Capitolo 14

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LE SIGARETTE

Il sole era appena sorto e la nebbia mattutina si dissipava lentamente mentre il gruppo lasciava la villa Cruise, dove la giornata si prospettava lunga e faticosa.

Il gruppo si divise nelle tre auto. Jackson, Margaret e Steven nella macchina di Jackson, Vittorio e Adriano salirono in quella di Faust, mentre Carlo, Tommaso, Edoardo e Charles si sistemarono nella Mercedes di Carlo. Senza perdere tempo, si diressero verso la Eagle's Tobacco, la vecchia tabaccheria situata ai margini della città indicata dal signor Brown.

Arrivati a destinazione, parcheggiarono le auto a poca distanza l'una dall'altra e si riunirono rapidamente per un ultimo controllo. Intanto, la Eagle's Tobacco, con le sue vetrine polverose e l'insegna scolorita, emanava un'aura di mistero che li mise tutti in guardia.

Jackson prese la parola, mantenendo il tono autoritario, «Ok, ci siamo. Dividiamoci in due gruppi. Margaret, Steven e Faust, voi entrate per primi e fate un giro all'interno. Io, Carlo, Tommaso, Charles ed Edoardo aspetteremo qui fuori per osservare eventuali movimenti sospetti. Vittorio e Adriano, voi monitorate l'esterno, nel caso ci fossero sorprese».

Margaret annuì, «Va bene. Cercheremo di essere il più discreti possibile».

Il primo gruppo entrò nella tabaccheria con nonchalance, fingendo di essere clienti occasionali. Margaret si diresse verso il banco, dove un uomo sui sessantott'otto anni coi capelli rossi e l'aspetto giovane stava sistemando alcuni pacchetti di sigarette. Faust cominciò a esplorare il negozio, osservando attentamente ogni dettaglio, mentre Steven cercava di individuare un momento adatto per allontanarsi e chiamare Maximilian.

«Buongiorno, sto cercando delle sigarette particolari, ma non ricordo il nome. Forse può aiutarmi?», disse Margaret, rivolgendosi all'uomo dietro il banco.

L'uomo alzò lo sguardo, fissandola attentamente, «Buongiorno, signorina. Certo, posso aiutarla. Che tipo di sigarette cerca?».

Margaret descrisse vagamente il tipo di sigarette che le venne in mente, cercando di allungare la conversazione per permettere a Steven e Faust di esplorare meglio il locale. Steven notò una porta sul retro e si avvicinò, cercando di non attirare l'attenzione.

Nel frattempo, fuori dalla tabaccheria, Jackson e gli altri osservavano attentamente l'ingresso e i dintorni. Carlo, Tommaso, Charles ed Edoardo scrutavano ogni movimento, pronti a intervenire se necessario. Vittorio e Adriano si erano posizionati in modo strategico per coprire entrambi i lati dell'edificio, mantenendo uno sguardo vigile su ogni passante.

All'interno, Steven riuscì a intravedere un corridoio oltre la porta sul retro, poi, con cautela, aprì la porta e si infilò all'interno di esso camminando silenziosamente. Dopo aver raggiunto una stanza piena di scaffali colmi di documenti vecchi, ne chiuse la porta alle sue spalle ed estrasse il telefono per comporre il numero di Maximilian, sperando che rispondesse al primo tentativo.

«Steven, finalmente. Stavo aspettando la tua chiamata», disse Maximilian con un tono serio.

«Sì, scusa il ritardo. Sono impegnato con l'indagine. Cosa volevi dirmi?», chiese Steven.

«Ci sono delle cose che devi sapere riguardo il mio contatto per la droga. L'ho trovato, è Brandon Torres, il fratello di Simon, ma preferisco raccontarti tutto stanotte. Fatti trovare all'una e un all'ingresso principale della villa Cruise», rispose Maximilian.

«Va bene, sarò lì».

Steven chiuse la chiamata e, mentre usciva, notò un fascicolo interessante su uno degli scaffali. Lo prese e lo infilò rapidamente sotto la giacca, poi tornò nel negozio principale, notando che l'uomo dietro il banco continuava a parlare con Margaret.

«Tutto bene qui?» chiese mentre si avvicinò con ansia, cercando di mantenere la calma.

L'uomo lo fissò, scuotendo la testa, «Sì, tutto bene, però non capisco cosa voglia la tua amica. Le sigarette che cerca non le ho, quindi credo sia meglio che andiate».

Margaret sbuffò, poi fece un cenno a Faust, «Va bene, grazie. Arrivederci».

