Capitolo 30 - Deja Vu alla Casa Bianca

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Era incredibile che tutto stesse andando secondo i piani.

Mentre camminavano nel cuore della notte lungo Executive Avenue, la torreggiante mole dell'Eisenhower Building li scrutava dall'oscurità; le fioche luci accese che attraversavano una manciata di finestre ai piani alti rifulgevano come le stelle che quella notte erano invisibili.

Il cielo minacciava pioggia, forse addirittura un temporale.

Jacob si era aspettato di incappare in una pattuglia non appena si fossero avvicinati all'ala ovest della Casa Bianca, ma fu molto felice di doversi ricredere. Due uomini in completo nero li aspettavano all'ingresso sulla strada riservato al personale e li fecero passare senza dire una parola, come se Jacob e i suoi compagni fossero stati invisibili.

Alla fine quel vecchio stronzo aveva detto la verità; forse c'era davvero qualche possibilità che non finissero tutti ammazzati.

Erano comunque arrivati preparati a quell'evenienza: Amanda Lawson e Theresa erano rimaste nascoste nella loro camera d'hotel, ma avevano protestato entrambe fino al punto da far urlare Jacob di frustrazione. Non potevano permettersi di rimettere la vera presidentessa nelle mani dei loro nemici, e Darren aveva preferito che fosse sua nipote a fare da guardia del corpo ad Amanda per quella notte: l'operazione alla Casa Bianca era troppo delicata e lui doveva esserci.

La task force d'infiltrazione, come l'aveva chiamata Alex in modo scherzoso, era pronta a fronteggiare qualsiasi trappola e qualsiasi imprevisto. In caso estremi... beh, Theresa avrebbe rimesso Amanda sul primo treno e sarebbero sparite nel nord, magari in Michigan o nel Norh Dakota. E poi il testimone di quell'impresa sarebbe passato a loro, perché Jacob dubitava che i piani alti affiliati al Progetto avrebbero fatto prigionieri invece di ammazzarli tutti come dei randagi.

Era da sempre stato pronto a morire per servire il suo paese, ma mai si era immaginato che potesse accadere proprio per mano delle persone che lo dovevano difendere insieme a lui.

I corridoi di parquet chiaro erano coperti da file di sontuosi tappeti che attutivano il rumore dei loro passi; nel silenzio che li circondava, l'unico rumore era il respiro concitato di Alex che chiudeva la fila.

Proseguirono al buio, lasciandosi guidare soltanto dall'eterea luce esterna che filtrava dalle tende scostate davanti alle finestre.

Jacob non aveva idea di quanto personale di sorveglianza ci fosse all'interno dell'edificio, ma a prima occhiata John aveva fatto un lavoro pulito e completo: non incontrarono nessuno e arrivarono nel Center Hall in quella che sembrò una manciata di secondi.

«Secondo piano,» sussurrò Darren, ma il suo bisbiglio risuonò nel silenzio come il rintocco di una campana.

Jacob sibilò sommesso e alzò l'indice per indicargli di fare silenzio. Sapevano tutti dove dovevano andare senza che dovessero ripeterlo per l'ennesima volta.

Salirono le scale lentamente e circospetti, attenti a ogni rumore, ma sembrava che l'edificio fosse deserto. Una persona, comunque, doveva esserci e se fossero riusciti a coglierla nel sonno sarebbe stato tutto più semplice.

Secondo le planimetrie di John, la camera dove Samantha dormiva era nell'angolo a ovest della costruzione; aveva assicurato che tutte le porte sarebbero state aperte e così fu: non trovarono nessun ingresso chiuso a chiave, proprio come se qualcuno fosse passato di lì prima di loro e si fosse premurato di lasciare ogni passaggio disponibile per loro.

Era pazzesco pensare che un vecchio rintronato come John avesse tutto quel potere; e comunque non poteva fare nulla per fermare il Progetto se non cospirare nell'ombra e lasciar fare il lavoro sporco a qualcun altro.

Si fermarono soltanto davanti all'ultima porta, quella che li avrebbe condotti dentro la stanza da letto della presidentessa.

Darren era teso, anche se provava a non darlo a vedere: guardò Jacob, Michael e Alex per una manciata di lunghi secondi, come a raccomandarsi in modo silenzioso, poi annuì.

Come se stringerla tra le mani avesse potuto fare la differenza, Jacob allungò la mano verso la fondina ed estrasse il revolver di John. L'arma era rozza e pesante e il calcio troppo grosso e ingombrante; tenerla in mano gli dava una sensazione di disagio e la pistola gli trasmetteva distanza, come se sapesse che l'amore dell'ex federale era rivolto a un oggetto diverso e ormai perduto. Le pistole potevano essere gelose? Beh, c'era solo da sperare che nel momento del bisogno quello scomodo aggeggio non decidesse di voltargli le spalle: sarebbe stata una bella fregatura.

Il mezzelfo abbassò la maniglia con lentezza esasperante e Jacob, per un istante, desiderò afferrargli le dita e spingergliele verso il basso per fare prima. Non era mai stato un uomo paziente e il protrarsi di quell'attesa lo stava facendo impazzire. Tanto valeva togliersi il pensiero il prima possibile, ormai il momento della prudenza era passato.

Fecero scivolare l'uscio sui cardini silenziosi ed entrarono nell'ampia camera occupata da un largo letto a due piazze appoggiato contro la parete dirimpetto. Una luce grigia e smorta filtrava dalla finestra aperta e un leggero vento afoso smuoveva le tende tirate e faceva danzare la fiammella di una lanterna appoggiata su una scrivania di legno laccato di bianco.

Samantha Lawson stava seduta al tavolo e notò subito il movimento del battente e gli uomini incorniciati nello stipite dell'ingresso.

Le dita di Jacob tremarono intorno al calcio della pistola.

Che cazzo ci faceva sveglia a quell'ora? John aveva detto che sarebbe stata addormentata. Proprio quella sera le era venuta la cazzo di insonnia?

«E voi chi siete?» chiese Samantha, corrugando la fronte, ma senza alzarsi dalla sedia.

Cazzo, era davvero identica a sua sorella: aspetto, atteggiamento, voce... persino il modo in cui aveva mosso le labbra per parlare. Era il riflesso perfetto di sua sorella, non c'era da sorprendersi che avesse ingannato tutti per così tanto tempo.

Darren prese l'iniziativa entrando nella stanza e lasciandosi la porta alle spalle.

«Samantha Lawson, dobbiamo chiederle di venire con noi senza opporre resistenza.»

Impossibile notare la voce incrinata con cui aveva parlato. Il nervosismo stava torturando anche il freddo cacciatore di taglie, quindi.

Lei spinse con le spalle sullo schienale della sedia per scostarla di lato e girarsi a guardare i suoi ospiti indesiderati. Aveva l'aria corrucciata, non certo l'espressione che si aspetta di vedere sul viso di una donna che riceve la visita di quattro sconosciuti armati nel cuore della notte.

«Credo abbiate sbagliato persona,» disse. «Io sono Amanda Lawson.»

«Amanda Lawson è con noi,» sbottò Jacob, alzando di poco la mano che reggeva il revolver. «Basta con queste stronzate: la recita è finita.»

Samantha si piegò in avanti e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, osservando qualcosa alle spalle di Jacob e di Darren.

«Ah!»

Si alzò in piedi di scatto e sorrise amabile.

Ecco, adesso non sembrava più identica a sua sorella: non aveva mai visto quell'espressione sulla faccia di Amanda.

«Ora ho capito chi siete!» esclamò, unendo le mani dietro la schiena. «Siete quelli di Elizabeth City. Certo che ne avete fatta di strada.»

Perché cazzo non era spaventata? Quattro pericolosi terroristi erano venuti a rapirla, no? Almeno un istante di esitazione o di dubbio sarebbe stato d'obbligo!

Michael si fece avanti affiancandosi a Darren e Jacob.

«Signora, nel nome della sacra chiesa di Ilimroth, le ordino di arrendersi a noi,» intimò la voce bassa e calda del paladino.

Lei annuì, pensosa.

«Amanda è sempre stata molto brava a ottenere il consenso delle persone, molto più di me,» mormorò, guardando per un istante fuori dalla finestra aperta.

Non sembrava affatto intenzionata ad andarsene da quella stanza e Jacob iniziò a pensare che avrebbe dovuto usare quell'arma di merda prima della fine della nottata: non avevano tempo da perdere in chiacchiere con una sorella frustrata.

«Avanti, finitela!» ringhiò il federale, stendendo il braccio e puntando la pistola contro l'imperscrutabile presidentessa. «Fuori di qui, adesso.»

«Spareresti a una donna indifesa?» chiese Samantha, inclinando la testa.

Come se fosse mai stato un problema.

Da un angolo della stanza, lo spettro di Decker sghignazzò e fece segno con le mani di sparare.

Stronzo, all'inferno in cui era finito aveva ben poco per cui ridere.

«Non ho paura di fare quello che va fatto,» mormorò Jacob, fissando le pupille di Samantha.

Lei annuì di nuovo.

«Già, lo so. È questo che mi piace di te, Jacob: sai discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato.»

Che andasse a farsi fottere.

«Ti ho detto di smetterla di parlare e di uscire da questa cazzo di stanza,» scandì il federale, facendo un passo in avanti senza abbassare il revolver.

Lei sospirò e, di nuovo, osservò un punto alle spalle di Jacob.

«Ora vi dico come stanno le cose,» disse, annoiata. «Voi mi piacete, tutti quanti. Tranne te, Michael Hemsworth. Tu non mi piaci affatto.»

«Me ne farò una ragione,» replicò il paladino, assottigliando gli occhi.

«Siete temerari e intelligenti, sapete cogliere le occasioni al volo e lo avete già dimostrato quando mi avete sottratto Amanda dal Sentara Albemarle,» continuò lei, ignorando Michael. «Vi darò la possibilità di unirvi a me.»

Darren schioccò la lingua.

«L'abbiamo già sentita troppe volte, questa,» commentò. «Qualsiasi cosa tu voglia dirci, potrai farlo fuori di qui.»

«E perché?» Samantha sogghignò. «Avete fretta?»

Il dito appoggiato sul grilletto si contrasse un solo istante. Per fortuna quel rozzo revolver non era responsivo come la sua pistola d'ordinanza, o quel breve movimento sarebbe bastato per fare fuoco.

«Dobbiamo andarcene.»

Da un punto imprecisato alle sue spalle giunse il flebile mormorio di Alex.

«Già, ma ora siete qui e dovete stare ad ascoltarmi,» rispose Samantha. «Hai avuto molte occasioni per ascoltare Kah'Shix, ma hai deciso di ignorarlo.»

«Che cazzo stai dicendo?» sibilò Jacob.

«Converso con un vecchio amico,» spiegò la presidentessa, indicando Alex. «Date ascolto a lui: sa che cosa sono capace di fare.»

Jacob lanciò una svelta occhiata al ragazzo: sudava e una gamba gli tremava in modo vistoso.

«Lascia stare mio nipote,» intimò Darren, spostandosi per frapporsi tra Alex e la presidentessa impostore.

«Tuo nipote non mi interessa,» ribatté lei. «Semmai mi interessa ciò che mi avete sottratto insieme ad Amanda.»

Michael tirò su con il naso e, senza dire nulla, avanzò verso di lei.

«Andiamo,» ordinò, fermandosi davanti all'esile sagoma di Samantha.

Le appoggiò un braccio sulla spalla, ma un istante dopo il paladino si ritrovò scaraventato contro la parete. Con un tonfo che risuonò nella notte e un gemito di sorpresa e dolore, Michael rotolò a terra e rimase lì.

Mosso dal solo istinto, Jacob premette il grilletto e il fragore dello sparo coprì l'urlo di Darren.

Samantha, però, fece un passo laterale e il proiettile le passò a pochi millimetri dall'orecchio, conficcandosi nella parete.

«L'hai fatto davvero!» esclamò lei, spalancando gli occhi. «Sono davvero colpito.»

Jacob stava per tornare a prendere la mira, ma la mano di Darren gli si posò sull'avambraccio e spinse verso il basso.

«Non siamo assassini!» sibilò, gli occhi ridotti a fessure e le sopracciglia aggrottate.

Assassini? Quella donna aveva appena ribaltato per aria un uomo adulto da cento chili di muscoli! Chi cazzo poteva fare una cosa simile? Non certo una donna qualsiasi.

Quante probabilità ci sono che capiti ancora?

La voce gracchiante di quello stronzo di John gli rimbombò nell'orecchio; sembrava proprio una presa per il culo, a ripensarci. Avrebbe dovuto tenere una pallottola per quel suo culo rinsecchito, nel caso fossero usciti vivi da quel posto.

«Vi ripeto la mia offerta,» disse Samantha, aggiustandosi un ciuffo dietro l'orecchio. «Potete tenervi la pietra, non mi serve ancora. In cambio mi ridate Amanda e poi sarete liberi di unirvi a me quando il Progetto sarà concluso.»

«Che cos'è?» chiese Alex, pallido e strapazzato come uno straccio usato. «Il Progetto, che cos'è?»

Samantha scosse la testa.

«Il discorso è lungo e complesso, ma mi rendo conto che accettare un'offerta a scatola chiusa è difficile. Per il momento sappiate che il vostro mondo ha ormai esaurito la sua energia e che presto la vita cesserà di esistere. Il Progetto prevede l'utilizzo dei portali per migrare verso un nuovo mondo abitabile.»

Il revolver divenne improvvisamente pesante e Jacob l'abbassò, incapace di reggerne il peso.

Stava dicendo sul serio? Era pazza, pazza da legare.

Alex fece un paio di passi esitanti e si affiancò a suo zio.

«Perché tu e Hiss vi conoscete?» chiese.

Jacob corrugò la fronte e gli occhi corsero verso il ragazzo.

C'erano troppe cose che non riusciva a capire, ma una era chiara: lui sapeva qualcosa che aveva taciuto a tutti loro.

Lo sapeva che non poteva fidarsi di un mago fuorilegge. Erano pericolosi e, alla fine, li aveva condannati tutti quanti.

«Lui è come me,» rispose Samantha, con un mezzo sorriso. «Siamo arrivati qui insieme, ma ci siamo... separati a causa di alcune divergenze di pensiero. Rivederlo in questa forma misera e patetica non mi fa alcun piacere; se solo ripenso a quanto era maestoso, un tempo.»

«Hiss non è misero e patetico!» urlò Alex, stringendo i pugni.

«Il vostro legame è meraviglioso,» commentò la falsa presidentessa. «Devi essere una persona davvero speciale se Kah'Shix si è tanto affezionato a te.»

Dal fagotto scuro riverso a terra che era Michael venne un grugnito sommesso, segno che l'uomo si stava svegliando. Non era morto, almeno.

«Non accetterò mai il tuo Progetto,» disse Alex, deciso come non mai. «Questa è casa mia.»

Darren annuì e appoggiò una mano sulla spalla del nipote.

Jacob tornò ad alzare la pistola per puntarla sulla donna.

Il piano era andato a puttane, di nuovo, ma non era la prima volta che improvvisavano. Avrebbero portato Samantha, o chiunque quella donna fosse, fuori di lì a ogni costo, anche a patto di segnarle i piedi e trascinarla fuori tirandola per i capelli.

«D'accordo,» disse lei, con aria afflitta. «Allora dovrò costringervi a parlare; mi riprenderò la mia pietra e poi andrò a recuperare la sorella di Samantha Lawson.»

«Dovrai passare dinanzi al giudizio della Signora Ilimroth,» ringhiò Michael, alzandosi a fatica.

Aveva già in mano la sua ridicola arma, ma la lama del falcetto brillava di una luminescenza particolare, come se emanasse una propria fonte di luce fredda.

«Ho già sistemato la vostra Signora,» disse Samantha con voce gelida. «Nulla di che, se proprio vuoi saperlo.»

Michael urlò e si lanciò protendendo in avanti il falcetto.

La lama scintillante fendette l'aria e si abbatté sulla presidentessa, che si limitò ad alzare il braccio e intercettare il polso del paladino per fermare il colpo. Un calcio frontale di Samantha spinse Michael di nuovo al suo posto, ma questa volta il combattente riuscì a mantenersi in piedi.

Darren, in un battito di ciglia, si era portato davanti a Samantha, uno dei suoi coltelli pronto in mano a trafiggere la coscia del loro avversario, che non si fece trovare impreparato: con un agile balzo si spostò all'indietro giusto in tempo per evitare il fendente della pericolosa lama.

Jacob esplose un secondo colpo, il rinculo gli fece vibrare le dita e il polso; la pallottola incontrò Samantha a metà del suo movimento e uno spruzzo di sangue si disegno nell'aria mentre il proiettile le perforava pelle, carne, muscoli e ossa dell'avambraccio.

«Questo corpo è troppo debole,» commentò Samantha, guardandosi accigliata il foro lasciato dal proiettile.

Darren incalzò con il coltello, ma il suo fendente laterale venne interrotto da un repentino calcio che colpì il mezzelfo sulle costole e lo fece rotolare a terra contro la scrivania.

Un fischio sommesso sibilò nell'aria quando due sottili dardi di energia arcana lucente fendettero il vuoto e andarono a infrangersi contro il petto di Samantha, che grugnì e boccheggiò alla ricerca d'aria.

«Andiamo via,» disse Darren, rialzandosi con una veloce capriola.

«Col cazzo!» urlò Jacob. «Un altro colpo e la mando a farsi mangiare dai vermi.»

«No, ha ragione lui,» disse Michael, il falcetto tenuto alto davanti al viso in una sorta di posizione di guardia. «Non è umana, non siamo pronti per questo.»

«È la sorella di Amanda,» protestò il federale, mirando la testa della donna che, composta, si stava massaggiando il petto con il braccio illeso.

Doveva essere umana, non poteva essere altrimenti; ma una donna normale non avrebbe potuto reggere quella ferita in quel modo.

«Samantha è morta da qualche mese, ormai,» disse la finta presidentessa, la voce ridotta a un sussurro rauco. «Utilizzo il suo corpo perché mi è comodo per portare avanti il Progetto, ma la sua carne è debole e le mie capacità sono limitate in questo involucro.»

«Un altro demone,» mormorò Michael, teso.

«No,» ribatté Alex. «Non è come il sindaco di Elizabeth City. Se è come... no, non è un demone.»

«Ciò che sono non vi deve importare,» disse Samantha, stizzita. «Arrendetevi, ditemi dove si trova Amanda e la mia pietra e avrete salva la vita.»

«D'accordo, andiamocene,» disse Jacob.

Qualcosa nel modo in cui la donna diabolica aveva proferito quelle parole gli fece correre un brivido gelido lungo la schiena. All'improvviso la ferrea volontà di sacrificarsi per il bene del proprio Paese venne meno e l'unica cosa che desiderò fu di poter riabbracciare Claire.

Avrebbe calpestato la bandiera e sputato sui piedi della statua di Lincoln pur di rivedere sua moglie e di poter proseguire la vita insieme a lei.

«Non pensateci neanche,» ringhiò Samantha.

Una saetta di energia nera le si generò sul palmo della mano e Jacob sentì Alex emettere un basso gemito.

L'attacco magico si abbatté su di loro con rapidità e forza e fu soltanto grazie ai muscoli e ai riflessi allenati che Jacob riuscì a spingere di lato Alex e buttarsi a terra nello stesso momento. L'aria venne lacerata da un boato sinistro e una larga chiazza nera si disegnò sul pavimento di parquet, mentre un forte odore di decomposizione iniziava a dilagare nella stanza.

Non aveva mai visto nessun mago fare una cosa del genere.

Darren aveva evitato il colpo tuffandosi dietro alla scrivania, mentre Michael si era protetto portandosi le mani e il falcetto davanti al volto: la sua casacca nera era bruciacchiata sulle braccia e sul petto e delle pustole scarlatte facevano capolino dai brandelli dei vestiti.

Il mezzelfo fece capolino dalla sua copertura dietro la scrivania giusto il tempo per sincerarsi che suo nipote stesse bene, poi i suoi occhi incontrarono quelli di Jacob.

«Portali via,» mormorò il cacciatore di taglie.

«No!» strillò Alex.

Ma suo zio lo ignorò, oltrepassò l'angolo del tavolo e saltò in avanti a braccia aperta per afferrare il bacino della loro temibile avversaria ed esibirsi in un magistrale placcaggio.

«Potenziale sprecato,» grugnì Samantha, crollando a terra sotto l'inaspettato colpo del mezzelfo.

Avevano guadagnato qualche secondo e Darren era stato chiaro; ignorare la sua richiesta sarebbe stata una mancanza di rispetto. Quello che andava fatto era chiaro, e la parte peggiore di Jacob era contenta che fosse stato il cacciatore di taglie a prendere la decisione.

Si infilò una mano in tasca ed estrasse la biglia verde: era tiepida e sembrava vibrargli contro i polpastrelli.

«No!» gridò ancora Alex, gli occhi che saettavano dalla biglia al groviglio indistinto formato dai corpi di Darren e di Samantha. «Non senza di lui!»

«È stato chiaro!» urlò Jacob, avvicinandosi al punto in cui Michael era crollato a terra, tremante dal dolore.

John non aveva dotato le biglie di un manuale d'istruzione, ma aveva detto che rompere la biglia avrebbe riportato a casa le persone vicine. Darren sembrava troppo lontano e avvinghiato in quella zuffa disordinata non sembrava in grado di potersi avvicinare.

Contando anche Theresa e Amanda, ne avrebbe salvati cinque con il sacrificio di uno solo.

Inoltre, l'idea di tornare tra le grinfie della Kennedy... no, l'idea di lasciare indietro il cacciatore di taglie lo disgustava, ma farsi cattura di nuovo era fuori discussione. Avrebbe fatto ammenda in qualche modo per il suo egoismo.

Senza più pensarci alzò le dita e sbatté la biglia per terra.

In quel momento Alex lanciò un grido disarticolato, si alzò e si mise a correre verso il mezzelfo.

«Porca puttana!» gridò Jacob, protendendo la mano verso l'aria, come se fosse stato in grado di allungare il braccio oltremodo per afferrare il ragazzo per il colletto della maglietta.

La biglia toccò il terreno e si frantumò in mille minuscole schegge.

Jacob si sentì afferrare da mani invisibili che lo spinsero con forza verso il pavimento.

Cadde e chiuse gli occhi per prepararsi all'impatto con il terreno, che però non arrivò mai.

Continuò a cadere per un lasso di tempo interminabile e l'unica cosa a cui riuscì a pensare fu che ne aveva salvati quattro invece di cinque.

E che Theresa si sarebbe incazzata come una belva.

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