Capitolo 18

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Natalie 




Vedo Tobias andarsene dalla terrazza, turbato come se avesse visto un fantasma al posto di Richard, strano paragone vista la sua condizione, ma è proprio così. 

Anche mio padre sembra osservarlo mentre se ne va. È tutto troppo strano per i miei gusti. Di sicuro è una mia impressione, ma perché Tobias è scappato in quel modo? 

Dopo qualche saluto di circostanza io e Richard ci troviamo in limousine diretti verso casa. Si percepisce una strana tensione nell'aria, vorrei parlare, chiedergli perché fosse così contrariato, ma non trovo il coraggio. 

Osservo l'uomo al mio fianco: la mascella è contratta, la sua postura è rigida, come se da un momento al altro possa succedere qualcosa. 

I nostri sguardi si incrociano, ma lui abbassa subito gli occhi, come se non fosse in grado di sostenere il mio sguardo. 

«Natalie, ascolta, credo che sia arrivato il momento di parlare. Non riesco più a tenermi dentro tutto, è un peso troppo grande da sostenere ormai.» dicendo queste parole il suo sguardo si addolcisce. 

«Papà, credo che tu possa aprirti con me, come vedi il nostro rapporto negli ultimi giorni è cambiato. Sono molto felice di tutto questo, non avere timore, ti ascolto.» non so cosa stia nascondendo, ma di sicuro è qualcosa di grave vista la sua espressione stanca. Nella penombra si notano benissimo le sue rughe d'espressione, molto più marcate del solito. 

Prende un grande respiro come per farsi forza e comincia a parlare guardandomi dritto negli occhi: «Non c'è un modo semplice per spiegarti le cose, vorrei solo che non ti arrabbiassi, cerca di capirmi.» fa una piccola pausa per poi ricominciare a parlare, mentre io già mi sto facendo prendere dall'ansia, addirittura mi sudano le mani. Non ho mai visto mio padre in questo modo, che ne è stato del solito uomo burbero e scontroso? 

«Natalie, io ho sempre avuto le tue stesse capacità… Fin da piccola credevi che ti odiassi perché eri diversa o ti credevo pazza, mentre io cercavo in tutti i modi possibili di non farti fare la mia stessa fine.»

Sono esterrefatta, è come se il tempo si fosse fermato, non sembra vero quello che mi sta dicendo. Sussulto, le sue parole mi colpiscono in pieno volto peggio di uno schiaffo. 

«Anche per me come nel tuo caso, da bambino le mie doti si sono palesate. I miei genitori erano molto assenti, mio padre per lavoro viaggiava molto, mentre mia madre era occupata con gli impegni che comportava far parte dell'alta società»

Per la prima volta vedo mio padre sotto un altro aspetto. Si percepisce il grande sforzo che sta facendo per raccontarmi tutto questo. Ma soprattutto vedo un grande dolore nel suo sguardo. 

«Frequentavo una scuola privata, ma ero piuttosto ingenuo e i tempi erano molto diversi. Quando cominciai a raccontare quello che vedevo, tutti iniziarono a prendersi gioco di me. La cosa peggiore però non fu quella, mi mandarono in un centro definito all'avanguardia. In realtà era una specie di clinica psichiatrica per famiglie ricche che volevano tenere ben nascosti i loro parenti "speciali". Non puoi immaginare cosa ho dovuto subire. A quei tempi le terapie per le malattie mentali erano molto diverse, barbare e crudeli oserei dire.» la sua voce comincia a tremare, non ha più nulla del uomo forte e cinico che ho sempre conosciuto. I suoi pugni sono serrati talmente stretti, da far risultare le nocche completamente bianche. 

«Fino a quando non mi sono arreso, sono arrivato a convincermi che quello che vedevo fosse solo frutto della mia immaginazione. È stato come relegare ciò che mi differenzia a dagli altri, in un angolo recondito della mia anima. Ben presto sono riuscito ad uscire da quel posto infernale, e da li ho preso la decisione di intraprendere la carriera di medico, specializzandomi in neurochirurgia. Volevo comprendere fino in fondo il cervello umano, per capire se fosse davvero tutto frutto della mia immaginazione» mentre dice queste parole, per un attimo, noto nei suoi occhi una scintilla di determinazione, la stessa che lo ha sempre contraddistinto. 

