62.

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Alice

«Cioè fammi capire... ti sta bene che lui si faccia vedere con una modella in giro per Milano e vada agli eventi con lei comportandosi come se fosse la sua ragazza?».

Arianna calca ogni singola parola guardandomi con un'espressione scioccata mentre sto tirando fuori i panni dalla lavatrice. È appoggiata allo stipite della porta, con le braccia incrociate e una smorfia di disappunto sotto agli occhiali che porta solo qualche volta quando è in casa.

Non mi sta dando tregua, non lo sta facendo da quando sono tornata e io, ingenuamente, ho risposto «Ora meglio» alla semplice domanda su come stesse Edoardo.

La curiosità delle mie coinquiline è stata implacabile, perché la mia risposta ovviamente ha generato altre domande che inevitabilmente hanno portato alla spiegazione della messinscena a cui dovrà prestarsi Edoardo nelle prossime settimane.

Nessuna si è capacitata della mia reazione pacata, anzi mi hanno tutte guardata come se avessi appena confessato un omicidio a mano armata e a cui ho dovuto replicare con una serie di rassicurazioni infinite che ha suscitato reazioni opposte, come capita ogni volta con loro tre.

Marta mi ha guardata con un'espressione torva e molto accigliata e adesso continua a borbottare tra sé e sé non dandosi pace riguardo a quello che ho spiegato loro.

Chiara, nonostante una leggera perplessità iniziale, ha alzato le spalle ed è tornata a farsi gli affari suoi dopo un fine «alla faccia del cazzo per quella stragnocca», che mi ha fatto ridere, ma anche alzare gli occhi al cielo.

Arianna, invece, è l'unica a non darsi pace e il fatto che mi stia seguendo da quando ho sganciato la notizia e continui a pormi la stessa domanda a ripetizione sin da quando le è stata chiara la dinamica della questione, ne è la dimostrazione più lampante.

«Sì, Ari», rispondo sincera per la milionesima volta in poco più di dieci minuti. «Non è che io faccia i salti di gioia, ma mi fido di Edoardo», metto tutti i panni nella bacinella e chiudo l'oblò della lavatrice. 

È ovvio che non faccia i salti di gioia, ma non posso nemmeno stare a farmi il fegato amaro e logorarmi per le prossime duecento quarantacinque ore.

Sì, se ve lo state chiedendo, ho contato anche le ore. È ovvio che l'abbia fatto.

Come non posso aver fatto il countdown per raggiungere finalmente il momento in cui quella se ne andrà a novemila settecento nove kilometri lontana dalla mia vita?

Ho scritto forse "gioconda" in viso? 

No, non mi pare e quindi sì, ho contato anche i kilometri.

Faccio per uscire dal bagno, ma lei mi blocca l'uscita con un braccio, «Ti sta bene che la abbracci, la tocchi in pubblico, che sia con lei per più di due settimane?», domanda nuovamente come se fosse un disco rotto.

Eccola ancora.

Alzo gli occhi al cielo sistemandomi meglio la bacinella sul fianco, «Posso passare?», le domando alzando un sopracciglio.

Arianna sbuffa e scuote la testa, «No! No, finché non avrò una reazione sensata da parte tua!», replica basita. «Io sarei furiosa e oltremodo preoccupata se Armando dovesse fingere di stare con una figa da paura per settimane! Non hai paura che...».

«Che?», la incalzo.

«Che...», fa una pausa e mi guarda negli occhi e io la osservo in attesa. So già dove probabilmente andrà a parare e per questo sono già pronta a risponderle.

«Che... che t-ti tradisca?», si inceppa nelle parole, spaventata di dire ad alta voce quello che probabilmente sta pensando dal primo istante in cui le ho raccontato la storia.

«No».

Arianna mi studia, rimanendo in silenzio tanto che posso quasi sentire il battito erratico del suo cuore. Stupore, ansia e incredulità le si susseguono in viso, «No?», alza le sopracciglia non pienamente convinta dalla mia risposta.

«Esatto, no», accenno un sorriso. «Ora posso passare?».

