Venticinque.

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(dall'album: gif tenere^)

Devo restare calma.

Respira, Alisya. Respira. Alla fine, sono solo seduti vicino, tutto qui. Alla fine, Marta ha solo la testa poggiata sulla sua spalla. Tutto qui.

Un piccolo fiammifero, è bastato a far divampare un incendio. Questo sentimento, che sta bruciando lentamente tutti i miei organi, lo traduco come gelosia.

Ma non posso essere gelosa di Marta, dopotutto lei e Michelangelo non sono più fidanzati, vero? Vero?

Perla sembra non averci fatto caso, perché appena i suoi occhi verdi hanno intravisto Raffaele,è praticamente schizzata via. Grazie, amica.

Sospiro. Mi avvicino, guardandomi intorno. Dio, che imbarazzo. Fa' che Perla si ricordi di me, e cominci a presentarmi. Ti prego.

«Ciao Perla.» -saluta Michelangelo.

Che premuroso, non le ha neanche chiesto di me. Sono trasparente. Forse, è distratto dalle tette che la... che Marta preme sul suo braccio sinistro.

Abbasso lo sguardo, fissando le mie mani: questo borsone comincia a pesare.

Con la coda dell'occhio, posso vedere Riccardo che accorda una chitarra, una coppia di ragazze che parla a voce bassa, e altre due che se ne stanno in disparte, stese sui lettini a prendere il sole.

Nessuno sembra essersi accorto della mia esistenza. E' perfetto. Potrei facilmente darmela a gambe levate da lì e nessuno se ne accorgerebbe.

Ma non ho intenzione di passare la giornata da sola. Perché io non sono sola. Non più.

Faccio un colpo di tosse:«Ciao ragazzi.» -balbetto. Dio, cominciamo.

Non mi intimidisce il fatto che, adesso, tutto il gruppo mi stia fissando come se fossi un alieno.

Mi guardo intorno: Riccardo ha posato la chitarra, quelle che identifico come Greta e Roberta hanno smesso di parlare e la Mazzotti e Lucia hanno tolto gli occhiali da sole.

All'appello mancano solo le balle di fieno che rotolano, ed il frinire dei grilli; poi, sembra davvero che il mondo si sia fermato al mio arrivo.

Finirò per scappare.

«Oddio, Alisya! Esisti ancora!» -mi dice Angela. Eh già, esisto ancora. Purtroppo

Si alza e mi raggiunge, sorridente. Ha un costume acquamarina, è davvero cresciuta. Non è più la ragazzina di quattordici anni del primo anno. Ovviamente. «Come stai?» -chiede, abbracciandomi. 

Molto meglio, adesso che hai interrotto il silenzio.

«Ciao, Angela!» -dico, ricambiando il suo abbraccio. «Tutto bene, tu?» - aggiungo, con gentilezza.

Comprendo perché, questa ragazza, sia stata fidanzata con Raffaele in passato: è la copia sfacciata di Perla.

«Bene, grazie.» -mi risponde, distanziandosi.

Si fa da parte, perché nel frattempo si è creata una vera e propria fila per salutarmi. Oh mio Dio, no.

«Ciao, Ali.» -dice Riccardo. Diamine, sembra uno spiedino. E' alto e magro. Mi stringe in un forte abbraccio, lasciandomi un bacio sui capelli.

Sorrido, premendo il viso sul suo petto. «Ciao, Ricky».

Ci distanziamo, e io guardo di sfuggita il lettino blu su cui prima erano seduti Marta e Michelangelo; con sorpresa, non lo intravedo. Probabilmente sarà in acqua. 

Con Marta.

La 'prossima' è la ragazza col caschetto nero, i capelli leggermente umidi e dei fantastici occhi celesti. «Piacere, Lucia.» -dice, timida.

Non avevo dubbi.

«Ciao, io sono Alisya.» -mi presento, sorridendo. Ci stringiamo la mano. 

Dopo aver conosciuto -per la seconda volta- Greta e Roberta, anche Raffaele mi saluta.

«Wow, che bel fusto!» -scherzo, dandogli un leggero pugno sul petto.

Solleva l'angolo della bocca, in una espressione simile ad un sorriso. «Ciao, Ali.»

Altri due ragazzi sono 'in fila' per conoscermi, sono due ragazzi alti e biondi. Si somigliano tantissimo. Saranno fratelli?

«Dai, ragazzi, spostatevi, fatemi fare conoscenza.»

 All'improvviso, una voce -che riconoscerei fra mille- ci interrompe.

I ragazzi si spostano, e Michelangelo avanza nella mia direzione. 

Non aprire la bocca. Non sembrare una stupida. Non dimenticare di respirare.

Vorrei guardarlo in tutto il suo splendore, ma i miei occhi sono incatenati ai suoi, come legami indissolubili.

Mi tende la mano, ed io ho il cuore a mille. Poggio il borsone sulla sabbia, e allungo debolmente la mia. La stringe con delicatezza, guardandomi intensamente. 

Il suo sguardo cade sulle mie labbra, per poi tornare nei miei occhi, con profondità.

