59.

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Alice

La pallida luce del mattino filtra dalla finestra e batte sulle mie palpebre chiuse. Mugugno, infastidita dal fatto che mi abbia svegliata, e mi giro nel letto alla ricerca di Edoardo: cerco a tentoni la sua figura, ma l'unica cosa che incontrano i miei polpastrelli sono le lenzuola fredde.

Un lamento lascia le mie labbra e alzo quindi la testa aprendo gli occhi per vedere dove è, ma di lui nemmeno la traccia; mi metto seduta e mi stringo le lenzuola al petto sentendo freddo con la sola sua maglietta addosso. Mi sfrego gli occhi, sbadiglio e mi sistemo i capelli dietro alle orecchie spostandomi poi verso il comodino per guardare l'ora sul cellulare.

Nel farlo però, una fotografia, una mia fotografia, che presumibilmente era sul suo cuscino, scivola tra le lenzuola. Accendo la luce per vederla meglio: deve averla scattata stamattina sul presto perché le lenzuola sono le stesse e sul comodino ci sono gli orecchini che ho indossato ieri sera.

La giro e leggo una frase che Edoardo ha scarabocchiato a penna:

Sono in ufficio. Dormivi talmente bene che non ho avuto cuore di svegliarti. Scrivimi quando ti alzi. Ti amo, E.

Sorrido di fronte al suo messaggio e all'ennesima fotografia che mi ha scattato a tradimento, nonostante le mie innumerevoli lamentele di stanotte. Ieri, dopo che entrambi abbiamo trovato in qualche modo la forza di uscire da quella vasca e metterci a letto, Edoardo non ha fatto altro che rubarmi degli scatti: mentre chiacchieravamo infatti mi ha scattato un sacco fotografie, fino a quando non sono riuscita a prendere io la macchina fotografica, mettermi a cavalcioni di su lui e iniziare a scattare a mia volta.

«Aliiiii», mugugna. «Smettila!».

Il flash gli illumina il viso e lui si copre gli occhi con una mano e con l'altra cerca di prendere la macchina fotografica, ma io riesco a sfuggirgli.

«Non è così piacevole, eh?», gli dico mentre continuo a cliccare sul pulsante dello scatto.

Ride sotto di me, posando entrambe le mani sui miei fianchi, al di sotto della sua maglietta, l'unico indumento che ho addosso oltre alla biancheria.

«Non lo ammetterò mai perché poi non faresti altro che petulare su quanto io sia fastidioso e su quanto io debba smettere di fotografarti, cosa che ovviamente non farò mai», sorride serafico.

Mi imbroncio, «Non vale!».

«Invece sì», traccia pigramente con i pollici dei cerchi immaginari sulle mie anche. «Sono io il fotografo tra i due, non posso mettermi permettermi passi falsi, con te. Altrimenti chi ti sente più?», ridacchia quando lo colpisco sul petto.

«Tu sei il vero soggetto interessante tra i due... e poi, non vengo così bene», afferma sicuro e io alzo gli occhi al cielo.

Sbuffo e faccio una smorfia, «Oh, ma per favore! Non dire sciocchezze: il tuo viso è così armonioso e i tuoi occhi bucano l'obiettivo. Sono così belli, chiari e limpidi e questo aggeggio riesce a catturarne ogni singola sfumatura», dico sincera riportando l'obiettivo al viso, ma lui non risponde e quindi abbasso la macchina in grembo guardandolo.

È in silenzio, i suoi occhi sono fissi sul mio viso e ha un sorriso accennato; non dice nulla, mi guarda e basta studiando ogni singolo particolare del mio viso tanto che arrossisco di fronte all'intensità dei suoi occhi. Le sue iridi smeraldo si spostano velocemente su ogni singolo angolo del mio viso prima di tornare a concentrarsi sui miei, di occhi.

«Che c'è?».

Rimane in silenzio ancora un po' e poi si stringe nelle spalle, «Niente».

Alzo le sopracciglia incuriosita, ma lui non parla e continua a sorridermi, così scuoto la testa e riporto la macchina fotografica in viso scattando l'ennesima fotografia.

E il risultato è straordinario perché, non si sa bene per quale congiunzione astrale, sono riuscita a immortalare questa espressione sognante che ha Edoardo in viso.

«Questa me la devi stampare!», gli mostro lo schermo sul quale campeggia la sua immagine.

Edoardo fa una smorfia di fronte alla fotografia e io gli do un buffetto sul petto, «Ehi! La voglio!».

Ride ancora stringendo la presa sui miei fianchi. «Scusami me la merito! Soprattutto per quella parete!», faccio un gesto verso le innumerevoli fotografie sul muro alle mie spalle. «Solo tu puoi tappezzare il muro con le mie fotografie e io non posso averne una tua?».

«E va bene», mi dice lasciandomi un bacio sulla pancia al di sopra della maglietta che mi fa contorcere le budella e accelerare i battiti del mio cuore. «Ma a una condizione».

«Spara».

«Non ti lamenterai più quando ti scatterò delle fotografie», mi guarda furbo bagnandosi il labbro inferiore con la lingua: sa di avermi in pugno.

«Ho altra scelta?», domando scettica.

Sorride compiaciuto, «Direi di no».

E la fotografia che ho in mano ne è la dimostrazione, non smetterà mai di scattarmele e io non potrò farci niente, se non conviverci – e continuare lamentarmi ovviamente, con buona pace di quanto gli ho detto ieri sera.

Ieri sera... arrossisco, mi passo una mano tra i capelli, pinzandomi il labbro inferiore tra i denti, e rilascio un sospiro: se chiudo gli occhi sento ancora le dita di Edoardo sulla mia pelle, le sue labbra sulle mie, il suo corpo longilineo contro il mio, immerso nell'acqua calda della vasca.

Mmmm...

Scuoto la testa per fare ordine tra i pensieri, mi alzo, recuperando un maglione dal suo armadio e un pantalone della tuta prima di andare in cucina a farmi un tè.

Scelgo quello verde scuro, uno dei miei preferiti un po' per come si sposa con la carnagione e gli occhi di Edoardo, e poi perché è caldo, morbido... credo che non glielo restituirò.

Recupero il cellulare e apro la fotocamera scattando una fotografia al maglione e a cui allego questo messaggio, «Sveglia! Ho trovato il tuo messaggio, o meglio l'ennesima fotografia! Quindi come compenso ho deciso che questo maglione è appena diventato mio. Quando torni? Ti aspetto. A. x».

E poi aggiungo un P.S.: «In bocca al lupo con Max e la modella, fammi sapere!».

Speriamo in bene.

Edoardo

Il suono penetrante della sveglia arriva prepotente alle mie orecchie facendomi aprire di scatto gli occhi; cerco a tentoni il comodino e la spengo più in fretta possibile per evitare di svegliare anche Alice, stretta al mio fianco.

Dopo aver tirato giù praticamente tutto quello che c'era sul mobile, riesco finalmente a spegnerla. Sbuffo e mi passo una mano tra i capelli prima di sfregarmi stanco gli occhi: non ho nessuna voglia di uscire da questo letto e andare in ufficio e al lavoro, dove non solo dovrò parlare con Max, ma dovrò forse avere a che fare anche con la modella.

Al solo pensiero mi ribolle la rabbia nelle vene.

Che cazzo.

Che cazzo davvero.

Non intendo sottostare a nessuna malsana proposta abbiano intenzione di farmi, non mi importa di quanto siano dei clienti importanti o una campagna fondamentale per lo studio, non fingerò di stare con quella ragazza.

Che nervi!

Come se sentisse la mia rabbia e il mio turbamento, Alice mugugna nel sonno e si stringe maggiormente a me. Abbasso lo sguardo sulla sua figura ancora addormentata: i lunghi capelli scuri le ricadono sul viso, ha un'espressione corrucciata con le labbra appena dischiuse. Le accarezzo una guancia e immediatamente si rilassa e, nel sonno, si stringe a me.

Sono davvero tentato di svegliarla per baciarla e salutarla prima di questa giornata infernale, ma stanotte siamo andati a dormire tardissimo, talmente tardi che era praticamente l'alba.

Ci abbiamo messo infatti una vita a uscire dalla vasca e poi, una volta a letto, non ci siamo messi subito a dormire perché Alice ha preso la macchina fotografica dalla scrivania e ha incominciato a scattarmi fotografie ridacchiando spesso e volentieri per il mio continuo lamentarmi.

Non mi dava davvero fastidio – nonostante io preferisca decisamente essere dall'altra parte dell'obiettivo – però mi sono divertito a prenderla in giro; e poi vederla a cavalcioni su di me, con solo una mia maglietta addosso, valeva qualsiasi possibile fastidio.

Non la sveglio quindi, mi alzo controvoglia, ma decido di lasciarle un messaggio per il suo risveglio. Recupero la macchina fotografica, le scatto una fotografia che invio subito alla stampante per poter scriverci dietro due righe prima di posarla sul cuscino accanto al suo volto.

Probabilmente quando la vedrà riderà o alzerà gli occhi al cielo, ma non mi importa, sarò pronto a sentire qualsiasi sua lamentela in proposito perché so che lo farà, nonostante mi abbia promesso che non lo avrebbe più fatto.

Le lascio un ultimo bacio sulla fronte, recupero dei vestiti puliti dall'armadio e mi fiondo in bagno per darmi una lavata e cambiarmi.

Una volta pronto, sbircio un'ultima volta in camera e sorrido alla vista di Alice, nascosta sotto alle coperte.

Esco di casa controvoglia sapendo più che bene quello che mi aspetta in ufficio e tutta la calma e la spensieratezza che mi aveva infuso Alice con la sua presenza inizia velocemente a sfumare più mi avvicino all'ufficio e si trasforma fastidio quando arrivo di fronte all'imponente edificio in vetro.

Ma che diamine passa per la testa di Max?

Perché devo fare questa roba?

Perché non mi ha detto niente?

Che c'entra con me?

Non poteva chiedere a qualcun altro?

Domande su domande si accumulano e fanno crescere la mia insofferenza man mano che mi avvicino agli ascensori; diventa poi rabbia pura quando le domande continuano a crescere durante la mia salita in ascensore tanto che, quando le porte si spalancano di fronte a me, sono talmente arrabbiato che esco di gran carriera, non saluto nemmeno la povera Carla, che mi accoglie con il classico saluto e il sorriso dolce sulle sue labbra, ed entro nell'ufficio di Max.

Sbatto la porta talmente forte che il mio capo gira di scatto la testa e capisce subito che sono furioso perché si alza e cerca di venirmi incontro, «Edoardo, io...», inizia a parlare, ma io alzo una mano nella sua direzione intimandogli di stare in silenzio.

Mi accomodo sulla sedia di fronte alla sua scrivania e lo guardo con aria di sfida: mi deve spiegare molto bene questa faccenda e deve darmi una motivazione più che decente perché io decida di dargli retta e imbarcarmi in questa cosa.

Aspetto che si sieda anche lui e poi lo incalzo, «Spiegati».

Max si passa una mano sulla barba e poi si lecca le labbra con fare nervoso, sistemandosi la spessa montatura nera sul ponte del naso.

«Vorrei iniziare chiedendoti scusa», dice lasciandomi spiazzato.

Mi sarei infatti aspettato subito una spiegazione e non una sua richiesta di scuse, di solito infatti lui si muove così, non è il tipo che si prodiga in scuse o quant'altro.

Vedendo la mia espressione perplessa si lascia andare a una risata un po' amara, «Già, non è da me, vero?».

Non dico niente, lo guardo aspettando che continui e lui non tarda a farlo.

