Capitolo 1: Binari

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Un ufficio immacolato. Un giovanotto con l'espressività di un merluzzo surgelato e il sorriso snervante. Sopra di lui, lo slogan: "Trovare la mia strada non è #MaiStatoCosìFacile". La menzione "campagna di reclutamento del Ministero degli Affari Soprannaturali" era scritta in piccolo e tutto in basso al poster, quasi fosse un'aggiunta dell'ultimo minuto. Il retrogusto metallico sulla lingua e l'impellente bisogno di chiamare il numero verde erano la prova che il manifesto fosse stato incantato per attirare l'attenzione degli interessati: nel caso specifico, chiunque avesse nelle vene anche solo un pizzico di Magia. Virginia Bergman avrebbe voluto cancellare quel manifesto dalla faccia della Terra, o almeno dalla hall di Paddington Station.

Virginia detestava qualunque cosa le ricordasse che il Ministero degli Affari Soprannaturali era ancora in tempo per selezionarla. Nessuno poteva dirle cose lei potesse o non potesse fare della sua vita: dopotutto, aveva pianificato i suoi prossimi dieci o quindici anni nei minimi dettagli. S'era fatta un culo così per essere accettata alla Facoltà di Economia dell'Università di Cambridge, e avrebbe dovuto farsene un altro grosso almeno il doppio per entrare nel Young Professional Program della Banca Mondiale: doveva essere proprio scema per buttare i suoi sogni nel cesso e tirare lo sciacquone per un noioso lavoro d'ufficio.

Virginia cancellò il numero verde dal cellulare e mandò un messaggio alle sue amiche: la risposta arrivò in pochi secondi ("siamo nel vagone 6"). Si diresse verso il Binario 5, inveendo a denti stretti il poster e il MASNa; tuttavia, il manifesto le era rimasto in testa, gradevole quanto il ronzio di una zanzara in una insonne notte estiva. Lei non avrebbe fatto la fine di suo fratello Robert, selezionato a quindici anni e obbligato a prendere una laurea di cui non gli importava un cazzo prima di poter per entrare nella Polizia Paranormale. E poi, non c'era alcun motivo che i suoi poteri cambiassero dopo essere rimasti per due anni "Classe G, Indifferenziata". A quasi diciannove anni, Virginia era troppo vecchia per uno scatto di crescita, magico o fisico che fosse—anche se il secondo non le sarebbe dispiaciuto: nulla di esagerato, una seconda le bastava.

«Vi, siamo qui!»

Una delle sue amiche agitò una mano, in piedi al centro del vagone. Virginia ricambiò il cenno e si fece strada fra gli altri passeggeri per raggiungere le sue migliori amiche, Charlotte e Hanae.

«Ciao Vi! Hai saputo l'ultima su "Precious"?» chiese Charlotte con un sorriso da Stregato, a malapena dandole il tempo di un "ciao".

«No, non ho saputo niente e non voglio sapere niente di quella», rispose Virginia, la voce indurita dal ricordo degli insulti dell'ape regina del loro liceo.

Ma Charlotte si tuffò lo stesso nei pettegolezzi. «Vi ricordate come se la tirava perché era "una vlogger famosa"?» Si protese sul tavolino e bisbigliò: «Pare che il MASNa l'abbia sbattuta in una delle sue facoltà, e» —Una pausa drammatica condita da suo sogghigno. — «abbia cancellato tutti i suoi video e chiuso il suo canale YouTube.»

Il manifesto si impose nella mente di Virginia, come se lei lo avesse ancora davanti agli occhi, torcendole lo stomaco in un nodo gordiano. Judy "Precious" Clarke poteva essere l'eccezione che confermava la regola, ma troppe eccezioni facevano una nuova regola.

«Sarebbe potuto succedere a te.» Il "sarebbe potuto succedere a me" quasi strozzò Virginia, un terrore che sarebbe rimasta dentro di lei fino al suo ventunesimo compleanno. «Anche tu sei un'Afficiens.»

Charlotte agitò l'indice, schioccando la lingua contro i denti. «Sì, lei e io possiamo condizionare la gente. Però, io devo toccarti per cambiare il tuo umore. Quella stronza di Precious, invece, le basta parlarti per farti fare quello che vuole.» Sbuffò, svaccandosi sul sedile e sorseggiando la sua bevanda, lo sguardo su Virginia. «Ecco come faceva per farci sentire delle merde chiamandoci "l'acciuga e la balena". Io questo lo chiamo "Karma".»

«Eh, non me ne frega un cazzo se il MASNa mette i bastoni fra le ruote di Precious, ma non sopporterei se accadesse a una di voi», Hanae disse con la voce tremante di rabbia. «Dirvi quello che potete o non potete fare, con chi uscire, dove andare... non è giusto

Non per la prima volta, Virginia e Charlotte furono toccate dalla ferma presa di posizione della loro amica. Senza neanche un briciolo di Magia nelle vene, Hanae non doveva aver a che fare con i luoghi comuni e i pregiudizi che ancora ammorbavano l'opinione pubblica. Il MASNa avrebbe dovuto aiutare, ma buona parte della popolazione "ordinaria" vedevano i vantaggi che offriva come favoritismo ingiusto, invece della gabbia dorata che erano in realtà, volti a tenere le persone come lei e Charlotte sotto stretto controllo.

Virginia sorrise amara a Hanae. «Già, non è giusto, ma noi Podestari—»

«"Podestari"», Charlotte la interruppe con uno sbuffo. «Non potevano trovare un nome più figo? Qualcosa che suoni meglio col mio pseudonimo?»

Questa volta fu Virginia a sbuffare. «Certo, presentati dicendo: "salve, sono Loveleen Francis, autrice di romanzi rosa e Podestaria" e diranno che streghi le persone per comprare i tuoi libri e lasciare commenti da cinque stelle su Amazon e Goodreads.»

«Diventerò un best seller perché i miei romanzi valgono, non perché manipolo i lettori!» rispose Charlotte con un sussulto oltraggiato. «E poi, avete mai sentito di un Afficiens che manipola la gente tramite la carta

«No, ma non puoi sapere che cosa—»

«Chiedo venia, questo posto è libero?» La voce profonda avrebbe fatto sembrare sexy il foglietto illustrativo del Guttalax.

Il ragazzo non era male, con corti capelli castani, la barbetta di un paio di giorni e le labbra ben delineate; era un po' più altro della media e la corporatura sembrava proporzionata. Non era il primo fighetto che Virginia e le sue amiche incontravano, con tanto di abiti firmati e Ray-Ban marrone scuro ancora sul naso, ma il suo accento e atteggiamento borghese lo facevano stridere come un gesso nuovo su una lavagna pulita: un tipo del genere doveva stare nella prima classe dell'Orient Express, non un vagone di seconda classe della Great Western Railway.

Con uno sfarfallio di ciglia, Charlotte sorrise. «Certo che no!» E diede un calcio a Virginia da sotto il tavolo.

Trattenendo uno sbuffo stizzito e dolorante, Virginia spostò le borse che ingombravano il sedile libero, mentre il ragazzo si toglieva la giacca. Il cellulare di Virginia vibrò e Charlotte inarcò suggestivamente le sopracciglia con le dita che continuavano a scivolare sullo schermo del suo cellulare.

Charlie: Peccato, niente muscoli guizzanti.

Ha-chan: non ti piacevano i bad boys?

Charlie: e chi mi dice che sotto sotto non sia un ragazzaccio? Sai, non dovresti giudicare un libro dalla copertina ;-)

Virginia alzò gli occhi al cielo e pose il cellulare con lo schermo verso il basso. Le sue amiche potevano sbavare e spettegolare su quel ragazzo senza di lei. Dopotutto era proprio affianco a lei, preso dal sistemare le sue cose sulla cappelliera: gli sarebbe bastato gettare un occhio in giù per sbirciare la conversazione—sarebbe stato troppo imbarazzante. Per cui Virginia prese uno dei suoi quaderni e diede a Charlotte e Hanae uno sguardo supplichevole che diceva chiaro e tondo "tenetemi fuori da 'sta storia".

Quando il ragazzo si sedette, Virginia colse un effluvio del suo profumo, un insolito miscuglio di cuoio, sottobosco e qualcos'altro di familiare ma di cui le sfuggiva il nome. E quando lei si mise un po' più comoda sul sedile, i loro gomiti si sfiorarono, come per contendersi il dominio sul bracciolo.

Qualcosa risuonò dentro di lei, come una corda che vibrava per simpatia. Per un istante, tutto si fece buio come se il treno fosse entrato in un tunnel e qualcuno avesse spento la luce, e le sue orecchie fischiarono. Così com'era iniziato, così finì.

Con il cuore che le rimbombava ancora nelle orecchie, Virginia si concentrò sui suoi appunti e cercò di ignorare la frustrazione crescerle nello stomaco. Matematica era molto più difficile di quanto Virginia era abituata, o forse il problema era che lei e i cambiamenti non andavano tanto d'accordo. Doveva abituarsi alla vita universitaria, al metodo d'insegnamento dei professori. Perfino la sua stanza non era ancora sua: sembrava tanto sicura quanto una regione selvaggia, con belve affamate in agguato, invece di un cantuccio in un edificio in cemento armato degli Anni '60. Era come in prima superiore quando aveva dovuto cambiare scuola: allora, Charlotte e Hanae avevano preso Virginia sotto la loro ala al terzo giorno dal suo arrivo e l'avevano aiutata ad ambientarsi nella nuova scuola. Quattro anni dopo, Virginia non era stata fortunata a trovare degli amici altrettanto in fretta.

Charlotte diede un altro calcio a Virginia da sotto il tavolo, inclinando la testa verso il cellulare.

Charlie: che sta facendo?

Il ragazzo scriveva con una calligrafia virile ed elegante, mentre l'altra mano era posata sulle fotocopie di un manoscritto—Virginia riuscì a decifrare una data, 5 agosto 1635.

Sta studiando Storia o qualcosa del genere

Charlie: ma mi stai prendendo per il culo? È con tre splendide ragazze e lui STUDIA?!

Virginia lanciò un'occhiataccia d'avvertimento a Charlotte e si rifiondò nel "fantastico" mondo della Matematica. O lo avrebbe fatto se le equazioni non avessero dichiarato guerra ai suoi neuroni. Alzò lo sguardo al cielo, ma nessuna rivelazione divina le disse che cosa non andasse con le sue note. Non le restava che prendere il cellulare, ignorare i messaggi delle sue amiche e entrare in un'altra applicazione chat. Virginia sorrise trionfante mentre cliccava sull'username del moderatore.

LittleRedRidingVi: ciao! :D

LittleRedRidingVi: ti posso rubare un
momento?

Non si aspettava che il moderatore le rispondesse subito, ma una decina di minuti dopo, le giunse la notifica di una risposta.

IConti_NonTornano314: Buon pomeriggio, come posso aiutarla?

Virginia sorrise all'odio del moderatore per il linguaggio da chat: la prima volta che lui le aveva chiesto di usare parole e frasi intere, lei aveva pensato che lui fosse uno stronzo che se la tirava. Però, uno stronzo del genere avrebbe usato un selfie fotoscioppato dei suoi addominali come avatar, non un autoironico calcolo sbagliato. Dopo tre anni, lei avrebbe scommesso che il moderatore non fosse altro che un insegnante di Matematica in pensione, uno di quei nonnetti che usavano computer per restare in contatto con i nipotini sparsi per il mondo.

LittleRedRidingVi: ho l'impressione che qualcosa non quadra

Sperò che la foto delle sue note fosse abbastanza chiara per decifrare la sua grafia.

Charlotte diede un terzo calcio a Virginia e mimò con le labbra "fermala", con gli occhi sgranati e il viso pallido nonostante il fard "Burnt Pepper". Hanae stava sfogliando l'album degli schizzi e s'era messa la giacca in ecopelle per tenere a bada i poteri di Charlotte. Per raccapezzarsi un po', Virginia lesse gli ultimi messaggi scambiati e quasi si nascose il viso per la vergogna.

