Il Rifugio dei Ricordi

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"Una volta nel bosco percorri ottanta passi in avanti lasciando che il coraggio investa; gira poi attorno alla grande quercia, finché non ti sentirai girare la testa. Una volta ripreso il controllo percorri altri venti passi oltre il ponte, facendo attenzione che su di te non si posi l'occhio del malvagio Conte. Continua sempre dritto senza paura perché, una volta arrivati al rifugio, per i tirapiedi del nemico sarà assai vita dura."

La banale filastrocca venne canticchiata e pronunciata più volte dalle labbra di un giovane uomo, in procinto di attraversare il vasto bosco con nient'altro che il suono dei propri passi a calpestare le foglie cadute sul sentiero. Jay era il suo nome, e la filastrocca era stata creata da lui quando era bambino per ricordarsi la via in una precisa locazione, senza la preoccupazione di perdersi nel bosco.

Le fronde degli alberi erano talmente in alto da sembrare che potessero sfiorare il cielo, sfumandone l'azzurro con il verdastro fogliame; la loro ombra, combinata all'umidità trattenuta nel terreno per via di una pioggia ormai passata, ricopriva il percorso boschivo lasciando un temperamento leggermente freddo. In completo contrasto con la cocente stagione Estiva.

Una volta percorsi tutti i passaggi Jay si ritrovò davanti a uno spiazzo. Sul terreno, vari rametti e segni di segatura, in un miscuglio di colore, sembravano aver dato vita a un rotondo tappeto color castagnino; completamente pulito, senza rovi o cespugli nel suo mezzo. Gli alberi, con la loro maestosità, erano posizionati in modo da accerchiare quel pezzo di terra circolare rendendo il posto un unico punto isolato in mezzo a tutto il resto del bosco.

In mezzo allo spiazzo v'era il pezzo forte di quella piccola meraviglia naturale, non che l'ultima linea di difesa dal potente Conte Malvagio; una costruzione in legno simile a una casetta, composta da tronchi di svariate lunghezze e dimensioni, rialzata da terra da un'impalcatura, anch'essa di legno, per tenere lontane le bestie notturne.

L'unico modo per accedere al vecchio rifugio era una scala, dall'imprecisa geometria dettata dalla costruzione sbilenca del corrimano.

Con sorriso nostalgico Jay osservò la vecchia costruzione del rifugio, notando come quest'ultimo fosse stato ormai, negli anni, ricoperto dal muschio e da alcune ragnatele negli angoli.

Equipaggiato con uno zaino arancione e degli abiti in jeans, indossati per la fretta di raggiungere il posto e contrastare il freddo boschivo, il giovane uomo fece alcuni passi verso la scala.

Ogni gradino scricchiolò alla pressione del suo peso e il corrimano non fece altro che traballare per tutta la sua salita, lasciandogli il flebile timore che il tutto avrebbe potuto cedere da un momento all'altro.

Ma così non fu.

Una volta arrivato in cima alle scale controllò l'interno dalla finestrella, vicino alla porta; dallo spiovente tetto umidiccio i raggi del sole filtravano attraverso gli spiragli e i buchi del legno consunto, illuminando così il ristretto spazio dell'interno della casetta.

Nessuno era presente all'interno, né animali o umani.

Con un accenno di delusione, inalando il profumo del muschio e legna bagnata, Jay aprì la porta ed entrò.

Esattamente come l'esterno, l'interno si presentava vecchio e usurato, completamente spoglio, senza mobilio e con alcune assi di legno marcito a rendere l'atmosfera più decadente e vuota.

Jay procedette a passo sicuro, non potendo sapere se il pavimento legnoso sotto i suoi piedi, costantemente cigolante, avrebbe retto. Non che al momento fosse la sua attuale preoccupazione dato che altri problemi più angoscianti, già prima di uscire da casa, turbinavano nella sua testa; l'unica cosa che avrebbe potuto dispiacergli sarebbe stato danneggiare ulteriormente il rifugio, ma il pensiero di una propria possibile caduta non lo turbò più di tanto.

Posò lo zaino a terra e si sedette in un angolo, aspettando.
La noia prese presto il sopravvento, ma un fiume di ricordi iniziò a scorrere nella sua memoria per lavar via i tediosi minuti d'attesa.

***

Da bambino si ritrovava sempre in quella casetta a giocare, inventando avventure e nemici da poter sconfiggere, diventando così un eroe invincibile senza macchia e paura.

Il malvagio Conte però, acerrimo nemico delle sue gesta, non era stata una sua idea.

I suoi pomeriggi all'interno del rifugio li passava giocando con Penny, la figlia di una coppia di dottori dalle distinte competenze; era stata lei a inventare
la minaccia del malvagio Conte associandolo come un adulto cattivo e noioso, che voleva togliere la felicità a tutti i bambini; sarebbe sempre stato compito suo e di Penny sconfiggerlo, riportando così la felicità nella vita dei bambini tristi e soli.

Col senno di poi, riflettendo attentamente, Jay si rese conto che forse il "Conte cattivo" non era altro che una proiezione dell'amarezza di Penny verso i suoi genitori, dato che il più delle volte erano talmente impegnati da non poterle dedicare attenzioni, lasciandola così alle cure di una sua zia.

