Capitolo 14 - Arruolarsi nella CIA

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

A Darren tutta quella faccenda sembrava un interminabile incubo, uno di quelli da cui non ci si riesce a svegliare in nessun modo.

«La nostra storia comincia circa sei mesi fa,» iniziò Annabelle, ben sprofondata nella sua sedia imbottita.

Il sorriso appena accentuato era impossibile da decifrare e Darren si sentì formicolare le dita dalla voglia di piantarle un coltello in mezzo agli occhi.

«Falla breve, per favore,» la supplicò Tracy, massaggiandosi la radice del naso con indice e pollice.

La donna in rosso annuì e rivolse a Darren un'occhiata languida.

Stronza, mica bastava sbattere un po' le ciglia per ammorbidire uno come lui! Aveva avuto a che fare con donne ben più potenti e affascinanti di lei; ci voleva ben altro per intimorirlo di un bel paio di tette, delle gambe affusolate e un sorriso sornione.

«In realtà la storia è meno lunga di quanto possa sembrare,» disse. «Eseguivamo tutti quanti il nostro lavoro come sempre, come eravamo abituati a fare ormai da anni. Il governo non si era mai interessato in modo particolare al nostro operato: si limitavano a lasciarci fare quello che volevamo senza andare oltre il nostro tracciato di competenza.»

«A che scopo studiare l'antica tecnologia?» chiese Theresa, con una smorfia. «Quella... roba è pericolosa e sta bene nel dimenticatoio dove è stata relegata.»

«Già, credo proprio che fosse la stessa linea di pensiero del governo,» ammise Annabelle, inclinando il capo e spostando gli occhi verso il soffitto. «Ma io sono di diverso avviso: ritengo che se qualcosa ti spaventa, dovresti conoscerlo al meglio delle tue possibilità.»

«Conosci il tuo nemico,» commentò Darren, annuendo.

«Suppongo che il governo non abbia mai pensato che stessimo facendo qualcosa di pericoloso,» proseguì Annabelle. «Credo che ritenessero che non potessimo fare nulla. In sostanza, stavamo sprecando un po' di soldi delle casse pubbliche per ricerche che non avrebbero portato a nulla, ma la presidenza era contenta di lasciarcelo fare.»

«Non capisco perché,» protestò Darren. «La presidentessa Lawson è sempre stata molto attenta alla gestione della spesa pubblica. Ha fatto uscire il paese da un brutto periodo di crisi, che senso avrebbe pagare delle persone che non servono a niente?»

«La verità è che noi servivamo, e anche a molto,» ribatté Annabelle. «Anche se nessuno ne era convinto, stavamo facendo qualcosa di molto utile per il Paese. Anzi, per il mondo.»

Fece una pausa a effetto e Darren roteò gli occhi: plateale, schifosamente plateale.

«Man mano che gli anni passano, il ricordo della guerra si fa sempre più lontano e le persone hanno una memoria piuttosto corta,» continuò la donna in rosso. «Già adesso, a Washington, esistono piccoli movimenti politici che fanno della riscoperta della vecchia tecnologia l'elemento cardine del loro manifesto. Non passeranno ancora molti anni prima che queste minuscole voci diventino un coro popolare.»

«Quella roba è pericolosa,» ripeté Theresa, incrociando le braccia sotto al seno.

«Non è vero, Theresa,» replicò Annabelle, con tono dolce. «Gli esseri viventi lo sono. Gli oggetti sono solo strumenti nelle loro mani. Quello che è successo in passato, la guerra, i cannoni, la distruzione del Giappone, sono tutte cose che sono state causate dall'intelletto umano. Dare la colpa al progresso scientifico è una forma d'ignoranza.»

Darren schioccò la lingua e cambiò posizione sulla sedia, mentre Alex soffocò un colpo di tosse. Entrambi sapevano bene che l'uragano Theresa stava per abbattersi quella stanza.

La novizia rimase in silenzio qualche secondo, come a riflettere su ciò che quelle parole implicavano, ma non fece nulla se non lanciare un'occhiata furente ad Annabelle e distogliere lo sguardo, mettendosi a fissare con insistenza una mensola piena di libri.

Per il momento avevano scampato la scenata, ma la sua cocciuta nipotina non si sarebbe dimenticata di quell'insulto.

Darren aveva viaggiato molto, aveva interagito con tantissime persone diverse e aveva imparato quando era il caso di farsi una risata e quando invece doveva prendere sul serio qualcosa. Theresa, invece, non aveva ancora avuto modo di apprendere nulla del genere; anzi, stare con i paladini della chiesa di Deladan l'aveva resa ancora più chiusa a livello mentale! Come persona fondamentalmente buona, ci voleva poco per andare d'accordo con lei, ma era altrettanto facile farsela nemica, e Annabelle era riuscita in quell'intento con una manciata di parole.

«Comunque, per rispondere alla tua domanda, Darren,» proseguì Annabelle, dopo quei secondi di silenzio teso. «L'amministrazione Lawson ci ha sopportati perché, nel profondo dei loro cuori, sanno che tra qualche anno la vecchia tecnologia sarà chiesta a gran voce e chiunque riuscirà a donarla al popolo sarà considerato un eroe nazionale. La presidentessa Lawson ha agito con lungimiranza e oculatezza, come ha fatto in qualsiasi altro ambito. È una donna intelligente e scaltra, una perfetta conoscitrice dell'animo delle persone. O lo era, per lo meno.»

«Se la presidentessa Lawson è qui, chi c'è adesso alla Casa Bianca?» chiese Alex, con un filo di voce.

«Ve l'ho detto: la mia speranza recondita è che quella che avete trovato non sia lei, ma diciamo che non ci credo più di tanto.»

«Potrebbe essere un'altra persona trasformata con la magia?» chiese Darren, girandosi verso Alex.

Il nipote scrollò le spalle e non rispose, ma Annabelle parlò al suo posto.

«È quello che tenteremo di capire: inizieremo con degli esami magici per identificare gli incantesimi che la circondano. Però, diciamo che non ne vedrei il senso, non quando c'è già una persona identica a lei senza dover ricorrere a mezzi arcani.»

«La presidentessa Lawson ha una sorella gemella,» spiegò Theresa, dopo aver intercettato lo sguardo perplesso del cacciatore di taglie.

Darren spalancò gli occhi. Quell'informazione cambiava ogni cosa: già sospettava che quella non fosse la vera presidentessa, ma non avrebbe mai immaginato un risvolto simile. Non sapeva neanche che la Lawson avesse una sorella, figuriamoci una gemella.

Però, cazzo, cambiava tutto. Quella che avevano portato via dall'ospedale era di sicuro la sorella della presidentessa, non c'erano più dubbi!

«Quindi abbiamo preso un granchio?» chiese il mezzelfo, speranzoso.

«Non è da escludere, ma non è neanche così probabile,» replicò Annabelle, criptica.

«Lo sai che non è una risposta?» incalzò Darren.

«In realtà, è proprio l'unica risposta che mi sento di darti,» ribatté la donna in rosso, fissandolo di rimando. «Ho molte ipotesi su quello che sta succedendo, ma nessuna certezza. Però, pensare che l'attuale presidentessa non sia quella vera risponde ad alcune domande che ci siamo posti in questi mesi.»

«E spiega molte stranezze che abbiamo notato a Washington, prima di andarcene,» aggiunse Tracy a voce bassa, come se stesse parlando tra sé e sé.

«Per esempio?» chiese Alex, aggrottando la fronte.

Annabelle, imperscrutabile, si sistemò una ciocca di capelli che le era caduta sulla fronte. Sembrava star riflettendo sulle sue prossime parole, come se volesse selezionare cosa rivelare e cose tenere per sé.

«Un bel giorno, verso la fine di ottobre dell'anno scorso, abbiamo ricevuto una comunicazione dal segretario della Lawson,» spiegò, attorcigliandosi la ciocca corvina intorno all'indice. «Ci esortavano a mettere più impegno nel progetto a cui stavamo lavorando, perché la presidenza avrebbe rivolto a breve il suo interesse nei nostri confronti.»

Fece una pausa per sospirare e spostò lo sguardo verso il lato della stanza.

«Ne fui felice, all'inizio, perché finalmente qualcuno aveva iniziato ad apprezzare il nostro lavoro. Poi però iniziai a sentirmi una vocina in testa che mi sussurrava in continuazione che c'era qualcosa di anomalo. Amanda Lawson non ci aveva fatto visita neanche una volta in tutto il periodo del suo mandato, né aveva mai fatto dichiarazioni riguardo il suo interesse nei confronti della vecchia tecnologia; perché quel cambio repentino? E poi quel progetto che stavamo seguendo era... strano, per una come lei.»