Non scherzava quando ha parlato di 'ricominciare'. Non mi ha ignorata, nonostante ieri sera io l'abbia cacciato da casa mia. Per quanto possa essere ridicola -assolutamente ridicola!- questa situazione, mi fa sorridere.

E' bellissimo. Il sole ha leggermente schiarito i suoi capelli, che adesso sono arruffati ed umidi, ma allo stesso tempo adorabili. Qualche ciuffo più lungo gli copre gli occhi azzurri, ancora fissi nei miei, mentre col pollice mi accarezza il dorso della mano.

Delle braccia mi circondano la vita da dietro. «Ali, sveglia....» -la voce di Perla mi solletica l'orecchio, riportandomi con la testa sulla terra. O, meglio, sulla spiaggia.

Stiamo scherzando? Quando la smetterò di imbambolarmi ogni volta che mi guarda?

Lucia, che adesso mi guarda curiosa, ridacchia. Gli altri due ragazzi osservano la scena indifferenti. Vuole giocare?

Giochiamo, allora.

«Piacere, Alisya.» -dico, sbattendo le palpebre più volte, civettuola.

«Il piacere è tutto mio, bambolina.» -risponde, guardandomi fisso negli occhi. La mia mano è ancora nella sua. E le sue labbra mi chiamano, disperatamente.

«Scusa, non mi sembra di aver capito il tuo nome. Puoi ripeterlo?» -chiedo innocente, tralasciando il suo solito nomignolo. Ormai è una conversazione tutta nostra, nessuno ci ascolta: solo noi due.

«Michelangelo.»- ribatte. «Sei davvero una bella bambola, sai?» -sussurra, mordendosi un labbro.

Bambola.

Decine di ragazzi fra i banchi di scuola, prendono forma nella mia mente. Mi prendono in giro a causa del mio perenne silenzio; mi chiamano bambola, perché sono immobile, ferma, inespressiva.

Deglutisco. Bambolina è più bello.

Stringo la presa e mi avvicino al suo orecchio:«Chiamami di nuovo bambola,e ti ritrovi le palle in gola da tutti i calci che ti darò.».

Sybil si ferma, impassibile. Sei qualcosa di disgustoso, Alisya.

Ridacchia e si avvicina al mio orecchio:«E poi tu come fai?» -sussurra, facendo un chiaro riferimento a... qualcosa.

Soffoco una risata. «Troverò il modo.» -ribatto, mordendomi il labbro.

Scoppia a ridere, e mi tira in un abbraccio. Mi circonda le spalle, e mi accarezza la schiena, con movenza leggiadra e soave. 

Chiudo gli occhi, perdendomi in una serena percezione. E' come se, dalla sua pelle, fuoriuscisse una magica ed intensa luce; sento che mi attraversa, con delicatezza, e arriva fino al mio cuore, avvolgendolo come uno scudo.

E' possibile una cosa del genere? Perché io, adesso, mi sento davvero meglio.

«Sono felice che tu sia qui.» - sussurra, lasciandomi un bacio sui capelli, per poi distanziarsi.

Anche io sono felice di essere qui.

Torna a sedersi, come se nulla fosse. Come se non avesse appena buttato un secchio d'acqua, sul fuoco che mi stava tormentando.

Saluto anche 'Giovanni' ed 'Achille', e mi appresto a risollevare il borsone dalla sabbia e a sistemarlo all'ombra.

Alzo lo sguardo, verso il mare; Perla e Raffaele si sono praticamente dileguati, ed io li intravedo parlottare seduti a riva. Ogni tanto Raffo si volta nervosamente verso di noi, ed io mi chiedo distrattamente di cosa stiano parlando.

  〜  

Mentre pranziamo coi nostri panini, ogni tanto -ogni tanto- rivolgo uno sguardo a Michelangelo.

Lo guardo di sfuggita, ancora. Sembra felice, mentre ride coi suoi amici. La sua allegria mi fa sorridere.

«Alisya, vuoi andare a fare un giro?».

Mi volto. Dei grandi occhi azzurri mi guardano, dietro un paio di occhialoni neri. Lucia mi osserva sorridendo, in attesa di una risposta.

Beh, sotto il sole cocente delle due non è una grandiosa idea, però vorrei fare conoscenza.

Annuisco. «Va bene.» -rispondo, alzandomi dal lettino.

Camminiamo sulla sabbia, andando verso la riva. Quando, però, il calore diviene insopportabile, cominciamo a correre.

Rido, spensierata. Arriviamo sul bagnasciuga, e tiriamo entrambe un sospiro di sollievo.

«Quanti anni hai?» -chiede, sedendosi sulla sabbia bagnata.

Mi siedo accanto a lei, incrociando le gambe. «Diciannove tra un po'. Tu?» -rispondo.

«Diciannove compiuti.» -ridacchia, scrollando le spalle.

Sorrido, restando in silenzio. Mi torturo nervosamente le mani, non so che dire.

