19.

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 Edoardo

«Ehi, avevi detto che l'avremmo divisa!», mi accusa Alice con il cucchiaino puntato verso di me. La sua espressione corrucciata è buffissima e non posso che ridere quando mi lancia un'occhiata omicida. Dopo la battuta sui complimenti è di nuovo tranquilla, non capisco il perché di questo suo imbarazzo per questi o per le parole che le rivolgo in generale. Sembra sempre un po' a disagio con la situazione che si crea quando le dico qualcosa di più dolce. Di solito le ragazze apprezzano le carinerie, ma queste non sembrano funzionare con lei. Ovviamente, non poteva che essere diversa e speciale. Questa ragazza continua a rimanere un mistero ai miei occhi, un mistero che però non vedo l'ora di scoprire e risolvere.

«Può essere, ma ho cambiato idea», le faccio un occhiolino portandomi l'ennesimo boccone di crème-brulée alle labbra. Il dolce è davvero squisito e caramellato al punto giusto, ma non lo mangerei tutto perché mi fa piacere dividere qualcosa con lei, nonostante io stia fingendo il contrario.

«Ho ucciso per molto meno, sappilo!», mi avverte portandosi alle labbra un cucchiaio e chiudendo appena gli occhi mentre si gusta il budino. I miei occhi sono attirati dalle sue labbra che inumidisce con la lingua dopo aver deglutito e il mio unico pensiero in questo momento è sapere che gusto abbiano. Deglutisco e mi schiarisco la gola prima di parlare, «Dovrei avere paura?».

In questo momento l'unica paura che ho è quella di non riuscire a controllarmi e sporgermi a baciarla.

«Fossi in te incomincerei a cercare un posto sicuro. Non puoi promettermi la metà di un dolce e poi mangiartene tre quarti!». Alzo un sopracciglio in segno di sfida e lei, in tutta risposta, afferra la ciotola con un gesto fulmineo, se la porta alle labbra e ingoia il dolce rimanente in un sol boccone.

Rimango a bocca aperta, «Non posso credere che tu l'abbia fatto».

Mi rivolge uno sguardo furbo, «E non hai visto ancora niente! Una volta una mia amica voleva rubarmi un muffin al cioccolato che avevo appena comprato e l'ho messo tutto in bocca», afferma con una punta di orgoglio, ma poi si rende conto di quello che ha appena detto, arrossisce e balbetta una scusa. «Cioè, ehm... non era proprio un muffin intero, io...». Si porta le mani in viso dietro alle quali si nasconde e sbuffa una risata mortificata.

Scoppio nuovamente a ridere, «E dire che ti pensavo una signorina per bene». Apre le dita posate sul viso per spiarmi; il rossore è ancora ben presente sulle sue guance, ma adesso sta sorridendo anche lei. «Ma lo sono! Solo non ti conviene toccare i miei dolci». Incrocia poi le braccia al petto con fare sicuro e mi rivolge uno sguardo d'avvertimento. L'imbarazzo che provava poco prima sembra essere passato e la vedo più sciolta mentre ribatte il suo avvertimento.

«Lo terrò a mente. Che ne dici di fare due passi? Vuoi salire fino alla basilica?», le chiedo e vedo i suoi occhi illuminarsi. Avevo già intenzione di proporglielo perché credo che farle vedere Parigi dall'alto sia una bella idea e magari dopo potrei proporle di fare un giro sul carosello ai piedi della scalinata.

«Assolutamente sì! Parigi dall'alto deve essere straordinaria!», unisce le mani e rivolge uno sguardo sognante fuori dalla finestra in direzione di Sacré-Coeur. Poi si volta verso di me e si alza, «Vado solo un attimo in bagno». Annuisco e guardo fuori dalle vetrate: la luna fa capolino dalla basilica illuminandola con il suo alone argenteo e ancora una volta rimango stupito dalla vividezza con cui si staglia nel cielo; le luci della città non sembrano affievolire per niente la sua imponenza. Vengo distratto dalla voce di Alice che sta parlando con la cameriera che ci ha servito per tutta la sera: le sta porgendo delle banconote pronta a pagare la cena.

Mi avvicino veloce e cerco di fermarla, ma alza una mano con fare sicuro, «Non azzardarti nemmeno a proporti di pagare la cena!», mi ammonisce posandomi una mano sul petto che inevitabilmente fa accelerare i battiti del mio cuore. «Sono decisamente in debito con te per tutte le cose carine che hai fatto per me!». Apro la bocca per cercare di ribattere, ma appoggia un dito sulle mie labbra che mi distrae e non aiuta il battito erratico che ho in questo momento, «Non incominciare nemmeno con la storia "sono i ragazzi a dover pagare le uscite" perché con me non attacca», asserisce convita con un sorriso.