«Cosa riguardava?» chiese Darren.

Annabelle scosse il capo, senza spostare gli occhi dalla parete che stava fissando.

«Non è il caso di parlarne adesso,» disse, e dal suo tono era ovvio che non avrebbe ammesso ulteriori repliche o interruzioni. «Arrivò il giorno in cui Amanda Lawson ci fece visita. Sorrideva, salutò tutti quanti di persona e si complimentò per il nostro duro lavoro. Disse che presto gli Stati Uniti ci avrebbero ringraziati per il nostro impegno. Non so come spiegarvelo in modo razionale, ma quella donna non era lei. Parlava e aveva il suo viso; la voce e il sorriso erano gli stessi di sempre, ma ricordo di aver pensato che quella non era la mia presidentessa.»

«Erano gli occhi,» aggiunse Tracy, lanciando uno sguardo obliquo ad Annabelle. «Nei suoi occhi non c'era alcuna luce. Sembrava di guardare il muso di un pesce avariato, esposto sul bancone di un mercato da troppi giorni.»

Darren si immaginò Amanda Lawson distesa su una bancarella ricoperta di ghiaccio, con la bocca semi aperta e le pupille vitree. Rabbrividì.

«Sì, forse fu quello,» commentò la donna in rosso, annuendo. «Comunque, quella sera tornai a casa in preda all'ansia. Mi sentivo delle dita invisibili attanagliami la gola, e stringevano sempre più forte ogni minuto che passava. Ho sempre amato il mio lavoro, ma quella notte, mentre mi rigiravo insonne nel letto, ho desiderato di abbandonare tutto e scappare. Può una sola persona portarti a odiare ciò che hai amato per tutta la vita?»

Darren chinò il capo e prese a guardarsi le gambe. Non aveva mai provato quel sentimento, ma ricordava di aver sentito qualcosa di simile: quando Theresa lo aveva ringraziato per la prima volta, sorridendogli felice, aveva sognato di poter lasciare il suo lavoro troppo pericoloso per stare con lei e vederla sorridere ogni giorno.

«Qualche giorno più tardi i miei dubbi vennero confermati,» continuò Annabelle, pacata. «Ricevemmo una notifica ufficiale che ci avvisava che la nostra ricerca sarebbe stata presa in carico da un ufficio neonato all'interno del FBI. Avremmo dovuto consegnare tutti i documenti e i manufatti che avevamo in custodia entro pochi giorni; io e il mio staff saremmo stati riassegnati e il nostro Dipartimento smantellato.»

«FBI,» mormorò Darren. «Ancora loro.»

Tenevano in ostaggio la presidentessa all'ospedale di Elizabeth City e li avevano incolpati del massacro che qualcun altro aveva causato. Non aveva mai dato troppo peso a quelle teorie da deficienti sulle cospirazioni segrete del governo, ma in quel caso c'erano fin troppi elementi che si collegavano.

«Era il lavoro che stavamo portando avanti da anni, era nostro,» proseguì la donna in rosso, voltandosi per scrutare Darren con volto cupo. «Decisi che non avrei mai permesso a nessuno di togliermelo, soprattutto visti i sospetti che avevo iniziato a covare. Molti dei miei subordinati hanno deciso di intraprendere la stessa strada, altri hanno preferito non mettersi contro il governo. Aiutata dalle poche persone rimaste con me, abbiamo preso la nostra ricerca e abbiamo lasciato Washington.»

Scoccò un'occhiata veloce a Theresa, ancora imbronciata ma chiaramente rapita dal racconto.

«Questo è il motivo per cui evitiamo di uscire allo scoperto,» spiegò. «Io e i miei ragazzi siamo i più ricercati della nazione. Una minima segnalazione e ci troveremmo addosso l'esercito, e non possiamo permettercelo. Non dopo quello che ho visto e sentito.»

«Non trovi che la tua reazione sia stata esagerata?» domandò Theresa, piccata. «Dopotutto voi stavate lavorando per il governo, era più che lecito per loro pretendere i frutti del vostro lavoro.»

Tracy soffocò un colpo di tosse e cambiò posizione sulla sedia. Theresa faceva quell'effetto a tutti.

