Capitolo 12

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STRANO ACCORDO

I due uscirono dalla stanza e si avviarono lungo i corridoi bui dell'edificio abbandonato, dove il silenzio era rotto solo dallo scricchiolio dei loro passi sul pavimento polveroso. Una volta fuori, Maximilian si voltò verso Steven con un'espressione cupa. 

«D'ora in poi tutti i nostri incontri per l'allenamento si sveleranno in questo posto di notte, così non desterai nessuno sospetto agli occhi degli altri e soprattutto della signora Cruise con i suoi marmocchi», disse con voce bassa, quasi minacciosa.

Steven alzò un sopracciglio, «Come sai della signora Cruise e dei ragazzini?».

«Ho assistito alla 'piega di gruppo'», provocò Maximilian, riprendendo le parole di Margaret.

Steven arretrò leggermente, sorpreso, «Quindi ci hai spiato?!».

Maximilian rise sarcasticamente, «Spiato è una parola grossa. Direi più che ho avuto la fortuna di assistere a una scena interessante, ho visto anche come il buffone si è tinto di nero e ti ho seguito fino alla villa, secondo te dovevo farmi vedere?».

Steven aggrottò la fronte, sentendosi sempre più a disagio, «Beh, non proprio, ma questo certamente non è molto rassicurante ed educato da parte tua, carissimo», commentò.

Maximilian si avvicinò a Steven, col sorriso sornione dipinto sul volto.

«Ah, la gentilezza non è mai stata la mia specialità», ammise con un'aria di sfida.

Steven lo fissò con sospetto, «Lo vedo, quindi perché dovrei fidarmi di te?».

«Perché, caro Steven, abbiamo un obiettivo comune», rispose Maximilian.

«E credo che tu sappia quanto sia importante raggiungerlo», aggiunse, piantando lo sguardo negli occhi dell'altro.

Steven abbozzò una risatina, mormorando appena, «Io ti piaccio, lo so».

«Non dire cazzate. In ogni caso non sono mai stato innamorato quindi avrei anche bisogno di una dritta per potermi confessare a Margaret. Lei crede che io sia stato solo attratto dal suo alter ego Renata Bauer per poi abbandonarla, ma sono dovuto andar via...», disse con un sospiro.

Steven annuì, mantenendo un piccolo ghigno malizioso sulle labbra. 

«Capisco. Margaret è una ragazza forte, ma anche sensibile. Forse dovresti essere sincero con lei, spiegare le tue ragioni e dimostrarle quanto realmente ti importi di lei», suggerì con empatia.

«Sei sordo?! Ti ho appena detto che non ne sono capace! Perché allora tu non mi insegni come conquistarla mentre io insegno a te a diventare un assassino? Mi sembra uno scambio equo, no? Magari, vista la tua... omosessualità... posteresti far finta di essere Margaret...», disse Maximilian.

Steven rise, stuzzicando, «Vuoi metterla così? Come un gioco da adolescenti? Sei maturo, Max?».

Maximilian scosse la testa con un sorriso ironico, «Oh, non mi fraintendere, non sto suggerendo di giocare con i sentimenti di nessuno. Sto solo cercando un modo per risolvere questa situazione in modo che entrambi otteniamo ciò di cui abbiamo bisogno».

Il corvino rise di nuovo, «Bugiardo! E comunque non posso. Dopo tutto quello che ho fatto con Charles sono stato messo in libertà vigilata da Jackson, perciò...».

«Come se ti avessi chiesto di essere mio marito, eh? Non ti eccitare assai, non sono interessato a te e non voglio avere a che fare con te nel letto, semmai ho solo chiesto per un piccolo aiuto...», mormorò Maximilian con le braccia incrociate al petto e il volto leggermente rosso.

«Quindi non eri tu a mettere i mi piace a tutte le mie foto sui socials?», provocò Steven.

Maximilian girò il capo di lato, per evitare lo sguardo dell'altro.

«È una cosa diversa, ammiravo solo la tue bellezza quando mio padre diceva che ero io...».

«Basta! Mi hai scocciato e ho sonno. Portami a casa e ci vediamo domani notte», lo interruppe Steven alzando la mano in alto, «Sarà interessante però, essere allenato da te...».

«Sei sempre così diretto, Stuart. Ma va bene, ti porterò a casa», disse Maximilian, accettando la richiesta con un'aria di rassegnazione.

In seguito, dopo averlo fatto entrare nella sua auto e accompagnato alla villa Cruise, Maximilian scese dall'auto e fermò Steven davanti alla porta, «A domani sera, allora».