«Comunque so che è una situazione di merda e avrei dovuto parlarti prima di quello che dovrai fare», mi lancia un'occhiata. «Ma a mia discolpa devo dire che ho sperato fino all'ultimo che non dovessi farlo», scuote la testa. «In pratica oltre a scattare con me le fotografie per il servizio e scortare Vittoria in giro per Milano, dovrai accompagnarla a qualche cena in cui dovrai presentarti come il suo ragazzo».

«Perché?», domando a denti stretti.

Mi chiedo davvero il perché di questa messinscena e soprattutto perché debba prendere me per impersonarla. «Perché devo essere io e non un qualsiasi modello o personalità dello spettacolo?».

Max sospira, «Perché deve riabilitare la sua immagine... il suo agente ha pensato che un ragazzo normale potesse fare al caso suo», si bagna le labbra. «Vittoria ha passato un periodo di sregolatezza e feste fuori dagli schemi, quindi tenere un profilo basso è la sua priorità».

«Va bene», dico anche se vorrei urlare un bel "chi se ne frega!". «Ma continuo a non capire perché abbia scelto me, avrebbe potuto chiedere a una persona qualsiasi, a un qualsiasi altro ragazzo normale», cerco di fargli notare l'ovvio.

«Beh, vedi... ti ha scelto».

Alzo le sopracciglia con fare confuso, «Mi ha scelto?».

Questa è buona.

«Sì, quando è venuta qui con il suo agente per discutere degli scatti con il direttore creativo ti ha visto uscire dal tuo ufficio e ha rotto le scatole a tutti sul fatto che volesse te dal momento che avrebbe dovuto prestarsi a questa cosa».

«E tu sei stato d'accordo?».

«Sì...», faccio per intervenire, ma lui mi ferma. «Ma solo perché ha minacciato di far saltare il servizio fotografico e la campagna di Chanel e lo studio non può permetterselo».

Cerco di ribattere, ma lui mi incalza, «Lo so, lo so che avrei dovuto parlartene e so che non sarà così piacevole e so che ti stai frequentando con la ragazza di Parigi e che questo ti creerà qualche fastidio».

Qualche... spero che stia ironico.

«QUALCHE FASTIDIO?», tuono. «Max se dobbiamo far credere che Vittoria sia la mia ragazza non credo di doverle solo tenere la mano».

Max sgrana gli occhi, «No, non dovrai però fare niente di straordinario, solo... solo qualche effusione, ma nulla di più. Non ti sto chiedendo di portartela a letto».

E ci mancherebbe altro!

Apro la bocca per ribattere, ma Max alza una mano per continuare nella sua spiegazione.

Stringo i denti: come può anche solo pensare che potrei anche solo toccare o baciare una sconosciuta e non sentirmi terribilmente in colpa con Alice? Mi disgusta il solo pensiero e mi si spezza il cuore all'idea di farla soffrire.

Non voglio e non posso permettermelo.

«Ma proprio per questo in cambio firmerai tu il servizio fotografico di Chanel, sarai tu a gestire l'allestimento con il direttore creativo e ovviamente riceverai un aumento di stipendio. Ne ho già parlato sia con il suo agente che con la casa di moda ed entrambi sono d'accordo», mi guarda serio con una punta di speranza. «E non lo faccio solo per tenerti buono e darti un contentino, ma anche e soprattutto perché ne hai le capacità, sei in gamba ed è arrivato il momento che tu inizi a spiccare come è giusto che sia. Se non mi fidassi completamente di te, non l'avrei nemmeno proposto».

Resto spiazzato dalle sue parole, dalla sua proposta e dallo sguardo orgoglioso che mi sta rivolgendo nonostante entrambi sappiamo benissimo che il contraltare di questa offerta sia più che pesante.

Poter dirigere interamente il servizio è decisamente una proposta straordinaria, però l'altro lato della medaglia è davvero brutto perché non posso che essere preoccupato per il mio rapporto con Alice; ormai la conosco come le mie tasche e ho paura che potrebbe sentirsi in difetto soprattutto dopo l'atteggiamento glaciale che la modella ha avuto ieri nei suoi confronti.

E so anche che potrebbe stare male all'idea di vedermi vicino a qualcun'altra, io reagirei così: andrei letteralmente fuori di testa a vederla con qualcun altro, mano nella mano con un altro ragazzo, uno che non sono io che la stringa a sé, le accarezzi il viso, le sistemi una ciocca di capelli dietro all'orecchio...

«Devo parlarne con Alice».

Max annuisce, «Ma certo, è più che comprensibile», fa una pausa e mi guarda negli occhi. «Mi dispiace Edoardo, davvero, però so che capirà».

Scuoto la testa, esco dall'ufficio e vado nel mio sedendomi dietro alla scrivania e appoggiandoci sopra i gomiti. Mi prendo la testa tra le mani cercando di fare ordine tra i pensieri e capire come posso parlarle e dirle tutto quello che Max mi ha detto.

Mentre mi arrovello, il cellulare vicino al computer si illumina segnalandomi l'arrivo di un messaggio; lo prendo in mano e leggo il nome di Alice che con il suo tempismo perfetto sembra quasi sapere che in questo momento sono in difficoltà e che ho bisogno di lei.

Apro il messaggio e vedo la fotografia che accompagna le poche righe che mi ha scritto: indossa il mio maglione verde e minaccia di non restituirmelo più come pegno dell'ennesima fotografia che le ho scattato stamattina presto.

Riesce a strapparmi un sorriso: sapevo benissimo che si sarebbe lamentata, ma a mia discolpa devo dire che era talmente bella e in pace mentre dormiva che non ho potuto fare a meno di prendere la macchina fotografia con la quale ha giocato per buona parte della notte e scattare la fotografia che le ho poi lasciato sul cuscino.

Sento un po' alleggerirsi la morsa allo stomaco mentre leggo la prima parte del messaggio ma poi vedo il secondo che mi è arrivato da parte sua – che mi augura buona fortuna con il mio capo e la modella – e la morsa torna prepotente attanagliarmi lo stomaco.

Come cavolo posso dirglielo in maniera che non le faccia male? Che non faccia male a entrambi?

Perché esiste un modo? Non mi sembra proprio!

So che probabilmente si dipingerà in viso un sorriso di circostanza, dicendomi che non c'è nessun problema, che capisce benissimo la situazione e che sa che non c'è niente di cui deve preoccuparsi, ma i suoi occhi diranno altro, lo so già.

So già che le sue iridi cioccolato non riusciranno a nascondere quello che davvero sente: ho imparato a leggerla così bene, a capire cosa si cela dentro a quei pozzi scuri e a capire subito se c'è qualcosa che non va o che la turba.

D'impulso la chiamerei per dirle tutto quello che Max mi ha appena detto, per dirle che non voglio farlo, ma che sono stato costretto senza possibilità di scegliere e che in cambio di questa cosa il mio capo mi ha affidato completamente il servizio e mi farà firmare l'editoriale... ma so che è meglio parlarne di persona un po' perché almeno avrò la possibilità di guardarla negli occhi e sondare le sue reazioni, ma soprattutto perché potrò dirle e dimostrarle che davvero non c'è niente per cui deve preoccuparsi perché io non ho occhi che per lei, che lei è l'unica per me e niente o nessuno potrà farmi cambiare idea perché è lei quella che amo e che, anche se non lo sa ancora, da qui a poche settimane diventerà ufficialmente la mia ragazza; o almeno credo, sperando che la sorpresa vada a buon fine.

Andrà bene.

Allora perché ho la sensazione che tutto andrà a puttane?


Ciao a tutti e buona domenica!

Come state? Io abbastanza bene, soprattutto perché sono riuscita ad aggiornare! YEY!

Che succederà secondo voi? Come la prenderà Alice? Cosa le dirà Edoardo? Fatemi sapere che ne pensate! Sapete che vi leggo sempre con piacere:)

A presto e un bacio,

Alice. x

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