Rilascio uno sbuffo scuotendo la testa quando la seguo mentre ritorna al tavolo; si sistema il grosso sciarpone intorno al collo e infila il cappotto.

La guardo dritto negli occhi quando si volta verso di me, pronta a uscire. «Non avresti dovuto», le dico con un sorriso mentre lei alza gli occhi al cielo e porta la testa all'indietro, facendo ricadere i suoi lunghi capelli scuri sulla schiena. 

Alza poi un sopracciglio contrariata, «Ancora?», domanda retorica. «Edoardo mi ha fatto piacere pagare la cena, davvero». Alzo le mani in segno di resa e lei scuote la testa felice facendo ondeggiare le lunghe onde dei suoi capelli. La seguo fuori dal locale dopo averle aperto la porta, «Sei molto galante, stasera. È la terza volta che mi apri la porta. Pensavo che i ragazzi come te non esistessero più», afferma guardandomi. «O che non fossero mai esistiti se non nelle storie che sono abituata a leggere», continua poi corrugando la fronte, come se l'ultima frase le fosse scappata. La guardo curioso aspettando una spiegazione, ma lei arrossisce e distoglie lo sguardo. Le porgo quindi una mano per toglierla dall'impaccio, «Sono un gentiluomo d'altri tempi».

Osserva per un attimo la mia mano e, dopo un attimo di esitazione, la afferra. Il contatto con le sue dita mi provoca una scossa piacevole lungo il braccio e istintivamente mi avvicino a lei.

«Sai, di solito non amo il contatto fisico con le persone che non conosco bene», sussurra quasi confessandomelo. «Ma con te è diverso; cioè non mi dà fastidio. È strano». Lo dice quasi sovrappensiero come se non volesse davvero dirmelo, stringendosi inconsciamente a me. Rimango interdetto dalle sue parole: una marea di domande mi affolla la mente e mi sento stranamente privilegiato, ma scrollo le spalle cercando di alleggerire la cosa, «Spero che sia strano ma in positivo».

Annuisce e abbassa lo sguardo. «Allora, saliamo?», mi domanda poi abbozzando un sorriso.

«Facciamo a gara a chi arriva prima?», le domando una volta giunti ai piedi della scalinata che porta alla cima. Mi guarda come se avessi tre teste, «Spero tu stia scherzando! Potrei morire dopo tre gradini!», sentenzia con una risata. «Direi che una corsa al pronto soccorso non è nei miei piani».

Mi unisco alla sua risata, «Ti facevo una tipa sportiva!». E lo penso davvero visto il suo fisico slanciato e asciutto, ma lei smentisce la mia supposizione con una scrollata di spalle.

«Magari un tempo! Adesso la mia unica attività fisica quotidiana sono le scale della metropolitana! Il che è tutto dire sulla mia sportività».

«Bene, vorrà dire che avrò una vittoria facile», le faccio un occhiolino per poi scattare verso i gradini.

«Edoardo!», mi richiama scioccata. «Non ti sento», dico coprendomi le orecchie e iniziando a fare le scale per salire sulla cima.

«Non ci posso credere», esclama esasperata e inizia a rincorrermi ridendo felice. Credo di avere un buon vantaggio e quindi decido di voltarmi per vedere dov'è, ma non la noto tra le persone. Mi guardo intorno confuso e poi la scorgo più in alto rispetto a dove sono io. «Dai, pelandrone! Stai perdendo contro una che fa sollevamento di polemiche come unico sport!», ammicca affacciandosi al parapetto sopra la mia testa.

Ma come diavolo ha fatto a essere già lì?

Intuendo i miei pensieri fa un cenno verso destra, «Ho preso una scorciatoia». Mi fa un occhiolino e continua la sua corsa. Corro su per i gradini veloce, scansando qualche coppietta e ricevendo una serie di insulti più che legittima. Alice è ormai a pochi passi da me, un paio di gradini ci separano, ma lei è più svelta di me e posa per prima i piedi sullo spiazzo antistante la chiesa.

«Vittoria!», esulta felice alzando le mani verso il cielo. La sciarpa che ha intorno al collo le è scivolata su una spalla e d'istinto la afferro per avvicinarla a me. Il suo petto si alza ritmicamente e ha le guance in fiamme, i suoi occhi scuri brillano di gioia. I suoi lunghi capelli leggermente arruffati per la corsa le svolazzano intorno al viso e d'impulso avvicino una mano. «Ti ho lasciato vincere», asserisco convinto spostandole una ciocca di capelli dal volto.

