Capitolo Quarantaquattro

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*Vi invito a leggere il capitolo con la canzone posta in alto. Durante la lettura sarà aggiunta anche un'altra canzone. Buon capitolo a tutte/i

"C'è un vento strano, freddo sulla pelle e caldo nei capelli. Mi avvolge delicatamente eppure mi rabbrividisce la schiena, come se fosse riflesso di un'imminente tempesta. Sento il respiro affannoso che accompagna ogni movimento del mio petto; su e giù, su e giù. Non sto correndo, eppure mi manca il fiato. Non sto parlando, eppure sento la voce dei miei pensieri. Non sto guardando, eppure questo buio che mi circonda mi sembra così familiare".

"Non ho possibilità di muovermi ma una cosa che riconosco è di non sentire alcun dolore".

"Ricordo tutto quello che è accaduto, la mia morte e la sua. Ho perso Alexander per sempre, davanti ai miei occhi increduli e senza più lacrime da versare. Il mio Alexander, l'amore della mia vita. Come si fa a perdere la persona che più si ama al mondo? Come si sopravvive alla sofferenza di aver visto con i propri occhi una scena del genere e restare lì impotente di fare qualsiasi cosa e imprimere quella scena, come una condanna sulla propria pelle".

"Sono morta".

"Questo non è un prezzo che sto pagando. Sapere di non avere più Alexander al mio fianco, mi fa quasi pensare che questa sia la mia unica consolazione. Non devo restare al mondo a soffrire, rimarrò qui. In questo limbo buio e sconosciuto finché qualcosa di più grande non mi verrà a prendere finalmente. Facendomi smettere di pensare, di immaginare, di sentire con questa pelle lo sporco di questa miriade di angoscia che mi porto dentro. Una vita meravigliosa, nei miei momenti felici con un lieto fine che non ci sarà mai".

"Apro gli occhi, con un breve movimento, e davanti a me non c'è più il buio tetro. C'è una spiaggia dalla sabbia bianca, il mare alla mia sinistra e i grattacieli che s'innalzano imponenti nel cielo limpido e senza nuvole. Il vento continua a scompigliarmi i capelli e tra la gente, mi è evidente la figura di un bambino. I capelli castani, gli occhi azzurri come il ghiaccio. Mi osserva, serio in volto, fermo a pochi metri di distanza da me".

<<Chi sei?>>. Pronuncio, ad alta voce. Nessuno si volta verso di me, la gente continua a camminare come se io non ci fossi.


<<Parlami di lui>>.

<<Di chi?>>. Balbetto a malapena, un nodo mi si forma alla gola.

<<Me ne parli sempre>>.


<<Chi sei?>>. Domando ancora.

<<Il presente, il passato e il futuro>>. Dice, avvicinandosi a me.

<<Che cosa?>>. Sono confusa.

<<Maryanne non è mai esistita. Allison l'ha soggiogata a fare del male, a vendicarsi su di voi>>. Confessa il bambino.

<<Maryanne...>>.

<<Come Henry, non lo ricordi?>>.

<<Chi sei?>>.


"Non indietreggio, non posso farlo. Sento qualcosa che mi spinge verso questa figura. Che cosa significano quelle parole? Dove sto andando veramente? Qualcosa è rimasto in sospeso nella mia vita? Mi tormento, anche se un dolore lancinante mi colpisce alla testa. Sento di nuovo mancarmi il respiro, questa volta come se stessi soffocando, priva di aria".

"Mi accascio sulle ginocchia, il bambino rimane fermo davanti a me seguendomi con i suoi occhi vitrei. Mi porto le mani alla gola, non ho ossigeno, mi sento svenire. Si può morire nella morte? Si può provare questa sensazione?".

<<Aiuto>>. Urlo, con la voce rotta dalla fatica. Ho le mani alla gola.

"Mi fa male, brucia... che cos'è questa roba?".

<<Signorina Davis... signorina>>. È una voce familiare, spalanco gli occhi senza rendermi conto di dove mi trovo. Mi prende una mano, stringendola alle sue mentre cerco di mettere a fuoco.

<<Arthur>>. Affanno, voltandomi verso di lui.

"Comincio a piangere, non so' neanche bene quale sia il motivo, ma lo faccio. Stavo scoppiando dentro di me, questo vuol dire che sono viva. Mio Dio, sono viva".

Mi offre il suo petto, facendomi poggiare il viso. Nonostante le lacrime lo bagnino completamente, resta in silenzio. Mi accarezza i capelli dolcemente, come un padre con una figlia.

<<Signorina Davis, bentornata. Sono felicissimo di vederla così>>. Sorride, senza trattenere la sua gioia.

<<Arthur, io...>>.

"Vorrei parlare ma quello che sto provando in questo momenti mi spiazza completamente".

"Sento il calore dell'aria che raggiunge i miei polmoni, il respiro che prende un ritmo mentre mi porto una mano al petto. Quello che sto ascoltando, che sento sotto il palmo della mia mano, a contatto con la mia pelle è il movimento del mio cuore".

"Un battito alla volta, uno dopo l'altro. Questa è la realtà ed io m'incanto un attimo, affascinata da questa melodia che avevo dimenticato. È bellissimo, indescrivibile. Ho calore nelle mani, sangue nelle vene che pulsa, sensazioni vere. Lo ascolto ancora mentre le lacrime mi scivolano incontrollate dagli occhi, versandosi sul mio viso. Le sento così bene, le emozioni umane. Felice e dolorante nello stesso momento. Sofferente e nel turbine delle incertezze. Sto provando qualcosa di unico, nonostante non fossi convinta di questa scelta fino all'ultimo istante. Ho detto addio per sempre al vampirismo, ritornando ad essere una persona con un cuore che batte, sono di nuovo umana".

<<Sono umana>>. Dico, ad alta voce, ridendo. Mi fermo un istante, il bruciore al collo si fa intenso, costringendomi a cercare sollievo con le mani.

<<Sì, signorina Davis. Però faccia piano. Lei è stata sgozzata due volte da Allison. Le ferite si sono rimarginante ma, non essendo più una vampira, richiedono accortezza>>. Mi spiega, serio in volto.

<<Arthur, aspetta... Alexander, mio Dio... io l'ho visto morire davanti ai miei occhi, Arthur>>. Mi aggrappo alla sua giacca, disperatamente mentre pronuncio quelle parole che non avrei mai voluto ascoltare.

<<Si calmi>>.

<<No... Alexander, Alexander...>>. Soffoco nel mio pianto.

"L'amore della mia vita, tutto quello che avrei sempre voluto con me".

<<Katherine, non è andata così>>. Pronuncia Arthur, di un fiato.

<<Che cosa vuoi dire?>>. Un filo di speranza si propaga dentro di me, incontenibile.

<<Alexander non è morto, quel giorno sono successe diverse cose>>. S'incupisce in volto, rimanendo alcuni secondi in silenzio.

"Sono tentata di urlargli di parlare, di dirmi ogni cosa ma sapere che Alexander è ancora vivo, è un sollievo già grande. Alla fine di ogni cosa, sembra che l'abbiamo fatta ma la sua espressione non mi convince e qualcosa comincia a riaffiorare nella mia mente confusa. Arthur è scomparso, all'improvviso, proprio durante la lotta tra Ophelya e Allison. C'è qualcosa che davvero non mi torna".

"Mi guardo intorno, associando solo adesso di essere nella casa di Alexander. Sono nella sua stanza da letto e qui, sembra che non sia cambiato nulla. Arthur comincia il suo racconto, dicendo prima di tutto che mi sono svegliata esattamente dopo dieci giorni da quel fatidico momento in cui Allison è morta. È così inverosimile pensare che sia stata via tutto questo tempo. La mente mi si offusca a volte, non so neanche se sia il dolore che sento alla gola. Ho paura di stare sognando e di svegliarmi improvvisamente, di nuovo, in mezzo al buio".

<<Alexander è vivo, Arthur?>>. Domando ancora, cercando di rassicurarmi.

<<Non è qui signorina Davis. Non so' che cosa gli sia successo, le posso solo dire che non è morto alla grotta di Ophelya>>. Mi risponde, senza mezzi termini. <<Io sono fuggito da quel luogo in cerca di qualcosa che potesse aiutare lei e il signor Alexander, contro quel mostro>>. Comincia, attirando la mia completa attenzione.

<<Alla grotta in cui ci fermammo, all'ultima alba prima dello scontro, mi accorsi che era piena di minerali e rocce. Tra questi ho notato del balsato. Stranamente, quella non è una zona vulcanica e ho compreso che Ophelya avesse creato quella roccia a posta. È conosciuta perché in tempi antichi, era usata per creare delle frecce da battaglia, contro i vampiri>>. Mi spiega Arthur.

<<Ophelya la utilizzava per proteggersi?>>.

<<Non so' per quale motivo, sicuramente ha fatto in modo che si formasse all'interno di quella grotta. Appena ho visto come Allison riusciva a tener testa a una strega come Ophelya, potente e millenaria, sono scappato alla grotta. Non potevo costruire delle frecce ma del balsato sottoforma di paletti poteva essere una soluzione. Neanche Allison avrebbe potuto resistere, soprattutto sé presa alla sprovvista>>. Sospira, improvvisamente. <<Quando sono tornato, purtroppo, la situazione era già peggiorata. Ophelya era in balia di Allison, Alexander era sfinito e lei aveva già perso conoscenza>>.