Si schiarì la voce e tentò di evitare una situazione imbarazzante. «Ehm... Ha-chan? Non—»

«Penso che un tizio a scuola sia un Vampiro.»

Ecco, Hanae lo aveva detto e non si sarebbe fermata fino a quando non avesse scoperto se quel ragazzo seduto con loro fosse un vampiro oppure no. Che poi, c'erano almeno cinque motivi per cui qualcuno non togliesse gli occhiali da sole prima di considerare il vampirismo.

Charlotte si accasciò sul sedile, massaggiandosi le tempie; Virginia, invece, lanciò una rapida occhiata al suo vicino. Sporgeva le labbra in modo buffo, la testa china sui suoi libri e le dita sottili che tamburellavano la matita sul tavolino,

«Non dire cazzate. Primo: i Non-Umani sono ammessi solo nelle scuole sponsorizzate dal MASNa. Secondo: mica sta scritto sulla lista degli studenti se Tizio è un Vampiro o un Mannaro», rispose Virginia, lo sguardo che dardeggiava di lato. Il ragazzo sembrava essere nel suo mondo e, grazie al cielo, se ne fregava della conversazione.

«E chi ti dice che sia uno studente?» Hanae insistette con un sorriso. «È un modello—Ops, scusa!» Lei ghignò, facendo passare l'album sotto il naso del ragazzo mentre lo porgeva alle sue amiche. «Ecco: dategli un'occhiata e ditemi se non sembra Lestat de Lioncourt.»

Gli schizzi a carboncino e sanguigna ritraevano un ragazzo sui venticinque anni, un po' troppo magro e, in effetti, con i lineamenti erano spigolosi, ma quello era anche lo stile artistico di Hanae. A essere sinceri, il modello non sembrava affatto il personaggio di un romanzo di Anne Rice. E poi, un vampiro che viaggiava nella seconda classe della Great Western Railroad sembrava più l'inizio di una barzelletta.

«Per me, non ha niente di che», disse Virginia, restituendo l'album.

«Chiedo venia, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione.»

Virginia si pietrificò al suono della voce profonda del ragazzo. Charlotte era rossa in faccia tanto quanto le guance di Virginia bruciavano, ed entrambe azzardarono un'occhiata verso di lui: dal modo in cui inclinava la testa, stava fissando Hanae, che se ne stava dritta come il manico di una scopa davanti a lui.

«Di grazia, cosa vi ha fatto credere che questa persona sia un vampiro?» chiese lui con lo stesso tono che avrebbe usato per chiedere l'ora o quale fosse la prossima fermata. Beh, se continuava a parlare in quel modo, a una persona il dubbio poteva anche venire che lui fosse un vampiro centenario.

Hanae arrossì fino alle orecchie e si grattò la nuca. «B-beh, è pallido... e alto e magro e... e... e...»

«Sì?» chiese lui co0n cortese insistenza.

«Incredibilmente bono?» Sembrava più un'ipotesi che un dato di fatto.

«E?»

«E... e beve sempre succo di pomodoro fatto in casa? Non lo... condivide mai? Con nessuno?» rispose Hanae esitante, poi aggiunse per rimarcare il punto. «Potrebbe essere sangue

«E?» Per tutto lo scambio, il ragazzo aveva sempre mantenuto lo stesso tono educato ma neutro.

«E... una specie di... sexitudine? Sai, del tipo che ti dà voglia di... sai? Ma non sbrilluccica!» disse Hanae con una risatina nervosa, come se non potesse pensare ad un altro cliché vampiresco.

Virginia era sinceramente dispiaciuta per Hanae. Dal modo in cui le labbra del ragazzo s'incurvavano, lei avrebbe scommesso che lui aveva capito tutto fin dall'inizio. Quanto a Hanae, aveva incrociato le braccia sul petto, il suo sorriso più simile a una smorfia imbarazzata.

«No, i vampiri non brillano. A meno che non si cospargano di glitter per partecipare a una convention», disse lui con un tono accademico più adatto a una lezione che a una chiacchierata. «I Non-Umani hanno sviluppato degli accorgimenti che permettono loro di mimetizzarsi perfettamente fra gli Umani: non potreste riconoscere un Vampiro o un Mutapelle a meno che non siano loro a mostrarvi la loro vera natura.»

Charlotte si lanciò in un'operazione salva-faccia. «Ti ricordi quelle foto rubate dalle riprese de L'Ora del Lupo? —È il primo film sui Mannari con veri licantropi, non so se ne hai sentito parlare», disse al ragazzo. «È una figata perché promuove l'integrazione e da visibilità ai Non-Umani, anche se ci sono dei branchi estremisti che dicono sia appropriazione della loro natura e cultura. Dove ero? Ah, sì!» Charlotte si rivolse di nuovo a Hanae. «Abbiamo studiato quelle foto, ma non siamo ancora riuscite a capire chi delle comparse è un Mannaro e chi no.»

«E lo stesso vale per i Vampiri», disse il ragazzo. «Non permettono agli Umani di riconoscerli, a meno che non siano costretti dalle circostanze.»

Continuò spiegando loro i diversi tipi di Vampiri e come alcuni avessero una vita più facile rispetto ad altri. Virginia non ricordava d'aver letto alcune di quelle informazioni sui suoi libri di testo; ma gli occhi di Charlotte brillavano d'interesse, tanto che iniziò perfino a prendere nota. Non solo quel ragazzo sapeva di cosa parlasse, citando fonti e ricerche, ma condivideva la propria conoscenza in un modo che avrebbe fatto vergognare l'ex professore di Scienze Soprannaturali di Virginia e Charlotte.

Un annuncio registrato comunicò ai passeggeri l'imminente arrivo del treno nella stazione di Newbury. Charlotte scrisse qualcosa su un pezzo di carta e lo porse al ragazzo.

«Puoi mandarmi un'email con le info e i link? Per favore?» Charlotte disse con gli occhi dolci.

Virginia poteva quasi vede le idee moltiplicarsi nella testa della sua amica: di certo, Charlotte avrebbe sproloquiato su personaggi, colpi di scena e ambientazioni per tutto il prossimo mese —se poi avrebbe finito la prima bozza o no, era da vedersi.

Il ragazzo inclinò la testa verso il foglietto, stringendo appena le labbra. Lo prese con it più formale "se insiste, signorina" che Virginia avesse mai sentito in vita sua. Tuttavia, invece di ricambiare con il proprio contatto, si offrì di portare i loro bagagli.

«Posso farlo da sola, grazie lo stesso», disse Virginia quando lui le prese il borsone.

«Insisto», rispose il ragazzo, tirando giù il borsone con facilità. «Inoltre non è così pesante.»

Virginia mormorò i propri ringraziamenti con un sorriso stitico sulle labbra, ignorando l'occhiata maliziosa di Hanae, o Charlotte che commentava come i veri gentiluomini fossero una rarità al giorno d'oggi. Mentre attraversava il corridoio, il ragazzo sembrava un mulo sovraccarico: se stava cercando di far colpo su di loro con una dimostrazione di forza virile, non era convincente quanto Robert. Il ragazzo scese dal vagone e porse loro la mano per aiutarle a scendere dal treno.

Quando Virginia pose la propria mano nella sua, la stringa immaginaria tesa fra cuore e stomaco vibrò, facendola sprofondare in una nebbia oscura abitata da presenze troppo fugaci per riconoscerle. Il profumo di lui la avvolse, cuoio e sottobosco e—ora lo riconosceva—l'odore di metallo e ozono caratteristico della Magia. No, la Magia era quella di Charlotte, la cui mano era posata sulla spalla di Virginia: se la sua amica stava cercando di farla agire in modo più sfacciato e civettuolo, i suoi poteri non stavano funzionando come avrebbero dovuto.

Una piccola ruga d'espressione si formò fra le sopracciglia di lui, ma i suoi occhiali da sole impedivano a Virginia di sapere se le stava guardando corrucciato o triste—o se si stesse concentrando su qualcosa.

«Vi auguro un piacevole fine settimana, signorine», disse lui a mo' di commiato, restituendo loro i bagagli.

Virginia e le sue amiche lo osservarono andar via, alto e altero, falciando l'aria con le lue lunghe falcate e stonando con la stazione, fino a quando non fu inghiottito dall'andirivieni di passeggeri.

«Un tipo interessante, vero?» disse Charlotte mentre anche loro si dirigevano verso l'uscita.

«Allora vuoi davvero scoprire se è un'acqua cheta, eh?» Hanae la stuzzicò, ottenendo un pizzicotto come risposta.

«Non intendevo sentimentalmente» disse Charlotte, alzando gli occhi al cielo. Puntò il dito su Hanae, fissandola. «E comunque, ti ha sgamato in due battute.»

«La prossima volta te ne occupi tu del rimorchio», Hanae ribatté con una linguaccia.

Mentre le sue amiche si sfottevano a vicenda, Virginia prese il cellulare per avvertire i suoi genitori che era arrivata a Newbury. Le notifiche mostravano che il moderatore le aveva dato solo una spiegazione parziale, il resto era l'ultima cosa che Virginia si sarebbe aspettata.

IConti_NonTornano314: Mi scusi, ma adesso devo andare.

IConti_NonTornano314: Abita a Newbury, giusto?

IConti_NonTornano314: Se vuole, potremmo incontrarci per una ripetizione di persona.

Virginia raggelò, risucchiando aria attraverso i denti. C'erano così tante storie di appuntamenti simili finiti male da far paura.

«Che gli rispondo?» Virginia mostrò la conversazione a Charlotte e Hanae. «Ho davvero bisogno del suo aiuto, ma se fosse un pervertito? E poi sapete cosa papà pensa delle persone conosciute su internet»

«Perché tuo padre dovrebbe arrabbiarsi?» Hanae chiese a sua volta, corrucciata. «Lo scorso luglio non s'è fatto problemi a mandarti a quel ritiro, e 'sto tizio lo avrai già incontrato là.»

«No, questo moderatore non ha partecipato», rispose Virginia con un sospiro. «Non l'ho mai incontrato e non ho idea che faccia abbia, e papà mi aveva dato il permesso di andarci solo perché ci sarei andata con il Professor Jackson e gli altri membri del club di Matematica, ma questo?» Scosse la testa, occhieggiando il cellulare come se potesse morderla. «Mi farebbe la pelle.»

Charlotte puntò pugni sulle anche e sbuffò. «Dagli appuntamento alla sala da tè: è un luogo pubblico, dopotutto.»

Gli occhi di Virginia dardeggiarono dalla sua amica allo schermo. «La sala da tè? Non la biblioteca comunale?»

«Sì sì, la sala da tè.» Charlotte le fece l'occhiolino. «Tua mamma non permetterebbe mai che qualcuno ti infastidisca proprio sotto il suo naso. E chissà» —Stirò le labbra in un sorriso malizioso e le diede una leggera gomitata, ondeggiando le sopracciglia— «potrebbe essere quel prof di matematica figherrimo che fa anche il modello.»

Hanae sospirò e scosse la testa. «Charlie, non penso che un prof di matematica che fa anche il modello abbia tempo da perdere con delle ripetizioni gratis

«Eh, scusa se mi piace vedere il bicchiere mezzo pieno!»

Mentre le sue amiche bisticciavano, Virginia si mordicchiò l'indice. Non gliene fregava una mazza di che faccia il moderatore avesse, ma il suo carattere era tutta un'altra storia. Avrebbe potuto trasformarsi in un bullo non appena avesse scoperto che Virginia era una Podestaria, proprio come durante la scuola media—esattamente come stava accadendo di nuovo. Ma come aveva detto a Charlotte in treno, non era obbligata ad avvertirlo dei suoi poteri.

Con le dita esitanti e più lentamente del solito, Virginia rispose al messaggio con l'ora e le indicazioni per raggiungere la sala da tè di sua madre, mentalmente incrociando le dita di non rimpiangere la sua decisione.

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