6. Nemmeno Dio ti può salvare

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Il medico, che mi visitò subissandomi di domande alle quali non mi presi la briga di rispondere, era assai giovane e caparbio. Insisteva nel voler sapere cosa ci facessi nudo nell'acqua fredda di notte. Non era uno stupido, desiderava solo che ammettessi che la mia non era stata l'impresa sportiva di un naturista, cosa che mi ostinavo a ripetere d'aver fatto, anche perché non volevo che l'interrogatorio successivo fosse quello di un carabiniere.

Quando finalmente se ne andò, chiusi gli occhi per riposare, ma la pace non durò che pochi minuti perché entrò nella stanza don Adriano, il parroco della Basilica di Santa Maria Assunta di Camogli, venuto, a sentir lui, a portare sollievo a un'anima in pena.

A Camogli erano finite le pecorelle da salvare che si era disturbato a giungere fino a Recco?

«Gabriele, come hai potuto? Avresti perso la tua anima per sempre.»

Attaccò un sermone contro il suicidio, o anche solo il tentato, che si concluse con un «Dio ti ha dato la saggezza di ripercorrere i tuoi passi e mettere in salvo la tua anima immortale.»

Non sopportavo il tono da sermone medievale né il timbro della voce, talmente basso che lo avvertivo nello stomaco, ma sapevo che, se avessi ribattuto, non me lo sarei mai tolto di torno.

Alzò l'indice al cielo e riprese a blaterare qualcosa sul mio tentativo e sul fatto che Dio mi avesse salvato. Trattenni il fiato per non dire nulla e lui mi guardò in attesa di una qualsiasi mossa che rivelasse il mio pentimento.

«Nonostante i tuoi peccati, Lui ti ha salvato! Ha salvato te e non altri più meritevoli. Non dici nulla di questo dono immenso del Grandissimo?»

«Tieni Dio fuori da questa storia, prete. Sono stato salvato da qualcuno... se fosse stato per me, ora, non sarei più un fardello per questa terra.»

«Dio benedica quell'uomo...»

«Uomo?»

«... una donna?»

Il volto ovale si allungò ancora di più e le sopracciglia si inclinarono a formare una V.

«Era una donna per il volto e le braccia, ma in basso...»

Da quando avevo ripreso a confessarmi?

«In basso che cosa?»

«In basso c'era la coda di un grosso pesce.»

Cosa avevano messo in quella flebo? Non capivo perché stessi parlando con lui...

Don Adriano abbozzò un rapido segno della croce e mi benedisse, poi chiamò il medico, bisbigliò qualcosa come se non fossi nemmeno presente e si fece di nuovo il segno della croce quando il dottore si allontanò.

«Allucinazioni. Le sirene non esistono, figliolo. Dio nella sua infinita saggezza non ha messo in mare creature demoniache.»

«Prete, sono in mare da prima che compissi dieci anni, so che non esistono. O non le ho mai incontrate prima... Mi ha salvato qualcosa che non era umano, comunque.»

Armeggiai con la flebo per chiuderla. Parlare con don Adriano sarebbe stato come confessarmi all'intera cittadina: ogni parola sarebbe stata usata contro di me.

«Le allucinazioni sono figlie del demonio. Pentiti! Dio ascolterà la tua supplica, ti salverà dalle fiamme dell'Inferno. Pentiti! Non puoi credere che il diavolo incarnato ti abbia salvato!»

Non mi aveva nemmeno sfiorato il dubbio.
In Don Adriano la fede religiosa era sostituita da una superstizione genetica, tramandata di padre in figlio da almeno cento anni.

Il tutto era iniziato col fratello del suo bisnonno che, dopo che un gatto nero gli aveva attraversato la strada, morì cadendo da un pero.
In realtà impiegò tre giorni a tirare le cuoia, di cui i primi due non fece altro che sbraitare contro la malasorte per convincere il fratello ad andare alla ricerca dell'animale che gli aveva gettato la iettatura.
Il terzo giorno si chiuse nel suo dolore fino a quando non gli venne presentato, imprigionato in un sacco e ucciso a bastonate, la povera creatura. Finalmente l'uomo potè morire in pace e venne seppellito assieme alla pelliccia nera.

Il nonno del prete era piccolino quando avvenne il fattaccio e, come spesso accade quando si è carta vergine, credette alle parole di suo padre e crebbe con la ferma convinzione che eliminare i gatti neri fosse una missione dettata direttamente dall'Altissimo. Stessa sorte avvenne per il genitore del prete.

Uno penserebbe che il sant'uomo timorato di Dio, per professione scelta, credesse nell'infallibilità dell'Onnipotente anche nel creare felini neri, ma don Adriano era fermamente convinto che il demonio si incarnasse regolarmente in qualcosa e quegli animali neri erano il suo capro espiatorio preferito.

Ogni sette agosto, ricorrenza della sciagura accaduta al pro-prozio, veniva sempre ritrovato il cadavere di un gatto scorticato e, anche se nessun fedele l'avrebbe mai ammesso, tutti sapevano che era proprio il prete il sadico omicida.

«Kyrie, eleison. Christe, eleison. Kyrie, eleison. Christe, audi nos. Christe, exaudi nos. Pater de caelis, Deus, miserere nobis. Fili, Redemptor mundi, Deus, miserere nobis.»

Nel mio delirio sentii di nuovo il medico al mio fianco mentre riapriva la flebo, mi tastava il polso e mi illuminava gli occhi con una torcia.

«Spiritus Sancte, Deus, miserere nobis. Sancta Trinitas, unus Deus, miserere nobis. Sancta Maria, ora pro nobis

Ero sicuro di aver visto una sirena, perché quel prete non smetteva di blaterare in latino?

«Allucinazioni. Frequenti in chi è andato in ipotermia. La temperatura è quasi tornata normale ... Non c'è nessun parente che possa venire ad assisterlo?» domandò il dottore e il prete scosse la testa.

«La madre è stata appena seppellita. E lui – come dire? – non gode della stima dei camoglini.»

Quando si rifece il segno della croce, desiderai che si slogasse il braccio.

«Nessuno che possa venire qui a Recco? Nemmeno una delle donne che si vanta di fare beneficienza?»

Il dottore mi guardò e io tornai a fissare il soffitto in attesa che don Adriano parlasse.

«Lui è considerato ...» il prete tentennò e si riesibì nel segno della croce, casomai non fossero bastati quelli già fatti.

«Per tutti, sono l'assassino della mia fidanzata» finii io la frase prima che il medico valutasse la possibilità di ricoverare il don nel letto accanto al mio.

Non venne nessuno.

Una persona come me non era degna nemmeno della carità della gente. Feci ritorno in treno, vestito con una tuta offerta dalla Caritas e il biglietto pagato dal dottore.

«Mi raccomando: prenda gli antidepressivi e vada all'appuntamento col neurologo. Lei dice che i suoi concittadini la considerano l'assassino della sua ragazza, ma lei come considera se stesso?»

«Non sono riuscito a salvarla.»

«E così voleva morire?»

«Non volevo morire, quante volte glielo devo ripetere?»

«Non è curioso di sapere cosa abbia veramente in serbo per lei la vita?»
Meglio tacere.
«Lei era uno skipper famoso. Questo l'avrà spinta a credere di non poter sbagliare, ma accade continuamente.»

«La donna che amavo ha perso la vita per un mio errore.»

«Se li commetto nel mio lavoro, le persone peggiorano o muoiono.»

«Le è mai successo con qualcuno che amava?»
Il dottore negò con un cenno del capo e si toccò la fede. In quel momento pensai che avrei potuto anche io essere sposato, ma che non ero stato così fortunato.
«La invidio.»

«Non perda tempo a invidiare un passato che non le appartiene, si impegni a costruire un futuro degno di essere vissuto.»

«Lei non può capire.»

«Tutti lottiamo contro i nostri demoni.»


🧜🏻‍♀️DISCLAIMER🧜🏻‍♀️
Nessun animale è stato torturato o ucciso durante la stesura di questo romanzo.
Anche nella eterna lotta con le zanzare, nonostante la mia indubbia superiorità intellettiva (e di massa) rispetto al fastidioso insetto succhia-sangue, ne sono uscita perdente.
Gli abitanti di Camogli adorano i gatti.
Sono tutti personaggi di fantasia, sebbene il prete ricordi vagamente un don Adriano che soleva tirare le guance a noi bambini fino a lasciarci dei segni. I nostri genitori dicevano che era simpaticissimo. Evidentemente diventando adulti si perde la capacità di giudizio... purtroppo io sono adulta già da un bel po' di anni, ma l'alternativa al crescere non è allettante.

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