Capitolo 23 - Il significato di famiglia

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Darren seguì con orrore la trasfigurazione improvvisa del viso di Andrew Cropfield.

Lui e Amanda erano fermi a pochi passi dalla postazione rialzata e quel viso che di umano aveva ormai ben poco li aveva scrutati per qualche istante prima di voltarsi e concentrare la sua attenzione su Theresa.

Il mezzelfo non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma aveva un'unica certezza: il piano era andato a puttane.

Al suo fianco, Amanda continuava a fissare con la bocca spalancata il sindaco di Elizabeth City e la sua trasfigurazione che continuava imperterrita: i corti capelli scuri si erano staccati e gli stavano cadendo ai piedi, al loro posto una calotta scarlatta liscia e lucente sotto la luce del sole. Le orecchie gli si erano fatte più aguzze e ricordavano quasi una brutta copia di quelle degli elfi, anche se meno affusolate e armoniche.

«Darren, che cos'è quello?» chiese la presidentessa, tremante.

«Non lo so e non ci tengo a scoprirlo,» rispose il cacciatore di taglie.

Afferrò la mano di Amanda e girò le spalle al palco: dal limitare della piazza si era staccato un gruppetto di poliziotto e federali che stavano correndo verso di loro, le armi già imbracciate.

Cazzo, erano in trappola.

Davanti le pistole dei federali, dietro quel mostro spaventoso che aveva giurato di farli fuori. Era quindi giunto alla fine della corsa? Mai avrebbe pensato di morire in un buco di culo come Elizabeth City, stringendo la mano alla presidentessa degli Stati Uniti d'America. Greg si sarebbe rotolato in terra dalle risate quando l'avrebbe saputo.

«No, dobbiamo salire!» esclamò Amanda, tirando via il braccio dalla presa non troppo salda del mezzelfo.

La presidentessa si lanciò in corsa verso la scaletta posta sul fianco del palco e Darren lanciò una bestemmia a denti stretti. Poteva scegliere tra le pallottole dei federali ed essere mangiato vivo da una bestia umanoide; fosse stato per lui avrebbe scelto i federali, ma quella donna del cazzo si era presa la briga di decidere per entrambi.

«Bene,» mormorò Darren, correndo dietro ad Amanda. «Che mostro sia, quindi.»

Uno sparo esplose alle sue spalle e un proiettile fischiò nell'aria a qualche centimetro dal suo braccio. Per fortuna che i federali avevano una mira di merda, o nessuno di loro due sarebbe riuscito ad arrivare dal sindaco sulle proprie gambe.




Alex dovette chiamare a raccolta ogni briciolo di forza di volontà per non saltare giù dal palco e mettersi a correre verso la folla urlante. Persino Theresa sembrava terrorizzata dall'uomo che si stava trasfigurando davanti ai loro occhi e se aveva paura lei, Alex si sentiva autorizzato a farsela addosso.

Adesso li vedeva: migliaia di filamenti di energia arcana che s'intrecciavano intorno al corpo enorme di Andrew Cropfield e si propagavano nell'aria. Ma non era come quando usava un incantesimo: la manifestazione del potere magico di Alex erano sottili nastri di potere che brillavano di una luce chiara e fresca. Ciò che il sindaco Cropfield aveva intorno era più simile a tentacoli, gonfi e scuri, pulsanti di energia nera e maligna; la volontà omicida che aveva percepito pochi attimi prima aveva pervaso per intero il corpo e la magia che emanava. Aveva la sensazione che quell'essere avrebbe potuto ucciderli tutti soltanto con lo sguardo.

Hiss era sparito, probabilmente si era nascosto dietro la schiena del suo amico umano. Ma non era da lui quel comportamento: il serpente aveva sempre riso davanti al pericolo, tanto che Alex credeva che fosse invulnerabile e che nulla nell'intera realtà potesse toccarlo. C'era una prima volta per ogni cosa, era evidente.

Sullivan si rialzò puntellandosi sulle braccia e Alex lo vide lanciare una lunga occhiata a ciò che stava succedendo intorno alla posizione rialzata dove si trovavano: la presidentessa e zio Darren stavano correndo verso di loro, inseguiti a qualche metro da un drappello di agenti. Un colpo d'arma da fuoco si diffuse nell'aria e un singulto di panico si alzò dalla folla in fermento che si stava dimenando contro le transenne.

Il mostro in cui si era trasformato il sindaco Cropfield ridacchiò e si girò verso la scaletta, quasi a voler accogliere le due vittime che gli si stavano avvicinando. Avrebbe ucciso zio Darren non appena avesse messo piede sull'ultimo gradino... Alex doveva fare qualcosa, e subito!

Puntò entrambi le mani nella sua direzione e concentrò la magia sul corpo deforme di Cropfield, che sembrava ancora più gonfio e grasso rispetto a qualche minuto prima. La magia lo avvolse e Alex scosse la testa per scacciare una goccia di sudore dalla punta del naso: si sarebbe addormentato, come tutti quelli su cui aveva praticato quell'incantesimo. Era facile, dopotutto; un mostro addormentato era pur sempre inoffensivo, a prescindere da quanta paura potesse fare.

L'essere dalla pelle ormai scarlatta si bloccò di scatto e rimase fermo, irrigidendo le spalle. Non cadde, però, come era accaduto a chiunque altro: ruotò su sé stesso e piantò i suoi occhi infuocati su Alex che si sentì morire dentro.

«Certo che hai un bel coraggio,» disse, il sorriso ormai ridotto a una smorfia sbieca delle labbra. «Chi credi di avere di fronte?»

Un osso troppo duro per lui, ecco chi.

Alex indietreggiò, riuscendo a malapena a tenersi in piedi sulle gambe. Si era ficcato in un casino, un casino immenso. Merda, quella sarebbe stata la loro fine. Neanche scappare sarebbe servito a qualcosa, ormai.

Il bibliotecario di Filadelfia chiuse gli occhi, incapace di mantenere il contatto visivo con quell'orribile volto sfigurato dall'odio. Se proprio doveva morire, che almeno non fosse una cosa lunga o troppo dolorosa; non sarebbe riuscito a sopportare la sofferenza, lui... lui non era forte come Theresa o come Darren. Non voleva che lo vedessero piagnucolare e implorare una fine rapida, come il peggiore dei vigliacchi.

Sentì Theresa urlare qualcosa, poi due piccole mani gli su chiusero intorno al bacino e lo spinsero con forza di lato. Riaprì le palpebre appena in tempo per vedersi rotolare sul pavimento di assi scure: Tracy gli stava sopra e l'aveva gettato a terra appena in tempo per scansare la manata di Cropfield. Soltanto un istante più tardi e le lunghe unghie giallastre che gli spuntavano dai polpastrelli avrebbero trovato il suo volto, probabilmente sfigurandolo per il resto della sua vita.

Sullivan grugnì con la stessa enfasi di un giocatore di tennis e una barriera traslucida di luce violetta si frappose fra il mostruoso sindaco e i due maghi avvinghiati a terra. Theresa, invece, con la fronte corrugata e le sopracciglia tese, scattò in avanti e protese la sua spada verso il loro avversario.

Pazza! Che cosa pensava di fare con una spada finta? Doveva andarsene, scappare il più lontano possibile!

La lama si fermò a pochi centimetri dal petto di Cropfield quando la dita artigliate dell'uomo si chiusero come una pressa intorno all'acciaio dell'arma. Theresa spalancò gli occhi e ritirò il braccio nel vano tentativo di liberare la spada, ma una sola mano del loro orrendo nemico era più forte di lei.

Con una torsione del polso, il sindaco strappò di mano l'inutile spada di Theresa e gliela lanciò addosso; il piatto dell'arma impattò con violenza contro il petto dell'aspirante paladina che cacciò un grido di sorpresa e rovinò a terra con un tonfo pesante.

«Thera!»

La voce di zio Darren arrivò dal bordo del palco, ma venne coperta dal rimbombo di uno sparo, sempre più vicino.

«Mi state prendendo in giro,» disse Cropfield, picchiettando le nocche sulla barriera di energia arcana che Sullivan aveva evocato per proteggere Alex e Tracy.

La gnoma si alzò di scatto e puntò gli occhi sulla minacciosa figura del sindaco che si stava guardando intorno con aria divertita, studiando la semisfera traslucida che si stava disegnando intorno all'impalcatura. Sullivan teneva le mani rivolte verso il cielo e le sue dita protese scaricavano nell'aria sciami di stringhe luminose di puro potere arcano che si univano in modo veloce e preciso a formare la protezione magica contro la quale gli ultimi proiettili dei federali si erano schiantati.

Alex, ancora disteso sul fianco, osservò la cupola cristallina chiudersi a qualche metro sopra le loro testa, imprigionando loro e il pericoloso Andrew Cropfield in una gabbia dalla quale nessuno sarebbe potuto scappare.

Almeno finché Sullivan non fosse rimasto in vita, e il loro inquietante nemico sembrava saperlo bene perché aveva ruotato il busto e aveva preso a fissare con insistenza l'anziano mago.

«È una banalità da dire,» disse, facendo un passo verso di lui, ignorando Theresa che si stava rialzando a fatica, «ma non siete al sicuro soltanto perché siete sei contro uno. Io basto e avanzo per tutti quanti, soprattutto se i miei avversari sono una ragazzina con una spada giocattolo e un mago troppo vecchio per sopportare il peso dei suoi stessi incantesimi.»

Sullivan grugnì e strinse i denti, la fronte lucida di sudore.

Alex lo vedeva, così come anche Tracy: per quanto l'energia magica emessa dalle mani del mago avesse risposto con rapidità e precisione, i filamenti di potere che componevano l'incantesimo sembravano radi e consunti, come quelli di un tappeto troppo vecchio e sfilacciato. I muri magici non avrebbero retto a lungo, e il gruppo di poliziotti e agenti del FBI che era rimasto bloccato all'esterno non avrebbero esitato un istante a saltare sul palco e sparare a bruciapelo a tutti loro.

Sempre che il sindaco non li avesse ammazzati tutti prima.

Darren scattò e si piazzò davanti a Sullivan, imbracciando uno di suoi coltelli. La presidentessa era rimasta in disparte, immobile sulla sommità della scaletta che l'aveva condotta sul palco a fissare con orrore la terrificante sagoma di quello che era il primo cittadino di Elizabeth City.

Alex si riuscì a trovare la forza di rimettersi in piedi proprio nello stesso momento in cui suo zio scattava in avanti e infilava la punta del coltello nel prominente ventre di Cropfield; era stato così veloce che il sindaco non aveva neanche provato a evitare l'affondo, o forse non pensava che un'arma così piccola potesse essere così efficace. Cacciò un grido ferino e mulinò le braccia in avanti per scacciare il mezzelfo come fosse una mosca fastidiosa, ma Darren si acquattò sulle gambe e scivolò all'indietro, abbandonando il suo coltello conficcato nella pancia del suo avversario.

Una macchia marrone scuro, quasi nera, aveva iniziato a disegnarsi sulla camicia di Cropfield, segno che l'abile cacciatore di taglie era riuscito a sfruttare bene il suo primo attacco.

Come mosso da una spinta che non poteva controllare, Alex puntò le mani verso il mostro in completo elegante e riportò alla mente ciò che aveva imparato in quella settimana di addestramento. La magia gli si condensò intorno alle dita e prese forma di proiettili cristallini di energia azzurra che si staccarono dalle sue mani e fischiarono nell'aria ad alta velocità, infrangendo una porzione della parete di Sullivan e impattando con forza contro la schiena del sindaco.

Era la prima volta che usava quell'incantesimo con lo scopo di fare del male e forse non era stato abbastanza convinto, ma il colpo magico si limitò a far barcollare Cropfield in avanti e a farlo grugnire di fastidio.

Sentì Tracy, alle sue spalle, lanciare un'esclamazione inarticolata, ma non si lasciò distrarre: suo zio aveva bisogno di lui e, per quanto la tentazione di fuggire fosse impellente, Alex sapeva che non poteva abbandonarli. Darren fronteggiava quell'abominio ormai a mani nude, ma senza indietreggiare; Theresa si era rimessa in piedi e aveva recuperato la sua spada, respirava con affanno e si teneva il petto con la sinistra, ma gli occhi le brillavano di convinzione.

C'era la sua famiglia lì in prima linea; salvare sé stesso e perdere gli altri sarebbe stato peggio che morire.

Era quello il significato di famiglia, dopotutto: si poteva litigare, ci si poteva anche scannare a vicenda per delle semplici cazzate tra fratelli, ma nessuno di loro avrebbe mai voltato le spalle all'altro.




Il petto le faceva un male incredibile e a ogni respiro seguiva una martellata di dolore che si espandeva attraverso tutto il busto.

Theresa sospettava che se la sua spada fosse stata affilata il demone avrebbe potuto tranciarla a metà con quella forza ridicola con cui l'aveva colpita. Era terrificante trovarsi davanti a una potenza sovrannaturale di quella portata, quasi soverchiante... la faceva sentire piccola, insignificante e inutile. Una bambina che dimena un giocattolo fantasticando di sconfiggere i mostri, ecco cos'era lei.

Eppure non si sarebbe tirata indietro. No, mai, quello mai. Andava contro ogni cosa in cui avesse mai creduto.

Gli dei avrebbero guidato il suo braccio: avrebbe trionfato nella loro gloria, o sarebbe perita invocando il loro nome. Quelle erano le due strade che le si snodavano dinanzi; non c'erano scorciatoie, non c'erano via di fuga, non c'era una via che le permettesse di tornare indietro. La fede e la convinzione erano le sue armi principali, ancora prima della spada che il terribile Andrew Cropfield aveva canzonato.

Theresa strinse l'elsa dell'arma con entrambe le mani tentando quasi di imprimere la sua forza di volontà in quel pezzo di acciaio dalla punta smussata. Il demone aveva smesso di ridere e le dava le spalle, la sua attenzione del tutto canalizzata su zio Darren, l'unico che era riuscito a dimostrarsi una minaccia reale. Né lui ne Alex dovevano aver capito che cosa stavano combattendo; non sapevano che pericolo stessero correndo e la novizia era certa che il demone avesse giocato con loro fino a pochi attimi prima. Da quel momento avrebbe agito con l'intento di ucciderli, e neanche l'astuzia e la preparazione dello zio sarebbero stati sufficienti.

Poteva farlo soltanto lei. I paladini erano i guerrieri degli dei, uomini elevati a difensori del bene contro le forze del male; sconfiggere un demone era compito suo, e di nessun altro.

Scattò in avanti, mossa da una volontà che non comprendeva appieno. Sembrava un gesto suicida, ma Theresa era certa che quella fosse la cosa giusta da fare. Nel tempo di un frenetico battito di cuore, l'aspirante paladina fu sul mostro e abbatté con forza la lama contro la sua schiena.

Si sentì un tonfo e uno scricchiolio sinistro e Cropfield emise un grido roco e disarticolato.

La spada non aveva affondato, ma il colpo era stato abbastanza forte da impensierire il demone, che si girò di scatto a fissare la determinata paladina. La vista di quel viso contorto dalla rabbia e dalla malvagità le fece rivoltare lo stomaco, ma non cedette.

Ritirò l'arma e la mulinò di nuovo in avanti in veloce e potente fendente; il piatto della lama incontrò la tempia di Cropfield con un suono secco e il demone barcollò di lato dopo aver lanciato un ululato di dolore.

Stava funzionando! Forse c'era ancora un barlume di speranza! Il mostro non sembrava in buone condizioni: la parte sinistra del viso era gonfia e scura, e la camicia che gli copriva il ventre gigantesco era imbrattata di sangue scuro e maleodorante che aveva iniziato a gocciolare sulle assi del pavimento. Potevano sconfiggerlo, non era una lotta a senso unico.

Theresa prese fiato e strinse i denti per far fronte al dolore al petto. Con un piccolo passo si fece indietro e ritirò la spada e, sfruttando la forza del movimento, si esibì un veloce piroetta sul posto, stendendo le braccia in avanti per imprimere più forza al colpo di spada che stava scagliando contro il suo nemico.

Non era sola in quella lotta: Alex era a pochi passi da lei e tendeva le mani in avanti per raccogliere le sue energie arcane; zio Darren si era ritirato verso il bordo del palco, aveva estratto un piccolo coltello da lancio e si stava preparando a usarlo. Ma loro non erano gli unici ad affiancarla in quell'ordalia: sentiva la presenza di Deladan al suo fianco, la mano del suo dio posata sulla sua mentre stringevano insieme l'elsa della spada; quell'inutile giocattolo che Cropfield aveva buggerato fino a pochi secondi prima si era rivelato lo strumento fondamentale per la sua disfatta.

Il demone era ancora scosso dal colpo precedente e alzò le pupille scarlatte verso la novizia un istante prima che la spada lo colpisse di nuovo. Per la prima volta in quella giornata, Theresa vide il terrore in quegli occhi bestiali e fu sul punto di esitare. Come poteva un'emozione come la paura appartenere a un essere che di umano aveva così poco? Quegli occhi... quello sguardo era il medesimo che si poteva osservare sul viso di un essere umano, o su quello più allungato e smunto di un elfo. Le avevano insegnato che i demoni non avevano nulla di umano e che si mimetizzavano tra di loro perché invidiosi di quello che gli dei avevano regalato ai viventi e avevano negato a loro... ma allora perché quell'essere aveva paura?

Come poteva conoscere la paura?

La spada sfolgorò di luce radiosa e Theresa sbatté le palpebre, spaventata da quell'improvviso fenomeno: era come se un raggio di quel sole di giugno si fosse staccato e si fosse mescolato all'acciaio dell'arma. Sentiva l'elsa rovente e l'aria sfrigolare mentre la lama fendeva il vuoto in quell'ultimo movimento.

Poi la lama colpì il collo di Cropfield, lo tagliò, lo attraversò da parte a parte come se fosse fatto di carta velina e uscì dall'altro lato.

L'espressione di sorpresa era ancora disegnata su quei lineamenti orrendi mentre la testa del demone si inclinava di lato e iniziava a cadere verso il pavimento.

Il bagliore di paura in quegli occhi era ancora così vivido...

La paladina perse la presa sull'arma e cadde in ginocchio, le grandi pupille sgranate a fissare il corpo pachidermico del suo nemico che si afflosciava a terra. Un spruzzo di sangue nero iniziò a zampillare dal collo tranciato e uno schizzo le sporcò i pantaloni e la canottiera chiara che indossava.

Terrorizzata da quello che era successo, Theresa abbassò il viso e incontrò ancora il volto del demone: la fissava immobile dalla testa appoggiata sul fianco.

L'aveva ucciso.

Si piegò di lato e vomitò. L'odore orrendo del sangue del mostro le riempiva le narici e le orecchie le ronzavano tanto che le sembrava di aver ingoiato una manciata di api vive. La gola le bruciava da impazzire, ma non riuscì a fermare i conati e il sapore amaro della bile la fece vomitare ancora di più.

Una mano le toccò la spalla, ma lei si ritrasse di scatto. Aveva iniziato a piangere in modo convulso e il dolore al petto era ormai una sensazione costante.

«Thera, sono io.»

La voce di Alex le giunse da lontano, come un eco che risuona tra i fianchi delle montagne.

«Non... non adesso,» singhiozzò, continuando a fissare il pavimento.

Si poteva dire tante cose su Alex, ma non che non sapesse rendersi conto di ciò che le persone avevano bisogno.

Non la toccò più e non le parlo a lungo, finché non fu Theresa stessa a chiedergli con voce roca un aiuto per rimettersi in piedi.

Aveva dimostrato di avere le carte in regole per diventare chi voleva essere.

Ma le era costato un prezzo impagabile e in cuor suo sapeva bene che l'immagine di quel volto spaventato l'avrebbe accompagnata ancora per tantissimo tempo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro