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Edoardo

«Mi dispiace, Edoardo, Alice non è qui».

Arianna è sulla soglia di casa, uno sguardo preoccupato in volto e un sorriso tirato sulle labbra. «Hai provato a cercarla in biblioteca o in università?», mi domanda e io faccio un cenno affermativo.

L'ho cercata dappertutto, in qualsiasi posto mi venisse in mente e in cui avrebbe potuto trovarsi, ma niente, zero, non era in nessuna biblioteca e nemmeno in università: ho girato tra i chiostri e le aule sperando di trovarla, ma di lei nemmeno l'ombra. Ho lasciato poi volutamente casa sua per ultima, sperando che vista ormai l'ora tarda del pomeriggio, avesse deciso di tornarci, ma a quanto pare la mia supposizione non è stata giusta.

«Mi devo preoccupare? È successo qualcosa di grave?», domanda apprensiva e io scuoto la testa, «No, solo un enorme malinteso, ma non mi ha dato il tempo di spiegarle», le dico passandomi nervosamente una mano tra i capelli e rilasciando uno sbuffo contrariato.

Arianna fa una smorfia e alza gli occhi al cielo, «Certo, tipico di Alice. Parte sempre in quarta quando pensa di essere sicura su qualcosa», scuote i lunghi capelli ricci con un gesto della mano e mi rivolge un sorriso, «Mi dispiace», dice poi. «Se vuoi posso scriverti non appena torna a casa».

Mi affretto ad annuire e non posso che ringraziarla, «Provo ancora a cercarla in un ultimo posto, ma nel caso dovesse tornare prima scrivimi».

Annuisce a sua volta, «Certo, tanto ho il tuo numero», mi promette abbozzando un sorriso furbo che fa sorridere anche me, perché mi ricorda del piano che aveva organizzato per farmi incontrare Alice in piazza Duomo a dicembre.

Le rivolgo un cenno di saluto e riprendo l'ascensore per uscire dal palazzo di Alice: speravo di trovarla a casa, lo speravo davvero e il fatto invece di non averla trovata sta iniziando a farmi preoccupare seriamente. Dove diavolo è? E se le fosse successo qualcosa? E se fosse da qualche parte a piangere? Un senso di ansia mi si annida nello stomaco al solo pensiero e questo mi spinge con ancora più convinzione nella mia ricerca: devo trovarla, assicurarmi che stia bene e dirle che Virginia ha fatto tutto da sola, che non sono fidanzato e che l'unica ragazza che voglio è lei e solo lei.

Sempre.

Mi dirigo quindi verso la metropolitana, pensando di andare a cercarla in zona Duomo, alla caffetteria Colibrì, dove mi ha detto che le piace passare il tempo quando c'è qualcosa che la turba. Non ci sono mai stato fisicamente, ma so che è uno dei suoi luoghi preferiti di Milano perché è un bar-libreria, dove, a detta di Alice, fanno la migliore cioccolata della città e questo mi fa sperare di poterla trovare lì, con appunto la bevanda calda tra le mani e il naso infilato in un libro.

Una volta arrivato purtroppo non la trovo: il piccolo locale è affollato, diversi ragazzi stanno facendo aperitivo, ma di Alice neanche una traccia. Percorro con lo sguardo tutti i tavolini incastrati tra gli scaffali dei libri, ma della sua chioma scura nemmeno l'ombra e il cuore non può che sprofondarmi nello stomaco.

Esco sempre più preoccupato e il freddo di gennaio mi ghiaccia le guance: le temperature devono essersi sensibilmente abbassate insieme al calare del sole e le luci della città brillano ormai intorno a me tanto che mi stupisco quando lancio uno sguardo all'orologio e vedo che ormai sono già le sette di sera: sono stato in giro a cercarla per un sacco di tempo e non me ne sono nemmeno reso conto. Scrivo un messaggio ad Arianna per sapere se ha novità dal momento che ho setacciato tutti i posti di Milano in cui pensavo di poterla trovare, ma lei mi risponde che Alice non è ancora rincasata e che sta provando a contattare alcuni suoi compagni di università per sapere se è da loro. La ringrazio e decido di andare a casa, nonostante io abbia un peso sullo stomaco e un macigno sul cuore, capendo però ormai quanto sia inutile cercarla ancora in giro.