«Ho avuto una vita serena, sporadicamente mi capitava di vedere qualcosa di strano, ma subito ricacciavo tutto giù nelle profondità del mio subconscio. Ho conosciuto e in seguito sposato tua madre, una delle cose più meravigliose che mi sia capitata.» i suoi occhi cominciano a velarsi di lacrime amare. 

«Poi sei arrivata tu, e con il tempo la storia si è ripetuta. Non potevo permettere che il mio stesso problema distruggesse la tua vita. Ho cercato di tenerti lontana da me, per non aggravare la situazione, ti ho spinta verso una terapia adeguata, ma così facendo ho annientato il nostro legame. Ti giuro, Natalie, non avrei mai immaginato che fosse tutto reale, altrimenti avrei reagito diversamente. 

Non ho mai visto questa cosa come un dono, come la definiva tua madre, ma solo una qualche rara malattia mentale.» una lacrima scende lungo la sua guancia, io istintivamente allungo la mia mano per posarla sulla sua. Inizialmente si irrigidisce ancora di più, ma poi sento la sua tensione scemare lentamente. Uno strano mix di emozioni annebbia la mia mente, provo rammarico per lui, ma allo stesso tempo quella punta di rancore che ho sempre provato fatica ad andarsene. 

«Fino a questa sera ho creduto che fosse uno scherzo nella nostra genetica. Quando tu dicevi di vedere qualcosa, io facevo di tutto per ignorare la cosa. Era come se cercassi di coprirmi gli occhi di fronte all'evidenza. Il fatto che il mio lavoro mi tenesse per lunghi periodi fuori casa, mi ha sempre aiutato a mantenere le cose così com'erano,almeno fino a questa sera.» prende le mie mani tra le sue, io lo ascolto in un rigoroso silenzio le sue parole. Mi sento come una spettatrice della mia stessa vita, mille emozioni contrastanti mi assalgono. 

Anche io non riesco più a trattenermi, calde lacrime cominciano a rigare il mio viso. Tutta la rabbia e il rancore che ho provato in questi anni nei suoi confronti, ormai non hanno più senso. Anche se in parte, non riesco ancora del tutto a perdonare ciò che mi ha fatto passare in questi anni. 

Poteva parlarmene, lo avremmo superato insieme. Anche se penso, che in fondo credeva davvero di fare il mio e il suo bene, mettendo un muro tra noi. 

Il mio cervello comincia a elaborare la cosa e mi sorge spontanea la domanda: «Cosa hai visto questa sera sulla terrazza papà? Cosa ti ha spinto a cambiare le tue radicate convinzioni?» Le mie parole escono decise, ora basta menzogne, voglio tutta la verità. 

Lo vedo sporgersi verso di me e abbassare la voce, come se inconsapevolmente avesse paura di essere ascoltato da altri. 

«Ti ho vista con quel ragazzo. Tralasciando l'iniziale rabbia nel vederti in atteggiamenti più che amichevoli con qualcuno, ho poi percepito le sue reali condizioni. Ciò che mi ha stupito di più successivamente, è che non poteva essere frutto della mia immaginazione. Perché per prima cosa tu stavi interagendo con lui, e quando si è avvicinato l'ho anche riconosciuto. È un mio paziente in stato di coma, Tobias Miller, non poteva essere frutto ne della mia è neanche della tua immaginazione. Non posso sbagliarmi, quel ragazzo è bene impresso nella mia mente, purtroppo è un caso molto particolare.»

Nel sentire quel nome il mio cuore perde un battito, allora ciò che sentivo era vero! Lui non è morto, ma neanche vivo, è in coma. E per di più è anche paziente di mio padre, sembrano impossibili tutte queste coincidenze… dove vuole portarmi questa volta il mio dono? Perché dopo tanti anni ora ho la possibilità di vedere Tobias? Che senso ha tutto questo?

Mille domande mi tormentano, oltre alla verità su mio padre appena scoperta. Ho persino la nausea, causata dal turbinio di emozioni contrapposte dentro di me. 

