata Springfield, insieme alla famiglia composta da Marge, la moglie, e i tre figli: Bart, Lisa e Maggie.

Valeria, da bambina, non era stata in grado di comprendere certi avvenimenti e battute che nella serie televisiva apparivano, ma con il passare del tempo, crescendo e apprendendo sempre di più, aveva capito molte più cose di quanto avesse potuto credere.

La ragazza ripose con un piccolo sorriso le chiavi nella borsa, risistemando quest'ultima su una spalla e incamminandosi verso le strisce pedonali. Ogni gesto era meccanico, nella testa l'oggetto principale nei suoi pensieri era l'amore tra Marge e Homer.

Per quanto lui fosse imperfetto e stolto, mentre lei perfetta e irraggiungibile, i sentimenti che c'erano tra loro erano più forti. Quante disgrazie che il marito aveva causato, tante quante quelle che l'altra gli aveva perdonato. Anime completamente opposte che, al medesimo istante, erano complementari.

I pensieri le riempivano la mente, mentre fantasticava su come potesse essere avere al proprio fianco una persona che ti ama come Marge amava Homer, e viceversa. Era talmente occupata che diede un'occhiata veloce alla strada prima di attraversare, le pareva che non ci fosse nessuno. Anche questa volta, come l'uomo di poco prima, la macchina che le stava per andare addosso non si accorse della sua presenza.

Nel frattempo, una farfalla bianco latte stava volando poco lontano, assistendo alla scena.

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