Sono disposto però a correre a casa sua nell'esatto istante in cui Arianna dovesse dirmi che è rincasata o in un altro qualsiasi posto dovesse trovarsi perché non voglio rimandare nessun tipo di spiegazione e non voglio che vada a dormire con il pensiero che le abbia mentito o nascosto qualcosa perché non è così, non potrei farlo mai.

Percorro la strada di casa in trance, con mille pensieri a invadermi la testa: ansia e preoccupazione si agitano dentro di me tanto che non mi accorgo nemmeno che il tragitto è durato meno del previsto e sono già di fronte al cancello di ingresso. Le luci dentro casa sono accese, segno che Matteo è rientrato, e la cosa mi viene confermata quando apro la porta e lo sento parlare: probabilmente sarà al telefono con qualcuno che gli interessa visto il tono di voce squillante che ha.

«Sono a casa», gli urlo dall'ingresso mentre appendo la giacca e sistemo la tracolla sul mobile vicino alla porta, ma non ricevo nessuna risposta.

Tipico, se è impegnato in qualche telefonata non mi risponderà mai e quindi mi volto verso il corridoio per entrare in salotto, ma appena alzo gli occhi il cuore mi si blocca nel petto.


Alice

Ho passato il pomeriggio in compagnia di Matteo che mi ha proposto di prendere il caffè a casa sua e di Edoardo perché voleva farsi una doccia e non costringermi a sopportare il suo «odore da caprone sudaticcio», il che mi ha fatto ridere e sciogliere un po' della tensione che avevo provato nell'ufficio di Edoardo.

Dopo avermi fatto un tè e avermi un po' spiegato a grandi linee la storia di Edoardo e Virginia, non andando però nei particolari – cosa che tra l'altro non avrei voluto, dal momento che è una cosa molto personale che vorrei conoscere solo nel momento in cui Edoardo volesse parlarmene – gli ho chiesto se potessi restare per aspettarlo per parlargli visto che si erano fatte praticamente le sei di pomeriggio e probabilmente sarebbe uscito a breve dall'ufficio. Nonostante ci avessi pensato, non sono voluta andare lì sotto per paura di incontrare nuovamente Virginia. So di essere in parte codarda per questo e so che con la mia reazione le ha fatto più che piacere, ma sinceramente ho provato troppe emozioni oggi e non ho voglia di dover gestire anche un ulteriore incontro con lei.

Ho anche pensato di scrivergli per dirgli che lo stavo aspettando a casa, ma ovviamente il telefono, per qualche strana congiura nei miei confronti, non si è più riacceso dopo che l'ho spento e quindi mi sono trovata costretta ad aspettarlo, senza la possibilità di dirgli niente.

Se devo essere sincera, sono un po' preoccupata per la reazione che avrà quando mi troverà qui: alla fine sono scappata come una stupida, senza nemmeno dargli il tempo di spiegarsi, perché come al solito sono partita in quarta sul mio binario, troppo spaventata dalla possibilità di soffrire. Che sciocca che sono: mi sono fatta prendere dal panico, non pensando nemmeno per un secondo a tutte le cose che mi ha sempre detto Edoardo, troppo sicura di quello che i miei occhi erroneamente avevano visto.

Adesso sono seduta sul divano e sono palesemente in tensione all'idea di vederlo tanto che non riesco a tenere ferme le gambe – continuo, infatti, a picchiettare i piedi sul pavimento come una pazza – mentre cerco di fare dei respiri più profondi per calmare il battito erratico del mio cuore.

Devo star facendo un sacco di rumore però perché Matteo sbuca dalla sua camera con un sorriso e un'espressione divertita in volto, «Ah ma sei tu?», mi scocca un occhiolino e si siede sulla poltrona vicino al divano su cui sono seduta io. «Pensavo che qualcuno avesse deciso di darsi al bricolage e iniziare a trapanare il pavimento».

Fermo subito le gambe e arrossisco, «S-scusami, sono nervosa», balbetto e inizio a morsicarmi una pellicina del pollice.

Matteo scuote la testa, rilascia uno sbuffo e si sistema meglio sulla seduta, «Ma per cosa? Edoardo sarà più che contento di trovarti qui!».

«Sì, ma...», gli dico, ma lui mi interrompe posandomi le mani sulle spalle e iniziando con i pollici ad accarezzarmi le clavicole per cercare di calmarmi.

«Sì, ma un cavolo! C'è stato un malinteso, nulla di grave e lui non ce l'ha di sicuro con te, come invece pensi. Anzi, conoscendolo, si starà lambiccando su come risolvere la questione con te! Tanto più che hai il telefono scarico e che quindi non può contattarti», Matteo si sistema poi il ciuffo biondo e mi lancia un sorriso quando sente le chiavi di casa girare nella toppa.

«Si va in scena», mi scocca un occhiolino alzandosi e andando in camera sua.

«Sono a casa», urla la voce di Edoardo dal corridoio e io mi alzo con gambe tremanti fino a raggiungere l'ingresso.

È indaffarato a sistemare le sue cose e quindi non mi vede arrivare, ma noto subito dalla sua postura che è teso e sembra anche preoccupato, cosa che ovviamente mi fa sentire talmente in colpa che non posso che darmi nuovamente dell'idiota.

Quando finalmente volta la testa nella mia direzione, si blocca sul posto e spalanca gli occhi, come se avesse appena visto un fantasma, ma poi si riprende velocemente e percorre a grandi passi il breve spazio che ci separa per stringermi tra le sue braccia. Dopo un attimo di incertezza di fronte alla sua reazione, espiro e non posso fare altro che ricambiarlo e serrare le mie intorno a lui.

Nascondo poi il viso nell'incavo del suo collo, mormorando un «mi dispiace», prima che le lacrime sgorghino prepotenti dai miei occhi e gli bagnino il maglione che indossa.

A queste mie parole Edoardo si allontana appena da me per guardarmi in viso prima di corrugare la fronte e iniziare poi a sfregare i pollici sulle mie guance per raccogliere le lacrime, «Sono stata una sciocca, mi dispiace. Non avrei dovuto fuggire via così, avrei dovuto fermarmi e ascoltarti e non trarre le mie conclusioni affrettate», inizio a parlare a raffica mentre i suoi occhi verdi non lasciano per nemmeno un secondo il mio viso. «I-io... scusami, non volevo. Io mi fido di te e adesso tu penserai che non è così vista la mia reazione e...», ma non riesco a finire di parlare perché le labbra di Edoardo sono sulle mie.

Rimango un attimo interdetta da questa sua mossa e non riesco subito a ricambiare il bacio, tanto che Edoardo inizia a percorrere con i polpastrelli la mia mascella per tranquillizzarmi. Mi sciolgo al suo tocco e porto istintivamente le mie mani tra i suoi capelli, incastrando le dita tra le sue ciocche scure. Ci baciamo in modo lento, dolce, senza fretta e sento pian piano tutta la preoccupazione e l'ansia defluire dalle mie spalle, per lasciare il posto al solito calore che sento tutte le volte che sono tra le sue braccia.

È lui il primo a interrompere il bacio e afferrare il mio viso tra le sue mani senza lasciare mai i miei occhi, «Stai bene? Dio, ero così preoccupato», afferma e io mi affretto ad annuire. «Ti ho cercata per tutto il pomeriggio, non rispondevi al telefono e non eri nemmeno a casa tua... non sapevo più dove cercarti».

Nei suoi occhi verdi leggo tutta la sua preoccupazione e alle sue parole una morsa di senso di colpa mi stringe lo stomaco, nonostante una parte di me, quella più insicura e che non mi abbandonerà mai, è colpita da quello che mi ha appena detto e credo che lui me lo legga negli occhi perché scuote la testa accennando un sorriso, «Sempre la solita, eh? Come avrei potuto non cercarti, dopo che sei scappata via in lacrime?».

«Edoardo, io...», inizio a parlare, ma lui mi interrompe. Devo scusarmi e dirgli che il panico ha avuto la meglio su di me.

