40 - A Midnight Stolen Dream

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«Allora? Ti è piaciuto?»

«È stato bellissimo! Cazzo, avevi ragione!»

«Lo so.»

Erano stravaccati sulle due estremità del divano del salotto, i gomiti sui braccioli, le gambe che si sfioravano al centro. Jem era stato l'ultimo a parlare; prese il telecomando e tornò alla home della smart tv.

Avevano appena finito di guardare La leggenda del pianista sull'oceano.

«È una storia incredibile, mai visto nulla del genere! E poi la musica, gli attori... ne è valsa la pena» ammise il biondo tradendo una nota d'emozione nella voce mentre si stiracchiava. «Ora capisco perché piacque tanto al piccolo Jem.»

Jem annuì, soddisfatto di aver mostrato a Dan la trasposizione di quella storia che tanto l'aveva appassionato. L'orologio digitale sul grande schermo segnava la mezzanotte. Dopo aver constatato che le attenzioni del suo padrone erano rivolte altrove, Napoleone si era presto rassegnato e ritirato nella sua cesta al piano di sopra, non senza aver prima rivolto un'occhiata assassina all'intruso usurpatore.

«Carino da parte tua invitarmi a vedere il tuo film preferito» rilanciò Dan, muovendo una gamba contro la sua. Lo sguardo di Jem corse lungo il corpo del ragazzo all'altro capo del divano: la luce bianca si rifletteva su di lui, creando uno stacco tra i contorni del suo fisico muscoloso e il buio circostante.

«Non c'è di che, non mi stanco mai di vederlo. Lieto che ti sia piaciuto. Se ti va, potremmo organizzare altre serate del genere» propose.

L'altro sollevò gli angoli della bocca. «Che genere? Netflix and chill?» lo provocò. «Attento a quello che proponi: non vorrai illudermi!»

«Illuderti?» Jem si raddrizzò sullo schienale, imitato da Dan.

«Ok, Jem, andrò dritto al sodo: questa situazione comincia a starmi stretta. Non voglio dire che il nostro flirt segreto non mi intrighi ma, ammettiamolo, è solo un finto idillio. Non posso fingere che tu abbia voltato pagina. Non so neanche se hai intenzione di farlo, a dir la verità. E non posso neanche pretenderlo.»

«Dan, io...»

«Tu stai ancora con Sara» completò Dan per entrambi. «Credi l'abbia dimenticato? Ok che non vi parlate da giorni, ma non vi siete mai lasciati, o sbaglio? Mettiamo che domani lei torna da te e fate pace. Che ne sarà di me? Te lo dico io: verrò liquidato come un incidente di percorso. Non sarebbe la prima volta» aggiunse in un basso sussurro. La luce lattiginosa dello schermo tagliò ombre nette sul suo volto corrucciato.

Jem strinse le labbra e si girò nervosamente tra le dita i lacci della felpa nera che indossava. Ripensò a quello che Dan gli aveva raccontato e alle conseguenze della fallita storia con Henry che aveva pagato sulla propria pelle. Si domandò se, dopo Henry, avesse mai consentito a qualcuno di avvicinarsi al suo cuore.

In quel momento, si rese conto di quanto poco conoscessero l'uno dell'altro; di quanto lecito fosse il suo timore di mettere in campo i sentimenti senza certezze dall'altra parte.

Non voleva deluderlo anche lui.

«Non succederà» lo rassicurò, serio in volto. Poi proseguì con la parte che gli richiese lo sforzo maggiore. «Tu mi piaci, Dan. Mi piaci da morire. Non vorrei mai vederti soffrire, né tantomeno dimenticarti.»

Dan lo squadrò con diffidenza, alzò gli occhi al soffitto ed emise uno sbuffo cinico, come a dire: "questa l'ho già sentita".

«Se ti piaccio così tanto, perché non hai ancora chiuso con Sara? Niente di personale contro di lei, ma capiscimi. Non mi va di portare avanti una relazione clandestina. Anche tu mi piaci e vorrei non doverlo nascondere. Sono stufo di nascondermi.»

«Hai ragione» fece Jem dispiaciuto. «Io ci sto provando, ma non è facile. Siamo nati letteralmente insieme.»

«So che non è facile, ma so anche che Sara è una persona intelligente. Sono certo capirà. A proposito, sei riuscito a parlarci?»

«No, ma c'è riuscito Andrew. L'ho sentito poco fa: le ha detto di noi e pare che, alla fine, abbia acconsentito a vedermi. Finalmente potrò dirle di persona cosa penso.»

«Cioè cosa?» lo spronò Dan inarcando un sopracciglio.

«Che tra noi è finita.»

«Sicuro?»

«Sicuro.»

«E poi?»

Jem sollevò un sopracciglio e squadrò con interesse il biondo stravaccato sul divano a pochi centimetri da lui. Sentì una fitta di desiderio accenderglisi dentro, unita al bisogno di averlo più vicino. Si allungò sul suo corpo come un gatto e tese il collo per posare un languido bacio sulle sue labbra imbronciate.

«E poi, che sei bellissimo.»

«Che c'è, fai il ruffiano per zittirmi?» domandò Dan senza muovere un muscolo.

«Ci provo» sorrise malizioso l'altro, intrufolando furtivo le mani sotto la sua maglia. «Non sarò bravo quanto te...» fece allusivo, lasciandogli piccoli baci e morsi sul collo che lo fecero vacillare.

«Mmm... che hai detto?» gemette il biondo mentre sentiva le dita sottili e leggere di Jem accarezzargli il petto e seguire le linee scolpite lungo l'addome. Tra sensuali carezze e concitati sospiri, cinse i fianchi di Jem e lo invitò a stendersi supino sul divano. Affondò una mano tra i suoi capelli scuri e lo guardò negli occhi per alcuni interminabili secondi, prima di chinarsi per baciarlo con passione.

L'eccitazione gli infiammò le guance e tolse il fiato. Sentì il peso del corpo di Dan addosso, ne assorbì il calore e il profumo inebriante; la sua carica erotica era così forte da fargli girare la testa.

Il battito del suo cuore subì un'impennata quando la mano di Dan indugiò sull'apertura dei suoi jeans. Col fiato corto, Jem riprese il bacio laddove l'altro l'aveva interrotto, lasciandogli intendere che non l'avrebbe fermato. Dan allora continuò a baciarlo con ardore, mentre le dita scostavano il bordo della felpa e sfioravano con studiata lentezza la pelle del suo basso ventre. Un istante dopo, Jem sentì la mano di Dan scivolare dentro e cominciare a muoversi sulla sua intimità. Reclinò il capo, chiuse gli occhi e si abbandonò al piacere provocatogli dal suo tocco.

Tutte le preoccupazioni svanirono per lasciare posto a un turbinio di emozioni nuove e sconvolgenti che lo mandarono in estasi.

Nella penombra della stanza, lui gli aveva accarezzato il viso, esitante, soffermandosi su ogni sua spigolatura: zigomi, mascella, mento, labbra. Non l'aveva mai toccato in quel modo, eppure non gli era dispiaciuto. L'aveva lasciato fare, finché non aveva sussultato nello scoprire che l'aveva baciato.

No, non poteva averlo baciato sul serio. Loro erano amici, e gli amici non si baciavano così. Non era possibile, non era vero. Eppure era lì, vero e tremante come lo era lui, la consapevolezza di ciò che aveva fatto negli occhi. Per confonderlo ancora di più, l'aveva baciato ancora, con crescente coraggio e trasporto.

Perché lo stava baciando?

Cosa stavano facendo?

Non riusciva a credere che anche lui lo stesse baciando e abbracciando. Era come se il suo corpo avesse reagito in automatico. Forse non c'era un motivo, forse doveva succedere e basta. Era strano e bello al tempo stesso. Erano sempre stati uniti, ma mai a un livello così intenso, così corporeo. L'alcol li aveva resi disinvolti, l'eccitazione era stata immediata e reciproca. Gli parve di vedere le loro bocche cercarsi avide e le mani stringersi forte, come fosse la prima e ultima volta.

La prima e ultima volta.

La testa minacciò di scoppiare mentre odori e sapori gli si mescolavano dentro in un vortice indistinto. Ebbe la sensazione di sentire la sua voce sussurrargli una frase confusa all'orecchio, prima di perdere il contatto con le sue mani...