I tre uscirono dalla tabaccheria e raggiunsero Jackson e gli altri. Steven tirò fuori il fascicolo e lo mostrò a Jackson. «Ho trovato questo. Spero contenga qualcosa di utile».

«Va bene, diamogli un'occhiata», disse Jackson, prendendo il fascicolo in mano ed esaminandolo con attenzione, «Nulla di utile qua dentro, sono solo le descrizioni degli ordini della merce, non serva a nulla».

Carlo rubò il libretto dalla mano di Steven, «Scherzi, vero! Sarebbe un bingo se ci fosse il nome di James Brown! O... non lo so! Io faccio il meccanico di mestiere e la mia amata officina la ha David! Quindi cosa vuoi sapere da me? Tommy, entriamo ed estorciamo informazioni da quel vecchio a modo nostro!», sbraitò, mimando una pistola.

«Carlo...», lo riprese Tommaso, posando la mano destra sulla sua spalla.

«Non fare l'imbecille. Vuoi di nuovo metterti nei guai? Basta uccidere gente», aggiunse in seguito con un leggero sussurrò vicino al suo orecchio.

Carlo percepì un veloce brivido correre lungo tutto il corpo, poi respirò profondamente, cercando di placare l'impulso impulsivo che lo aveva invaso all'inizio.

«Hai ragione, Tommy. Scusa», mormorò, abbassando lo sguardo in segno di pentimento.

Tommaso gli acchiappò il mento e lo baciò velocemente, «Entriamo e vediamo di capire qualcosa senza usare la violenza, per una volta. Possiamo farcela, mio dolce Re Carlo».

Carlo sorrise lievemente al gesto del fratellastro, «Grazie, Tommy. Quanto ti amo...».

I due entrarono nella tabaccheria con disinvoltura, e il signore al banco li osservò con un'aria sospettosa, come se li riconoscesse da qualche parte. I suoi occhi iniziarono a correre, da un volto all'altro, fino a fermarsi su Carlo con un'espressione di riconoscimento.

«Voi due... vi conosco... siete i Davanti, figli di Paolo e Caterina, che ci fate qua?», domandò.

Carlo e Tommaso scambiarono uno sguardo rapido, sorpresi, «Sì, siamo i figli di Paolo e Caterina Davanti», rispose Tommaso, cercando di mantenere la calma nonostante la sorpresa.

«Ah...», l'uomo si interessò alla conversazione, «Ho saputo che avete evitato la galera perché avete vuotato il sacco dopo la morte di vostro padre Paolo. Un evento migliore non poteva accedere, giusto? Anche se, si gira voce anche a Mistown riguardo a gente che preferirebbe vedere il vostro ritorno in Italia... c'è una porzione di persone in questa zona dell'America a cui non piacete proprio tanto...».

Tommaso sollevò entrambe le sopracciglia, «Sarebbe strano trovare a chi piacciamo, signor?».

«Vito Davanti, ragazzi. Non ci siamo mai visti, ma in teoria dovrei essere vostro zio. E so che mio nipote ha ucciso mio fratello due volte, ne sono più che grato, Carlo. Ti ringrazio», disse l'uomo.

Carlo e Tommaso rimasero senza parole di fronte alla rivelazione dell'uomo dietro al banco.

«Vito Davanti...», ripeté Carlo, cercando di elaborare la notizia, «Non sapevamo di avere uno zio qui negli Stati Uniti. È una sorpresa incontrarti a Mistown e non a Enigley».

Tommaso guardò Carlo, era evidente che questa rivelazione lo stava sconvolgendo più di quanto potesse immaginare.

Vito Davanti sorrise, ma c'era una vaga tristezza nei suoi occhi, «Sì, lo immaginavo. Paolo non parlava molto della sua famiglia qui, e dopo la sua morte, le cose sono diventate più complicate. Ma sono felice di vedervi. Ditemi allora, quei ragazzi di prima sono i vostri colleghi?».

Tommaso annuì, «Sì. Uno sconosciuto James Brown ci ha indicato di venire qui. Se sai del caso delle sparizioni, saprai che alcuni tuoi clienti sono stati uccisi e tutti compravano...».

«Le Silver Fog, note per il loro tabacco di alta qualità e il filtro innovativo che promette un'esperienza di fumo più pulita e morbida... Sono entrato e uscito dal registro degli indagati di quel merdoso per puro miracolo provando la mia innocenza!», sbuffò Vito.

«La cosa si fa molto interessante, caro zio...», disse Tommaso, abbassando lo sguardo.

Carlo poggiò il gomito destro sul bancone, «Sai qualcosa di Brown?».

«Non molto, ma qualcosa posso dirvela», rispose Vito.

«Siamo tutt'orecchi», disse Carlo, ghignando.

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