Nel frattempo l'auto è arrivata al complesso residenziale dove abitiamo. Richard scende e porgendomi la mano per aiutarmi a fare lo stesso dice con un mezzo sorriso «Forza, tesoro, abbiamo molto da chiarire,ma sopratutto tanto tempo sprecato da recuperare». 

Mentre siamo sul ascensore, una opprimente sensazione mi attanaglia lo stomaco. È molto più di un presentimento, c'è qualcosa che non va, lo sento forte e chiaro. Richard nel frattempo mi accarezza la testa dolcemente con fare paterno dice: «Da oggi non ti sentirai più sola, Natalie.» io annuisco distratta da questa fastidiosa sensazione. 

Varacata la soglia di casa mio padre si toglie la giacca dirigendosi verso il divano, in attesa di proseguire il chiarimento. 

Purtroppo però l'angoscia è ormai insopportabile. Traggo un respiro profondo e socchiudo gli occhi per fare chiarezza, per capire cosa sta succedendo. 

L'immagine di Tobias in quel letto d'ospedale si para davanti ai miei occhi per un istante. Sento come un sibilo nella mia mente "È giunta la sua ora". 

Il cuore comincia a martellarmi nel petto freneticamente, le gambe sembrano voler cedere. Mi aggrappo con tutte le mie forze a quel briciolo di lucidità che mi è rimasta, rivolgendomi a mio padre che ormai mi sta fissando nel tentativo di capire cosa mi sta succedendo. 

«Ascoltami, papà, sembrerà una follia, ma devi assolutamente ascoltarmi. Sta succedendo qualcosa a Tobias, non chiedermi come faccio a saperlo. Ma ti prego, papà, per una volta nella vita cerca di credermi, fai la scelta giusta e non fuggire. Ho bisogno del tuo aiuto. Anzi lui ha bisogno del tuo aiuto, per favore va da lui, tu sei l'unico che può salvarlo!» butto fuori le ultime parole tutte d'un fiato, mentre Richard mi guarda con gli occhi sgranati. 

Per un tempo che sembra interminabile rimane immobile, come per metabolizzare quello che gli ho appena detto, o forse per decidere se credermi. 

Nel frattempo, questa dolorosa sensazione di angoscia mi attanaglia sempre più le viscere. Lo supplico con lo sguardo nella speranza che, almeno questa volta faccia la cosa giusta. Sento la testa pesante, e la morsa allo stomaco comincia ad essere dolorosa. 

Apre la bocca come per dire qualcosa, ma poi si ferma. Prende la giacca dalla sedia e si precipita verso la porta «Tu non vieni?» dice voltandosi a guardarmi. 

«No, tranquillo. Ti raggiungo subito devo prima fare assolutamente una cosa». 

Non posso dare a vedere che sto male. Se facessi solo qualche passo, lo noterebbe subito, così perderebbe tempo con me e non voglio questo. Per un istante sembra sorpreso, ma dopo un attimo di esitazione, prosegue uscendo chiudendosi la porta alle spalle. 

Attendo il tempo necessario per assicurarmi che sia andato via. Il cuore ormai sembra voler uscire dal petto quanto batte, lo sento rimbombare nelle orecchie. 

Il dolore comincia a salire verso la cassa toracica, sempre più insistente. Piccole scariche di brividi lungo tutto il corpo iniziano a farmi tremare. Faccio l'unica cosa che mi viene in mente a passo incerto con il dolore che ormai sta diventando lancinante esco di casa e mi dirigo verso la porta accanto. 

Mi attacco al campanello con le ultime forze che mi rimangono, lo tengo premuto il più possibile, cerco di respirare, ma i miei polmoni sembrano non voler collaborare. 

Faccio appena in tempo a vedere la sagoma sfocata di Chandra che apre la porta. Un dolore dilaniante al petto mi colpisce. Le mie gambe cedono come fossero fuscelli spezzati, percepisco l'impatto col suolo. La voce di Chandra risuona lontana, ovattata nella testa. Tutto comincia a diventare buio, l'oscurità mi inghiottisce, fa così tanto freddo… 



Angolo autrici

Ho aggiornato con un giorno di anticipo... Ma non riuscivo più ad aspettare, non volevo lasciarvi in sospeso e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate ❤️😘

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro