Alfabeto

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Inauguriamo la nostra raccolta con il contributo di itsDFR



Mi presento, sono Domy. È questo il mio nome, è questo quello che hanno scelto per me. E a me piace. So che moltə non si trovano a proprio agio nel sentir pronunciare il proprio nome, ma in un certo senso l'ho scelto io, ora vi spiego meglio.

A scuola mi insegnarono a scrivere, mi insegnarono che nell'alfabeto c'erano solo 21 lettere, che l'alfabeto italiano era quello e che nessuno l'avrebbe cambiato. Ci insegnarono a guardare torvo la lettera H, sai, lei non si pronuncia, ha un suono strano, e se devi usarla come prima lettera, finirà che pronunci una parola straniera, e noi vogliamo solo parole italiane. Già da quel momento mi stava simpatica, la lettera H, ai miei occhi, era straordinaria, agli occhi degli altri, invece, era solo una strana brutta lettera. Ma non è di H che parleremo oggi, lei si era integrata, seppur a fatica. Oggi parleremo delle cinque escluse, emarginate, e non riconosciute, J, K, W, X e Y. Fin da subito, entrato nella mia aula di scuola, notai la loro assenza. Mancava qualcosa, tra quelle lettere appese alla parete. Ne avevo sentito parlare, ma non sapevo che forma avessero, di preciso, e non ero certo della loro esistenza. Tutti le ignoravano, e quando facevo notare la loro esistenza, loro tergiversavano e ripetevano sempre: "A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z, vedi sono queste le lettere". Ma io non mi davo per vinto, volevo dimostrare la loro esistenza, dal mio piccolo mondo, volevo far valere la mia teoria, la mia opinione, volevo far diventare l'alfabeto una grande famiglia, dove tra la I e la L c'erano J e K che si amavano così tanto da rimanere unite, in mezzo ad altre lettere sconosciute, giudicate, ma felici, e dove le emarginate W, X e Y, potessero esprimere le proprie differenze. Erano strane, erano particolari. E mi piacevano così. W era una lettera doppia, mai vista una come lei, X si faceva i fatti suoi, qualcuno la scambiava con × e a quel punto si batteva: "Io sono X, non ×, siamo due cose diverse, perchè non lo capite?". E poi c'era Y, sola soletta, non era emarginata solo dall'alfabeto, ma anche dalle vocali Perché lei non si sentiva una consonante, ma alle altre lettere non interessava. Così la scelsi, Y, era così bella e la sua storia così complicata, la volevo nel mio nome, dunque, da quando imparai a scrivere, il mio nome fu questo: DOMY.

Questo racconto è dedicato a tuttə quellə che si sentono come le lettere emarginate. Tuttə coloro che hanno trovato il loro posto nel mondo, ma non vengono riconosciutə e tuttə coloro che il loro posto ancora non l'hanno trovato.

Ma, soprattutto, lo dedico a Y, che mi ha svoltato la vita.

Un abbraccio, DOMY.

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