Capitolo 12

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Tobias



È la prima volta da tanto tempo che posso dire di aver "riposato".

Accanto a lei, con il buio della stanza che ci avvolge, i brividi che mi provoca ogni volta che sfioro il suo corpo diafano mi fanno impazzire. Riesco quasi a percepire l'odore della sua pelle, vicino a lei i miei sensi si risvegliano, comprese le mie emozioni gelate ormai da tanto tempo, con lei so che c'è speranza.

Durante il sonno noto che inizia ad agitarsi, si dimena nel letto come se fosse posseduta. Cerco di svegliarla al meglio che posso ma con scarsi risultati, di colpo apre gli occhi.

È grondante di sudore «Natalie che cazzo è successo? Eri molto agitata nel sonno, ma non sono riuscito a svegliarti... Anche se in effetti, viste le mie condizioni non sono riuscito a combinare granché per farlo».

Lei mi guarda allibita come se avesse visto un demone, blaterando cose a caso. Sto pensando seriamente che questa ragazza sia posseduta, altro che psichiatri, qua ci vuole un lanciatore di Acqua Santa con le palle.

Dopo svariati minuti riesce a riprendersi. Rimango completamente spiazzato da quello che mi sta dicendo «Tu non sei morto, non sei neanche vivo. Ho visto l'incidente, qualcuno ti ha dirottato l'auto, sei bloccato tra i due mondi. Io e te siamo collegati per qualche assurdo scherzo del destino e...» non le lascio neanche il tempo di finire la frase.

«Come ti permetti ad intrometterti nella mia vita? Tu non c'entri un cazzo con me, non mi conosci! Non mi interessa se sei una lunatica pazza o una veggente e neanche tutte queste stronzate. Dimenticati tutto, dimenticati di me.» la lascio lì con le sue paure, i suoi dubbi, e le mie parole che ancora riecheggiano in quella stanza.

Le cose che ha detto mi hanno destabilizzato, mi sono sentito nudo e fragile ai suoi occhi. E come al mio solito ho reagito come mi viene meglio: con la rabbia.

Dopo quello che Natalie mi ha detto mi sono saliti dei sospetti.

Camminando per le strade di Baltimora comincio a ripensare all'accaduto.

Quella maledetta sera, prima del dannato incidente, io e Chris eravamo in studio, nella casa di mio padre che ormai da tempo era diventata la mia.

Stavamo finendo di mettere appunto alcuni dettagli per un grosso affare che quella sera avremmo dovuto portare a termine. Il cliente ci aspettava in uno dei nostri tanti locali a luci rosse, il Red Moon.

Come con tutti gli altri affari chiusi insieme, pensavo saremmo andati con la nostra "macchina fortunata", invece quella sera Chris si rifiutò dicendo di voler usare la sua nuova Lamborghini.

Arrivati al locale salutai Julia, che come al solito era dietro a fumare una sigaretta dopo l'altra.

Ricordo che quando la incontrai per la prima volta fu per caso, ero di ritorno da una cena. Era davvero molto tardi, ormai le strade erano quasi deserte e le poche persone che c'erano in giro non erano di certo raccomandabili.

Mi trovavo fermo ad un semaforo, la radio era talmente alta da sovrastare ogni rumore circostante, e cosa ancora più piacevole anche ogni pensiero.

Ad un certo punto vidi una ragazza attraversare la strada correndo come una pazza, come se avesse il diavolo alle calcagna.

La ragazza correva in mezzo alla carreggiata, incurante del possibile passaggio di qualsiasi mezzo che poteva investirla.

Corse fino alla parte anteriore della mia auto, appoggiando le mani sul cofano e urlando qualcosa di incomprensibile visto l'alto volume della musica.

Il suo viso era una maschera di puro terrore, il trucco era colato dagli occhi imbrattando la sua pelle diafana.

Decisi di spegnere la musica, e abbassare il finestrino quel tanto che bastava per poter conversare con quella pazza.

