Chapter 17 - Papà?!

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Quando uscimmo fuori, sostenuti da due guardie armate alle nostre spalle, osservai il trio di fronte a noi: Negan -nel centro- manteneva una postura fiera, di chi non ha paura nemmeno se si trovasse di fronte una pistola, magari puntata alla testa; teneva -come al solito- la sua mazza sopra la spalla, appena sotto a dove finiva il filo spinato che attorcigliava l'arma. Alla sua destra c'era Simon, o almeno, era quello il nome che mi ricordavo avesse pronunciato Negan quando l'aveva richiamato quella volta che ci aveva attaccati; aveva il solito sguardo da strafottente, colui che si crede al di sopra di tutti e tutto, senza rivali. E poi alla sua sinistra c'era un uomo dai capelli chiari e gli occhi grigi spenti, come se avessero visto troppo per continuare a brillare; anche lui rimase a bocca aperta non appena mi notò, capendo subito che mi aveva riconosciuto, come era successo a me con lui. Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, rischiando si uscirmi fuori dal petto; feci qualche passo avanti, arrivando a superare Maggie di un passo, per poi mormorare un: "Papà?" a fior di labbra.
Il silenzio invase tutti, persino chi aveva qualcosa da dire rimase zitto, mentre anche l'uomo sussurrava incredulo: "Gwen."
Era veramente mio padre?
Maggie aveva detto che si chiamava Gavin, perché Ezeckiele lo aveva riconosciuto, e l'aspetto era quello, forse un po' più trasandato, ma era quello; non c'erano dubbi che quell'uomo fosse mio padre.
Com'era potuto sopravvivere?
Avevo visto il gruppo di Vaganti circondarlo prima di scappare, era spacciato, non aveva nessuna possibilità di sopravvivere; eppure eccolo lì, vivo e vegeto.
La quiete venne interrotta dalla fragorosa risata di Negan, il silenzio rotto in frantumi come vetro.
"E quindi questa ragazzina sarebbe tua figlia?" Esclamò estremamente divertito, come se tutta la faccenda lo facesse sbellicare dalle risate. "Cazzo, sei proprio fortunato Gavin! Non l'ho uccisa quasi per miracolo, una settimana fa!" Ma il diretto interessato non lo ascoltò neanche un minimo, continiava a guardare me, un sorriso sollevato che si ingrandiva secondo dopo secondo.
"Gwen, forse è meglio che ti allontani di qualche passo."
Era la voce di Carl.
Non mi ero accorta che si era avvicinato fino a quando non mi aveva parlato, facendomi sobbalzare per lo spavento.
"Carl, lui è mio padre, credevo che fosse morto!" Mi ribellai, scuotendo la testa. "Non posso andarmene adesso che l'ho ritrovato."
"Il ragazzo ha ragione, perché non gli dai ascolto?" Mi consigliò Negan, dondolando la sua mazza.
"Gwen, sei veramente tu?" Finalmente Gavin era riuscito a formulare una frase di senso compiuto, la voce ancora tremante.
"Papà? Sei veramente tu?" Le lacrime mi pizzicarono gli occhi, costringendomi a tenerli chiusi per qualche secondo. "Se sei veramente tu, come si chiamavano tua moglie e tuo figlio?"
"Elizabeth e Jason, anche se noi li chiamavamo sempre Lizzy e Jas." Quella era la conferma che stavo aspettando. Quella che mi diceva che era mio padre. Provai a muovermi verso di lui, ma Carl mi afferrò, avvolgendomi le braccia intorno al corpo e trattenendomi, impedendomi così di raggiungere mio padre.
"Papà, papà!" Urlai, tentando di divincolarmi disperatamente dalla sua presa, ma senza alcun risultato; le lacrime cominciarono a sgorgare, appannandomi la vista.
"Cazzo, che scena commovente." Commentò Negan, facendo segno ai suoi di tornare indietro. "Mi dispiace dover interrompere questo riconcilliamento, ma dobbiamo proprio andare; forza Gavin, muoviti."
Mio padre si voltò con lui e Simon, lo sguardo triste rivolto verso di me.
"Non avevi qualcosa da dirmi?" Lo interruppe Maggie, della quale non mi ricordavo più neanche la presenza.
"Ah, sono le solite stronzate: arrendetevi prima di morire tutti, non avete speranza di vincere, quelle cose lì." Negan fece un gesto con la mano, liquidando così il resto della faccenda.
Gridai "papà" a squarciagola non so quante volte mentre si allontanava, lo implorai di restare, di tornare indietro; niente funzionò, fu tutto invano. Carl continuava a tenermi stretta, anche quando scivolai per terra finendo in ginocchio sulla terra brulla, intervallata da qualche ciuffo cresciuto miracolosamente. La sua presa -che all'inizio era servita per bloccarmi- si trasformò in un abbraccio, dove io posai la testa sul suo petto, aggrappandomi con la forza del dolore alla sua maglia, mentre lui mi accarezzava con una mano la schiena e con l'altra i capelli, sussurrandomi che tutto andava bene e che avremmo trovato una soluzione. Non era più debole la sua stretta, a quanto pare il dottor Carson era riuscito ad eliminare tutta la carne infetta, salvandogli la vita. Avrei voluto continuare ad urlare, volendo iniziare a piangere e sfogarmi, senza preoccuparmi degli altri; eppure non ci riuscii, c'era qualcosa dentro di me che mi costrinse a non farlo, un blocco che fece uscire dai miei occhi stanchi solo qualche lacrima, come una goccia di rugiada la mattina seguente ad una giornata di pioggia.
"Hey," tentò di chiamarmi Carl, prendendomi il viso tra le mani ed alzandolo verso il suo, in modo che lo guardassi nell'occhio; ora non sembrava più tanto agitato e frettoloso di andarsene da Hiltop per andare ad Oceanside, era come se in quel momento gli interessasse solo che io stessi meglio. "non piangere, vedrai che risolveremo la questione." Cercò di rassicurarmi, asciugandomi con il pollice l'unica lacrima rimasta sul mio viso; le altre poche erano finite sulla sua camicia.
Notai, guardandomi in giro, che Maggie era tornata dentro, probabilmente messa in imbarazzo da quella situazione.
"Sto bene, tranquillo." Provai a tranquillizzarlo, sforzando un sorriso e afferrandogli le mani, portandole con le mie in grembo. "E mi dispiace per averti bagnato la camicia." Mi scusai subito dopo, scoppiando in una piccola risata divertita e spolverandogli un po' la camicia, dove lo avevo bagnato appena; si mise a ridere anche lui, fermandomi la mano e riportandola insieme alle altre sul mio grembo, dicendo: "Non fa niente, non devi preoccuparti, non è niente di ché."
Rimanemmo lì per un paio di minuti, io a guardare le nostre mani, lui invece ad osservare me, con un piccolo sorriso dolce e gentile sul viso, lo stesso di quando il giorno prima aveva cercato di farmi parlare.
"Hey," Mi disse all'improvviso, facendomi alzare lo sguardo, avendo attirato la mia attenzione. "ho un'idea. Seguimi." E detto questo mi prese per mano, trascinandomi con sè.

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