«Certo, hai ragione,» ammise Annabelle, abbozzando un sorriso. «Però io sono una donna d'istinto e ho imparato a dare ascolto al mio sesto senso. C'era qualcosa di strano: allora me lo suggeriva il mio intuito, adesso ti posso portare delle prove tangibili.»

«Vediamole!» Theresa sporse in avanti la mano come a voler reclamare qualcosa.

«Thera...» la ammonì Alex con un filo di voce, ma lei lo ignorò.

«Per quel che ne sappiamo, ci stai raccontando un mucchio di fandonie!» esclamò la novizia. «Hai detto di avere delle prove: vediamole.»

Darren si voltò appena, abbastanza per poter osservare di sottecchi la reazione di Annabelle.

Magari Theresa era stata brusca, ma non le si poteva proprio dar torto: non c'era niente che provasse quel racconto, nulla che potesse testimoniare persino la sua identità come membro della CIA! Non poteva pretendere che si bevessero quel racconto senza farsi delle domande.

«Da quando abbiamo lasciato Washington, siamo rimasti in contatto con alcuni amici e colleghi,» esordì Annabelle, con voce piatta.

Il sorriso le era sparito dalla faccia per lasciare il posto a un notevole cipiglio di fastidio: era evidente che non fosse abituata a sentirsi questionare dagli altri.

«Da loro ho ricevuto le informazioni sul paziente speciale, quindi potrete convenire anche voi che sono fonti attendibili. Le voci che girano ai piani alti di Washington riguardano un progetto per sviluppare una politica più... aggressiva, diciamo così. Quello che è successo l'altra notte non fa che rafforzare queste informazioni.»

«Politiche aggressive?» sbottò Darren, incredulo. «La Lawson? Ha passato due mandati a predicare pace e tolleranza, e ora di botto vuole fare guerra? E a chi, poi?»

«Vedi?» s'intromise Tracy. «Tutte domande che ci siamo fatti anche noi. La nostra Amanda Lawson non potrebbe neanche pensare a una macchinazione del genere.»

«Quale macchinazione?» chiese Theresa. «Di cosa diamine state parlando?»

Darren, in parte, invidiava la nipote e il suo candore: chissà come sarebbe stato smetterla di pensare male di ogni persona che incontrava? Sarebbe stato felice... felice e stupido.

Theresa non ci era arrivata, ma per lui era ovvio.

Un lieve accenno di nausea emerse dal profondo dello stomaco e la vista gli si offuscò per un istante, e non certo a causa della stanchezza. No, quel dolore del cazzo nella pancia non sarebbe andato via solo con una buona dormita.

«Il cannone di Elizabeth City si è attivato l'altra notte,» spiegò la donna in rosso, cambiando posizione sulla sedia e tornando ad appoggiare i gomiti sul bordo del tavolo. «Il cannone ha sparato e da qualche parte quel colpo deve essere finito; non trovi, Theresa?»

La novizia rimase muta, ma le guance persero del colorito.

«Quell'aggeggio è rimasto fermo per centoventi anni, eppure è tornato in funzione come se non fossero passate che poche ore. Ha sparato con la stessa potenza di tanto tempo fa e gli effetti sono stati i medesimi dell'ultima volta.»

«Dove?» chiese Alex a mezza voce.

Aveva il pugno contratto e le pupille lucide; la gamba gli tremava e non sembrava intenzionato a nasconderlo.

«Bordeaux,» rispose Annabelle, secca. «La città non esiste più: al suo posto c'è una gigantesca pianura brulla e bruciata, annerita dall'esplosione.»

Alex spostò la mano verso il basso e la serrò intorno al bordo della sedia, come se avesse paura di cadere.

C'entrava qualcosa il sogno che aveva fatto la notte dell'incidente? Suo nipote era rimasto così turbato da quello che aveva visto che aveva iniziato a comportarsi in modo irrazionale. Quell'atteggiamento da parte sua era strano, e la cosa preoccupava Darren come non mai: Theresa era sempre rimasta Theresa, anche in quei momenti difficili, ma Alex era diverso. E non era da lui cambiare.

«La Francia ha chiesto spiegazioni in via ufficiale, ma la presidentessa ha negato ogni coinvolgimento,» proseguì Annabelle. «Questo, come è comprensibile, ha fatto infuriare il governo francese che ha dichiarato di aver subito un attacco diretto e immotivato e che verranno prese precauzioni in caso Washington non dovesse fornire adeguata compensazione.»