Alza gli occhi al cielo, «Oh, sì certo! Convincitene pure», mi risponde rivolgendomi un sorriso. «Domani probabilmente non riuscirò a scendere dal letto per questa tua trovata», mi rimprovera poi dandomi una pacca sulla spalla con fare scherzoso e allontanandosi di un passo per rivolgere il suo sguardo verso Parigi.

«È straordinaria, non trovi?», dice guardandomi da sopra una spalla indicando la città ai suoi piedi.

Sposto il mio sguardo dal suo viso per rivolgerlo alla vista che si estende ai miei piedi. È da mozzare il fiato. Le luci della città brillano nel buio della notte, una miriade di punti luminosi danzano nell'oscurità: la Senna scorre pacifica percorrendo Parigi e Notre Dame veglia sulla città addormentata.

Percorro con sguardo il panorama che ho di fronte e la città si riflette negli occhi di Alice che la sta guardando innamorata. «Tout Paris était sous ses pieds, avec les mille flèches de ses édifices et son circulaire horizon de molles collines, avec son fleuve qui serpente sous ses ponts et son peuple qui ondule dans ses rues, avec le nuage de ses fumées, avec la chaîne montueuse de ses toits qui presse Notre-Dame de ses mailles redoublées», recita la ragazza al mio fianco lasciando che il suo sguardo abbracci la città intera. Sembra persa in mille pensieri e io mi perdo nel suo volto: studio la curva morbida delle sue labbra, il naso dritto, gli zigomi arrossati e le leggere increspature intorno agli occhi, dovute al sorriso che campeggia sul suo volto. Prendo la piccola macchina fotografica che ho in tasca e le scatto una fotografia senza che se ne accorga, devo immortalare per forza questo momento. La ripongo velocemente nel cappotto e torno a guardarla.

Probabilmente sente il mio sguardo addosso perché incastra i suoi occhi scuri nei miei, «Notre Dame de Paris», dice stringendosi nelle spalle. «La citazione è tratta dal romanzo di Victor Hugo», mi spiega rivolgendomi lo stesso sguardo sognante che stava rivolgendo alla città. «È dalla prima volta che l'ho letto che sogno di avere la stessa vista di queste poche righe. Sono qui adesso e ancora non mi sembra vero. Grazie Edoardo per avermi portata qui».

Le rivolgo un sorriso, «Grazie a te per aver condiviso questa cosa con me».

Dopo aver ammirato ancora per un po' il panorama, ci sediamo su una panchina poco distante e rimaniamo a chiacchierare un po': mi racconta ancora qualcosa del romanzo di Hugo spaziando poi verso altri argomenti. Esprime i suoi pensieri con una passione simile alla mia quando parlo della fotografia: trovo affascinante il suo modo di esprimersi e il suo buffo gesticolare quando sottolinea qualcosa che le sta particolarmente a cuore.

«Scusa, sono di nuovo in modalità secchiona», sbuffa con un sorriso. Le rivolgo un'occhiata di finto rimprovero e lei si mette a ridere stingendosi nel cappotto. Un vento freddo ha iniziato a soffiare e Alice cerca di scaldarsi le mani sfregandole tra di loro.

«Vuoi scendere? Sta iniziando a fare freddo», le domando premuroso avvolgendole le braccia intorno alle spalle minute e sento che la percorre un brivido, forse dovuto al freddo, ma mi piace pensare che sia la mia vicinanza a farla rabbrividire, perché spero che senta le stesse sensazioni che sento io quando lei è vicina a me.

Annuisce e si alza in piedi porgendomi una mano che afferro prontamente, stupito dalla sua disinvoltura rispetto a qualche momento fa. Adesso scendiamo con calma le scale e ci fermiamo di fronte al carosello che ha iniziato a girare. Intercetto il suo sguardo rivolto alla giostra, «Vuoi salire?», le domando e la vedo annuire prontamente. Mi avvicino al baracchino che vende i biglietti, «Deux tickets, s'il vous plait», mi rivolgo al signore baffuto della biglietteria, la sua testa pelata è lucida sotto la luce al neon della cabina. Mi rivolge un sorriso complice guardando la ragazza alle mie spalle mentre è intenta a salire sul cavallo della giostra, «Votre fiancée est très belle». Spalanco gli occhi e mi porto una mano tra i capelli con fare nervoso, spero che Alice non l'abbia sentito perché non vorrei rivivere quanto successo sotto al Duomo con la tipa della fotografia. La ragazza dietro di me però sembra essere troppo presa dall'atmosfera che la circonda per fare caso alle parole che ci stiamo scambiando io e il signore di fronte a me. «Non... elle, Alice n'est pas ma fiancée», ribatto imbarazzato e il bigliettaio arrossisce: un leggero velo di sudore compare sulla sua fronte pelata, si scusa e mi porge i biglietti con un sorriso.