Ma quando la donna accompagnava la nipote nel bosco a giocare con Jay, entrambi entravano in un mondo fantastico e avvincente dove l'avventura sembrava non finire mai; i giorni si susseguivano di meraviglia ed emozioni, senza le preoccupazioni dei noiosi adulti.

Lui voleva tanto bene a Penny. Era la sua migliore amica, la sua spalla eroica. E durante la loro adolescenza, diventò la sua prima cotta.

Eppure...

***

"Ma se si cresce, perché tutto deve cambiare? Non poteva rimanere tutto uguale a prima!?"

Si era domandato costantemente negli anni il giovane uomo.

Ritornato al presente si abbracciò le ginocchia e nascose la testa, lasciando che il suo cuore si gonfiasse di rammarico e gli occhi di lacrime.

Ricordava bene quei giorni adolescenziali, dove capì finalmente di provare qualcosa di più della semplice amicizia per Penny.

***

Il rifugio, dapprima utilizzato per far giocare due bambini a fare gli eroi, era in seguito divenuto un luogo d'incontro dove lui e Penny restavano a parlare per ore di sogni, ambizioni, paure e speranze per il futuro; un futuro dove, con un reciproco bacio sulla guancia, si erano ripromessi che sarebbero stati sempre presenti entrambi, l'un per l'altro.

Ma quanto può essere fedele e forte la promessa di due giovani cuori immaturi?

***

Nell'Estate dei suoi quattordici anni, Penny si traferì all'estero a causa del lavoro dei genitori.

Lasciandolo indietro...

Tra le lacrime della dolorosa separazione Penny, prima di prendere l'aereo, lo aveva abbracciato sussurrando uno speranzoso:

"Tornerò, quando sarò abbastanza adulta per decidere da sola. Il Conte cattivo non m' influenzerà."

Continuarono così a scriversi per tre anni, scambiandosi lettere e raccontando i loro aneddoti tra cui nuove conoscenze e amicizie; anche nuove possibilità di studi, dato che Penny aveva deciso di seguire la strada lavorativa dei propri genitori.

Col tempo però le lettere della ragazza iniziarono a essere più brevi, dalle parole scarne e poco curate, come se avesse fretta di concludere la scrittura per dedicarsi ad altro; di tanto in tanto arrivò al punto da scordarsi di rispondere alle lettere di Jay...finché poi non smise completamente.

Eppure, anche se erano passati due anni dall'ultima lettera, lui continuava ad aspettare...

***

"Aveva promesso..." Mormorò tristemente il giovane uomo a se stesso.

Aveva scelto quel particolare giorno, per tornare al rifugio, perché si trattava dell'anniversario della partenza di Penny; in cuor suo, la parte più infantile di lui, aveva sperato di rivederla proprio lì.

Per un lieto fine da fiaba, come quelle che adoravano ascoltare entrambi da bambini...

Ma Penny non c'era. E non sapeva nemmeno se sarebbe arrivata.

Essendosi preparato il necessario nello zaino arancione, Jay restò a dormire in quella casetta di legno traballante per due giorni.

Sempre aspettando.

Sempre sperando.

Ma il volto di Penny, che forse col senno di poi nemmeno avrebbe saputo riconoscere dopo tutti quegli anni, non si presentò mai.

Da lì le parole di sua madre fecero capolinea, rimbombando nella sua testa come una campana suonata alle prime luci dell'alba.

***

"Il mondo degli adulti funziona in modo diverso; devi pensare al tuo futuro."

"L'università è in un'altra città, mi ci dovrei trasferire! E se Penny dovesse tornare senza trovarmi qui??"

"Caro...Penny è andata avanti con la sua vita, altrimenti avrebbe continuato a scriverti... o sarebbe venuta a trovarti. Non è detto che le vostre strade non si incrocino di nuovo un giorno. Ma vuoi continuare ad aspettarla invano? Anche tu devi andare avanti."

Andare avanti...

***

La seconda mattinata, come se il tutto fosse stato un breve viaggio verso la realizzazione, Jay uscì dalla casetta di legno con lo zaino in spalla, molto più alleggerito rispetto al suo arrivo.

Così come ora lo era anche il suo cuore.

Con un sorriso amaro ma sollevato, guardò verso il rifugio.

Quello era stato: un luogo d'infanzia e bei ricordi.

Ma finalmente, essendosi messo il cuore in pace col passato, lo vide per quello che era nel suo presente: una vecchia struttura di legno traballante, sperduta in mezzo a un bosco a fare da incantevole sfondo al verde selvaggio.

"Tutto sommato è stata una bella avventura. Ho passato dei meravigliosi momenti che posso comunque conservare dentro di me, ricordandoli per sempre.
Ma ormai, il rifugio e Penny sono solo questi: ricordi."

Decisosi a non lasciarsi incatenare al suolo da vane promesse passate, Jay si avviò verso il sentiero per uscire dal bosco.

Si lasciò così alle spalle il ricordo di un amore passato che, già oramai, era stato usurato dalla distanza e dal tempo.

Proprio come il rifugio dei ricordi.


Ringrazio I membri del MaidireTEAM per la splendida opportunità!

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