<<Non ho potuto nulla contro Allison>>. Confesso, a bassa voce.

<<Non è colpa sua. Alexander combatte da secoli, ha imparato dai migliori maestri e ha comunque trovato difficile fermare quella vampira>>. Sorride malinconicamente. <<Io sarei stato ancora più inutile>>.

<<Arthur, lei è stato tanto tempo con Alexander. Io so' che ha combattuto in passato>>. Mi acciglio.

<<In passato signorina Davis, quando non avevo nessuno e pochi motivi per chiedermi se ne valesse o no la pena. A oggi, sono un padre e un marito. Per me, affrontare questa violenza è inconcepibile>>. Risponde, alzandosi in piedi.

"Trovo giuste le sue parole. A quale scopo avrebbe dovuto mettere in pericolo la sua vita, nonostante non fosse la sua battaglia?".

<<In un momento in cui Allison si scagliava con violenza sulla strega, sono riuscito a raggiungere il signor Alexander. Gli ho consegnato i paletti e sono corso via, volevo portarla con me ma sappiamo entrambi che, senza cura, Alexander non le avrebbe mai permesso di andare>>. Continua il suo racconto Arthur, affranto dalle sue stesse parole.

<<E poi?>>.

<<Ero giunto a metà strada quando ho deciso di tornare indietro. Non potevo combattere, ma non potevo neanche lasciare lì l'uomo che mi ha salvato la vita e per cui mi sono sempre sentito debitore. Quando vi ho raggiunti, Allison aveva un paletto conficcato nel cuore, morta e senza più una goccia di sangue in corpo. Alexander era in ginocchio davanti al suo corpo signorina Davis, piangeva perché pensava di non essere riuscito a salvarla in tempo>>. Dice, come se pronunciasse una sentenza. Rimango a fissare la sua espressione seria, quando il silenzio s'impadronisce della stanza.

<<Lui era morto davanti ai miei occhi... e invece...>>. Una lacrima scivola sulla mia guancia.

<<Aveva perso le energie, Allison è riuscito a colpirlo ma non al cuore. L'ha sfiorato, trafiggendogli un polmone. Ha avuto la lucidità per farsi forza e riprendersi il prima possibile>>.

"Immagino la scena nella mia mente, ricordando l'esatto momento in cui Allison ha sorriso con tutto l'odio che aveva in corpo, mentre conficcava il paletto nel corpo di Alexander. L'ho visto accasciarsi senza un filo di respiro, cercando a tutti i costi la mia mano. Era stato trafitto ma l'ha mancato, riuscendo a sopravvivere a quella brutta ferita".

"Il mio Alexander".


<<Arthur, siete scappati da quel posto...>>. Lo invito a continuare.

<<Sì, abbiamo raggiunto la città vicina, con lei ancora priva di sensi e poi, siamo ritornati qui. Alexander non ha smesso di starle vicino né giorno né notte. Abbiamo curato le sue ferite, le abbiamo dato sangue di vampiro ogni giorno, con la speranza che la cura avesse avuto effetto prima che la ferita la uccidesse signorina>>. Dice lui.

<<Alexander mi aveva fatto bere il suo sangue, a posta>>. Lo guardo perplessa.

<<Questo non sapevamo se potesse garantire la guarigione>>.

<<Ho rischiato di morire sul serio...>>. Sussurro.

<<Sì>>.

<<Arthur, allora... perché Alexander non è qui?>>. Mi spavento.

<<È sparito tre giorni fa. Ha perso le speranze che lei potesse essere viva signorina Davis. Aveva già pensato di fingere un incidente stradale, per avvertire la sua famiglia. L'ho convinto ad attendere ma con scarsi risultati>>. Il suo tono è afflitto, consapevole di rivangare quei brutti ricordi.

<<E così ha deciso di sparire>>. Scivolo con la schiena sui cuscini, gettandomi nello sconforto.

"Dove sarà finito adesso?".

<<Ha firmato dei documenti dove cedeva metà dell'azienda alla mia supervisione e l'altra in beneficenza. Ha detto che sarebbe andato per sempre, senza fare più ritorno in questo posto>>.

<<Alexander>>. Stringo le labbra, portandomi una mano alla gola.

"Se avesse deciso di fare un gesto avventato? Di togliersi a vita da solo? Può la nostra storia andare incontro alla stessa vita che hanno vissuto Calliope e Ramanga? L'amore troppo grande che porta a voler morire, pur di non dirgli addio".

"Mi sento vuota, appesa realmente a un filo di seta. Come può essere sempre tutto così complicato? È il capolinea di ogni avvenimento ed io non riesco a far finta che questa cosa non mi spaventi. Sono umana, da sola e probabilmente sto per andare a cercare un uomo che non vuole più saperne niente di me e di tutto il resto".

"I ricordi riaffiorano vividi nella mia mente".

"Questa vita finora è stata tutta una menzogna. Sento qualcosa dentro di me che mi convince che Maryanne non sia stata realmente la mente di tutto ciò che è successo in passato. Allison, è stata lei ad aver architettato un piano per costringerci a raggiungere la cura di Ophelya, solo per il suo scopo di riuscire a rubarle ogni potere. Henry... l'uomo che mi ha trasformata in vampira sotto il comando di quella perfida vampira. Un'esistenza fatta di paura, vissuta sugli attenti e senza fidarsi mai di nessuno. Nonostante abbiamo sempre e solo desiderato possedere un po' di felicità".

"Non mi sento di ringraziare per ciò che è successo. Non mi sento di dover dire che nonostante tutto ce l'abbiamo fatta, perché lui non è qui con me in questo momento. Ho tanto timore che si sia spinto al limite delle sue possibilità, raggiungendo un punto di non ritorno. Mi farebbe più male del pensiero che lì, alla grotta, avessimo perso la vita a causa di qualcun altro. Immaginare Alexander senza vita a causa mia, del mio non risveglio mi colpevolizza dentro, ed io non mi perdonerei un affronto del genere".

<<Aspetta... Arthur...>>. Un flash mi sorprende improvvisamente, facendomi saltare giù dal letto, nonostante le poche forze.

<<Signorina Davis, piano>>. Sbuffa Arthur, porgendomi subito un braccio per sostenermi.

<<Io so' dove si trova Alexander, ne sono sicura>>. Gli sorrido, ancora speranzosa.

<<La accompagnerò signorina Davis, ovunque sia>>. Si premura.

<<Arthur, voglio che lei adesso lasci andare questa situazione. La sua famiglia viene prima di ogni cosa>>. Gli dico, cercando di convincerlo. Non vorrei gli accadesse qualcosa.

<<Quando troveremo il signor Alexander, lì le prometto che andrò dalla mia famiglia>>. Fa un mezzo sorriso, annuendo con la testa in segno di promessa.

<<Allora andiamo Arthur, subito>>. Mi faccio accompagnare al piano di sotto, cercando di mantenere tutte le energie possibili.

"Ci fermiamo all'entrata della villa di Rose Square. Quanto mi sembra di essere stata lontano da questo posto. Ora mi rendo conto che la vita da umana ha delle differenze abissali con quelle da vampira. Non ho amplificati i miei sensi ma ho la percezione delle cose nel sottile, come se anche un fruscio silenzioso diventasse parte di me. Sono le emozioni che fanno da padrona, come mi è sempre accaduto anche in precedenza. Mi volto verso il roseto, meraviglioso come sempre. Le rose rosse predominano sulla grande vetrata, luccicanti della rugiada fresca. Sono magiche, eternamente vive".

<<Dovrà bere del sangue di vampiro, per riprendersi>>. Distoglie i miei pensieri Arthur, lasciandomi il braccio e allontanandosi probabilmente per rifornirmi di energie.

"Ci mettiamo in auto, le mie forze sembrano tornare anche se con molta fatica. Il dolore al collo sembra quasi cessato ed io sono sicura che questo è un effetto del sangue di vampiro. Avevo scordato come fosse soffrire in una maniera quasi incosciente. Da vampira non percepivo le ferite in questa maniera, nonostante quasi tutti i sensi fossero amplificati e questo mi avesse donato la capacità di riuscire a discriminare anche le minime sensazioni".

Indico ad Arthur la destinazione del nostro viaggio e partiamo, alla ricerca di Alexander.

"Un senso di inquietudine comincia a pesarmi sullo stomaco, sono impaziente, quasi scapperei pur di non riconoscere una realtà diversa da quella che immagino".

"Ho timore di quel che sarà e una parte di me ad oggi, non riesce a riconoscere più quello che c'è tra la realtà dei fatti e la semplice incertezza. Apro il finestrino, lasciando ondeggiare il vento tra il palmo della mano. Chiudo gli occhi, concedendo al freddo di gelarmi la pelle del viso. Bellissimo, sentire il brivido sulla pelle, preoccuparsi che possa farmi del male, che il vento possa scompigliarmi i capelli e che porti via con sé anche un po' della mia anima".

"Bellissimo, sentire come un essere umano. I gesti, le piccole cose che sembrano banali ma che ci distinguono sempre. A volte, basterebbe rendersene conto prima che sia troppo tardi. Quante volte ci sarà venuto in mente, che se avessimo scelto di fare qualcosa in maniera differente questo avrebbe cambiato la situazione".

"È esattamente quello che sento adesso, chissà cosa sarebbe accaduto se avessi scelto di ritornare umana prima, se avessi accontentato questo volere di Alexander, se avessi abbandonato ogni mia inibizione al vampirismo, abbracciando completamente quella che ormai, è la mia vecchia vita. Chissà cosa sarebbe accaduto se avessi combattuto realmente contro Allison, senza perdere, senza aver visto Alexander morire davanti ai miei occhi".

"Vorrei riconoscere dentro di me un po' di speranza, qualcosa che non somigliasse a una tempesta grigia e oscura. Ho così tanta paura, molti dubbi che mi attanagliano e il pensiero di non sapere se Alexander sia realmente ancora vivo, peggiora ogni cosa. Abbasso lo sguardo, incrociando per alcuni secondi la mia immagine nello specchietto. Che cosa vuoi fare Katherine? Rimanere ad affliggerti o cercare una soluzione? Mi domando da sola, sospirando a malapena".

"Quanto ancora dovrà essere buio in questa vita?".

Fermiamo l'auto su una strada rocciosa, lungo una via piena di alberi già in fiore mentre a distanza già riesco a riconoscere la destinazione.

"La primavera profuma, si sente fin dentro i polmoni. M'incammino lentamente, con Arthur al seguito che vigilia su ogni mio passo. Non so' se lo faccia perché ha paura di causarmi del male in assenza di Alexander o se realmente tiene alla mia incolumità. Tuttavia lascerò che giunga insieme con me al posto ma dovrà attendermi senza andare oltre".

"Restiamo in silenzio per tutto il tragitto, sin quando alla fine della strada, raggiungiamo il luogo prestabilito. Siamo davanti ad struttura enorme. Un posto ancora in costruzione ma come una piccola cittadina. In mezzo ai fitti alberi che circondano la vecchia brughiera dove esisteva la casa di Alexander e della sua famiglia. Sì, il luogo che aveva deciso di lasciare nelle mani di una multinazionale, a oggi già innalzato per la maggior parte".

"Menomale che doveva essere solo un piccolo albergo..."

"M'incammino raggiungendo l'entrata, libera all'accesso. È un luogo stupendo: piccole case moderne, luoghi per lo svago e poi, in mezzo ad una meraviglia dei campi inglesi, ancora poco sfruttati dalla gente. Mi dispiace, nonostante sia un posto unico, immaginare che qui avevo passeggiato con Alexander e tra gli arbusti fitti mi aveva raccontato la sua vita passata, di suo fratello Leonard, della sua dolce madre e del padre che lo aveva cresciuto come un uomo".

"Lo ricordo come se fosse ieri, mi aveva concesso di entrare nei suoi ricordi. Di vedere con i suoi occhi la scena con la quale aveva salutato la sua famiglia prima di partire per la grande città di Londra. Lì non immaginava neanche di non tornare mai più, di dover dire addio per sempre ai suoi cari e di vivere come un vampiro, ritrovandosi secoli dopo a costruirsi una nuova vita".

"M'incammino davanti alla grande tenuta costruita interamente in vetro, su cui giace la grande scritta della compagnia che ha costruito questo luogo. C'è poca gente in giro e sicuramente, perlopiù si tratta di compratori affamati dalla nuova idea, pronti per alzare altro denaro da un posto genere. Mi fermo, prima di decidere di entrare, voltandomi verso Arthur".

<<Vorrei che attendesse fuori, non so' precisamente cosa chiedere... non so' neanche se lui sia realmente venuto qua>>. Gli parlo, un po' titubante.

<<Signorina Davis, come preferisce. La attenderò all'entrata, di lì sicuro deve passare per andare via>>. Mi sorride, dandomi fiducia.

<<Ci vediamo fra poco>>. Ricambio, lasciandolo andare via.

"Non voglio che Arthur debba ancora preoccuparsi dei nostri problemi. La scelta di venire qui è stata mia, nonostante non volessi metterlo in difficoltà e correre ancora, per giunta, dietro ad un mio sospetto. Ora che ci sono, non so' neanche se sia giusto entrare e chiedere se un certo Alexander Smith sia loro ospite, se abbia raggiunto questo posto anche solo per un giorno e cercare di capire dove sia. Anzi, penso proprio che sia stata una stupidaggine. Io sono morta per lui, avrebbe voluto davvero questo in mia assenza?".

<<Una sciocchezza>>. Mormoro a bassa voce, entrando dalla porta scorrevole. Mi ritrovo davanti ad una grande hall completamente arredata in bianco, con diversi collaboratori. Alcuni all'accoglienza mostrano il luogo a delle persone, delle ragazze in divisa rispondono al telefono mentre le loro colleghe sono dietro al bancone, tra le scartoffie.

M'avvicino a un ragazzo, vestito completamente di blu mentre tra le mani regge una sorta di agendina, su cui annota alcune cose.

<<Mi scusi, avrei bisogno di un'informazione>>. Mi avvicino, attirando subito l'attenzione del dipendente.

<<Salve signorina, benvenuta. Come posso aiutarla?>>.

<<Avrei bisogno di un'informazione molto delicata. Sono l'avvocato Davis, della Smith Company. Il mio cliente ha rapporti di affari con il capo dell'azienda che ha costruito questo luogo. Avrei bisogno di sapere se si sono incontrati qui di recente, per le firme degli ultimi documenti>>. La getto lì, un po' improvvisata ma nell'unico modo che ho per non farmi riconoscere come pazza.

<<Avvocato Davis non le so' dire. Riguardo agli amministratori aziendali e ai loro affari ci preoccupiamo poco. In settimana qualcuno di loro ci ha raggiunto ma non mi sembra avessero parlato con un cliente. Può chiedere alle receptionist se hanno fittato una sala riunioni, ma dovrà lasciarci un suo documento per sicurezza>>. M'invita ad avvicinarmi al bancone, indicandomi cordialmente a chi chiedere informazioni.

<<Ti ringrazio... Josh>>. Rispondo sorridente, leggendo il nome sulla targhetta che porta sulla giacca. Raggiungo le ragazze che lavorano dietro al bancone, chiedendo informazioni a loro riguardo alla presenza o meno di Alexander. Lascio un mio documento e impazientemente, comincio a guardarmi intorno.

"Credo che sia difficile pensare che si sia identificato, a meno ché non ha pensato bene di farsi trovare da qualcuno".

<<Ah il signor Smith, Alexander Smith...>>. Indica la ragazza, non appena riconosce le informazioni al pc.

"È davvero stato qui!".

<<Il signor Alexander ha donato dei fondi personalmente. Sono serviti alla costruzione di un centro ospedaliero che avevamo messo in bando nella regione di York. Infatti molti dei ricavati di questo posto sono proprio destinati alla costruzione. Ci avvertì che un giorno sarebbe arrivata lei ma il signor Alexander non lo vediamo da un paio di mesi, sarà occupato con la sua azienda?>>. Risponde garbatamente la giovane ragazza dai capelli rossi.

<<Sì, infatti ha dimenticato di avvisare anche me di posticipare il giorno. Beh, significa che ritornerò a breve... così potremmo rivedere la documentazione>>.

"Alexander ha tenuto questo contatto in segreto. Non ero a conoscenza di una sua donazione e tantomeno che fosse realmente tornato in questo luogo. Sentivo che qui non aveva completamente chiuso un capitolo della sua vita, è il luogo in cui c'era la sua casa e a oggi niente più gliela ricorderà".

<<Certo, comunque il signor Smith ha anche permesso la costruzione di alcune case di questo residence e ha restaurato una vecchia Chiesa che sorgeva alle spalle dell'edificio>>. Indica la donna.

<<Chiesa?>>. Domando curiosa, non ne ricordavo neanche la presenza.

<<Sì, essendo che lui conosceva questo luogo in precedenza, nel contratto aveva segnato una clausola. La costruzione è aperta a tutta la zona, a patto che si rispettasse il restauro di una Chiesa ottocentesca, di cui esistevano solo due rovine. Si trova alle nostre spalle, basta girare l'angolo verso la destra e proseguire diritto. È un luogo stupendo, sembra esattamente dell'ottocento. Le rovine si trovano dentro, io non sapevo che fosse stata costruita da persone del luogo. Dicevano che qui in passato c'erano diverse ville di borghesi>>. Fa spallucce, quasi divertita di poter chiacchierare così tranquillamente.

"Ascolto attentamente le parole della ragazza, ricongiungendo un po' di memoria a questo luogo che sembra essere voluto proprio da Alexander. Non appena mi fornisce la posizione, la saluto velocemente ringraziandola delle informazioni e mi dirigo verso l'uscita dell'edificio. Raggiungo la stradina alla mia sinistra e continuo fino al vialetto che porta esattamente dove indicato dalla giovane ragazza".

"Meno di un paio di metri e mi ritrovo tra la brughiera ancora un po' alta e lasciata al naturale. Una Chiesa, dalle medie dimensioni, costruita completamente in roccia e con un campanile d'oro giace davanti ai miei occhi, silenziosa tra quel luogo che sembra staccarsi completamente dalla realtà cittadina alle mie spalle. Il sentiero in pietra mi porta davanti al luogo Sacro, superando un piccolo cancello di ferro che circonda completamente l'edificio".

https://youtu.be/pSamh_TVAhc


"Cammino, osservando completamente tutto ciò che mi circonda. Arrivo alla porta principale, accorgendomi che su un pilastro, c'è una scritta di marmo cui in basso sono posti dei grossi vasi contenenti delle rose rosse fresche. M'avvicino, scivolando le dita lungo la scritta".

<<Alla memoria di Claire, Leonard e Victor Smith>>. Sussurro, mentre una lacrima scivola sul mio viso. M'inginocchio, quasi singhiozzando.

"Questo è il luogo della sua casa, della sua vita passata. Qui, c'era proprio la tomba di sua madre e lui ci ha fatto costruire una Chiesa, dedicandola alla memoria della sua famiglia. Perché, perché di nascosto? Perché non mi ha mai parlato di questa scelta. Questo luogo doveva essere un semplice albergo in mezzo al nulla e invece, hanno deciso di costruirci di più".

"Non voleva che andasse perduto qualcosa che ancora fa parte del ricordo della sua famiglia. Qui un giorno nascerà una vera città e questo posto diventerà il luogo di fede di altre persone".

"Che cosa è rimasto realmente di tutto ciò che era?".

"Sento la bocca prosciugarsi, il respiro cominciare a diventare affannoso, non appena mi alzo in piedi. Asciugo le lacrime alla meglio, sistemandomi il giaccone blu abbottonato fino alle ginocchia. Mi faccio coraggio, chiudendo per alcuni secondi gli occhi, come se riuscissi a mettere a posto la mia confusione".

"Raggiungo di nuovo l'entrata principale, una porta di legno e vetro che permette di vedere all'interno della Chiesa. La spingo, attraverso la maniglia placcata in oro e mi ritrovo davanti ad una costruzione completamente in marmo puro e in fila, verso l'altare, almeno una quindicina di panche di legno".

"Osservo il soffitto, tutto formato da vetri colorati che disegnano nel cielo alcuni passi dei versi Sacri. Lo riconosco ed è bellissimo, ne rimango affascinata. Mi sembra di essere trasportata in quei racconti che hanno segnato in me importanti lezioni di vita".

"Distolgo lo sguardo, puntandolo verso l'altare che non porta nessun'immagine cristiana. Solo in lontananza una grossa sedia d'oro, come un trono, decorato completamente. M'avvicino, mettendo a fuoco la presenza di una figura seduta su quell'enorme sedia. Forse è una statua, non capisco...".

"Quando sono abbastanza vicina mi fermo alcuni minuti, spalancando la bocca e rimanendo a guardare la scena che si consuma davanti ai miei occhi".

"Completamente sdraiato sul quel trono d'oro mentre una mano chiusa a pugno gli regge il capo inclinato in basso, con lo sguardo perso nel vuoto e il sangue che gli ricopre gran parte della bocca. Avvolto da abiti scuri e da un cappotto lungo e nero che aperto, svasa sulla poltrona in oro e tessuto rosso". 

È lui, inesorabilmente lui, incoscientemente lui


<<Alexander...>>. Sussurro ma non fa neanche caso della mia presenza. Prendo una rincorsa e mi avvicino a lui, gettando le ginocchia sul marmo freddo e prendendo il suo viso tra i palmi delle mie mani.

"Vorrei baciarlo ma no lo riconosco, sembra senza vita. Lo sguardo bianco e vitreo che mi osserva senza riconoscermi. Sento solo il calore del suo respiro che lentamente mi scivola sulle dita, facendomi sperare che non sia ancora troppo tardi".

<<Che cosa ti è successo Alexander?>>. Urlo, quasi in preda al panico. Gli guardo la zona della ferita, è ancora aperta come se non riuscisse a cicatrizzare.

"Non si è curato, non ha preso sangue di vampiro e non si sta nutrendo. Ecco cosa sta facendo, sta cercando di morire senza suicidarsi. È in balia delle sue emozioni e ha perso coscienza su cosa sta facendo. Mi alzo in piedi, pensando a un modo. Forse dovrei chiamare Arthur, portarlo via di qui".

"Mi volto, osservando alla mia destra la presenza di un piccolo altarino. Su di un banchetto sono posti una coppa d'oro, con un piattino in ceramica e una tovaglia bianca nuova. Prendo il piccolo piattino e lo getto a terra, facendolo spaccare in piccoli pezzi sotto gli occhi assenti di Alexander. Raccolgo un pezzo un po' più grande dal pavimento e mi dirigo verso di lui".

"Mi mordo un labbro, cercando di trattenere il dolore mentre con la scheggia mi taglio il polso, facendo scorrere il sangue vivo nella bocca di Alexander".

"Chiude gli occhi mentre sento le sue labbra appropriarsi lentamente del mio sangue. Lo lascio fare, mentre lo chiamo per cercare di capire se riesce a sentirmi".

<<Alexander...>>. Pronuncio ancora, mentre beve il sangue dal mio polso.

"Alza il suo sguardo verso di me, sospirando lentamente con la bocca. Tengo il suo bellissimo viso con la mano libera, cercando di farmi riconoscere. Seguo i suoi occhi, non batte neanche una volta le palpebre mentre il silenzio ci avvolge e lui continua a bere il mio sangue".

<<Alexander... mi riconosci? Sono io Katherine... la tua Kate, sono viva... sono umana>>. Pronuncio a bassa voce, davanti a lui.

<<Katherine...>>. Sussurra staccandosi improvvisamente dal mio polso. Le sue iridi cominciano a tornare azzurre, lo stesso colore del ghiaccio e del mare più limpido del mondo.

<<Sì, sono io amore mio... sono qui>>. Dico a malapena, mentre le lacrime non riescono più a trattenersi. Scivolo tra le sue braccia, lasciandolo cadere nelle mie. Le sue mani mi ricoprono la schiena, anche se debolmente. Cadiamo, lentamente sugli scalini di marmo.

"Lui è qui, tra le mie braccia dopo tutto questo tempo. Dopo aver pensato realmente che non ci sarebbe stato più modo di rivederlo, di sentirlo vivo mentre sfiora la mia pelle".

<<Katherine...>>. Sussurra, scivolando via dall'abbraccio e guardandomi dritta in viso. Mi accarezza una guancia con le dita.

"Quasi sembra non crederci".

<<Sono umana Alexander, la cura ha funzionato. Ci ha messo un po', ma mi ha ridato la vita>>. Sorrido, toccandogli i capelli scompigliati che gli cadono sulla fronte.

<<Ed io che pensavo di averti persa per sempre>>. Confessa, trattenendo le lacrime.

"Le vedo, perché gli bagnano le pupille, come onde alla deriva che danzano nella melodia calma di un giorno di mezza estate".

<<Mi hai dato il tuo sangue, rischiando di non riuscire a fermarmi. Se non ti avessi riconosciuta, che cosa avresti fatto?>>. Si acciglia, come suo solito, nonostante la stanchezza.

<<Mi fido di te, so' che ce l'avresti fatta>>. Lo tranquillizzo, mentre mi avvolgo tra le sue braccia.

<<Mi hai trovato Katherine Davis>>. Sussurra, con la voce rotta dalla debolezza del suo corpo.

<<Alexander...>>. Sospiro, avvicinandomi al suo viso. <<Ti ho visto morire in quella grotta mentre cercavi la mia mano... hai capito? Io ti ho visto morire>>. La mia voce si rompe.

<<Kate...>>.

<<No, niente Kate... niente di niente. Alla fine sono morta io, lo sono rimasta fino a ora e tu sei scappato, perché era meglio di vedermi senza vita nel tuo letto e per l'ennesima volta>>. La voce s'impregna di dolore mentre singhiozzo quasi.

"Il ricordo fa più male di quanto si possa immaginare".

<<E ora ti ho ritrovato qui, in questa Chiesa che hai dedicato alla tua famiglia mentre ti stavi lasciando andare>>.

<<Ci sono entrato solo perché non è ancora consacrata, altrimenti avrei potuto solo guardarla da lontano>>. Fa un mezzo sorriso malinconico. <<Capisco tutto ciò che mi sta dicendo, il modo in cui ti sei sentita>>. Dice, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio delicatamente.

<<Adesso questo passato non ci appartiene più. Tu hai un cuore che batte nel petto, io mi riprenderò da tutto questo e smetteremo di vivere la nostra vita con la paura che ci sia sempre qualcuno o qualcosa pronto a ferirci>>. Continua lui, accarezzandomi le labbra con il pollice della mano.

<<Te lo giuro Katherine Davis, questa volta è per il mio onore>>. 





*Salve dolci lettrici, so che questo capitolo era tanto atteso. Non voglio dilungarmi, come al solito vi RINGRAZIO DI CUORE per il supporto e per la vostra pazienza. Se vi è piaciuto il capitolo v'invito sempre a lasciare una stellina e aspetto i VOSTRI COMMENTI (anche quelli negativi nel caso hahaha) per sapere la vostra. Vi aspetto!


R. E. Meyers

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