Arianna alza braccio non staccandomi però gli occhi di dosso quando la oltrepasso. Mi segue, sento i suoi piedi battere sul pavimento e affrettarsi fino a fermarsi a pochi passi da me aspettando che io tiri fuori lo stendino e inizi a sistemare tutto.

«Ma...», si ferma, forse cercando di trovare le parole.

«Ma non ti dà fastidio? Ma come mai sei così sicura che non succeda niente? Ma ti fidi di Edoardo a tal punto?», snocciolo le possibili domande che Arianna potrebbe farmi.

Lancio uno sguardo al di sopra della spalla, trovandola seduta sul bordo del divano con le braccia incrociate e un broncio a corrucciarle la bocca tanto che non posso non sorriderle.

«Ari», mi volto nella sua direzione. «È ovvio che mi dia fastidio. Non immagini nemmeno il fastidio che sento al solo pensiero delle sue mani su Edoardo. La sola idea mi fa venire il voltastomaco e la nausea e dio... le strapperei i capelli uno a uno; ma...», faccio una pausa cercando di trovare le parole migliori per spiegarmi e calmare un po' di quella furia che si impossessa di me al solo pensiero di lei. «Ma ho visto la reazione di Edoardo a quello che lo aspetta, ho visto l'enorme preoccupazione nel suo sguardo quando l'altro giorno è tornato a casa dal lavoro. La sua repulsione e l'angoscia che aveva, e ha, di ferirmi, miste a quell'amore che mi ha confessato con la voce che tremava e con quello sguardo limpido e sincero che mi ha rivolto quando mi ha promesso che non mi avrebbe fatto del male... tutto questo mi rende tranquilla», accenno un sorriso.

«Sono pienamente tranquilla per tutto ciò che riguarda quello che c'è tra di noi», mi stringo nelle spalle. «L'unica cosa che mi preoccupa è il comportamento idiota di quella nei confronti di Edoardo. Viscida gatta morta che non è altro», sibilo tra i denti.

Rimane un attimo in silenzio, elaborando le mie parole fino a quando non esclama, «Chi sei tu e cosa ne hai fatto di quell'insicura della mia amica?», Arianna mi guarda sbalordita facendomi scoppiare a ridere.

Non credo di averla mai vista così impressionata per una mia presa di posizione, anzi per una mia presa di posizione così sicura in fatto di relazioni umane, dal momento che non mi sono mai davvero fidata dei rapporti umani o delle persone in generale, anzi tutt'altro.

«Credi che mi sia così innamorata da essere a tal punto sciocca da pensare che il proprio... ragazzo – perché lo è vero? Anche se non ce lo siamo ancora detti, vero? – non cambi idea e decida che avere tra le mani una modella è un'occasione troppo ghiotta per farsela scappare. Soprattutto dal momento che quella ragazza è molto più affascinante e sexy di quella sfigata con cui si è impelagato?», abbozzo una risatina nervosa scuotendo la testa e alzando le spalle a mo' di spiegazione.

Ottimo Alice, abbiamo appena vomitato tutte le insicurezze che ti frullavano nel cervello con buona pace del "sono sicura", eh?

«Ragazzo, eh?», domanda furba alzando un sopracciglio e pinzandosi il labbro inferiore tra i denti.

Alzo gli occhi al cielo e mi gratto appena al di sopra di un sopracciglio assumendo un'espressione bonaria, «Di tutto il discorso che ti ho fatto hai registrato solo questa parola?».

«E ti stupisce?», Arianna assume un'espressione fin troppo eloquente e accompagna il tutto con un gesto della mano, «Scusami, ma è una cosa importantissima! Quando te l'ha chiesto?», le brillano gli occhi mentre mi pone questa domanda e sembra sprizzare felicità da tutti i pori.

Si avvicina ulteriormente a me e mi prende le mani tra le sue, le sorrido.

«Beh, in realtà... non me l'ha chiesto», mormoro impacciata e lei allenta un po' la presa e mi guarda accigliata. «C-cioè io lo reputo tale e p-penso che anche per Edoardo sia così, ma... lui non mi ha chiesto niente "ufficialmente"», mimo le virgolette. «Che poi, funziona così? Ce lo si chiede? Non lo so, non sono un'esperta in questo campo».