Lei si fiondò verso il mio sportello come un animale ferito bisognoso d'aiuto, infilando le dita nello spiraglio del finestrino aggrappandosi a quell'unica ancora di salvezza.

«Ti prego aiutami, sta arrivando, ti prego.»

Le sue parole venivano interrotte da piccoli singhiozzi.

«Ti supplico non lasciarmi qui.»

Stavo già per andarmene, all'epoca ne avevo viste di cotte e di crude, e di certo non volevo immischiarmi in problemi non miei.

Ad un tratto vidi questa ragazza scaraventata all'indietro, un uomo l'aveva presa per i capelli tirandola violentemente.

Non so cosa scattò in me, ma il mio corpo agì da solo: scesi velocemente dall'auto e tirai un pugno in pieno volto a quell'uomo. Così facendo lui cadde a terra portandosi le mani al volto, che ben presto si tinsero di rosso, molto probabilmente gli avevo rotto il naso.

«Sali in auto.» ringhia alla ragazza, lei senza fiatare andò a sedersi sul sedile del passeggero, misi in moto la macchina e partimmo.

Lei, non so il perché, cominciò a parlare tra i singhiozzi, come un fiume in piena. Si trovava in mezzo ad una strada, la sua famiglia era sul lastrico, suo padre aveva grossi problemi di alcol.

Ogni sera tornava a casa e picchiava la moglie e i figli, perché insoddisfatto della vita che conduceva.

Julia aveva iniziato a fare uso di droghe, ma inconsciamente si stava indebitando così tanto da rischiare la vita.

Era solo una giovane donna senza una guida, e nessuno poteva aiutarla, visto che lei stessa non lo voleva.

Così, chi stava in alto alla grossa catena di giri di droga in cui era immischiata lei si prese tutto, la sua dignità, la sua libertà, la sua vita.

La obbligò a diventare sua, la sua schiava personale. Abusava della sue debolezze e dipendenze, del corpo, della sua mente. Lei non era più una persona, era diventata un manichino nelle sue mani...

Il suo esile corpo era diventato ormai un campo di battaglia, tra lividi e ustioni da mozziconi di sigaretta, spenti sulla sua pelle.

Veniva martoriata esternamente ed interiormente, lei ormai aveva perso le forze anche solo per piangere.

Dopo quell'episodio decisi di aiutarla, di darle un'altra possibilità. Non so cosa trovavo in lei, ma sentivo che dovevo fare qualcosa per fermare tutto questo.

Così, dopo tanti buchi nell'acqua sono riuscito a scoprire chi aveva in mano la sua libertà, Sergey il boss del clan rivale.

Con qualche conoscenza al posto giusto, sono riuscito a toglierla dalle sue grinfie.

Le ho offerto un lavoro al Red Moon come barista, e un tetto sulla testa. L'ho aiutata a riprendere in mano la sua vita, per me non era solo una delle tante anime perse, ma eravamo simili sotto molti aspetti...

In tutti questi anni non ho mai avuto strane intenzioni con lei, nonostante sia una bella ragazza dai lunghi capelli rosso fuoco e due occhi da cerbiatto color verde smeraldo. La cosa più affascinante di lei è che sorride sempre nonostante il suo passato, non l'ho mai vista abbattersi, ha saputo combattere i suoi demoni e, anche se a volte tornano, non si arrende.

Lei è diventata la mia famiglia, e io non permetterò più a nessuno di farla cadere di nuovo nell'oblio.

La serata era finita con successo: l'affare era andato a buon fine, il locale che tanto desideravamo era diventato nostro. Come al solito mi ero lasciato trasportare dalla Tequila e dal buon vecchio rum. Chris aveva avuto la grande idea di andare a festeggiare al nostro nuovo locale e io accettai senza indugi. Mi diressi al posto prestabilito precedentemente, ma non ci arrivai mai.

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