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Un umido giorno di fine giugno, una Bentley nera si fermò davanti al porto di Genova; la leggera aria salmastra del mare era appena percettibile a causa dello smog di centinaia di industrie, lo stridore dei gabbiani tipico delle località marittime quasi annullato dai roboanti motori delle barche.

"Tutto questo cambierà tra un po', di sicuro" pensò la donna sul sedile posteriore di destra dell'automobile, con un mezzo sorriso sulle labbra. Poco le importava di quel paesaggio ancora così simile alla sua quotidianità: nella sua testa era già come se si stesse rilassando nella sua suite con idromassaggio dell'Imperial, la lussuosissima nave da crociera su cui stava per imbarcarsi.

«Signorina Alberti, siamo giunti a destinazione». La giovane donna sussultò alle parole dell'autista, riuscendo comunque a mantenere un certo contegno: non era da lei scomporsi per un nonnulla.
«Io le scarico le valigie,» proseguì l'uomo, «lei intanto si goda pure il paesaggio marittimo».

Con una smorfia la signorina scese dall'auto, e dopo pochi passi si ritrovò davanti a enormi navi e yacht, travolta da una folla di gente che si imbarcava, scendeva, portava dei bagagli o, semplicemente, osservava la maestosità di quelle ville viaggianti.

"Tra un po' sarai nella tua suite a goderti un idromassaggio o magari un massaggio di uno degli esperti fisioterapisti dell'Imperial. Non pensare a tutta la gente qua in mezzo" si ripeteva la signorina Alberti, mentre si massaggiava le tempie, così irritata dalla troppa vicinanza con gentaglia di rango tanto infimo. Si ravvivò i corti capelli castani con una mano, come faceva sempre quando era infastidita, e sistemò gli occhiali da sole firmati Prada, che nascondevano due grandi e luminosi occhi verde smeraldo.

Era una donna affascinante, sui venticinque anni. Aveva ereditato da bambina, quando erano morti i genitori, un'enorme somma di denaro, insieme a diverse proprietà e terreni nelle campagne mantovane, il territorio dei suoi avi, i Gonzaga. Insieme al sangue nobile portava anche quella caratteristica peculiare che hanno tutti gli aristocratici: l'incapacità di lavorare. Disprezzava qualsiasi tipo di impiego e pensava che ogni cosa le fosse dovuta. Ovviamente, del resto: perché mai si sarebbe dovuta spezzare la schiena come chiunque altro? Solo il pensiero la disgustava. Una vera nobildonna del suo tempo che odiava mischiarsi alla gente comune, insomma.

Ed ecco, finalmente, davanti a lei, la grande nave: l'Imperial. Dalla sua posizione poteva ammirare cinque altissimi ponti, a metà dei quali si intravedeva una terrazza che doveva avere una vista mozzafiato. Si sentiva la piacevole musica dell'orchestra che aveva già iniziato a suonare un giocoso motivetto jazz. Dalle foto che aveva osservato con estrema precisione, sapeva che si trovava su un palco, mentre accanto erano disposti diversi tavolini dove sarebbero stati serviti champagne e stuzzichini come aperitivo. Per non parlare poi degli interni: tra il ristorante con uno chef stellato, le sale da gioco e tanti altri intrattenimenti, la signorina non avrebbe saputo cosa chiedere di più per la sua estate.

Per un mese sarebbe stata completamente servita e riverita nella sua suite privata, accompagnata da un'equipe ben fornita di fisioterapisti, massaggiatori, estetisti e qualsiasi persona che avrebbe salvaguardato il suo benessere. Non ci sarebbe stato solo quell'irritante autista, che si scordava sempre tutto ciò che gli veniva richiesto. Avrebbe poi avuto la compagnia di altre signorine nubili come lei, con le quali avrebbe spettegolato dell'alta società sul ponte principale prendendo il sole.

Aveva infatti pensato di affittare uno yacht privato per la stagione estiva, ma così non sarebbe mai venuta a conoscenza dei vari gossip che avrebbe invece appreso in questo modo. E sicuramente non avrebbe trovato qualche giovane signore in cerca di una breve avventura. Era ormai adulta per una storia adolescenziale con un povero mozzo dell'equipaggio, da cui non avrebbe tratto alcun beneficio. Aveva intenzione di rinnovare la sua collezione di gioielli e indumenti, non le bastava certo la passione. Le avevano sempre insegnato a non accontentarsi mai di nulla, e aveva sempre rispettato quella regola in modo ferreo.

«Signorina Alberti, signorina Alberti!» L'autista richiamò nuovamente la sua attenzione. «Ecco i bagagli, glieli lascio qui. Le auguro una buona permanenza».

«Grazie, Silvio» rispose noncurante l'altra, prendendo le valigie. «Tu, invece, ricordati di potare il giardino, lavare le macchine e chiamare qualcuno che ripari la ringhiera della scala. Non è possibile che quella orribile balaustra penzoli a vuoto dal primo piano a villa Alberti! Cosa diranno le altre signorine quando verranno a farmi visita al mio ritorno? Ah, e non dimenticarti di tenere ben curati il roseto e il mio Steinway: non voglio tornare dalle vacanze come l'anno scorso vedendo le mie bellissime rose tutte secche! E il pianoforte dovrà essere perfettamente accordato e lucidato».

«Certo, signorina Alberti». L'autista fece un piccolo cenno del capo. «Sarà fatto».

Sentendo quelle ultime parole, si voltò, trascinandosi le valigie fino alla passerella della nave. Finalmente la sua vacanza poteva cominciare.

«Buongiorno!» la salutò con energia il marinaio appostato davanti all'entrata dei passeggeri della nave, mentre lei, con la solita aria svogliata, stava passandogli il biglietto: intanto teneva sui bagagli l'altra mano, sopra cui spiccava qualche gioiello raffinato e un prezioso Rolex, di cui si compiaceva ogni volta che gli lanciava un'occhiata.

«Maria Emanuela Adele Alberti, suite luxury plus» lesse il controllore. «Bene, signora, dal ponte principale si diriga, prendendo le scale di destra, subito al piano inferiore. Troverà la sua suite girando nel corridoio a destra. Mi lasci pure le valigie: incaricherò un facchino perché le porti nella sua stanza. Buona permanenza, signora» le augurò, infine, sollevandosi appena il cappello con cortesia.

La signorina Alberti mormorò appena un "grazie" ammirando già il ponte. Non si diede nemmeno la briga di correggere il marinaio sull'errato appellativo che aveva utilizzato: in un'altra circostanza avrebbe potuto intraprendere un sostanzioso litigio, ma ora era in vacanza e per un po' sarebbe passata sopra a certe piccolezze.

Si diresse subito alla terrazza, quasi precipitandosi: tra tutte le meraviglie della nave era quella che desiderava di più vedere dal vivo. Era arrivata presto, rispetto agli altri passeggeri, ed era sola in quell'ampio spazio, se non per i pacifici musicisti che continuavano senza turbamento alcuno la loro melodia. Davanti a lei, solo la distesa azzurra del mare, che luccicava per i caldi raggi del sole. Quello spettacolo era tale che persino nel petto della gelida signorina in quel momento sembrò esistere un cuore capace di battere al cospetto delle meraviglie della natura.

«'Giorno!»

La signorina trasalì, voltandosi repentinamente: se aveva graziato quel marinaio impertinente che aveva osato darle della signora, il nuovo arrivato non si sarebbe certo salvato. La giovane donna rimase però ammutolita davanti a quello che vide: un uomo un po' sovrappeso, con i capelli radi, gli occhi scuri, la pelle troppo abbronzata, una barba tagliata male e, peggio di tutto, un orrido sorriso giallo con tanto di dente mancante. Dalla maglietta attillata da mozzo, che metteva in mostra una pancetta prominente, sbucava un tatuaggio con la scritta "101% singol". Per finire, l'odore che emanava era alquanto sgradevole: un misto di benzina e uomo sudato.

«Mi chiamo Enrico Nocenti» proseguì il marinaio. «Sono il mozzo migliore di questa nave, sai? Piacere di fare la tua conoscenza!»

La giovane donna, inorridita da questo spiacevole incontro, si dileguò dal ponte dirigendosi verso la sua suite, pur essendo un po' dispiaciuta per aver abbandonato quel meraviglioso panorama prima del previsto. Furibonda, percorse a grandi falcate la terrazza, cercando di togliersi dalla mente la sgradevole immagine del marinaio. Che maniere! Nessuno poteva pensare di rivolgersi a lei in modo tanto irrispettoso! Quel mozzo indecente non sarebbe certo rimasto impunito.

Nocenti, ormai dall'altra parte del ponte rispetto alla signorina, sospirò per l'ennesimo fallimento: non riusciva a capacitarsi del fatto che a trentaquattro anni non avesse ancora trovato una ragazza; conosceva uomini molto più brutti di lui ed era da riconoscere che era un vero simpaticone. In realtà si era ormai rassegnato, così nella ricerca delle donne come anche nella speranza di una promozione nel lavoro. Finita la scuola aveva subito iniziato a fare il marinaio, sperando di diventare presto facchino o, persino, nostromo. Ma era da sedici anni che continuava a fare il mozzo e a pulire i ponti delle navi.

Poteva sembrare una vita assai deprimente, ma Nocenti non la pensava così: che gli importava di donne e lavoro! Dopotutto, alla sera aveva sempre la possibilità di guardare qualche programma divertente alla televisione o di giocare con la Playstation; certo, avere una bella ragazza con cui passare il tempo sarebbe stato desiderabile, ma la sua vita era già a posto così. Sebbene spesso invidiasse i ricchi passeggeri che soggiornavano sulle navi, in verità era molto contento della sua esistenza.

Si sdraiò comodamente appoggiando la schiena alla balaustra in legno della terrazza e, frugando nelle tasche dei suoi incredibili pantaloni, trovò la sua amata fiaschetta, che ogni mattina si occupava di riempire di nascosto con i superalcolici conservati nella cambusa della nave. Ovviamente non avrebbe potuto farlo, ma sapeva che in ogni caso non lo avrebbero mai cacciato.

Si portò il piccolo contenitore vicino alle narici, inalando un gustoso odore di alcol che lo inebriò.
«Una bella consolazione!» esclamò, leccandosi le labbra come se si stesse già pregustando quella delizia, per poi trangugiare in un sol sorso tutto il liquido contenuto.

"Che bontà!" pensò tra sé, estasiato, adagiandosi comodamente sul pavimento e socchiudendo gli occhi: l'alcol da sempre gli faceva uno strano effetto.

~

«Signore».

Una voce dolce e melodiosa. Una di quelle che si sentono solo nei film. Quella di una donna angelicata, sempre pronta a consolare il protagonista di turno. Nocenti ne aveva udite tante di voci simili, ma solo attraverso il filtro di uno schermo o nei migliori dei suoi sogni. Anche quella volta non poteva essere altro. Eppure sembrava così reale...

Deciso a scoprire di cosa si trattasse, aprì gli occhi con molta calma, ancora riluttante a voler abbandonare quel sogno meraviglioso. Ma ciò che si trovò davanti era decisamente meglio. L'immagine inizialmente confusa cominciò a prendere le forme di una bellissima giovane, forse anche di più di quella che aveva cercato di intrattenere prima. Una miriade di ricci scurissimi e fluenti incorniciava un bel viso dalle guance rosee su cui spiccavano due grandi occhi di un nero penetrante e ammaliatore. Nocenti si sarebbe emozionato a una simile visione anche da lontano, ma l'effetto non poteva che accrescersi per la vicinanza che c'era tra i corpi dei due.

«Signore, si sente bene?» ripeté l'essere di superba bellezza, mentre dagli occhi e dalla voce appena tremante trapelava una certa preoccupazione: non solo gli era terribilmente vicina, ma era persino interessata a lui!

Il marinaio si riscosse immediatamente, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori e rispondendo, con fare ammiccante: «Ma certo, dolcezza; dopo averti visto, la mia vita è migliorata».

La giovane si affrettò ad alzarsi in piedi e ad allontanarsi da quell'uomo: il suo volto non era più impensierito per lui, ma su di esso si era piuttosto formata un'espressione allarmata di disgusto. Il sogno di Nocenti era terminato sul nascere e il marinaio, molto controvoglia, venne ricatapultato nella realtà. La visione della signorina lo aveva completamente distolto da essa e il primo impatto fu a dir poco sconcertante: una folla di persone lo stava circondando bisbigliando tra sé infastidita e lanciandogli occhiate di rimprovero.

Il marinaio rabbrividì: questo poteva essere un bel problema. Da sempre sulla nave gli dicevano che poteva fare sostanzialmente quello che gli pareva, a patto che non si facesse notare dai passeggeri. Aveva appena disobbedito alla regola numero uno.

«Interessante, interessante: una delle navi migliori al mondo, ma un equipaggio... così».
«Addormentarsi sul ponte della nave! E nessuno che gli dica niente?»
«Non si è solo addormentato. Signori, costui ha più alcol in corpo di una botte di rum».

Intimorito da tutte quelle voci, Nocenti cercò di farsi piccolo piccolo, scrutando nel frattempo intorno a lui, semmai vedesse delle vie di fuga. Gli sarebbe bastato uno dei suoi incredibili scatti e si sarebbe in breve tolto tutti i problemi. Si sarebbe poi adagiato sul letto della sua cabina, distraendosi da quella brutta esperienza con uno dei suoi programmi televisivi.

Mentre pensava a cosa ci fosse a quell'ora su Canale 5, un problema ben più grande stava sopraggiungendo.
«Eccolo, capitano, eccolo!» Una squillante voce di donna stava sbraitando, diventando sempre più forte man mano che si avvicinava. Nocenti alzò la testa e vide, con suo rammarico, il bel volto della donna che aveva salutato prima, deturpato soltanto dalla furia che usciva da ogni suo poro. Ma non era tanto lei il guaio, quanto l'uomo che la stava seguendo.

«Nocenti». La voce del capitano Villa perforò i timpani del mozzo, che dopo pochi istanti si ritrovò davanti la sua imponente figura: era un uomo sulla sessantina, dal carattere ruvido di per sé, che non aveva fatto altro che irrigidirsi dopo anni passati per mare. Nocenti cercò di coprirsi con entrambe le mani, quasi pensasse che in questo modo non lo avrebbe riconosciuto: quell'uomo era certamente l'essere più spaventoso sulla faccia della terra. «Cosa ci fai ubriaco marcio di prima mattina?!»

«Uhm...» iniziò a borbottare il mozzo, provando a farsi venire in mente una scusa soddisfacente. «Stavo testando... la freschezza e la saporosità del rum della cantina, zio... cioè, volevo dire, signor capitano». Com'era difficile ricordarsi anche quel particolare!
«Fila sottocoperta e va' a renderti utile, sfaccendato che non sei altro!» gli gridò contro il capitano, rosso di rabbia e con i capelli dritti sulla testa. Alle urla dell'uomo, Nocenti balzò in piedi e, in men che non si dica, corse via, lontano dagli occhi sconcertati dei passeggeri.

Il capitano Villa sospirò a fondo per l'accaduto, pensando già alle conseguenze che avrebbe potuto portare. Quell'incapace di suo nipote, buono solo a stare con la faccia attaccata alla televisione per vedere le modelle che apparivano... Ma, d'altra parte, cosa poteva fare? Dopo che il bamboccio aveva terminato la scuola, a seguito di infinite peripezie, sua sorella e suo cognato, disperati, non sapendo che occupazione far intraprendere al figlio, lo avevano pregato di tenerlo con lui come mozzo, giusto per fargli guadagnare un minimo stipendio con cui potesse essere autosufficiente. Ma era una tal fonte di guai...

Tuttavia poteva ancora sperare di scamparsene, almeno in quella situazione: gli bastava che il suo raccomandato non venisse denunciato da nessuno dei presenti.
«Le mie più sentite scuse, signori passeggeri» disse, già pronto a intraprendere una vera e propria captatio benevolentiae, sfoderando le sue migliori doti retoriche: aveva già adocchiato qualche soggetto che avrebbe potuto portare rogne, come quella signorina che lo aveva avvisato dello scandalo, ed era bene tenerli tranquilli. «Un inconveniente che non ricapiterà mai più. Nelle varie navi su cui sono stato capitano mai era successo un simile turbamento. Provvederò affinché quel mozzo venga giustamente punito. Ma non sia per voi motivo di rammarico: una vera inezia, se ci pensate, in compenso a questa portentosa crociera».

«Certamente, certamente» rimbrottò, sebbene in modo educato, un giovane uomo particolarmente affascinante dall'aria alquanto seccata, scrutando il capitano dietro i suoi Rayban dalle lenti oscurate. «Capisco il suo ragionamento, capitano, ma io ho deciso di intraprendere questa vacanza per non avere inconvenienti, sia che questi siano inezie, come le chiama lei, o problemi di maggior portata».

«Ha assolutamente ragione» lo appoggiò la signorina che per prima aveva segnalato il comportamento indecoroso di Nocenti. Come già aveva avuto modo di mostrarsi, persisteva con quel fare spocchioso che il capitano Villa malsopportava.
«Capitano, sa invece se è sempre solito comportarsi in questo modo... con le donne?» chiese invece quella che aveva svegliato il mozzo, con un fil di voce. Costei invece sembrava tutt'altro genere di persona: fragile e delicata, doveva aver preso un colpo venendo così assalita da quell'uomo piuttosto burbero. La giovanissima età, poi, non poteva che influire su quel docile atteggiamento spaurito.

Il capitano mantenne i nervi saldi anche davanti al resto del brusio che si era levato dalla folla e trovò in fretta una soluzione che forse avrebbe acquietato gli animi: «Prometto infatti che non accadrà più: quell'uomo se ne starà per lo più sottocoperta alle prese degli ingranaggi o, al massimo, a pulire il ponte. Sarà così impegnato nelle sue mansioni che nemmeno vi accorgerete della sua presenza, come di quella del resto del personale. Intanto, se la cosa può risollevarvi il morale, il barman questa sera sarà felicissimo di offrirvi un aperitivo con la scelta dei migliori champagne della nostra ricca cambusa. Accompagnati a ciò che più sarà di gradimento a lor signori» aggiunse infine, sfoderando uno dei suoi rari sorrisi e congedandosi educatamente dai passeggeri.

Molti di loro, udita l'allettante proposta, avevano già deposto l'ascia di guerra e si erano rivolti a osservare il mare, già persi in chiacchiere frivole, tipiche di un leggero clima estivo.
Altri però continuavano a non essere dello stesso sentore.

«Del vino! E penserebbe davvero di ripagare con del vino me? Me, Maria Emanuela Adele Alberti, discendente degli illustri Gonzaga?! Non ha neanche idea, quell'arrogante capitano, di cosa potrei fare io, se solo lo volessi! Non mi calmerà certo un aperitivo!» La signorina era furibonda, tanto che nemmeno il suo amatissimo champagne era in grado di placare la sua ira.

L'uomo con gli occhiali da sole rizzò subito le orecchie a quelle parole, per poi sorridere amabilmente alla giovane donna: «Perdoni il mio inopportuno intervento, signorina, ma, se fossi in lei, non darei tanta importanza a qualcosa di così futile. Sarebbe un vero peccato rovinare in tal modo una vacanza che sembrerebbe essere altresì perfetta» disse, togliendosi i Rayban e rivelando due occhi maliardi dal taglio leggermente orientale: doveva avere origini di quei luoghi, sebbene parlasse perfettamente italiano.

Davanti al fascino dell'uomo la signorina Alberti ammutolì, dimenticandosi quasi dell'inconveniente del mozzo. Che modi, che parole, che garbo! Era il primo, in quella giornata, che si rivolgeva a lei con il dovuto rispetto, pur essendo di un rango sicuramente più elevato rispetto a tutti gli altri. Ma, soprattutto, che bel portamento. Non era altissimo, e neanche molto muscoloso, ma molto fine nell'aspetto, con lineamenti gentili ma non troppo femminei, un fisico asciutto coperto da un completo semplice ma elegante e di ottima fattura.
Incantata da quell'incontro, si portò una ciocca di capelli dietro all'orecchio, dicendo, accomodante: «Con chi ho il piacere di parlare?»

«Kyosuke Matsuda» rispose l'altro, porgendole la destra e ridacchiando: «Non mi stupisco se lo troverà strano: è giapponese». Dentro in realtà sogghignava divertito: quell'inutile vacanza stava iniziando a prendere una piega decisamente migliore! Per quanto già detestasse il carattere altezzoso dell'aristocratica, sapeva quanti vantaggi avrebbe potuto trarre, oltre che un immediato divertimento - neanche si era accorta che aveva sfoderato un linguaggio aulico solo per beffarsi di lei. E, se c'era una cosa che era propria della sua indole, era non lasciarsi sfuggire neanche un'occasione.

La signorina strinse la mano di quel gentiluomo orientale, notando con piacere come anche questa fosse estremamente curata, fresca di manicure e senza alcun gioiello pacchiano; qualcosa però interruppe quel magnifico momento.

«Oh, per fortuna!» esclamò la giovane dai ricci neri, anche lei importunata da Nocenti. «Avete sentito il capitano? Menomale quel maniaco rimarrà sottocoperta per tutto il tempo! Non voglio avere esperienze simili» disse, sospirando appena al ricordo, ma cambiando subito tono: «Passando a qualcosa di più allegro, molto piacere! Mi chiamo Beatrice Miller e sono qui in vacanza! Avevo proprio bisogno di staccare un po' la spina dall'università... Voi, invece?»

"Troppa energia" si ritrovò subito a pensare la signorina Alberti, infastidita dall'interruzione di quella giovane che pareva essere appena uscita dall'adolescenza.

Entrambi gli interlocutori risposero alla giovane, la donna con un tono apertamente seccato, Matsuda più neutro. Meditando però non lo convinceva quella situazione: Beatrice Miller, un'inglese di sicuro, che tuttavia non portava nel suo italiano alcuna traccia di accento britannico, parlando anzi in una dizione impeccabile. Avrebbe tenuto d'occhio anche lei.

«Sono così contenta!» esclamò ancora. «Speravo tanto di trovare dei passeggeri miei coetanei: avete idea che noia sarebbe stata, altrimenti, una vacanza piena di vecchi dai costumi retrogradi?»

L'Alberti storse il naso a quell'affermazione: non sarebbero mai andate d'accordo. Voleva anzi togliersela dai piedi al più presto, per poter approfondire la conoscenza con il giapponese.

Ma l'altra signorina non acconsentì al suo inespresso volere.
«Sapete, poi, non siamo gli unici giovani!» disse invece, per poi iniziare a sbracciarsi in direzione della folla, gridando: «Signor Crümenerl!»

Si mostrò un uomo alto e muscoloso, dall'incarnato abbronzato e con i capelli di un biondo acceso, sul volto era scolpito un sorriso smagliante.
«Sì, signorina, mi stava cercando?» disse, dando mostra di un accento marcatamente tedesco.
«Volevo presentarle altri due passeggeri che dovrebbero avere la nostra età» continuò, con lo stesso entusiasmo di prima e presentando i due al nuovo arrivato.

«È un piacere!» esclamò, mentre la signorina Alberti già alzava gli occhi: cosa aveva fatto di male per meritarsi quel supplizio invece che stare a discorrere tranquillamente con il suo bel gentiluomo? «Mi chiamo Heinz Crümenerl; sapete sono davvero estasiato da questa crociera».

«Non l'avrei mai detto, signore» commentò appena sarcastico Matsuda, senza che il tedesco se ne rendesse conto.
Infatti proseguì: «Ma avete sentito che bellissimo viaggio stiamo per intraprendere? Prima la Costa Azzurra, poi vari luoghi in Spagna, tra cui Barcellona, dopo visiteremo tutta la Sardegna e, a seguire, la Sicilia. E continueremo con le isole della Grecia, per poi, durante il ritorno, visitare il resto del Sud Italia. È meraviglioso!»

Si lanciò uno sguardo d'intesa con la signorina Miller, per poi voltarsi a guardare gli altri due: sulle loro facce era sorta un'espressione di sgomento che cercavano di nascondere il più possibile, con un sorrisetto di cortesia. Crümenerl ridacchiò tra sé: forse si era infervorato un po' troppo. Ma, del resto, cosa poteva farci? La natura era ciò che più amava e mai si sarebbe potuto contenere su questo argomento. Si affrettò però a scusarsi, per non dare una prima cattiva impressione ai nuovi conoscenti: «Scusatemi, sono un appassionato: vedete, nella vita sono un traduttore in una casa editrice di Lipsia, ma la mia vera passione è la scienza. A tempo perso, studio per prendere delle lauree negli argomenti più interessanti: per ora ho biologia marina, botanica... ah, e sapete di quella volta...»

Adesso che aveva iniziato a parlare nessuno sarebbe stato più in grado di fermarlo. Beatrice, dietro alla maschera di ingenua allegria, sogghignò, contenta di aver trovato qualcuno a cui lasciare quel tedesco logorroico: aveva in breve capito che non era certo lui che le interessava e le sarebbe stato solo d'intralcio nel compito che doveva realmente portare a termine.

«Oh, per fortuna!» Un'altra voce maschile interruppe il monologo di Crümenerl. Un nuovo passeggero, belloccio e dai folti capelli rossicci, era inginocchiato a terra con le mani rivolte al cielo, mentre parlava con un tono piuttosto alto.

Soddisfatto per aver attirato l'attenzione dei più, si tirò di nuovo in piedi, dirigendosi dalla comitiva degli altri quattro, la prima che gli passò all'occhio: «Che fortuna! Non ci crederete mai, ma stavo giusto per perdere la nave. Io e gli orologi non siamo fatti per stare insieme» affermò, tirando una sonora pacca sulla schiena a Crümenerl, quasi lo conoscesse da una vita. Poi il suo sguardo si posò sulle due belle signorine e subito cambiò atteggiamento ed espressione. Strizzò l'occhiolino all'Alberti, per poi prendere la mano di Beatrice e baciarla.
«Enchanté, ma chérie» disse, in un francese piuttosto precario. La giovane si affrettò a ritirarla biascicando un "grazie" irritato, mentre sul volto dell'altra iniziavano a comparire nuovamente saette di rabbia: questo era davvero abbastanza!

Con un colpo di tosse che segnalava il suo umore contrariato, proferì, scandendo bene ogni parola: «Sono piuttosto provata, e non siamo neanche partiti. Penso che andrò a sistemarmi nella mia cabina. Arrivederci».
Senza aggiungere altro, girò sui tacchi e se ne andò, presto seguita dall'altra giovane, che si congedò senza essere tanto fredda quanto l'aristocratica: aveva ormai inquadrato quei quattro, e ora doveva proseguire con il resto dei passeggeri. Non poteva perdere altro tempo.

«Ah, le donne!» continuò l'uomo, con un sorriso scaltro, appoggiandosi alla spalla di Matsuda con un'espansività non gradita al giapponese. «Fanno sempre così all'inizio, per farsi... desiderare. Ma poi cedono alla nostra virilità, soprattutto se la mettiamo bene in mostra». E subito ostentò il bicipite del braccio non occupato che pareva facesse scoppiare la maglietta.

«Vedo che è pratico di queste cose, signor...» disse annoiato Matsuda, dopo essersi scostato bruscamente dal giovane: ora che non c'era nemmeno quell'altezzosa della nobile a farlo divertire un po' quei momenti erano tornati a far parte del tempo perso. Non vedeva l'ora di poter lasciare quell'ozio che gli stava così stretto.

«Ma come?!» esclamò l'ultimo arrivato, quasi risentito. «Non mi avete riconosciuto? Ma sono io, l'incredibile Ferdinando Mora, il grandioso pilota di Formula Uno. Stai scherzando, amico, o non hai davvero mai sentito parlare delle mie Ferrari?»

«Veramente, no, signore: non sono un appassionato» rispose Matsuda, sottolineando il registro formale che voleva che si mantenesse tra i due.
«Impossibile! Mi chiedono autografi da tutto il mondo: mi chiamano persino "il Maestrale a quattro ruote"!» continuò Mora.

«Ma non mi dica!» si finse stupito l'altro. «Se non sbaglio però le auto da Formula Uno dovrebbero essere particolarmente veloci, no? Mi chiedo come abbia fatto ad arrivare proprio quando la nave era in procinto di partire, Maestrale a quattro ruote. Oppure è stato proprio merito della sua abilità se è riuscito ad arrivare giusto in tempo per decorare la nostra vacanza con la sua presenza?» continuò, con un sarcasmo sempre più marcato, per poi concludere, tagliente: «Be', è stato un vero piacere ma ora è tempo per me di andare a riposarmi. Arrivederci, signori».

Se ne andò anche lui, lasciando gli altri due appena allibiti dal suo improvviso cambiamento d'umore. Dopo qualche istante di smarrimento, anche Crümenerl salutò il nuovo conoscente, volendo andare a riposarsi in cabina; l'altro si avviò invece alla ringhiera del ponte, appoggiandosi a essa e ammirando il paesaggio circostante. Presi com'erano dalle loro facezie, non si erano nemmeno accorti del fatto che la nave fosse partita.

Era una splendida giornata estiva, una bella vacanza stava per iniziare e nulla sarebbe potuto andare storto.

~

Spazio autrici.
Ecco a voi l'inizio vero e proprio della storia, in cui conosciamo i nostri protagonisti: come vi sembrano a primo impatto? Che dire ancora, questo è un capitolo molto introduttivo ma vi promettiamo che già dal prossimo inizieranno a succedere alcune cosine: mi raccomando, state ATTENTI a cosa accade, che abbiamo già messo diversi indizi, hihi.
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto (per quanto sia meglio questa revisione che quello vecchio, il prosieguo assicuriamo che è molto molto meglio), vi salutiamo (:
~🐼🐢

P.s. fateci il piacere di non leggere Beatrice come si legge in italiano 😂

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