«Ma è stato un incidente!» urlò Theresa, alzandosi in piedi di scatto. «Perché hanno negato? Avrebbero potuto spiegare l'accaduto.»

«Un incidente, dici?» chiese Tracy, abbassando le palpebre. «Lo è stato davvero?»

«Non possono averlo fatto apposta,» sussurrò Darren.

Alex continuava a tremare e fissava un punto indistinto davanti a lui. Il mezzelfo sospirò, si alzò dalla sedia e gli si avvicinò per appoggiargli una mano sulla spalla. Lui parve non accorgersene neanche.

«Non possono averlo fatto neanche per errore,» replicò la donna in rosso, piegando in alto gli angoli della bocca. «Come attivi per sbaglio un'antica arma che è stata spenta da un potentissimo rituale arcano?»

«Avrebbero attaccato intenzionalmente un paese straniero?» chiese Darren, scuotendo la testa. «Perché avrebbero dovuto farlo? Non ha senso.»

«Se vuoi dar vita a un incendio, devi prima far scattare una scintilla,» rispose Annabelle. «Quello che è successo è un ottimo pretesto per iniziare una guerra.»

«Una guerra?» squittì Theresa, abbandonandosi sulla sua sedia.

«Come vi dicevo poco fa: in seno al governo si sono messe in moto politiche peculiari. Ce ne siamo andati perché non volevamo vedere le nostre scoperte utilizzate per promuovere un nuovo conflitto.» Si alzò in piedi e allungò le braccia in avanti, stiracchiandosi come una voluttuosa gatta persiana. «Alla fine, non abbiamo fatto altro che ritardare l'inevitabile.»

«Beh, mi dispiace, ma noi di guerre e cospirazioni governative non vogliamo saperne nulla,» sbottò Darren.

Alex, accanto a lui, continuava a fissare il tavolo come se sopra ci stessero scorrendo delle immagini terrificanti, a giudicare dalla sua espressione. Doveva portarli via entrambi il prima possibile: né lui né Theresa avrebbero retto lo stress di rimanere invischiati in quella storia. Volevano scoprire che cosa stava accadendo? Ecco, erano stati accontentati, ma ora era arrivato il momento di salutare, prendere le proprie cose e tornarsene a casa.

Annabelle guardò il mezzelfo interrogativa, rifilandogli la sua espressione intellegibile senza però dire nulla, come se si aspettasse che fosse lui a continuare a parlare.

«Vi abbiamo portato la presidentessa, o chiunque cazzo sia quella,» continuò Darren, scoccando un'occhiata storta anche alla silenziosa Tracy. «Noi non vogliamo più saperne nulla. Non è il nostro mestiere, è il vostro. Grazie per averci raccontato questa bella storia, ma domani io e i ragazzi ce ne andiamo.»

Neanche Theresa trovò qualcosa per cui ribattere. Era stata sua la decisione iniziale di raccogliere la donna che sembrava Amanda Lawson, ma era chiaro dal suo viso preoccupato e dalle sue pupille lucide che anche lei si fosse accorta che quella vicenda fosse troppo grande per loro.

Annabelle schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma venne interrotta dalla voce tremante di Alex.

«Non possiamo,» disse, sempre fissando il nulla davanti a lui. «Non possiamo andarcene. È troppo tardi.»

«Ce ne andremo da questo posto di merda e ci rimetteremo in viaggio,» insistette il mezzelfo, stringendo con calore la spalla del nipote. «Sono uscito da situazioni ben più complicate di questa.»

Non era vero. Si era sempre ben guardato dal farsi coinvolgere dalle agenzie governative e più volte aveva rifiutato un incarico soltanto perché presentava il minimo rischio di avere a che fare con la polizia federale o di trovarsi invischiato in faccende politiche. Lui di politica non voleva saperne nulla, la sua vocazione era trovare e ammazzare i criminali che neanche la polizia riusciva a stanare.

Darren, malgrado tutto, era un uomo onesto, e la politica non era per gli uomini onesti.

«I confini della città sono controllati giorno e notte,» spiegò Tracy, grattandosi la fronte, a disagio. «Ma non è questo il problema principale, sono sicura che uno con le tue risorse riuscirebbe a scivolare oltre i controlli. Il discorso è che siete marchiati, ormai. Vi sta cercando l'FBI, non la polizia di Elizabeth City: vi dovrete nascondere per tutta la vita, in ogni angolo del Paese in cui vi troverete.»

Annabelle richiamò l'attenzione su di sé con un colpo di tosse sommesso.

«Siete i loro capri espiatori,» disse, annuendo. «Hanno bisogno di prendervi e di dare un volto ai colpevoli dell'incidente. Se vi metteste ad andare in giro da soli, verreste presi nel giro di qualche giorno. Finireste in galera per il resto dei vostri giorni e magari mostrerebbero pietà soltanto nei confronti dei ragazzi; ma tu, Darren, avresti la pena di morte nel giro di qualche settimana.»

Theresa iniziò a piangere e Darren strinse la presa sulla spalla del nipote.

«Il vostro amico, l'agente Collins, non arriverà vivo neanche a domani,» continuò Annabelle, imperterrita. «Ha preso la decisione più stupida della sua carriera. Dettata da cosa, poi? Dal senso del dovere? Dal voler rispettare una promessa?»

Il viso della donna in rosso si sfigurò in una smorfia di disgusto.

«Non si può più far conto su cose simili. Il governo per come lo conoscevate non esiste più, la polizia federale è coinvolta per intero e non escludo che anche il resto dei servizi segreti siano stati compromessi.»

Tracy si mosse sulla sua sedia e si schiarì la voce.

«Sareste molto più al sicuro con noi,» intervenne, mantenendo un tono di voce basso e controllato. «Almeno finché non avremo fatto luce sui segreti del paziente speciale.»

Alex sbatté le palpebre un paio di volte, poi chinò il capo e prese un profondo respiro. Theresa continuava a singhiozzare sommessa con la faccia rivolta verso la parete, come a volersi nascondere.

Per quanto Darren volesse credere il contrario, Annabelle e la sua collega avevano ragione: andarsene era troppo rischioso. Se fosse stato da solo, forse ci avrebbe anche provato, ma poteva davvero rischiare ancora di più la vita dei suoi nipoti?

«Ci dev'essere un modo per sistemare le cose,» mormorò l'aspirante paladina.

Annabelle si sciolse in un sorriso e annuì energica.

«Se la donna che ci avete portato è la vera presidentessa, ho già in mente un piano che ci permetterà di soffocare questa ridicola cospirazione,» spiegò. «Ma prima dobbiamo svegliarla e assicurarci che non sia la sua gemella. In quel caso vorrebbe dire che è la vera Amanda ad aver messo in moto questo sconsiderato progetto; a quel punto non potremmo fare nulla se non metterci il cuore in pace.»

«E se la nostra è quella vera?» indagò Alex.

Annabelle appoggiò i gomiti allo schienale della sedia e inclinò in busto in avanti, rifilando a Darren lo sguardo smaliziato di chi la sa lunga.

«Non mi piace fare spoiler, ma in quel caso faremo di tutto per rimettere la vera presidentessa al suo posto.»

Tracy prese un profondo respiro e si massaggiò la fronte con le nocche.

«Ora dovremmo riposare,» disse la donna in rosso. «Ne riparleremo domani. Da ora consideratevi a casa; siamo qui da vari mesi e nessuno ci ha mai scoperti, posso dire con certezza che siete al sicuro. Soltanto, evitate di uscire.»

Darren soffocò una risatina e scrollò le spalle. Avevano evitato la prigione federale soltanto per finire chiusi in una cella diversa.

Per lo meno Alex e Theresa erano al sicuro. Non riusciva a fidarsi di Annabelle, ma era ovvio che la donna in rosso avesse un piano preciso che prendeva in considerazione anche loro tre. Non sarebbero stati in pericolo finché avessero continua a considerarli utili, ma avrebbe fatto bene a non abbassare la guardia.

Tutta le persone nascoste in quel buco sotto terra erano mosse da interessi politici; Darren e i suoi nipoti erano gli unici che volevano soltanto portarsi a casa la pelle. Sarebbero stati visti come gli intrusi, quelli che non condividevano lo stesso ideale. I sacrificabili, i primi a essere messi in pericolo per la riuscita del progetto di quella donna criptica.

E, glidei gli erano testimoni, non avrebbe esitato un instante a uccidere Annabelle,Tracy e ogni altra persona al suo seguito, se solo avesse avuto il sospetto chela vita di Alex e Theresa fosse stata in pericolo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro