Cinque.

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Capitolo revisionato.

Sono tra i banchi di scuola. Mi guardo intorno: ci sono tanti ragazzi giapponesi. Sono simpatici, dialogo con loro in inglese. Parlo perfettamente inglese. Ma da quando?

Realizzo che è un sogno, non può essere altro. Guardo la professoressa paffuta e dagli occhi a mandorla. Sta cercando di parlare e ci riesce, ma io dalle sue labbra posso solo sentire... quella sveglia del cavolo che tuona come un fulmine a ciel sereno, manco fosse ad un millimetro dal timpano.

Apro gli occhi di scatto, emettendo poi dei versi di lamento; perchè, tanto, nessuno può sentirmi; mi volto verso il comodino, allungo un braccio e spengo la sveglia. Over the horizon si interrompe, finalmente.

«Perla?» -strillo; più che un urlo, emetto un lamento.

Silenzio.

Mi stiracchio e faccio un lungo sbadiglio. Sono le sei e mezza del mattino, e mi rendo conto di alcune cose: primo, non c'è una misera chiamata persa o un messaggio da Perla, dunque non so se sia ancora viva o meno; secondo, devo uscire prima, dato che sono più lontana dallo Shine rispetto alla mia vecchia casa; terzo, unendo le prime due cose, come farà Perla ad entrare?

«Uff.» - soffio, sporgendo poi il labbro inferiore verso l'esterno. Se fuori la porta non c'è un tappeto o un vaso, e se non ho idea di chi siano i vicini, non so dove lasciare le chiavi a Perla.

Emetto nuovamente uno sbuffo, decidendo di inviarle un messaggio. Afferro il telefono, che per un attimo mi sfugge dalle mani; lo acciuffo, cercando di non farlo precipitare dritto sul mio volto.

Con occhi socchiusi e stanchi, comincio a digitare, sforzandomi quanto più è possibile di tenere gli occhi aperti per verificare cosa diamine stia scrivendo.

"Buongiorno principessa sul pisello! Innanzitutto ti ringrazio per avermi mandato un messaggio, tanto, mica sono qui ad aspettare tue notizie? Seconda cosa, ho io le chiavi quindi appena hai finito col tipo raggiungimi allo Shine, l'indirizzo lo conosci."

«Almeno qualcuno ha trascorso delle piacevoli ore notturne...» -mormoro, alzandomi a fatica dal letto, neanche pesassi un quintale; mi siedo sul bordo, prendendomi la testa fra le mani. Per qualche secondo chiudo gli occhi, ma subito mi do un pizzicotto sulla guancia, per tenermi sveglia.

Come una fulminea onda anomala, le ombre della sera scorsa fanno irruzione nei miei pensieri. La mia espressione facciale muta in una smorfia, al ricordo di quel deficiente della festa di ieri sera. Più che altro, mi stupisco della mia reazione; gli sto rivolgendo fin troppo del mio prezioso intelletto, quindi dovrò impegnarmi per fingere che nulla sia successo.

Perché, in effetti, nulla è successo.

Mi alzo di scatto, sbuffando; osservo la mimica del mio volto riflessa nello specchio, appeso all'armadio color panna, dalle decorazioni floreali. «Quell'idiota... Ma io non lo so! Prima finge di voler attaccare bottone, poi sparisce e dopo qualche ora lo ritrovo a baciare un'altra. Sono veramente s-c-o-n-v-o-l-t-a!» -borbotto, agitando un indice e ritrovandomi a parlare con il mio alter ego. La situazione non dovrebbe impressionarmi più di tanto, giusto?

Giusto.

Mi chino ed apro il cassetto; afferro un leggins blu scuro e una maglia più lunga a strisce bianche e blu. Sembro una donna di mare, con questi colori.

D'un tratto la vibrazione del telefono attira il mio interesse: premo su "Nuovo messaggio" e spalanco gli occhi, leggendo ciò che Perla ha scritto.

"Bonjour. Sono viva. Stanca, ma viva ;). Ci vediamo lì".

Accidenti. «Che cosa sta facendo, lei, sveglia alle sei e mezza?» -sussurro, guardando stranita lo schermo del cellulare. Sono sconvolta. Ce n'è un altro, in basso.

"Ah, non sono sola, oltre a Raffaele c'è un'altra persona con me :*".

Lo scaravento in borsa; raccolgo i vestiti che ho scelto e corro in bagno, a piedi nudi. «No, no, no, no.» -mi lamento, facendo un dramma.

E ora chi è? Possibile che...

«No, no, Madonna mia, ti prego, fa' che sia...».

Faccio una smorfia.

«... che non sia lui.».

