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Alice

«E tu chi sei?».

La domanda rimane sospesa nell'aria mentre io sono completamente immobile come un cervo abbagliato dai fari.

Nonostante l'espressione decisamente stupita, la donna di fronte a me ha un sorriso gentile mentre mi guarda in attesa di una qualche mia risposta. Il mio cervello tuttavia non sembra funzionare, probabilmente a causa dell'imbarazzo che mi sta attanagliando lo stomaco.

Dio, sono in mutande e maglietta di fronte a quella che credo sia...

«Va bene, incomincio io», afferma gentile chiudendosi la porta alle spalle e sfilandosi la sciarpa dal collo. «Sono Anna, la mamma di Edoardo».

Sul suo volto si apre un sorriso ancora più grande rispetto al precedente che le illumina lo sguardo e in questo preciso momento la somiglianza tra lei e il figlio è quasi impressionante.

Alice, per cortesia, datti un tono! Di' qualcosa, altrimenti questa poverina penserà che sei una rincoglionita!

«Ehm», cerco di raccogliere i pensieri. «I-io sono Alice, piacere m-mio», mi incarto ovviamente con le parole e mi prenderei a schiaffi in questo momento. Sto incontrando per la prima volta la mamma di Edoardo e non solo sono nella maglietta del figlio, con un'aria tutt'altro che decente, ma mi sto anche ingarbugliando con le parole, come una perfetta imbecille.

Ottimo, adesso sì che ha la certezza che sei rincoglionita.

«E chi sei, Alice?», domanda curiosa, ma non indagatoria. Il suo sguardo, infatti, è illuminato da un sincero interesse, soprattutto dal momento che ho notato che sembra aver riconosciuto la maglietta che indosso.

«Bè, ecco io...», ma non faccio in tempo a finire la frase che un'altra voce si intromette nella nostra conversazione.

«È ovviamente la nuova ragazza di Edoardo!», tuona Matteo cingendomi le spalle con un braccio dopo avermi arruffato i capelli sulla testa. «Sempre che tuo figlio abbia tirato fuori le palle per chiederglielo! Ma da quello che ho sentito ieri sera, direi che comunque qualcosa è successo».

Mi scocca un bacio sulla guancia seguito da un occhiolino complice che non solo mi fa avvampare, ma mi mette decisamente in imbarazzo, e poi si stacca da me per andare incontro ad Anna e stringerla in un veloce abbraccio.

Qualcuno mi fulmini in questo momento.

Ricapitoliamo: ho appena incontrato la mamma di Edoardo mezza nuda, con un'aria sfatta e la maglietta del figlio addosso – il che è già sintomatico di quello che implichi – e Matteo le ha appena dato conferma di quello a cui probabilmente era giunta da sola. Resisto all'impulso di strozzarlo davanti a lei, per evitare di aggiungere anche questa cosa alla lista della bella impressione che sto facendo.

E anche oggi, bene così.

Credo di essere rimasta ferma e in silenzio per troppo tempo perché Matteo e Anna mi stanno guardando in attesa di una mia mossa, «Ecco, ehm... i-io vado a mettermi qualcosa di più decente addosso», farfuglio agitando le braccia nella direzione della stanza di Edoardo. Probabilmente in questo momento faccio più pena di un cucciolo di foca, ma, signori, questa è la mia vita: il disagio e le figuracce sono il mio marchio di fabbrica.

Anna mi scocca l'ennesimo sorriso dolce e annuisce, «Certo, tesoro», il suo tono di voce è sincero. «Io intanto metto su un caffè, ti va?».

Annuisco e mi volto praticamente correndo verso la stanza di Edoardo, chiudendomela alle spalle e lasciandomi cadere sul pavimento.

«Che figura di merda», mugugno portandomi le mani in viso.

Prima o poi dovrei scrivere un manuale per dare consigli utili su come non comportarsi in determinate situazioni, ma poi probabilmente, conoscendomi, porterebbe chiunque lo leggesse a vivere le stesse situazioni, quindi è meglio di no.

Resto ancora qualche minuto nella mia bolla di imbarazzo, valutando l'ipotesi di lanciarmi dalla finestra per fuggire, ma poi mi rendo conto che non solo sarebbe infantile, ma anche decisamente controproducente e decido di alzarmi per evitare che vengano in camera a bussare per vedere se sono ancora viva.

Cerco nell'armadio di Edoardo un pantalone della tuta che possa andarmi, perché ovviamente non ho nemmeno qualcosa di mio da mettermi addosso e il vestito di ieri sera non è la migliore delle opzioni.

Mannaggia a lui e al suo sorriso sghembo che mi hanno convinta ad aspettarlo qui e non passare da casa a prendere qualcosa di decente da mettermi!

Sconsolata, guardo all'interno dei cassetti e il profumo che fuoriesce dall'armadio di Edoardo mi calma in parte i nervi: non so bene il perché, ma trovo inebriante il suo profumo, ne sono rimasta colpita dalla prima volta in cui l'ho avuto a tal punto vicino da sentire l'odore della sua pelle e ho notato che sembra avere un potere rilassante su di me.

Accidenti a lui!

Fortunatamente trovo un pantalone della tuta non troppo grande e, dopo averlo rimboccato almeno una decina di volte intorno alle caviglie, faccio un salto in bagno per darmi una sistemata ai capelli e sciacquarmi il viso.

E mentre mi lego i capelli in uno chignon disordinato, noto con orrore l'enorme segno violaceo che ho sul collo.

BENE!

Quando diavolo me l'ha fatto questo?

Forse quando eri decisamente distratta da altro?

Rinuncio alla ricerca di qualsiasi possibile spiegazione ed esco dal bagno, con la coda tra le gambe e il cuore che mi martella nel petto. 

Prima di arrivare in cucina però mi fermo a causa delle parole che Matteo e Anna si stanno scambiando.

«È molto carina», la voce della mamma di Edoardo è appena sussurrata, ma riesco a sentirla lo stesso. «Edoardo è felice?», il tono apprensivo mi fa trattenere il fiato mentre aspetto che Matteo le risponda.

Chissà cosa sa della storia di Virginia, cosa pensa di quello che è successo. Dal tono che ha, Anna sicuramente sa qualcosa e deve aver sofferto nel vedere il figlio stare male per quella stronza. Se solo ci penso mi va il sangue alla testa e vorrei prende Virginia per i capelli; dopo la piazzata di ieri sera poi questo mio impulso non ha fatto altro che accrescersi.

Come si può fare qualcosa del genere a Edoardo?

Scuoto la testa e torno ad ascoltarli, Anna è in silenzio, in attesa di una risposta di Matteo e mi rendo conto di essere anche io decisamente in ansia per le sue parole, perché sentirsi dire da fuori che una persona a cui tieni così tanto, come io tengo a lui, sia felice o meno non è cosa da poco.

A me sembra felice perché, nonostante Edoardo mi sia sempre sembrato un ragazzo abbastanza riservato, ho sempre trovato facile leggergli nello sguardo quello che sente o vedere quando qualcosa non va o lo preoccupa, così come quando è felice. Quei suoi occhi verdi, infatti, riescono a essere sempre espressivi, a trasmetterti tutto quello che sentono e a farti sentire come se fossi la cosa più bella e preziosa dell'universo.

O almeno, è quello che succede con me.

«Mi chiedi se è felice?», Matteo si lascia andare a una risata. «Anna, non credo di averlo mai visto così euforico», fa una pausa. «Quella ragazza l'ha letteralmente stregato; e la cosa bella è che non ha fatto niente per farlo, anzi».

Le sue parole mi fanno subito arrossire, lo stomaco mi stringe in una morsa piacevole e il cuore mi inizia a battere prepotentemente nella cassa toracica. In realtà, se dobbiamo essere pienamente sinceri, è lui ad aver stregato me, con i suoi modi gentili e attenti e con quella bellissima anima che si ritrova.

Possiamo anche dire che i suoi begli occhi verdi hanno contribuito!

«Davvero?», sento l'ombra di un sorriso nelle sue parole.

«Oh, sì», Matteo ride di nuovo. «Alice è molto timida – come hai potuto notare – e non particolarmente incline a lasciarsi andare, ma lui ha visto qualcosa in lei e non ha mai mollato fino a quando lei non ha capitolato. Da quel momento lì, ho sempre visto Edoardo con un sorriso enorme stampato in faccia».

«Ma quindi stanno insieme?», domanda Anna sempre più curiosa.

«Bè, in realtà...», Matteo abbassa ulteriormente la voce e io mi sporgo dal mio nascondiglio per sentire meglio. «Edoardo aveva pensato a...», ma si interrompe quando, mentre mi sto sporgendo ancora un po' per sentire meglio quello che dice, mi inciampo nei miei piedi per colpa della tuta di Edoardo e finisco quasi faccia a terra.

Immediatamente i due si voltano verso la mia direzione. Anna ha la fronte corrugata e lo sguardo confuso mentre negli occhi di Matteo leggo una scintilla di divertimento dovuta alla mia poca grazia.

«Tesoro, stai bene?», Anna mi si avvicina velocemente alzandosi dalla sedia e prendendomi delicatamente per un braccio.

I suoi occhi chiari mi guardano preoccupati e non posso che arrossire, «Sì, scusatemi, ma sono decisamente maldestra e questa tuta non mi aiuta».

Complimenti Alice, non solo facciamo la figura da imbranate totali, ma focalizziamo pure l'attenzione della mamma di Edoardo sul fatto che tu stia indossando i vestiti del figlio.

La mia vita sarà mai priva di disagi e figuracce?

Spoiler: NO.

Matteo poi rincara la dose perché alza un sopracciglio interrogativo e mi lancia uno sguardo furbo, «Stavi per caso origliando?».

Anna si volta nella direzione del ragazzo e lo rimprovera bonariamente, «Matteo, dai».

Dire che divento ancora più rossa di un peperone è usare un eufemismo. «Oh, guarda, sei diventata tutta rossa», ghigna sornione. «Direi che ci ho azzeccato in pieno».

In questo preciso istante vorrei ammazzarlo e capisco tutte le volte in cui Edoardo si è lamentato del suo essere spesso inopportuno.

«Lo sai come dice il detto, "La curiosità uccise il gatto"», dice sibillino. «E poi fossi in te, non vorrei rovinarmi proprio un bel niente scoprendo prima quello che potrebbe succedere».


Edoardo

«Max, queste sono le foto finali che ho selezionato tra tutti gli scatti che abbiamo fatto ieri sera», gli dico mostrandogli dallo schermo del mio computer gli scatti che ho scelto. Il mio capo annuisce lasciando scorrere lo sguardo tra una fotografia e l'altra, senza proferire parola.

«Se tutto va bene, inizio subito a editarle ed entro domani sera ti consegno tutto il lavoro».

Resto in attesa di una sua reazione, un suo cenno o qualsiasi altra cosa, ma queste tardano ad arrivare.

«Max?».

Il mio capo distoglie gli occhi dal computer e si gira verso di me, «Edoardo, sai perché ti ho assunto?», domanda a bruciapelo con tono solenne.

«Ecco... io».

«Te lo dico io perché ti ho assunto», fa una pausa bagnandosi appena il labbro inferiore con la lingua. «Ti ho assunto perché ho sempre pensato che avessi occhio, fossi in grado di fare le scelte giuste e avessi la capacità di immortalare i momenti perfetti».

Il tono di voce di Max è serio, a tratti cupo, e sinceramente inizio a preoccuparmi dal momento che non riesco a capire dove voglia andare a parare. Inizio a chiedermi dove possa aver sbagliato e un brivido mi percorre la schiena.

«Ma a quanto pare mi sbagliavo, questa volta infatti hai fatto un errore molto grave», calca la voce sull'ultima parte della frase e mi guarda al di sopra della sua spessa montatura nera.

Rifletto su cosa possa aver sbagliato: ho dimenticato uno scatto importante? Ho scelto una fotografia con dei difetti?

Non mi sembra, ero e sono soddisfatto della scelta degli scatti che ho fatto, mi sembrava che risultassero efficaci e vincenti per la serata e utili anche per la campagna che verrà realizzata in seguito per il teatro.

«Max, mi dispiace ma io credevo che andassero bene», non riesco nemmeno a formulare una qualche frase che lui mi blocca ancora prima che possa continuare a spiegarmi.

«Ah Edoardo», mi poggia una mano sulla spalla con fare condiscendente. «Mi sembra che manchino degli scatti fondamentali. Non pensi?».

Corrugo la fronte cercando di capire quali siano questi scatti dal momento che mi sembra che tutte le fotografie scelte siano in linea con quanto richiesto e resto quindi in silenzio, non sapendo bene come ribattere e sentendomi mortificato per questo errore che a quanto pare è decisamente grave dalla reazione di Max.

«Non ci arrivi proprio, eh?», alza le sopracciglia in attesa. «Bene, vorrà dire che dovrò rimediare io al tuo errore».

Detto ciò apre la finestra contenente tutte le fotografie, scorrendole una dopo l'altra, fino ad arrivare all'ultimo scatto che pensavo potesse tirare fuori: la fotografia in cui sto baciando Alice.

Ma che?

Mi volto di scatto nella sua direzione, «Non credi che questo scatto riassuma la tua serata?», alza le sopracciglia con fare furbo, «Mi aspettavo che potessi inserirla, no? Come hai potuto compiere un errore così imperdonabile?».

Lo guardo senza parole, ma che diavolo di problemi ha?

Il mio capo scoppia a ridere dandomi una manata sulla spalla, «E dai, Edoardo! Ridi un po'», prosegue allegro. «Avresti dovuto vedere la tua espressione. Credo di non averti visto mai così spaventato», continua a ridere e io in questo momento vorrei ammazzarlo per quanto sia stato idiota.

«Oh, andiamo! Non fare quella faccia, è stato divertente. Ogni tanto devo metterti il pepe al culo, non posso riempirti sempre di complimenti, altrimenti ti monti la testa».

Per te, magari. Non sicuramente per i miei nervi!

«Scherzi a parte, hai fatto un ottimo lavoro come al solito e va benissimo il programma di editing a cui hai pensato», dice fermando le risate mentre l'unica cosa a cui sto pensando io è che vorrei ammazzarlo.

«Comunque», continua indicando lo schermo. «Questo scatto potremmo davvero usarlo per la campagna di San Valentino che ci ha appena commissionato il comune di Milano. Credo sia davvero perfetto per "MilanoInLove"», fa una pausa in cui si sistema gli occhiali sul volto. «Più in love di te in questo momento non c'è nessuno», mi fa un occhiolino. «E questo ci riporta a bomba su di te e sulla serata libera che ti concedo per tornare dalla tua bella», inizia a dirigersi verso la porta e si ferma poi allo stipite. «Di questo progetto e delle altre fotografie parleremo domani alle nove. Divertiti», conclude tutto il suo monologo salutandomi e andando nel suo ufficio.

Ma che?

Scuoto la testa, cercando di comprendere il comportamento di Max, ma rinunciandoci ben presto, dal momento che, vista la serata libera appena vinta, mi affretto a raccogliere le mie cose per precipitarmi fuori dall'ufficio e andare da Alice.

Infilo la tracolla e la macchina fotografica al collo, faccio un ultimo saluto a Max ed esco nel freddo del tardo pomeriggio. Il cielo è coperto e un vento freddo si è alzato, tanto che devo stringermi la sciarpa intorno al collo e sfregare immediatamente le mani tra loro prima di recuperare il cellulare e chiamare Alice.

Lascio il telefono squillare per un bel po', ma non ricevo nessuna risposta, probabilmente avrà il silenzioso o starà facendo una doccia.

Al solo pensiero di Alice nuda e bagnata sotto al getto dell'acqua un fremito mi attraversa e non posso fare altro che affrettarmi per raggiungerla nel minor tempo possibile. I miei piani di questa sera non prevedono altro che averla di nuovo nuda, sotto di me e sentire il mio nome lasciare quelle belle labbra che ha.

Dio santissimo Edoardo datti una calmata, non sei un ragazzino di quindici anni.

No, non lo sono, ma con lei è come se lo fossi.

Non ho mai desiderato nessuno così tanto come desidero lei, non ho mai provato una connessione così profonda con qualcuno e non ho mai sentito nemmeno l'impellente necessità di toccare o avere semplicemente vicina quella persona.

Spinto da questo bisogno quasi fisiologico, corro praticamente verso casa, pregustandomi già il momento in cui potrò finalmente baciarla.

Prendo la metro e arrivo a Cadorna, facendomi poi l'ultimo tratto di strada quasi correndo e scansando le persone che si stanno godendo il sabato: coppiette, amici e famiglie inondano le strade di Milano chiacchierando allegramente sulle alternative per trascorrere la serata e devo dire che sono tentato di portare Alice fuori a cena, in qualche localino intimo e non troppo impegnativo – perché me la immagino già a riprendermi sul fatto che non abbia niente di adatto da mettersi, come se poi mi importasse davvero che cosa si mette addosso – solo io e lei, oppure di ordinare qualcosa da asporto e guardarci un film sul divano, che presto sono sicuro che verrà ignorato dal momento che non potrò tenere a bada le mani.

Sì, forse questa seconda opzione mi piace di più, così potrò averla tutta per me anche stasera.

Arrivo quindi a casa con questa proposta in mente e dall'impazienza faccio fatica a trovare le chiavi e aprire poi la serratura, ma comunque non faccio in tempo a infilarle nella porta che questa si spalanca rivelando la figura di Alice che mi sta guardando timida, con il labbro inferiore pinzato tra i denti, «Ciao...», dice cercando di continuare la frase, ma solo a vedermela di fronte non resisto un attimo di più. Mi precipito dentro casa, chiudo la porta con un calcio, lascio cadere la borsa sul pavimento e le afferro il viso tra le mani prima di posare le mie labbra sulle sue.

La bacio come se non la vedessi da giorni, non riuscendo a staccare le labbra dalle sue e infilando immediatamente le mani al di sotto della mia felpa, «Dio, non sai cosa mi provoca vederti con i miei vestiti addosso», riesco a dirle tra un bacio e l'altro. «Ma mai quanto non vederti nulla addosso, il che...», ma non riesco a concludere la frase perché un'altra voce, decisamente fastidiosa e inopportuna come al solito, mi interrompe.

«LALALALALALA», urla Matteo tappandosi le orecchie con le mani. «Non voglio sapere nulla di quello che vorresti dire o fare. Mi è già bastato sentirvi ieri sera e vedere stamattina Alice mezza nuda».

Ma che?

Il mio coinquilino avanza verso di noi a passo di marcia e scocca un occhiolino ad Alice che è violentemente arrossita e si porta le mani in viso mugugnando un qualcosa che sembra «datemi la forza» per poi voltarsi nella sua direzione, «Matteo ti prego, falla finita. Dammi tregua».

Alzo gli occhi al cielo, conoscendolo non avrà fatto altro che prendere in giro Alice e spero con tutto il cuore che non l'abbia messa troppo in imbarazzo, «Mat, ti giuro che ti ammazzo se...».

«Oh, lo so, lo so», liquida le mie parole con un gesto della mano. «Non preoccuparti, non ho messo troppo in imbarazzo la tua preziosa Alice. So che probabilmente saresti capace di staccarmi la testa», si appoggia al muro appena prima del mobile dell'ingresso.

«E poi», fa una pausa drammatica. «La signorina qui si è messa già abbastanza in imbarazzo da sola», fa un cenno nella sua direzione. «Vero, Ali?».

Corrugo la fronte abbassando gli occhi verso il suo viso corrucciato in una smorfia: Alice si sistema nervosamente i capelli dietro alle orecchie, «Già», rilascia una risatina. «Direi che quello che è successo schizza in cima alla classifica della collezione di figuracce della mia vita».

Matteo annuisce e scoppia a ridere, «Direi che forse tra tutte quelle che ti sei fatta nel giro di dieci minuti, dubito fortemente che potresti battere questo primato».

«Perché?», domando. «Cosa è successo?».

«Ecco, diciamo che...», Alice inizia a parlare, ma viene interrotta dalla voce dell'ultima persona che potessi immaginare.

«La colpa è solo mia. Questa povera ragazza non c'entra niente e Matteo è tremendo come al solito», dice con il classico tono accondiscendente che usa nei confronti del mio amico da quando siamo bambini.

«Mamma?», chiedo sbalordito. «Che ci fai qui?».


Buongiorno a tutti e buon sabato!

Mi scuso per aver mancato di nuovo l'appuntamento settimanale, ma ho davvero un sacco di impegni ultimamente e scrivo quando riesco a ritagliarmi qualche ora di tempo. Mi spiace, ma cercherò di essere più o meno regolare nella pubblicazione dei capitoli, intanto vi ringrazio per essere sempre qui.

Andando a bomba sul capitolo... che ne pensate? Cosa pensate che possa essere la "cosa" di cui parlava Matteo? Come trovate Anna?

Fatemi sapere!

Un bacio e a presto,

Alice. x

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