Raggiungo Alice e salgo sul cavallo vicino al suo, la giostra parte e una melodia si diffonde nell'aria. Riconosco subito le note così come la ragazza al mio fianco che mi guarda con gli occhi spalancati, «Non ci posso credere!», scoppia poi a ridere lanciando indietro la testa. I lunghi capelli si muovono al vento e un sorriso enorme si apre sulle sue labbra rosse.

I found a love for me
Darling just dive right in
And follow my lead
Well I found a girl beautiful and sweet

Oh, I never knew you were the someone waiting for me.

«Questa volta non c'entro niente, te lo giuro!», alzo le mani in segno di difesa mentre Alice mi rivolge uno sguardo complice e noto, per la millesima volta nella serata, le sue guance colorarsi di una leggera sfumatura rosea. Una scintilla le illumina lo sguardo e io non riesco a pensare ad altro che a lei, al suo sorriso, alla bella serata che stiamo passando e a quanto vorrei che non finisse mai.

La guardo mentre la giostra gira, le luci calde le illuminano il viso e sorrido istintivamente nel vedere la sua spensieratezza. Quando finisce il giro sulla giostra, le porgo una mano e la aiuto a scendere. Le sue dita gelate si stringono alle mie, i nostri sguardi sono incatenati e una irrefrenabile voglia di baciarla nasce in me. Mi sento calamitato verso di lei, sono come un satellite attirato dal suo pianeta e i miei occhi si spostano dai suoi alle sue labbra appena socchiuse. Sento sul viso il suo respiro caldo e, preso da un'improvvisa audacia, mi avvicino.

Non si scosta, ma sento che si irrigidisce appena: i suoi occhi scuri sembrano due pozzi senza fondo e le lunghe ciglia non fanno altro che risaltare questo dettaglio. Intorno a noi sembra calato un improvviso silenzio, solo un soffio leggero di vento ci scompiglia i capelli. Sono sempre più vicino ad Alice e sento il suo petto, a contatto con il mio, alzarsi e abbassarsi ritmicamente. I nostri nasi ormai si sfiorano, mi basterebbe avvicinarmi di un millimetro e le mie labbra sarebbero sulle sue. Chiude gli occhi rilasciando un sospiro nervoso. Sento il cuore in gola e un brivido mi scuote dalla testa ai piedi. Fremo all'idea che tra poco potrò finalmente testare la morbidezza delle sue labbra.

Ci siamo.

Uno scossone improvviso però mi fa perdere l'equilibrio e cado indietro sbattendo la testa contro il cavallo alle mie spalle.

Voglio morire.

«Ahi», mi lamento portandomi una mano alla nuca. Dopo un attimo di disorientamento, Alice si accovaccia vicino a me. «Edoardo, stai bene?», chiede preoccupata lanciando poi uno sguardo truce all'uomo della biglietteria. Il tizio si affretta a raggiungerci, «Je suis très désolé», si scusa dicendo che, a volte, la giostra fa questo scherzo.

Tempismo perfetto, direi. 

Alzo mentalmente gli occhi al cielo: mannaggia a questa maledetta giostra, in questo momento la starei baciando e invece l'unica cosa che sto provando è il dolore pulsante che sento alla nuca.

«C'est pas grave», afferma Alice rivolgendogli un cenno mentre il signore continua a scusarsi. Lo congeda con un sorriso per poi alzarsi e porgermi una mano per aiutarmi a tirarmi su.

Dopo essersi premurata sulla mia salute, la ragazza di fronte a me scoppia a ridere e io non posso che unirmi a lei.


Buonasera! 

So che è tardi, ma oggi ho lavorato e non ho avuto tempo di ricontrollare il capitolo. Volevo però farvelo avere oggi, quindi amen se è un po' più tardi rispetto al solito.

Coooomunque, pensavate che sarebbe arrivata una gioia, vero? E invece... #maiunagioiastateofmind.

Ma arriverà, maybe, potentially, not announced yet! ;)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e come sempre, se vi va, fatemi sapere che ne pensate!

Un bacio,

Alice.

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