Steven ghignò giocosamente, «Sì, non vedo l'ora. Sarà divertente, immagino».

Maximilian sospirò, guardandolo con irritazione. Nonostante tutte le loro differenze, c'era qualcosa in Steven che non riusciva a ignorare, come il suo modo di comportarsi, il portamento sicuro e quel pizzico di malizia che lo incuriosiva maggiormente.

«Fidati di me, sarà un'esperienza indimenticabile», disse poi con un sorriso sarcastico, prima di voltarsi e allontanarsi per riavvicinarsi all'auto ed entrarci.

E proprio quando la mise in moto, il suo telefono squillò dalla tasca dei pantaloni.

«Signor Varuso? Sì, ho appena parlato col mio acquirente, dovrà aspettare molto per la droga».

L'uomo dall'altro capo della linea sospirò rumorosamente.

«Hm, non mi convinci ancora tanto, perciò credo che ti manderò un partner per lavorare con te. Non mi piace quest'attesa e so che la droga è stata smantellata tutta. Hai esattamente ventiquattro ore per portarmi anche la dose più minima, o raggiungerai i tuoi genitori nell'altro mondo, hai capito bene, Max?», lo riprese l'uomo con serietà.

Maximilian deglutì, agitandosi, «C-certo, non la deluderò!», esclamò e chiuse la chiamata.

«Diamine! E adesso dove la vado a trovare un po' di G. V.?!», domandò a sé stesso.

«Ah, so io dove andare!», pensò, accendendo il motore dell'auto e dirigendosi a Enigley, verso la casa di Brandon Torres, il fratello di Simon Torres, il padrino di Tommaso Davanti.

Quando Maximilian raggiunse la casa nella periferia della città di Enigley, scese dall'auto e si diresse lentamente all'ingresso, bussando alla porta.

L'uomo che aprì era alto e robusto, con gli occhi scuri fissi su Maximilian con un'aria sospettosa.

«Sendel... l'ultima persona che non volevo vedere è qui, davanti a me...», sbottò, scontroso.

«Lo sai benissimo che non è stato mio padre a far uccidere tuo fratello, bastardo», sibilò Maximilian con i denti stretti, restando lontano dall'uomo per una questione di sicurezza.

Brandon sospirò, «Allora cosa vuoi alle tre del mattino? Spero sia urgente».

«Varuso mi ha in pugno adesso e vuole la G. V., e io so che tu ne hai ancora, Torres».

Brandon si irrigidì all'udire il nome di Varuso e con un'espressione tesa, fece un cenno ad Maximilian di entrare, chiudendo la porta dietro di loro.

«Dentro», disse con voce cupa, indicando con un gesto la direzione del soggiorno.

Maximilian lo seguì nel soggiorno, osservando con attenzione l'ambiente circostante mentre camminavano lungo il corridoio. La casa di Brandon sembrava tranquilla, ma c'era un'aura di tensione che non riusciva a ignorare.

Una volta nel soggiorno, Brandon si sedette su una poltrona consumata, «Quindi, Varuso è tornato a farsi vivo», disse con voce grave, incrociando le mani sulle ginocchia.

Maximilian si accomodò su un divano di fronte a lui e annuì, «Sì, e questa volta è più determinato che mai, specialmente per la perdita di Paolo Davanti... Ha minacciato di fare del male a me, agli investigatori della Smith & Co e così via... E se non riesco a procurargli la G. V. entro ventiquattro ore...», si fermò e mimò il gesto di tagliare la testa.

Brandon osservò Maximilian con uno sguardo cupo, e sospirò profondamente, alzandosi dalla poltrona e andando verso un armadietto nascosto dietro un vecchio quadro.

«Hai idea di quanto sia rischioso quello che stai chiedendo? Potrei finirci io di mezzo!»

Maximilian sospirò, «So quel che faccio, e onestamente, tu sei il fratello dell'assassino di George Smith, di cosa ti preoccupi? Non fare il deficiente...».

Brandon sospirò di nuovo, aprendo l'armadietto e tirando fuori una busta abbastanza grande piena di Giovane Vecchiaia versione 3. 2, dopodiché la porse a Maximilian, «Questa probabilmente se non per certo è l'ultima busta rimasta, fanne buon uso».

Maximilian rise senza dira una parola, poi congedò l'uomo e uscì dalla casa.

«Arrivo, Varuso, arrivo», pensò tra sé.

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