Si è avvicinato una prima volta e l'ho cacciato all'istante, senza pensarci. Ed è vero, la colpa è stata mia; perché, figuriamoci, sul serio voleva fare breccia con quel atteggiamento arrogante?

Sbuffo, poggiando la tempia al finestrino del pullman. Va bene, è vero che non ho idea di chi sia, ma non posso definirlo arrogante. Dopotutto, quando l'ho incontrato di nuovo, lui è tornato vicino per fare conoscenza. Mi aveva addirittura chiesto di stare da soli, verso la riva. Poi si è eclissato, come il fumo di una sigaretta che lentamente si avvicina all'etere e svanisce, non lasciando alcuna traccia di sé o comunque qualcosa che mi permetta di trovarlo, adesso; sono a mani vuote.

Pff, non scherziamo proprio. Perché dovrei anche solo cercarlo? E' solo un idiota che aveva bisogno di perdere il suo tempo con qualcuno, ficcare la lingua nella bocca della ragazzetta di turno, divertirsi e ripetere le azioni precedenti all'infinito. Dopotutto, la ragazza alla fine l'ha trovata. Quel bacio così intenso con la bionda, non fa altro che apparire in loop nella mia mente. Chi era?

Sospiro, uscendo dal mezzo di trasporto, per poi dirigermi allo Shine. Non dovrebbe interessarmi. Quando varco la soglia, saluto Jessica che mi sorride e, con strani movimenti del capo, mi fa intendere di dover fare in fretta. In effetti c'è già qualche cliente, dunque poso la borsa dietro il bancone e inizio a lavorare.

L'adrenalina si appropria del mio petto, facendomi respirare a fatica e tremare le gambe. In un attimo, spero che sia lui ad arrivare con Perla
.
Dopo un'oretta di bambini assonnati, caffè, pizzette e una tazzina rotta, finalmente vedo entrare le persone che aspettavo con ansia. Accedono al bar sorridenti: Perla, che indossa degli abiti sicuramente non suoi, avvinghiata al braccio di quello che suppongo essere Raffaele e... lui!?

Evito di lamentarmi e rammaricarmi. Sul serio, che cosa ci fa lui qui?

Non riesco a descrivere le mille emozioni che sto provando in questo momento. «Buongiorno!» -mi saluta Perla, esuberante come al solito. La sua allegria mista ad innocenza mi dà sui nervi; cerco in tutti i modi di non alzare gli occhi al cielo.

«Ciao.» -borbotto. Avrei dovuto impegnarmi un po' di più, almeno mostrare un sorriso forzato. Ma è più forte di me.

«Raffaele, Alisya. Alisya, Raffaele» - ci presenta, spostando le braccia una volta verso me, una volta verso lui. Ci stringiamo la mano, ed io mi incanto a fissarlo. Mi ricorda molto un personaggio di Zoey101; ha i capelli leggermente lunghi e ricci, color cioccolato con alcuni riflessi biondi. Al posto degli occhi, due gemme di un intenso blu acciaio; la barba chiara gli corona il viso. Ha l'aria di un bravo ragazzo; gli sorrido e, silenziosamente, lo minaccio: stringo più forte la presa. Qualora dovesse far soffrire Perla, dovrà vedersela con me.

La mia amica continua a fissarmi con uno sguardo che definirei complice. Le do un pugno se non la smette. Prima cosa: dove l'ha incontrato? Seconda cosa: perché ha portato anche lui, oltre a Raffaele?

«Ciao!» -esclamo, fissandolo negli occhi blu oltremare. «Come stai, Riccardo?» -chiedo, fingendo palesemente un sorriso.

Chi aspettavi, Alisya?, mi rimprovero per averci lontanamente sperato.

Mi dispiace tanto Ricky, ma sei capitato in una brutta giornata. In un'altra situazione ti avrei salutato con vero piacere. 

Ah, e non è assolutamente vero che io aspettavo quel cretino di ieri sera. Meglio chiarirli certi pensieri.

«Ciao Alis!».

Alis? Proprio no.

Riccardo: il mio primo fidanzato, il mio primo bacio, la mia prima volta. E' qui, davanti a me, dopo quattro anni. E' probabile che in tutto questo tempo l'abbia visto sì e no cinque volte, mentre Perla è qui da tre giorni e l'ha incontrato, per caso. Eravamo tutti e tre in classe insieme, fin quando, trascorso il primo anno di liceo, mi trasferii dal classico all'artistico. Lui era rimasto lì, assieme a Perla. Mi abbraccia, sinceramente contento; vorrei ricambiare un sorriso, ma proprio non ci riesco.

Cerco di osservare il tutto dall'alto: vi prego, che scena miserabile. Sono desolata; adesso sì che riesco a decifrare i miei stati d'animo: delusa, amareggiata, combattuta, rassegnata. Perché una piccola e stupida parte di me sperava che fosse quel tizio?

Restiamo fermi, inermi, come alberi immobilizzati per alcuni secondi: io guardo Perla, Raffaele guarda Riccardo. Quando finirà questo ridicolo gioco di sguardi!?

Li invito ad accomodarsi e, forzando un sorriso, sistemo tre sgabelli rivestiti in pelle nera avanti al bancone; mi accingo a prendere tre bicchieri. «Cosa desiderate?» -chiedo, gentilmente. «Offre la casa!» -mi indico ridacchiando, data l'occhiata truce che mi ha rivolto Jessica. Che tirchia, è ovvio che pagherò io dopo, no?

Trascorsi vari minuti, poggio sul bancone un caffè per Raffaele, un thè freddo al limone dinanzi a Perla ed una Redbull per Riccardo. «Riccardo, dove hai incontrato Perla?» -domando, sinceramente curiosa.

«Non l'ho incontrata, me la sono ritrovata stamattina a preparare waffle nella mia cucina. Io e Raffo siamo coinquilini da poco.» -mi spiega, sorridendo, grattandosi distrattamente la nuca.

Ahimé, il mondo è piccolo, e questo non promette nulla di buono. «E perché siete coinquilini?».

«Perché andremo all'università insieme.».

«Ah, ho capito. Che facoltà hai scelto, alla fine?».

«Io Lettere moderne, mentre Raffaele...» -si arresta per qualche secondo, guardando l'amico titubante. «Storia e filosofia. Raffaele ha scelto questo.».

Più forte di me, il sopracciglio si alza e gli rivolgo un'occhiata perplessa; ma non mi interessa più di tanto. Continua, senza che io gli abbia chiesto nulla. «Gli indirizzi si trovano nello stesso istituto.» -aggiunge, soddisfatto.

«Non sai quanto sono in ansia.» -afferma Raffaele, aggiungendosi alla conversazione. «Ho fatto la primina. Sono un anno avanti e già ho troppe responsabilità.»

Lo guardo con tenerezza. Benvenuto nel club: io però ti supero! E' una vita che ho mille responsabilità sulle spalle. Si può vivere benissimo, se ci fai l'abitudine.

«Ma dai, non avere ansia.» -mormoro, mostrandomi rincuorante. «Ti assicuro che l'ansia non porta a niente di buono. Goditi la tua prima estate da maggiorenne! Ne hai diciotto di anni, mica quaranta!».

«Che saggia, Alisya.» mormora Perla, fingendo di applaudire.

_

Il trio se n'è andato da mezz'ora. Perla ha raccontato dei suoi tre anni di permanenza in Sicilia; ha illustrato i posti -a detta sua- incantevoli e ha promesso di portarci tutti un giorno.

Non se ne parla proprio. Spero che mantenga questa promessa solo a me, vorrei cambiare aria: non ho mai viaggiato, e un cambiamento mi servirebbe proprio.

Finisco il mio turno a mezzogiorno; prendo la borsetta, saluto Jessica -non senza aver pagato- e mi dirigo verso il supermercato.

Vago tra gli scaffali e prendo innanzitutto una scorta di assorbenti; cerco tra i bagnoschiuma e, finalmente, trovo quello a Mela Verde. Mi trattengo dal fare gridolini imbarazzanti; adoro provare nuove fragranze, ma non è il caso: sono in un luogo pubblico.

Fortuna che sono alta e ho le gambe chilometriche. Arrivo alla fermata del pullman giusto in tempo.

«Ah, un attimo...» -bisbiglio, cercando nella borsa il telefono. Devo contattare il proprietario della mia -ormai vecchia- casa, per restituirgli le chiavi.

Quando attacco, manca ormai una sola fermata. Il signor Sedita, gentile e disponibile, mi ha comunicato che manderà qualcuno a prendere le chiavi.

Quindi, a quanto pare, questa è l'ultima volta che farò questa strada. Emozionante è dir poco. Sono così sensibile che potrei seriamente cominciare a piangere qui, sul pianerottolo.

Apro, per l'ultima volta, questa porta e mi siedo sul divano, di un appartamento ormai vuoto. Mi annoio a morte, ma finalmente suona il citofono. Mi alzo di scatto e, saltellando, lo raggiungo. Premo il pulsante, come al solito senza rispondere e, dopo alcuni secondi, apro la porta. Mi appoggio all'anta, ascoltando incantata i passi di qualcuno fare eco in tutto il palazzo.

Vedo prima un'ombra, poi una sagoma. Spalanco gli occhi e, per un secondo, dimentico di respirare.

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