«Un attimo!» -urla. Trattengo il fiato, ma che urla a fare? - «A breve? Che significa!?» -chiede, con un po' troppa eccitazione nel tono.

Sbatto le palpebre, confusa. Ho quasi paura di risponderle.

Sospiro. «Significa che tra un mese è il mio compleanno.» - Ed io odio a morte il mio compleanno, vorrei aggiungere.

Arriccia le labbra. Credo abbia capito che, il precedente, fosse un argomento off-limits. «Che liceo hai fatto?» -chiede, sorridendo.

Grazie al cielo.

«Artistico, arti figurative. Tu?» -rispondo, gentile.

Scrolla le spalle, indifferente. Mi sembra indifferente solo quando parla di se'. Non so, se lo stia facendo apposta; è come se volesse concentrare tutta l'attenzione su di me.

Perla. C'entra qualcosa. E' sempre lei.

«Linguistico, al Giulio Cesare. Andavamo tutte in classe insieme.» -spiega, facendo un cenno verso gli ombrelloni.

«Com'è che si è formato il gruppo?» -chiedo, curiosa.

«Ehm...» -esita. «All'inizio i ragazzi suonavano insieme, poi...» -mormora, in imbarazzo.

Poi, si è formato il gruppo quando Michelangelo e Marta si sono messi insieme. E i due schieramenti si sono fusi. 

Sospiro. «Non voglio sentirlo, grazie!» -ridacchio.

Mi guarda, curiosa. «Okay,okay. Off-limits.» -solleva le mani, in segno di resa.«Però, permettimi di dire una cosa... Posso?» -chiede, attirando il mio sguardo.

Rassegnata al fatto che Michelangelo sarà il centro della nostra discussione, annuisco. Cos'è, sono migliori amici anche loro?

Si alza, stiracchiandosi; faccio lo stesso, anche io comincio a sentire alcuni dolori. Dio, ma perché dobbiamo parlare di Michelangelo?

Camminiamo, in silenzio. «Sei completamente cotta di lui.» -dice, all'improvviso.

Sentirlo dire così, mi spiazza.

Schiudo le labbra; mi fermo di botto, come se non potessi pensare e camminare contemporaneamente. E' vero? Sono cotta di lui?

Si, è vero. 

Non c'è altra spiegazione, a tutto quello che provo quando Michelangelo è nei paraggi.

«E tu che ne sai?» -chiedo, scettica.

Mi guarda con un sopracciglio alzato, ed incrocia le braccia:«Si nota da un miglio, che tu lo voglia o no.» -ribatte. «Ascoltami: lascia perdere Marta. Non pensare minimamente a lei.».

Alzo un sopracciglio, irritata. Ma cosa vuole? Sospiro, stanca. «Perché dovrei lasciarla perdere, Lucia?» -chiedo, alzando gli occhi al cielo, mentre mi chiedo anche perché ne stia parlando con lei.

«Perchè, da quando si sono lasciati, lui non ha mai guardato nessun'altra come ha fatto con te prima.» -dice, poggiando le mani sulle mie spalle .«Fidati. Lo conosco più di quanto tu possa immaginare.»

Sbatto le palpebre, ancora più confusa. «Ma come fai a dire queste cose?» -sbotto. «Ci hai visti solo qualche oretta.»

«Hai fatto breccia.» -continua.

«Io non ho fatto breccia, semplicemente mi usa per dimenticare Marta.» -sbotto.

 Sto cercando di farle capire che, quello che dice, è insensato.   

Schiude le labbra, come a dire qualcosa. Poi ci ripensa, e mi guarda apprensiva:«Hai mai pensato che, magari, sei tu che finalmente l'hai sostituita?» -sussurra.

La guardo, perplessa. Io ho sostituito Marta?

Non so cosa pensare.

«Non ti sta usando per dimenticarla, Alisya. E forse neanche per sostituirla. Esce con te perchè gli piaci e basta, non può essere così?» -continua, scrollando le mie spalle.

Mi irrigidisco. «Gli piaccio e basta.» -ripeto.

«Ciao Alessia!» -urla una voce, fin troppo agitata, alle mie spalle. Dice a me?

Mi volto di scatto, con un'espressione alquanto infastidita.

«Non mi chiamo Ales...»- mi interrompo, dinanzi a chi vedo. «Oh, ciao Francesco. Sono Alisya.» -dico, ancora scossa.

L'animatore ha la solita maglia gialla, con la scritta blu sopra, che indica l'associazione per cui lavora.

I suoi occhi castano chiari splendono al sole, in contrasto coi capelli biondi. «Ciao Alisya, scusa!» -si corregge, con un ghigno divertito.. «Come stai? In che lido sei?»- aggiunge.

Mi mordo l'interno della guancia, cercando di non sbuffare per le tante domande. «Lì.» -dico, mentre indico lo stabilimento accanto.

«Ah, al quaranta. Con chi sei?» -chiede, ancora.

E, prima che me ne possa rendere conto, Michelangelo è al mio fianco. Mi cinge la vita con un braccio, e guarda scontroso Francesco.

«Lei è con me, qualche problema?».

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