Capitolo 6

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Natalie








Mi dirigo verso casa a passo svelto, ho un freddo terribile e la pelle d'oca a causa dei vestiti zuppi. Sicuramente avrò un'aria ridicola conciata così, ma non mi interessa un granché. La mia testa è affollata da mille pensieri: non ci posso credere, sono anni che ho perso le mie capacità, come mai sono tornate?

Ma soprattutto, tra tutti i fantasmi che potevo vedere perché me ne è capitato uno così stupido. E pure un po' maniaco, a giudicare da come mi mangiava con gli occhi.

Mi sembra di sentire ancora quello strano formicolio causato dal suo tocco. Anche se così non si può definire, dato che le nostre mani si sono attraversate.

Quegli occhi nocciola così intensi, all'inizio mi è parso di vederci tanta confusione e sconforto. Ho sentito quelle emozioni, chiare e forti dentro di me per un attimo, poi si è rivelato per quello che è...

Un deficiente ecco cos'è!

Con quel sorriso beffardo, come a prendersi gioco del fatto che sono caduta in acqua a causa sua. La maglietta nera leggermente aderente e le spalle larghe, che mettevano in risalto il suo addome tonico e scolpito, ma che sto facendo?

Non posso pensare a quel decelebrato mentale in questo modo! Sarà sicuramente ancora l'effetto dell'erba , sì è proprio così.

Con questa convinzione a accompagnarmi,  sono arrivata alla porta di casa. Appena apro la soglia, mi trovo davanti l'ultima persona che volevo vedere conciata così: mio padre.

Noto immediatamente dal suo sguardo accusatorio che non si mette proprio bene per me, avrà notato i miei vestiti fradici. 

Non faccio in tempo a dire «Ciao, Richard.» che la sua espressione muta in una maschera di rabbia. Lo capisco dalle piccole increspature che gli si formano in fronte, non posso fare a meno di trovarle buffe.

«Natalie Hamilton, ormai ti basta mezza giornata da sola per combinare guai? Esigo subito una spiegazione sembri una stracciona! Cos'hai combinato per ridurti così?»

«Non ti devo spiegare proprio niente. Se volevi sapere qualcosa della mia vita avresti dovuto interessartene molti anni fa, invece che pensare solo al tuo lavoro.» Rispondo sul piede di guerra.

Vedo la sua espressione, che per un attimo sembra distendersi, diventare quasi triste, ma torna subito più dura e accusatoria di prima.

«Se mi sono concentrato così tanto sul lavoro è stato per poterti offrire questo stile di vita, gradirei un minimo di riconoscenza da parte tua.»

«A me non interessa tutto questo. Sei tu quello che ama ostentare la sua ricchezza, non lo hai ancora capito? Mi sarebbe semplicemente bastato che fossi stato più presente, e forse non saremo arrivati a questo punto», dico guardandolo dritto negli occhi, «Magari, ora ti avrei già raccontato ciò che mi è successo oggi, ma invece non è così e non succederà mai, perché siamo diventati due perfetti sconosciuti»

Con le lacrime che scorrono lungo il viso, gli sputo in faccia le ultime parole con disprezzo. Per poi correre a chiudermi in camera mia sbattendo la porta.

Sono troppo provata per poter restare ad ascoltare le sue prediche. Tanto non gli va mai bene nulla di ciò che faccio, che senso ha intavolare un discorso con lui, se mi si para davanti un muro?

Non potrei mai raccontargli ciò che è successo, lui è così cinico… Non come mamma, lei sì che mi avrebbe capita. 

Tolgo i vestiti che ormai si stavano asciugando addosso, per farmi una doccia. Il getto d'acqua calda, a contatto con la pelle, in breve tempo distende i miei nervi. Provo a non pensare a tutto ciò che è accaduto: è decisamente troppo tutto insieme il ritorno dei miei poteri mi tormenta, così come il pensiero di quel misterioso ragazzo e per finire quello che è successo con Chandra. 

Non avrei mai immaginato che i miei poteri potessero tornare, ormai ero rassegnata a una vita piatta e monotona e quasi mi andava bene così. 

Esco dalla doccia cercando di scacciare la malinconia, mi asciugo e controllo l'ora. Sono appena le tre del pomeriggio, basta ho deciso: devo dare una svolta alla mia giornata, andrò a cercarmi un lavoro.

Asciugo i capelli e cerco di darmi una sistemata nel migliore dei modi, dopo tutto quello che è successo mi sento prosciugato. 

Esco di casa in tutta fretta, non voglio più vedere mio padre, almeno per oggi.

Quando mi trovo sul pianerottolo, mi rendo conto che non conosco minimamente la città, non saprei da dove cominciare. Tiro fuori il cellulare, prendendo in considerazione di guardare la mappa, ma sento che non è la scelta migliore. Forse dovrei chiedere aiuto a Chandra, di sicuro conosce la zona meglio di me. E anche se mi costa ammetterlo, avrei proprio bisogno di compagnia, mi sento ancora scossa dall'andamento della giornata. 

Suono il campanello e dopo poco arriva proprio lei ad aprirmi. un'enorme sorriso appena i suoi occhi si posano su di me «Natalie, che sorpresa! Credevo che non mi avresti più parlato dopo la storia dei brownies… Ma che succede? Sembri così triste, vieni qui.»

Dicendo questo mi stringe in un caloroso abbraccio. Che, dopo un primo momento di resistenza, ricambio volentieri appoggiando la testa sulla sua spalla.

Avevo proprio bisogno di un contatto umano: era da troppo tempo che nessuno si preoccupava del mio stato d'animo.

«Niente tranquilla… Ho solo avuto una piccola discussione con mio padre.» 

Tralascio volutamente il fatto di aver visto quel ragazzo sul molo, non so ancora se me la sento di dirglielo.

«Tesoro, mi dispiace tanto. Se ne vuoi parlare, o se hai bisogno di qualsiasi cosa io sono qui. Avrei proprio una tisana che farebbe al caso tuo! Credo che ti possa far sentire meglio.» esclama mentre un lieve sorriso le increspa le labbra. 

Mi stupisce quanto sia dolce, ma allo stesso tempo stravagante questa ragazza.

«No, la tisana lasciamola proprio stare per favore. Mi sono già bastati i tuoi stupefacenti brownies.» dico facendo scoppiare a ridere entrambe.

«Considerando che non conosco la città, volevo chiederti se ti andava di darmi una mano a cercare un nuovo lavoro.»  

«Certo! Che genere di impiego cerchi? Sono molto emozionata per te!» comincia a saltellare per il corridoio in preda alla felicità, la sua gioia è così palpabile che risulta contagiosa. Si nota subito che è una persona anche se stravagante, molto solare. 

«Per me va bene qualsiasi lavoro, mi basterebbe riuscire a guadagnare abbastanza per allontanarmi il più possibile da mio padre.» dico quasi con disgusto. 

Chandra si ferma di colpo assumendo un’espressione pensierosa «Mi sembra che cerchino una cameriera in una tavola calda qui vicino… Lo ricordo perché lì fanno i piatti tipici più buoni della città!... A proposito, avrei una certa fame.» esclama con un cipiglio in volto e massaggiandosi lo stomaco.

«Perfetto, aggiudicato! Allora andiamo! anche io non ho ancora pranzato.»

Lei prende la borsa e cominciamo a dirigerci verso l'ascensore. 

«Il problema è che io ho già mangiato, ma mi vengono questi attacchi di fame improvvisi… Ho una gran voglia di torta alla frutta, credo di avere un metabolismo veloce.» dice poggiandosi una mano sul ventre piatto. 

«Io invece credo sia fame chimica, fiorellino.» dico non riuscendo a trattenere un sorriso. 

«Forse hai ragione…  Oddio, che bello! Diventerai una cameriera, adoro!»

Saliamo sulla sua auto, una Toyota Etios gialla. Sono una pazza a fidarmi con lei alla guida, ma non so quando arriverà la mia amata Mandy dal Vermont e a piedi ci vorrebbe troppo tempo. È strano che abbia dato un nome alla mia macchina, ma la ritengo davvero unica.

Dopo quindici minuti di strada, con Chandra che mi tartassa su quanto sarebbe bello se riuscissi ad ottenere quel lavoro, ci troviamo davanti al Sip & Bite Dinner. Si trova all’incrocio di una strada piuttosto trafficata, non sembra male. L'esterno è in laminato lucido color argento, ha due ampie vetrate e proprio fuori si nota un piccolo cartello con scritto “CERCASI CAMERIERA”.

Entro, e un buonissimo profumino di cibo misto a caffè mi assale. Mi guardo intorno, è molto luminoso, cammino lungo il pavimento linoleum a scacchi bianchi e neri che si sposa piuttosto bene con l'arredamento in legno chiaro. Mi dirigo verso il bancone, che ha la parte bassa del medesimo colore, mentre il ripiano è bianco, così come per gli sgabelli. Poso lo sguardo verso le macchinette del caffè e noto con sorpresa che dietro c'è un grande specchio che ricopre tutta la parete dove intravedo il mio riflesso. 

Parlo con la proprietaria Rosy, una donnona bionda affabile sui cinquant'anni. Per mia fortuna sono davvero a corto di personale e dopo le classiche domande di rito, ci accordiamo per fare un mese di prova a partire da domani. Il turno comincerà alle sei del mattino, non oso immaginare come riuscirò ad alzarmi dal letto. Sarà un’impresa titanica considerando che amo dormire fino a tardi.

Usciamo, saliamo in macchina e Chandra mi chiede: «Ti andrebbe di fare un giro?»

Ormai è già sera, i lampioni e le insegne illuminano questa splendida città. Il pensiero di visitare questo posto mi attrae, ma sono davvero distrutta dopo la giornata di oggi. 

«Ti ringrazio tanto fiorellino, ma per questa volta passo, sono stanca morta e domani la sveglia suona alle cinque»

«Va bene, ma a due condizioni: usi la mia macchina per andare al lavoro finché non arriva la tua, è troppo pericoloso a quell’ora girare da sola a piedi; e la seconda condizione è che poi, quando torni, passi da me e mi racconti come è andata.» dice emozionata. 

È davvero molto premurosa questa ragazza, credo che potrebbe essere davvero un’ottima amica.

«Ok, affare fatto!» Non me la sento di rifiutare e infondo ha ragione. 

Dopo un’ora mi ritrovo nel mio letto. Quando sono arrivata il Mangiamorte non c'era, mi sono fatta un panino veloce e sono corsa a rintanarmi in camera mia prima che ricomparisse.

Appena chiudo gli occhi per cercare di dormire, mi si para davanti l'immagine di quel ragazzo così arrogante. Rivedo i suoi occhi pieni di tristezza, forse dovrei aiutarlo, dovrei cercare di capire cosa lo tormenta.

No, non posso pensare ancora a quell’imbecille, non posso neanche più dare la colpa all'erba per i miei vaneggiamenti.

Mi viene da pensare anche a Chandra, tendenzialmente sono una persona piuttosto chiusa, ma con lei ho sentito fin da subito di poter fare un passo avanti.

Con una miriade di pensieri, lentamente cado in un sonno profondo.

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