«No, non devi scusarti. Hai avuto una reazione più che normale, soprattutto per la "perfetta" sincronia in cui è avvenuto tutto», scuote la testa amareggiato. «Avrei dovuto parlarti di Virginia e dirti il perché del mio umore un po' strano delle ultime settimane, ma, se devo essere sincero, non volevo parlare di lei e farla entrare in quello che c'è tra noi», mi confessa con trasporto continuando ad accarezzare il mio viso con i pollici e io non posso che sorridere alle sue parole, «Non fa niente, non eri obbligato a parlarmene».

«Se te l'avessi detto, ci saremmo risparmiati un po' di casini. Non credi?», ribatte però rivolgendomi il suo classico sorriso sghembo prima di prendermi per mano e condurmi fino al divano in salotto, dove si lascia cadere per farmi poi sedere sulle sue gambe e lasciarmi un bacio sulla tempia.

Rimaniamo in silenzio, godendo l'uno del calore del corpo dell'altro mentre le mani di Edoardo si muovono pigre sulla mia schiena, ma io non posso che rimuginare ancora sulla mia reazione e sentirmi in colpa, soprattutto per aver tratto delle conclusioni un po' troppo affrettate.

«Sento il rumore dei tuoi pensieri», mi sussurra Edoardo avvicinando le labbra al mio orecchio facendomi immediatamente venire la pelle d'oca.

Avvampo e scuoto la testa come a negare quello che ha appena detto e lui in tutta risposta alza gli occhi al cielo e sbuffa una risata. «Non è così? Non ti stai lambiccando su qualche questione?», alza un sopracciglio interrogativo, vedendomi negli occhi la risposta a lui più che evidente, dal momento che ha la straordinaria capacità di leggermi come se fossi un libro aperto.

Di fronte al mio silenzio mi incalza, «Non rispondi? Va bene, vorrà dire che dovrò passare alle maniere forti», annuncia prima di farmi scendere dal suo grembo, spingermi sul divano e sovrastarmi con il suo corpo.

Avvampo quando posa le mani ai lati della mia testa e inizia a lasciare una serie di baci dall'angolo della mia bocca, allo zigomo sinistro, alla mascella e scendere poi lungo alla gola, facendomi schizzare il sangue alla testa e facendo accelerare incontrollabilmente i battiti del mio cuore.

«Allora? Cosa ti frulla per la testa?», mi domanda tra un bacio e l'altro scendendo sempre più giù, all'incavo del collo, al bordo della mia maglia. La sua mano sinistra poi si sposta dalla mia testa per scendere e infilarsi sotto al maglione e iniziare a tracciare con il pollice dei cerchi sulla pelle del mio fianco in maniera lenta e pigra, cosa che mi fa impigliare il respiro in gola.

Non ho però il tempo di formulare un pensiero coerente e provare a rispondere perché la mano di Edoardo si avventura più in alto e le sue labbra ritrovano le mie. Sono creta nelle sue mani, in piena balia di lui, delle sue labbra e dei suoi polpastrelli che stanno prendendo sempre più confidenza con il mio corpo facendomi andare fuori di testa.

«NIENTE SESSO SUL DIVANO!», urla Matteo lanciandosi sulla poltrona vicino al divano e io mi sento morire dall'imbarazzo.

Edoardo fa scattare immediatamente la testa verso il suo coinquilino, afferra un cuscino e glielo lancia, «Idiota». Si alza poi dal mio corpo e si siede sulla seduta mentre io tiro giù il maglione non riuscendo a guardare Matteo in faccia. Ho le guance in fiamme e in questo momento vorrei scavare una buca nel pavimento e nascondermi.

Il biondo lo prende al volo e ci si appoggia, scrollando le spalle come se niente fosse, «Vedo che è tutto tornato sereno in Paradiso».

Mi azzardo a lanciargli uno sguardo, ma me ne pento in tempo zero perché alza e abbassa le sopracciglia con fare allusivo prima di rivolgermi un occhiolino e io mi porto le mani in volto totalmente in imbarazzo.

«Mat, falla finita. Non stavamo facendo niente di scandaloso», lo rimprovera Edoardo.

«Non ancora», dice con un tono di chi la sa lunga. «Ali, non essere in imbarazzo, sei di famiglia ormai», si rivolge poi a me scoccandomi l'ennesimo occhiolino nel giro di pochi minuti  e facendomi ancora più imbarazzare.

«Cooooomunque: ho fame», decreta battendo le mani sui braccioli della poltrona. «Quindi che ne dite cari i miei piccioncini se iniziamo a preparare qualcosa per cena? E con iniziamo, intendo te Edoardo», conclude con un sorriso sornione e un'espressione fintamente angelica, prima di alzarsi e dirigersi in cucina.

Edoardo alza gli occhi al cielo e sbuffa una risata prima di alzarsi a sua volta dal divano e porgermi una mano, «Resti a cena, vero?».

«Posso?», gli domando afferrando la sua mano e lui alza nuovamente gli occhi al cielo prima di avvicinarmi a sé e scoccarmi un bacio sulle labbra e uno sulla punta del naso.

«Allora? Vi muovete? Potete riprendere le attività bollenti più tardi», ci intima Matteo sbucando solo con il busto dalla porta della cucina facendo alzare al soffitto la testa di Edoardo che sussurra qualcosa che somiglia molto a «Edoardo, respira e non ucciderlo», prima di guardarmi e raggiungere Matteo.

«Ah, Ali», dice voltandosi. «Magari avvisa Arianna e le tue coinquiline, saranno in pensiero», mi rivolge un sorriso dolce. Annuisco dicendogli però che ho il telefono scarico arrossendo perché ovviamente anche questa cosa doveva ostacolarci in questo pomeriggio e lui scrolla la testa, «Se ti serve il caricatore, lo trovi nel cassetto della scrivania di camera mia».

Annuisco e gli sorrido a mia volta prima di raggiungere la sua stanza e attaccare il cellulare alla presa. Mi siedo sulla sedia di fronte alla scrivania e mentre aspetto che il telefono si accenda, lascio nuovamente vagare lo sguardo sulla parete tappezzata dalle fotografie che ha scattato Edoardo e non posso fare a meno di cercare una qualche fotografia con Virginia, è più forte di me. Nonostante le guardi tutte attentamente, non ne trovo nemmeno una e la cosa ovviamente mi solleva, ma mi fa riflettere anche sul fatto che probabilmente Edoardo ha sofferto più del dovuto per questa storia se non c'è nemmeno mezzo scatto che la ritragga. Un'altra cosa che noto poi è che lui non è mai soggetto delle fotografie: ci sono paesaggi, persone, dettagli, ma mai lui, chissà come mai. Probabilmente, come un qualsiasi buon fotografo che si rispetti, preferisce non essere il soggetto dei suoi scatti, ma il suo realizzatore, il che è decisamente un peccato perché sono più che sicura che verrebbe benissimo in fotografia. I suoi occhi chiari sono talmente belli che bucherebbero l'obiettivo, per non parlare del suo sorriso o degli zigomi affilati...

Vengo distratta dalla vibrazione del telefono: le notifiche si susseguono una dopo l'altra e sono principalmente di Edoardo, chiamate perse e messaggi che mi fanno stringere il cuore e sentire nuovamente in colpa e ovviamente non posso che darmi mentalmente della stupida per l'ennesima volta per non aver chiesto il carica batterie a Matteo per poter avvisare Edoardo: gli avrei risparmiato sicuramente ore di preoccupazione e incertezza.

Tra le notifiche vedo anche una chiamata di Arianna e mi affretto a richiamarla subito e lei risponde nemmeno dopo uno squillo, «Ali, ma dove sei? Edoardo è tutto il pomeriggio che ti cerca! È anche venuto qui! Stai bene? Cosa è successo?», domanda a raffica senza lasciarmi la possibilità di rispondere. «Dio, ti strozzo appena ti vedo», mi minaccia e io posso immaginare il suo sguardo in questo momento e il suo gesticolare frenetico, come fa ogni volta che è arrabbiata. «Ti conviene darmi una buona spiegazione!», mi intima poi prima di smettere di parlare.