Arianna alza gli occhi al cielo, «Ovvio che ce lo si chiede! Anzi, da quello che mi hai appena detto mi fa strano che lui non te l'abbia ancora chiesto!».

Scuoto la testa in diniego, «Stavo pensando addirittura io di chiederglielo però poi, ecco, è uscito tutto questo casotto con Vittoria e non ho trovato il momento giusto. Volevo fare una cosa carina», sento le guance scaldarsi e un sorriso spontaneo mi si apre sul volto.

«Oooh ma guardati», gorgheggia la mia amica stringendosi le braccia intorno al busto. «Tutta rossa e con quello sguardo luminoso che poche volte ti ho visto».

«Sei proprio innamorata, vero? Cotta decisamente a puntino», mi canzona avvicinandosi a me e cingendomi le spalle con un braccio.

«Già».

Spero solo di non bruciarmi.


Edoardo

Sabato.

Sabato è arrivato. E con lui tutto quello che comporta.

Ieri sera ho portato fuori a cena Alice per quella che è stata l'ultima volta – almeno per le prossime settimane – e poi l'ho accompagnata a malincuore a casa, baciandola sotto alla luce fioca dei lampioni.

Non mi sarei mai staccato da lei, dal suo corpo morbido e caldo premuto contro al mio soprattutto perché sapevo benissimo che l'indomani non mi sarei svegliato al suo fianco, ma in un letto vuoto e freddo e che presto avrei dovuto lasciare per andare in ufficio da Max e poi da Vittoria.

E così è successo.

Stanotte non ho praticamente dormito, mi sono girato e rigirato tra le lenzuola cercando di trovare pace, ma i pensieri non mi hanno dato tregua.

Sono preoccupato, c'è poco da fare.

A nulla sono valse le rassicurazioni di Alice, la sua serenità di fronte a tutta questa situazione perché ho la sensazione che, nel momento in cui magari dovessero uscire delle foto e degli articoli – come peraltro succederà davvero visto che è scritto nel contratto e diverse riviste sono già state avvisate – il suo atteggiamento di fronte a tutta la questione possa cambiare e andare a rovinare quello che c'è tra di noi.

Sono terrorizzato all'idea che possa mettere in dubbio quello che c'è tra noi, che possa pensare che alla fine non sia davvero sicuro di quello che provo per lei e quindi di perderla irrimediabilmente.

Dio, mi viene da vomitare solo a immaginarmelo.

Con questi pensieri ad affollarmi la mente, percorro le strade per andare in ufficio come un automa, spostandomi senza sentire davvero quello che mi capita intorno tanto che attraverso la strada senza guardare e rischio di essere investito da un'auto.

Un clacson e delle urla mi arrivano alle orecchie e mi volto spaventato nella direzione da cui provengono: riconosco immediatamente l'automobile blu scuro di Max e, infatti, nemmeno due secondi dopo il mio capo esce dal veicolo sbattendo la portiera.

«Ma che cazzo!», urla sistemandosi gli occhiali sul ponte del naso e mi lancia uno sguardo di fuoco che però si ammorbidisce nell'esatto istante in cui mi riconosce. «Edoardo... sei tu! Ma dove diavolo hai la testa?».

Scuoto la testa e mi stringo nelle spalle, «Scusami, ero sovrappensiero».

Non dico altro, non ho nemmeno la forza di aggiungere qualcosa.

Il mio capo sospira e si passa una mano sulla testa pelata, «Aaaaaah», emette un lamento. «Tutto bene? Intendo con Alice».

Non ho mai visto Max preoccupato o in pensiero per qualcosa che non lo riguardasse e non posso che essere piacevolmente sorpreso per la sua attenzione nei miei confronti. Mi fa piacere che ormai non mi veda più come un semplice assistente e che abbia iniziato sempre di più a parlarmi e a porsi nei miei confronti come se fossimo, non dico amici, ma colleghi di lunga data.

Faccio per rispondergli, ma un'auto dietro di lui inizia a suonare prepotentemente il clacson, «Un attimo, cristo!», Max si volta nella loro direzione del conducente il quale risponde con un'altra strombazzata.

Il mio capo sbuffa e mi fa segno di avvicinarmi, «Forza, sali che qui sono tutti sversi già di prima mattina».

Lo raggiungo e mi infilo sul sedile del passeggero; Max mette in moto, fa il giro dell'isolato ed entra nel parcheggio privato e sotterraneo dell'ufficio e parcheggia poi al solito posto e spegne il motore, non scendendo però dalla macchina.

Si volta invece nella mia direzione, le sue mani ancora salde sul volante di fronte a lui, «Quindi?», mi incalza.

«Quindi cosa?».

Alza gli occhi al cielo e sbuffa, «Edoardo non fare il vago», mi rimprovera bonariamente. «Quindi come l'ha presa la tua ragazza?».

Ragazza. Non lo è ancora, ma lo sarà. Vero?

«Stranamente bene», mi passo una mano tra i capelli e sento gli occhi attenti di Max sul mio viso.

«Davvero?», domanda infatti basito. «E allora perché sei così preoccupato? Cioè, se hai il suo benestare, vai tranquillo, no?».

«No che non posso stare tranquillo», scuoto la testa. «Non posso stare tranquillo perché la conosco e temo che quando uscirà qualcosa di più... esplicito questo possa ferirla e farle mettere in dubbio quello che c'è tra noi e io... non voglio che succeda la stessa cosa che è successa quando quell'arpia della mia ex...», espiro con l'ansia che mi attaglia di nuovo lo stomaco.

«I-io... non posso perderla».

Non posso, ne sarei devastato. Ci sono immerso fin dentro al collo.

«Intendi quella cosa che è successa prima della serata alla Scala?».

Annuisco e lui allora continua, «Mi sembra però che da allora le cose siano cambiate, o mi sbaglio?».

Le parole di Max mi fanno riflettere e ripensare a tutto quello che è successo dopo che Alice ha visto la foto di Virginia sul mio pc; ripercorro le giornate che abbiamo passato insieme, la sua sicurezza nel rimettere al suo posto Virginia dopo lo spettacolo alla Scala, i suoi occhi quando le ho confessato di amarla e la voce emozionata che aveva quando mi ha detto che per lei era lo stesso.

E poi tutto quello che è  venuto dopo: la sua forza, la sua simpatia, il suo essere sempre pronta a supportarmi e farmi staccare dallo stress del lavoro; la sua tenacia nel tranquillizzarmi e rassicurarmi quando la settimana scorsa Vittoria si è presentata con quell'aria da spocchiosa e la sicurezza con cui nei giorni passati, così come ieri sera, mi ha ribadito quanto sia certa di quello che c'è tra di noi, dei miei sentimenti nei suoi confronti e che soprattutto non le importa di quello che vedrà o sentirà perché la sera «tu penserai a me e non a lei, tu tornerai da me e non da lei».

Resto in silenzio, elaborando tutto quello che mi passa per la testa e arrivando pian piano alla realizzazione che forse non dovrei partire prevenuto ancora prima di iniziare e fasciarmi la testa prima di averla battuta.

D'altronde, se Alice è tranquilla e sicura, perché non dovrei anche esserlo io?

Anche Max rimane zitto forse intuendo la deriva dei miei pensieri, tamburella soltanto distrattamente le dita sul volante, lasciandomi il tempo di arrivare alla stessa conclusione a cui probabilmente è giunto anche lui.

«Sai, Edoardo», spezza il silenzio dopo un po' usando un tono pacato. «Io non sarò un esperto di relazioni, ma da quel poco che ho visto di lei e quello che vedo di te posso espormi e dirti che andrà bene e questi giorni saranno solo poi una minuscola parentesi di cui riderete entrambi», mi rivolge un sorriso gentile e non posso che essere colpito di nuovo da questa sua attenzione nei miei confronti.

«Grazie Max».

Il mio capo scuote la testa e si stringe nelle spalle, «Ci mancherebbe», accenna un sorriso. «Alla fine ti ho infilato io in questa situazione... è giusto che ti rassicuri come posso».

Non posso darti tutti i torti!

Batte una mano sul volante, «Forza su, sali a recuperare il materiale che ti serve, ti accompagno io al primo appuntamento».

«Davvero?».

«Sì, certo».

Annuisco e apro la portiera per uscire dall'auto di Max, ma prima di chiuderla mi sporgo di nuovo all'interno, «Grazie, sul serio».

In tutta risposta sbuffa e alza gli occhi al cielo, ma un sorriso è più che evidente sulle sue labbra, «Dai, sbrigati! Non ho tutto il giorno», commenta riacquistando immediatamente il suo fare burbero facendomi ridere.

Chiudo la portiera e mi affretto verso gli ascensori digitando il codice che serve per salire al nostro piano, dal momento che il custode non può controllare bene gli accessi dal seminterrato. La salita è breve e quando mi si aprono le porte davanti, queste mi rivelano l'ufficio vuoto perché è sabato e Carla non lavora nel fine settimana, pur rimanendo reperibile al telefono.

Mi fa strano quindi quando vedo un cappotto, per nulla familiare, malamente posato sulla sua scrivania. Nessuno, a parte me, Max e Carla, ha accesso a quell'ufficio nel weekend a meno che non sia accompagnato da noi.

«Carla? C'è qualcuno?», chiedo alzando la voce, ma non ottengo nessuna risposta.

Corrugo la fronte confuso, non capendo a chi possa appartenere quella giacca e mi dirigo cauto nell'ufficio di Max per vedere se c'è qualcuno, ma niente; anzi, tutto sembra in perfetto ordine, come è solito lasciare.

Esco e raggiungo il mio; la porta è socchiusa – e io non la lascio mai socchiusa – e il cuore inizia a battermi forte nella cassa toracica quando poso la mano sulla maniglia e spingo per aprirla.

La prima cosa che noto è che gli oscuranti sono stati tirati e per questo non c'è la solita luce del sole che normalmente illumina la stanza. Mi guardo attorno confuso fino a quando non noto, al debole chiarore che filtra dalla finestra, una serie di capi di vestiario, buttati qua e là sul pavimento.

Ma che?

Sposto lo sguardo verso la scrivania, tutti i fogli sono in disordine, la lampada è stata spostata dalla sua solita posizione e la poltrona, sulla quale normalmente lavoro, è girata verso il muro.

«Ma che diav...».

Non faccio in tempo però a finire la frase che la lampada in questione viene accesa e la poltrona ruota rivelando nessun altro se non l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere qui, dal momento che dovrebbe essere nel suo hotel ad aspettarmi prima di iniziare la prima parte del servizio fotografico: Vittoria. 

Vittoria, coperta solamente dalla biancheria intima, che gioca distrattamente con una ciocca di capelli, arricciandosela sull'indice.

«Ciao tesoro», calca melliflua sull'appellativo, i suoi occhi chiari sono pesantemente truccati di scuro e le sue labbra sono tinte da un rosso troppo acceso. «Visto che è il nostro primo giorno da fidanzati volevo farti una sorpresa», si alza facendo qualche passo nella mia direzione. «Ho sempre sognato di fare sesso nell'ufficio del mio ragazzo».

Sono paralizzato: non riesco nemmeno a muovere un muscolo a causa dello stupore di vederla qui, praticamente nuda, nel mio ufficio e sentirmi rivolgere queste parole. Un brivido mi percorre la spina dorsale e non riesco a pensare coerentemente mentre avanza fino a raggiungermi e posare entrambe le sue mani sulle mie spalle.

Si alza sulle punte dei piedi e si avvicina pericolosamente al mio orecchio, il suo respiro caldo mi solletica la pelle.

«Che ne dici? Ci divertiamo un po'?».


Buonaseraaaaaa!

Guess who's back? Me! Scusate l'assenza, ma l'inizio dell'anno è stato un po' frenetico, ho ripreso a lavorare, ho compiuto 26 anni lunedì scorso (esatto, i 30 sono dietro l'angolo) e mi sono goduta gli ultimi sprazzi di libertà prima dell'ennesima zona rossa.

Chi è sull'orlo della crisi di nervi? Esatto, io.

Okay basta con gli sproloqui, veniamo a noi... che ne pensate? Alice è sicura, Edoardo meno e Max tenta di convincere anche il bel moro, ma poi Vittoria arriva e inscena questo ehm... spettacolino?

Che succederà?

Let me know your thoughts:)


A presto,

A. x

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