Capitolo Nove

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"Ticchetto le unghie sugli anelli nervosamente. Sono un fascio di nervi e in più non me la sento di sedermi al tavolo dove il detective è già sistemato. Sospiro, alzando gli occhi al cielo mentre Alexander rimane in piedi con le mani nelle tasche a fissarmi".

"Smettila di camminare avanti e indietro". Mi dice lui nei pensieri, bloccandomi di scatto.

"Alexander ti prego, stiamo per scoprire se quella donna è una vampira. Come fai a non essere nervoso?". Gli faccio un'espressione accigliata.

"Smettila di guardarmi così, sembrerai pazza". Continua, questa volta voltando lo sguardo verso la porta.

"Il cigolio mi distrae mentre due agenti di polizia entrano nella stanza scortando Natalie. Rimango immobile presa dall'agitazione e allo stesso tempo dalla curiosità. Voglio sapere, conoscere se la mia pista sia valida e soprattutto dare voce a quello che i miei pensieri mi mostrano da un bel po' di tempo. Il mistero, quello che c'è dietro a quest'omicidio".

"Natalie fa la sua entrata nella stanza. Questa volta indossa la tuta del carcere ma il volto di quella donna è qualcosa di struggente. Deglutisco a fatica per la scena che sto osservando. L'età sembra essergli avanzata velocemente coprendo il volto di una nube di negatività e dolore. Gli occhi gonfi delle notti passate a piangere, le occhiaie che li ricoprono e le labbra serrate e mangiucchiate dal nervosismo".

"Si siede poggiando le manette che tengono le sue mani sul tavolo. Le guardie si mettono davanti alla porta e il detective comincia subito a sfogliare i fascicoli con nonchalance davanti allo sguardo vuoto e perso della donna".

"Cerco di nascondere al meglio la tristezza che mi rimanda la sua espressione. Non è compassione perché averne per qualcuno, molte volte, mi sembra sbagliato ma è comprensione. Del dolore che prova, di tutto quello che ruota intorno a lei e alla sua famiglia. Ormai senza più uno spiraglio di luce, di felicità che possa mostrargli che tutto andrà bene. E se io, che lo vivo da avvocato, sento quanto sia difficile, figuriamoci per lei, per la donna, la madre di quel ragazzo".

<<Sta bene signora Natalie?>>. Domanda il detective.

<<Sì>>. Risponde lei con un filo di voce.

<<Ha qualche richiesta? Qualcosa che non va bene?>>. Congiunge le mani Henry, facendo le domande di routine.

<<No, nessuna>>. Continua la donna.

<<Bene Natalie, lei è qui sa perché?>>. Chiude i fascicoli facendo un rumore pesante.

"Osservo Alexander portarsi le dita tra le labbra e ignorando completamente i miei sguardi, rimane vigile sulla donna cercando di studiare al meglio ogni minimo movimento".

<<Sì, tra un mese ci sarà l'udienza>>. Sospira la donna trattenendo la voglia di piangere.

<<Sì, questa è una delle uniche volte in cui lei potrà parlare e dire ogni cosa davanti al suo avvocato. La signorina Davis, che ha chiesto per il suo bene, di farle parlare con un uomo che in passato si è trovato nella sua stessa posizione>>. Spiega Henry con tono autoritario.

"Natalie lo segue con lo sguardo non appena lui si alza e si avvicina ad Alexander".

<<Quest'uomo Natalie è un testimone di ciò che significa, essere accusati di un omicidio esattamente come quello di suo figlio. Con la differenza che lui è innocente mentre di lei non sappiamo ancora nulla. Sfrutti al meglio quest'occasione e parli con la signorina Davis se crede che sia giusto farlo. Ha bisogno di prove per l'udienza ma è logico anche, che lei si sia avvalorata della facoltà di non rispondere e può sfruttarla come meglio crede>>. L'austerità nella voce del detective è palpabile, alza poi le mani ritornando al suo ruolo fondamentale ed esce dalla stanza.

"Ascolterà tutta la conversazione da dietro lo specchio ma è giusto così. Se Natalie può sentirsi a suo agio, è meglio che non rimanga con noi".

<<Natalie, io voglio che collaboriamo insieme, lo sai. Prima di ogni altra cosa viene la giustizia verso tuo figlio. Vorrei che parlassi con quest'uomo. Ha vissuto ciò che è accaduto a te e vorrei che riuscissi a ricordare>>. Le spiego con dolcezza invitando Alexander a sedersi di fronte a lei.

"La donna annuisce mentre lui si avvicina, sbottona la giacca e si siede congiungendo le mani davanti a sé e ponendo la schiena sullo schienale della sedia. Mi guarda ed io gli faccio un cenno con il capo, segno che adesso ha la libertà di parlare con Natalie".

<<Sono Alexander>>. Dice, con una voce tranquilla ma glaciale come il suo sguardo.

<<Natalie>>. Fa lei.

<<Posso darti del tu?>>. Chiede Alexander accavallando le gambe e portando le mani sulle cosce.

<<Sì>>.

<<Natalie, io so' che cosa significa essere seduti dove sei tu adesso. Il mio compito qui è di poterti aiutare, di scoprire cos'è accaduto>>. Spiega lui.

<<Quando è successo?>>. Domanda la donna riferendosi ad Alexander.

<<Circa tre anni fa...>>. Risponde poi, serra le labbra.

<<Chi?>>. Chiede ancora Natalie.

<<La mia ragazza dell'epoca. L'hanno ritrovata morta a casa nostra>>. Spiega, con austerità.

<<Com'è morto Carter?>>. Mormora lei, Alexander le risponde annuendo.

<<E sei riuscito ad andare avanti?>>. Natalie lo osserva con un'espressione malinconica.

"Alexander non risponde seguendo perfettamente il suo sguardo. Io, in piedi davanti a loro cerco di sembrare poco agitata. Guardo nello specchio consapevole del fatto che Henry sta seguendo tutta la scena e mi limito a restare in silenzio, anche se so' che per entrambi parlare di ciò che è accaduto, non è facile".

<<Perché io non ci riesco. Non so pensare alla mia vita che va avanti senza mio figlio. Ho un dolore qui, al cuore che non mi lascia vivere. Ho notti insonni, in cui cerco di ricordare senza riuscire, pianti che mi stanno strappando l'anima e il vuoto di lui... che non c'è più. Allora sto malissimo, perché vorrei aiutare ma non ci riesco, Alexander. Non riesco a ricordare niente e la mia esistenza qua dentro è ciò che pago per non riuscire a sapere cos'è accaduto, per aver perso mio figlio... senza... senza nemmeno avergli detto addio>>. Le parole di Natalie escono fuori realmente in un pianto lungo e forte.

"Mi volto portandomi una mano in viso. Devo essere forte, anche se il mio istinto mi dice che lei non c'entra niente. Non posso e non devo perdere la professionalità e la moralità del mio ruolo in questo incontro. I singhiozzi di Natalie, struggenti e pieni di dolore si attenuano costringendomi a guardare verso di loro. Le mani di Alexander prendono quelle della donna che lo osserva dritto negli occhi mentre lui, nella serietà che lo contraddistingue rimane in silenzio".

<<Non è facile Natalie... sei sicura di non ricordare?>>. Domanda Alexander quasi come un mormorio.

<<Non ricordo niente>>. Risponde subito la donna.

<<Mi dispiace per la tua perdita Natalie>>. Si alza Alexander sciogliendo poi, le sue mani a quelle di Natalie avviandosi all'uscita.

"Lo seguo, dando anche il tempo che ha bisogno a Natalie di riprendersi. Parlare ancora, di quello che è accaduto, anche se di dovere non è semplice. Appena entro nell'ufficio del detective entrambi sono già in discussione cercando di percepire che cosa nasconde la donna".

<<Non credo ricordi realmente ciò che è accaduto>>. Spiega Alexander.

<<Quindi secondo te è sincera ma può anche aver giocato la carta della compassione, verso di te>>. Si acciglia Henry.

<<Non provo compassione tanto facilmente, per qualcuno che possa essere sospettato di omicidio. Io credo che lei non nasconda niente e che realmente non sappia che cosa sia accaduto>>. Gli risponde Alexander, a tono.

<<Da cosa puoi dedurlo?>>. Domanda ironicamente il detective.

<<Dal fatto che sta morendo>>. Gli risponde Alexander con nonchalance.

<<Che cosa vuoi dire?>>. Mi avvicino con sgomento.

"Morendo? Natalie... no, no questo non è possibile".

<<Che sta morendo. È malnutrita, i pianti la stanno consumando. Si sta lasciando morire per il troppo dolore>>. Dice Alexander guardando Henry negli occhi.

<<Non è colpa del carcere. È un tentativo di suicidio, prova che lei sa... che lei è colpevole!>>. Si arrabbia.

<<Non puoi dirlo. Non hai nessuna prova per farlo, lei... lei ha bisogno di stare bene prima per se stessa e poi, per il caso. Anche se fosse l'omicida non possiamo togliergli nessun diritto né cure né cibo>>. Intervengo.

<<Nessuno le sta togliendo niente ma se lei non vuole mangiare, o andare in infermeria noi non possiamo farci nulla>>. Urla il detective.

<<Ah sì? Quando però ci sono degli interrogatori sapete andare a prendere e trascinare i carcerati dove volete ma per le loro cure no? Io non posso permettere che la mia cliente non sia tutelata. Ho bisogno di lei, ne ha bisogno suo figlio... per avere la giustizia che merita>>. Stringo i pugni innervosendomi ancora di più.

"Non posso permettere che questo accada. Loro, non vinceranno condannandola se non ha commesso nessun reato. È una donna, un essere umano ed è mio dovere come suo avvocato far sì che lei stia bene e che sia assistita. Il silenzio cala nella stanza dove Alexander con uno sguardo glaciale, rimane immobile mentre Henry respira con rabbia, cercando di trovare la soluzione appropriata, almeno spero..."

<<Va bene>>. Dice a denti stretti chiamando subito una guardia e riferendogli delle cure di cui necessita Natalie.

<<Grazie di fare il tuo dovere>>. Gli rispondo seccata.

<<Lo faccio Katherine, ogni giorno>>. Si avvicina e invece di incontrare la mia persona, Alexander si pone davanti a noi.

<<Lasciamo che le cose seguano il loro corso e soprattutto che le leggi siano rispettate da tutti>>. Divide il nostro nervosismo allontanandoci.

"Mi volto prendendo la mia borsa e mettendola sulla spalla. Sono stanca e i miei nervi sono a pezzi. Non posso reggere mi dice il mio corpo mentre la mente continua a ripetermi che posso farlo... anzi che devi farlo Katherine, l'hai scelto tu e anche se una dura prova è arrivata agli inizi questo può solo farti migliorare. Eppure scapperei lontano e cercherei soprattutto di tenere situazioni strane lontano da me".

<<Ti devo parlare un secondo>>. Alexander mi stringe un braccio.

"Annuisco avvertendo il detective che esco per un caffè. Non mi rivolge la parola ma anche se è nervoso dalla situazione devo comunque tener conto che qui è il capo. Alexander cammina davanti a me guidandomi su un luogo appartato. Usciamo per la porta sul retro che affaccia sui giardinetti e i parcheggi delle auto. Poco trafficato, ci permette di poter parlare da soli".

<<Che cos'è successo?>>. Domando allarmata.

<<Nulla, ma quella donna è davvero ed evidentemente umana>>. Mi spiega.

<<Sul serio sta morendo? Lei non è una vampira?>>. Stringo le braccia guardandomi intorno e cercando un tono abbastanza silenzioso.

<<Esattamente. Sta provando a suicidarsi. Sentivo il suo cuore battere lento e in più le vere emozioni. È stata soggiogata per ripetere sempre di non ricordare, probabilmente aveva assistito alla scena e in più la sua mente riporta le immagini del figlio durante il sonno. Ecco perché crede di vederlo>>. Porta le mani nelle tasche con un'espressione molto seria.

"Stringo le labbra con il rammarico di quello che Natalie sta provando. Non è lei la vampira, non è colpevole e in più la situazione in cui vive le sta portando via l'unica possibilità di riuscire a vivere e uscire da quel posto. Rimaniamo in silenzio, senza poter fare altrimenti. In quest'ultimo periodo mi accorgo di avere poche parole, che a volte il silenzio mi permette di pensare più di quanto riesca a dire veramente o a esprimere, nel modo giusto".

<<Il detective si metterà sicuramente a lavoro. Ce la farà>>. Cerca di rassicurarmi.

<<Grazie di aver accettato. Avevo bisogno di te, eri l'unica possibilità che avevo di poter scoprire la verità. Lei non è un vampiro ma è stata soggiogata, quindi sappiamo che realmente Carter è stato ucciso da uno di loro>>. Gli rispondo.

<<Lo avrei fatto comunque, anche se non me lo avresti chiesto. Sì, un vampiro ha ucciso Carter e ha soggiogato la madre per non ricordare e mostrarla come colpevole dell'omicidio>>. Si avvicina.

<<E non è tutto...>>.

"Lo guardo perplessa, che cosa può esserci ancora?".

<<Ho guardato le foto di quel ragazzo e le ferite inferte. Non è un vampiro qualunque, probabilmente secolare... Maryanne non aveva inflitto le stesse ferite a Jennifer. Questo è un predatore molto più assetato di sangue>>. La sua voce diventa un sussurro.

<<Che cosa? Un vampiro... oh mio Dio...>>. Mi porto entrambe le mani alla bocca.

"Esiste qualcuno... una Cosa, peggiore di Maryanne. Molto più maligna, senza scrupoli e peggiore di quella che io ho conosciuto come vampira forte, ceduta completamente al lato oscuro e capace di utilizzare la magia nera. Questo non è possibile, non è reale... non può esserlo. Dove viviamo realmente? Chi vive insieme con noi? Chi può provare così tanta malignità vero il genere umano?".

<<E l'ha fatto perché vuole che si parli di lui...>>.

<<Alexander io... ho paura, seriamente paura. Io sono dentro a questo caso, Natalie è la persona che io difendo davanti al tribunale. Che cosa posso fare? Oh mio Dio... io, sono dentro a questa storia... ho addirittura cercato la verità e so' che c'è questo vampiro dietro. Non voglio che mi faccia del male, non voglio di nuovo subire...>>.

"Comincio a balbettare con le lacrime che mi scendono sul volto. Alexander mi prende per i polsi ma mi dimeno presa dalla paura, dalla preoccupazione. Non voglio, non voglio morire di nuovo... sentirmi male, perdere ogni cosa e finire sotto le grinfie di un vampiro questa volta peggiore del demonio che ha perseguitato le nostre vite fino a poco tempo fa".

<<Ascoltami, Katherine... Katherine. Non ti succederà nulla, hai capito?>>. Mi strattona, avvicinando il suo viso al mio.

<<Non permetterò a nessuno di farti del male. Nessun umano, nessun vampiro Katherine. Niente ti sfiorerà, tu sii sempre prudente. Verbena, crocefisso e tieni gli occhi aperti. Puoi farlo, lo sai. Ti sei allenata, l'addestramento ha funzionato e tu sei stata la donna più forte sulla terra. Sei stata capace di sparare un colpo al cuore ad una vampira pazza ma soprattutto potente. Ricordati questo, tu sei forte ed io veglierò sempre su di te>>. Mi prende il viso tra le mani.

"Le sue pupille cercano le mie, per darmi la fiducia e la sicurezza che niente potrà capitare. Le lacrime continuano a scivolare silenti sulle mie guance, né un singhiozzo né una parola. Solo l'anima che esplode i suoi terrori più nascosti e scuote nell'oscurità, nel male, quelle inquietudini che non mi lasciano vivere".

"Anche se sono forte, anche se sono la donna che desideravo. Io, ho paura... di questo mondo e di quello che decide di riservare per me... per questa vita così meravigliosa e piena ma a volte terribile e buia".

<<Ti fidi di me, Katherine?>>. Mi domanda Alexander.

"Poggio le mie mani sulle sue, quel tocco delicato che sveglia tutti i miei sensi. La pelle di cui sento il bisogno di conoscere il profumo, quel respiro che a me è ormai così comune...".

<<Io mi fido Alexander>>. Gli confesso con un filo di voce.

<<Tutto andrà per il meglio>>. Mi dà un bacio sulla fronte e con uno scatto avvicina il mio viso al suo petto, stringendomi in un abbraccio.

"Ne ho bisogno, ho bisogno di lui e di sentirlo vicino a me. Perché il suo amore riesce a farmi avere fiducia nel futuro andando contro ad ogni mio timore. Il mio viso tocca la sua camicia mentre le sue mani mi stringono a sé. Mi protegge e lo fa, con ogni mezzo che possiede. Da quando mi conosce è sempre stato così ed io, scioccamente, non ho dato peso a quanto questo fosse importante. A quanto ogni problema sia risolvibile, a quanto siamo capaci di rischiare l'uno per l'altro".

<<Ti amo Alexander>>. Alzo il viso.

<<Ti amo anch'io, Katherine>>. Mormora.

"Le sue labbra incontrano le mie... e per un secondo, io dimentico ogni cosa".

<<Devo tornare a lavoro...>>. Gli sorrido accarezzandogli la guancia.

<<Lo so>>. Mi bacia ancora.

<<Ho bisogno di restare con te, di sapere che tra noi andrà bene Alexander, sempre>>. Mormoro sulle sue labbra.

<<Sarà così Katherine, sarà sempre così>>. Mi scosta i capelli dietro le spalle.

<<Stasera rimani a cena da me>>. Mi stringo alla sua giacca.

"Fa un mezzo sorriso accettando l'invito e con un breve e insaziabile bacio va via. Do' un sospiro di sollievo e rientro in ufficio. Nonostante non abbia né la voglia né la fermezza di sopportare altri omicidi, gente folle, vampiri assassini e detective rompi scatole, mi sento costretta. Non molto dalla magistratura di Bristol quanto dalla mia moralità e dalla consapevolezza, che non posso fuggire dai problemi. Anche se si rivelano sovrannaturali e incomprensibili".

<<Era ora>>. Mi ammonisce il detective, con uno sguardo accigliato.

<<Scusami>>. Mi limito a rispondere, sorpassandolo e sedendomi davanti al computer.

<<Che cosa stai facendo?>>. Mi chiede con tono austero.

<<Sistemo la registrazione, i dati di oggi e il fascicolo. Posso tornare a casa dopo, non credi?>>. Alzo lo sguardo su di lui.

<<Non volevo prendermela con te. Mi dà solo i nervi quando tu vuoi insegnarmi il mio lavoro>>. Sbatte una mano sul tavolo facendomi sussultare.

<<Beh, io non t'insegno il tuo lavoro. Semplicemente non ho avuto occhio per vedere che Natalie era in condizioni critiche. Tu lo sapevi Henry? Perché non sei intervenuto?>>. Lo sfido, alzandomi di fronte a lui.

<<Perché non è compito mio>>. Risponde a tono.

<<È un essere umano! L'imputata del caso che stiamo cercando di risolvere insieme, per quel ragazzo! Come fai a comportarti in questo modo? Io mi fidavo di te>>. Stringo i pugni.

<<Non ho fatto nulla di male. Il compito non è mio, sono un detective non l'agente di polizia che controlla i detenuti. Lei è portata qui ogni volta dalla prigione di Pentonville. Sta a loro documentare lo stato di salute della detenuta>>. Dice accigliandosi sempre di più.

<<Tu come detective dovresti salvaguardare le prove di cui hai bisogno per intascare la tua somma di denaro e avere un'altra firma sul curriculum>>. Gli mormoro sul viso.

<<Credi che io lo faccia per questo motivo?>>. Si allontana di qualche passo.

<<Allora per quale motivo Henry? Perché lo fai senza il minimo criterio?>>. Incrocio le braccia.

"So' che è giocare sporco ma non posso fare in modo che mi creda dalla parte di Natalie. Di me, deve conoscere solo e strettamente la parte professionale. Se sospettasse anche minimamente che io ho dubbi su qualcun altro e che non creda, senza prove concrete, che Natalie sia innocente, potrebbe cacciarmi via e soprattutto macchiare la mia carriera di gravi errori senza contare che significherebbe comunque, mettersi contro di lui".

<<Mi dispiace Katherine. Non... non voglio prendermela con te. Sono furioso di sapere solo adesso che Natalie non sta bene, credevo che avremmo fatto un passo avanti oggi ma senza udienza sarà impossibile>>. Si passa una mano nei capelli.

<<Non preoccuparti, lo so. Anch'io vivo sotto pressione, per questo caso. E per di più io sono la difesa>>. Faccio una risatina ironica.

"Di male in peggio, aggiungerei..."

<<Senti, calmiamoci. C'è un mese avanti, i prossimi interrogatori li avrai solo nelle ultime settimane. Non concluderai molto, ormai Natalie non vuole saperne di collaborare e le sue condizioni saranno ottimali durante il processo. Ho scritto proprio prima una delega all'amministrazione del carcere. Voglio che stia bene, anch'io>>. Spiega, questa volta con tono tranquillo.

<<Faremo così, sono d'accordo>>. Gli porgo la mano che stringe subito.

"Il lavoro, comunque ci chiama e in pochi minuti ci mettiamo all'opera. Nonostante il cielo sia limpido e immenso e il sole scioglie il freddo dell'autunno noi, siamo costretti a restare in ufficio per tutto il pomeriggio. Il tempo vola, soprattutto perché non ci prendiamo troppo sul serio e nonostante stiamo lavorando a qualcosa di molto difficile, cerchiamo di tenerci positivi. Ordiniamo pizze e coca-cola mentre compiliamo tutta la documentazione da mandare in procura per la prima udienza. Ogni tanto, facendo delle pause Henry mi racconta di alcune situazioni esilaranti che gli sono capitate durante il lavoro".

"Gente ubriaca che cercava di tirargli dei pugni in faccia, anche se sfiora il metro e novanta, adolescenti che si credevano dei gangster e situazioni imbarazzanti, quando la sua vita non era ancora quella di un detective ma di un semplice investigatore della polizia di Londra alle prime armi".

"Arrivare dov'è adesso, è qualcosa di unico e incredibile. Sicuramente, nonostante la giovane età, ha lavorato molto duramente per ricevere il suo incarico e non posso che essere d'accordo con chi gliel'ha concesso, se lo merita. È uno dei migliori sulla piazza. Serio, capace di bilanciare al meglio le prove, ottimo interlocutore e soprattutto giusto, come pochi. Se ne esistono ancora in questa grande città".

"Stupirsi ancora della corruzione sarebbe infantile. Purtroppo non sempre l'onestà è premiata e vedere che questa è una realtà anche a livello giuridico, nel lavoro che ho scelto mi lascia sempre molto titubante. Perché non è giusto che al mondo, persone innocenti siano colpevolizzate ingiustamente o peggio, persone colpevoli fanno vite tranquille, senza scontare nessuna pena e soprattutto senza pagare per i loro crimini".

"Mi passa l'ultimo pezzo della Cheesecake al cioccolato che da galantuomo cede a me. Non ha resistito al nuovo Bakery del quartiere e devo dire che è stata una scelta eccellente. Spengo il Pc riponendo in una vetrina il fascicolo sul caso. Fino al mese prossimo resterà lì e nonostante, vorrei fare luce comunque sul caso, mi sento risollevata".

"Alexander mi ha confermato la peggior verità che potessi conoscere e questo adesso, mi fa essere molto più cauta ad ogni cosa, anche ad immischiarmi. Perché ci tengo, a scoprire la verità su Natalie ma ho anche bisogno di sapermi al sicuro. La mia vita, negli ultimi mesi, ha affrontato già abbastanza demoni e cose sovrannaturali da poterne sopportare anche in processo".

<<Credo che sia arrivata l'ora di andare>>. Mi volto verso Henry, prendendo la giacca.

<<Sì, sono già lei 18:00 ed io avrei una cena con gli amici>>. Mi porge la borsa e guarda l'orologio.

<<Certo che è tardi. Beh, dobbiamo muoverci allora>>. Gli sorrido dirigendomi insieme con lui fuori dall'edificio di Scotland Yard.

"Il cielo terso adesso è riempito di nuvole grigie che annunciano una futura pioggia. La sera è calata e tutta la città si è illuminata di colori intensi. Il calore, l'armonia, in fondo regnano anche qui. Nonostante il mal tempo, nonostante ciò che accade continuamente. Questa è la mia città, un piccolo sogno, un grande ricordo che custodirò per sempre nel mio cuore. Anche se un giorno dovesse cambiare o io, non avrei più motivo per restare".

"Mi volto dirigendomi verso l'auto a pochi passi dall'entrata. Mi fermo poi, di scatto gettando le mani nei capelli".

<<Oh no... maledizione!>>. Esclamo con rabbia.

<<Che cos'è successo Katherine?>>. Henry si avvicina a me spaventato.

<<Le ruote dell'auto. Qualcuno mi ha bucato le ruote>>. M'infurio.

<<Ehi, sicuramente è stato qualche scherzo. I ragazzini del quartiere sono delle pesti, dai chiamiamo subito un centro che si venga a prendere l'auto>>. Compone un numero, portando il cellulare all'orecchio.

<<Ed io come torno a casa? Alexander non può venire adesso e poi, devo essere a casa in tempo per la cena>>. Mi preoccupo.

<<Dai non preoccuparti...>>.

<<No invece, devo preoccuparmi. Chissà se mio padre c'è, adesso lo chiamo... ho bisogno davvero di un passaggio>>. Apro la borsa ma mette subito le mani sulle mie.

Alzo lo sguardo su di lui.

<<Ehi, ascoltami. Non disturbare nessuno, ci sono io qui e ti posso dare una mano. Non preoccuparti davvero>>. Mi ripete ma questa volta sorride.

"Mi acciglio ma non mi dà il tempo di parlare che mette una mano avanti a me in segno di silenzio, compone un numero e subito parla al cellulare".

<<Sì, palazzo di Scotland Yard. Il prima possibile... certo, grazie e arrivederci>>. Stacca Henry sotto il mio sguardo perplesso.

<<Tranquilla, l'auto la verranno a prendere tra un'ora e domani mattina la ritroverai qui>>. Sorride soddisfatto.

<<Ed io?>>. M'indico con ironia.

<<Credi che non ci abbia pensato? Ti faccio accompagnare dal mio autista>>. Manda un messaggio veloce.

<<Hai l'autista? Perché sei con la tua auto, allora?>>. Alzo un sopracciglio.

<<Non mi piace farmi vedere a lavoro come un detective pretenzioso. Di solito, quando viaggio oppure ho bisogno di sicurezza vado con l'autista. Non posso accompagnarti io perché devo correre alla cena però attenderò il suo arrivo con te. Non preoccuparti Danny conosce tutta Londra e dintorni. Ti porterà a casa in pochi minuti>>. Mi rassicura, facendomi poi l'occhiolino.

<<Mi hai salvata, lo sai? Come posso ringraziarti?>>. Domando con il sorriso.

<<Un'altra Cheesecake a lavoro e saremo pari>>. Ridacchia contagiando anche me.

"In pochi minuti un Suv Audi completamente nero si ferma davanti a noi. I vetri oscurati non mi permettono di vedere chi c'è all'interno, anche se Henry si avvicina facendo un breve cenno in senso di conferma. M'invita all'auto aprendomi la portiera e facendomi salire. Danny si volta subito salutandomi cordialmente. Un uomo adulto, all'incirca sui trentacinque anni, tipico inglese e ben vestito, in giacca e cravatta".

<<La ringrazio signor Danny e Henry... grazie anche a te, sei gentilissimo>>. Dico stringendogli la mano.

<<Katherine, te l'ho detto non farei mai nulla che tu non volessi ed io adesso avevo la possibilità di fare qualcosa per te>>. Mi risponde con un mezzo sorriso.

<<Ti ringrazio di cuore>>. Rispondo abbassando lo sguardo.

<<Katherine, voglio che tu sappia che sono felice di averti incontrata, oltre ogni supposizione. Cercherò sempre di fare la cosa giusta, me lo hai insegnato tu. L'onestà e sai che cosa s'unisce perfettamente a questa virtù? Essere buoni, fare del bene e volerne per gli altri. Ed io per te Katherine, cercherò sempre di fare del bene>>. Dice con dolcezza, mettendo una mano sullo sportello e guardandomi.

<<Non capisco, che cosa vuoi dire?>>. Mi acciglio, perplessa dalle sue parole e voltandomi verso di lui.

"Perché parlarmi di questo adesso?".

<<Voglio dire che per te, Katherine farò sempre del mio meglio ma tu sei capitata dopo ed io ho un dovere da portare avanti. Cercherò davvero, di essere migliore... per ora, però non posso fare altrimenti>>. Fa un ghigno chiudendo poi, la portiera con forza.

"Getto le mani sul finestrino, spingo la portiera cercando di aprirla dalla maniglia ma il blocco me lo impedisce. La macchina accelera di scatto facendomi rimbalzare sui sediolini e lasciando un rumore stridulo mentre l'autista accelera. Chiude il vetro interno separandomi da lui e dalle urla che getto fuori ordinando di farmi uscire".

"Il cuore batte all'impazzata mentre mi dimeno per cercare aiuto. Prendo subito la borsa ma il cellulare non c'è, lui l'ha preso... quando stavamo per uscire... no, no... che cosa sta succedendo? Vado nel panico mentre all'improvviso una sensazione strana mi travolge".

"Tossisco trovandomi delle gocce di sangue sulla mano ma questa volta tutto è reale. Non è un incubo, è vero ma la sensazione aumenta. Mi porto le mani alla gola sentendo una stretta che mi toglie il respiro poi, perdo i sensi o almeno credo. Pochi secondi prima, quando il buio, ancora una volta, s'impossessa di me".








Spazio autrice
Grazie, grazie, grazie e infinitamente grazie per il grandioso traguardo delle 1.040 LETTURE RAGGIUNTE. Siamo solo a nove capitoli e tutto questo non me lo sarei mai aspettata. Spero che questo aggiornamento vi sia piaciuto e che vi abbia lasciato con quella grande curiosità nel scorprire che cosa ci sarà dopo perché sappiate: SIAMO SOLO ALL'INIZIO! Io aspetto la vostra opinione nei commenti, tante stelline e la vostra sincerità prima di tutto. Ci tengo molto a sapere cosa ne pensate e ai consigli che potete darmi per scrivere INSIEME questa fantastica storia d'amore tra Alexander e Katherine che sembra, infatti, avere tanti ma tanti incontri travolgenti. Secondo voi che cos'è accaduto? E che cosa accadrà?

Lo scopriremo prestissimo ->
Non appena raggiungeremo le 1200 letture... AIUTATEMI VOI E IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO POTREBBE AVVENIRE ANCHE TRA POCHISSIMI GIORNI.

Vi aspetto e come sempre, il mio più grande e caloroso grazie,

Siete fantastici

R. E. Meyers

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