Accenno un sorriso alle sue parole, «Ari, ti spiego tutto quando arrivo a casa, c'è stato un enorme fraintendimento, ma ora è risolto. Sono a casa di Edoardo, mi fermo a cena, ma non farò tardi, ci vediamo dopo», concludo la mia breve spiegazione e la sento sbuffare dall'altra parte della cornetta.

«Mhm, va bene», borbotta. «Ma sappi che non liquiderai la questione in breve! Cazzo, hai fatto preoccupare tutti», mi rimprovera prima di salutarmi e chiudere la chiamata.

Mi sono comportata come una ragazzina sciocca, scappando di fronte alla prima difficoltà, ma ho terribilmente paura di rimanere scottata e ferita dalle situazioni e quindi credo che la mia sia stata una reazione istintiva. Non è assolutamente giustificabile e so che dovrò sempre lavorare su questa mia insicurezza, ma purtroppo non è così facile. Nonostante l'episodio di questo pomeriggio, devo dire che Edoardo mi ha dato una buona mano: è stato e continua a essere una ventata d'aria fresca sulle mie convinzioni, ma la mia reazione di oggi mi ha fatto capire che c'è ancora molto lavoro da fare e spero che lui riesca e voglia continuare a darmi una mano in tutto questo. Mentre sono immersa in queste considerazioni torno a osservare le fotografie e i miei occhi cadono ancora una volta su quelle che mi vedono ritratta e in particolare sulla prima "nostra" fotografia. Vorrei avere una copia anche io, ma vorrei anche una fotografia come si deve, dove magari entrambi guardiamo l'obiettivo.

«Ehi Ali, tutto okay?», mi domanda Edoardo sbucando dalla porta della camera e io mi affretto ad annuire. «Edoardo io...», inizio a parlare, ma lui mi interrompe alzando gli occhi al cielo e sbuffando una risata, «Ancora?», mi rivolge un sorriso. «Non devi dirmi niente, abbiamo chiarito e va bene così», mi rassicura avvicinandosi, stringendomi tra le sue braccia e posando il mento sulla mia spalla.

Mi lascia un bacio delicato sulla guancia e avvampo immediatamente quando sento il suo respiro caldo sul collo e le sue braccia stringersi appena sotto al mio seno.

«Pensavo di essere stato convincente prima», mi sussurra sulla pelle iniziando poi a muovere le labbra sull'incavo del mio collo, infliggendomi una dolce tortura che mi spinge a inclinarlo per dargli più spazio. «Nel caso non l'avessi capito, posso provarci di nuovo», sento l'ombra di un sorriso sulla mia pelle che mi scatena un brivido piacevole lungo la schiena.

Il cuore mi batte forte nella cassa toracica e mi mancano le parole mentre le sue mani si spostano dal mio stomaco al mio ventre.

«Che ne dici?», sussurra con un tono di voce talmente basso che risuona in me facendomi venire la pelle d'oca. «Hai perso la voce?», mi prende in giro lasciando un bacio appena sotto il lobo del mio orecchio che mi fa chiudere gli occhi e appoggiarmi maggiormente a lui. Edoardo continua la sua lenta tortura sul mio collo e io non sento più niente se non le sue labbra sulla mia pelle.

«Dio santo! Non posso lasciarvi soli un attimo che siete già con le mani l'uno addosso all'altro!», tuona Matteo piombando in camera. «La cena sta bruciando Edoardo quindi sei pregato di tornare in cucina!», lo richiama prima di uscire nuovamente e borbottare qualcosa che suona come «peggio degli adolescenti».

Mi irrigidisco immediatamente e spalanco gli occhi arrossendo, ma poi scoppio a ridere di fronte al borbottio di Edoardo, «Giuro che lo ammazzo», prima di lasciarmi un ultimo bacio e intrecciare le nostre dita per tornare in cucina e cenare insieme.


Buongiorno e buona domenica a tutti!

Come state? Tutto bene? Spero di sì! Anche qui nella storia tutto sembra andare per il meglio: Alice ed Edoardo si sono finalmente visti e hanno chiarito, nonostante le continue paranoie di Alice, ma quelle, si sa, non andranno mai davvero via!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e fatemi sapere che ne pensate!

A presto,

Alice.

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