Lo stava perdendo, e non voleva.

Voleva restare con lui per sempre.

Per sempre.

Un gemito spontaneo uscì dalla sua bocca.

Un nome.

Quattro lettere.

Un sogno rubato alla notte che strappava la trama dei ricordi e perforava la realtà con la violenza di un macigno.

La magia s'infranse.

Il paradiso si disintegrò come una scenografia di cartone.

Dan si staccò da Jem, colpito dall'onda d'urto di una rivelazione che faceva troppo male per essere vera.

«What...?»

La sua domanda, stravolta e incompleta, ruppe il silenzio per prima.

Jem sollevò le palpebre, stordito dall'improvviso vuoto sopra di sé; di fronte a lui, due occhi increduli e sgomenti. Prima che potesse realizzare quanto accaduto, Dan aveva abbandonato il divano e acceso la luce. Il suo viso era attonito e incolore.

Allora, Jem realizzò con orrore cos'era successo. Cos'aveva visto. Cos'aveva detto.

Il mondo gli crollò addosso.

Tentò tutto tremante di ricomporsi e vacillò ancora stordito verso un Dan sotto shock.

«You can't do this to me... You can't!» scuoteva incredulo il capo e percorreva la stanza in lungo e in largo. «Tu stavi... stavi pensando a lui mentre io... mentre noi...» aggiunse con voce instabile, incapace di proseguire oltre.

«N-no, Dan, aspetta! Non è così! Non intendevo assolutamente...» provò a scusarsi impacciato, lottando contro un forte mal di testa che gli impediva di ragionare.

«Are you fucking kidding me?!» gli urlò contro Dan furioso, gli occhi lucidi. «Abbiamo sentito entrambi cos'hai detto. Non mentirmi, Jem, non ti azzardare a mentirmi!» inveì puntandogli il dito contro prima di dargli le spalle e recuperare la giacca all'ingresso.

«Cazzo, Dan, io non voglio mentirti, ma... non è come pensi! È stata una reazione incontrollata, i-io non mi sono reso conto! Non so cosa mi è preso, perché ho detto il suo nome. Ti prego, devi credermi» Jem gli afferrò il braccio, nel disperato tentativo di placare la sua ira.

«Damn, what the hell is wrong with you?» sbottò Dan indignato, allontanandolo con uno strattone.

«Non lo so! Sul serio, non so che mi è preso» si giustificò Jem portandosi le mani ai capelli e sentendosi un mostro.

Gli sembrò di precipitare nel peggiore dei suoi incubi. Era diventato il peggiore dei suoi incubi.

«Ah sì? Lo so io che ti è preso. In realtà, è piuttosto chiaro, non credi?» gli rinfacciò Dan allargando le braccia. «Beh, indovina un po'? Io non sono Will!»

«Certo che non lo sei!»

«Eppure, è il suo nome che hai fatto! È a lui che pensi. Prima di me, prima di Sara, prima di tutti... c'è lui. C'è sempre stato lui. È a lui che sei e sarai sempre devoto, non è così? È più forte di te» constatò Dan amareggiato, la mano sulla maniglia della porta.

«Non è così, Dan, non ero in me! È stato un lapsus, devi credermi!»

Dan scosse il capo.

«Spiacente, Jem: il tuo cuore ti ha tradito.»

«Dan, aspetta, non te ne andare» provò a bloccarlo Jem sulla soglia.

«Non dirmi cosa devo fare, non ne hai il diritto!» esplose Dan tenendolo a distanza. «Non aspetterò, e neanche tu dovresti. Fatti un favore, una volta e per tutte: cerca di capire chi davvero vuoi nella tua vita. Abbiamo già perso fin troppo tempo dietro alle persone sbagliate.»

«Ti ripeto che è stato un errore! Dan, ti prego, non...» lo implorò Jem, sfinito e in lacrime, consapevole che nessuna parola l'avrebbe trattenuto.

Dan si voltò un'ultima volta verso di lui: le sue iridi erano tempesta.

«Fuck you» sibilò gelido, facendo tremare la porta alle sue spalle.

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