24 - Ponente, 5 anni e 331 giorni fa

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Il pilota aveva mollato le spesse cime che tenevano la mongolfiera ancorata al suolo. Agata si era affacciata per guardare il porto diventare sempre più piccolo, fino a sembrare un foglio increspato punteggiato di segni colorati. 

Appena furono in volo, la sensazione istantanea che provò fu di pace interiore. I dubbi che l'avevano torturata per giorni furono avviluppati dalle nuvole fino a divenire un ricordo lontano, lontano come la terra in quel momento. Quando raggiunsero una certa altitudine, il conducente diede loro delle coperte di pelliccia di rinoceronte dei ghiacci, uno dei tessuti più caldi al mondo.

Tseren fece un cenno col capo, come a dire che non ne aveva bisogno. Era la prima volta che Agata posava lo sguardo sul ragazzo da quando erano partiti, a tal punto era stata rapita dal panorama. Il Drago era felice, l'aria era chiaramente il suo elemento. Il vento spettinava i suoi capelli scuri, dandogli un aspetto ancora più selvatico. Sembrava voler saltare nel vuoto da un momento all'altro, tanto che il pilota lo osservava in continuazione di sottecchi. 

**********

Al tramonto l'uomo riempiva la cesta di cuscini gonfiabili. Dal momento che non c'era abbastanza spazio per sdraiarsi, erano costretti a dormire seduti in mezzo ai bagagli. Ad Agata sembrava una sistemazione di gran lunga più comoda della terra fredda su cui avevano riposato nel corso del tratto di viaggio lungo il fiume. 

Tseren non aveva ovviamente bisogno della sua coperta, l'Ascendente poteva quindi utilizzarle entrambe per rimanere al caldo, presto le temperature si erano infatti stabilizzate a venti gradi sotto zero.

Erano in volo da tre giorni pieni, le giornate trascorrevano lente e in silenzio. Il frastuono delle voci del cielo e gli stridii dalla mongolfiera rendevano infatti faticosa la comunicazione. Il pilota aveva preventivato altre quindici ore di volo per arrivare a destinazione. Nei momenti in cui le nuvole si diradavano, i ragazzi potevano scorgere le cime innevate macchiate da qualche albero scuro.

«Non ci posso credere che le hai attraversate a piedi» sussurrò Agata a Tseren, in un momento che erano affacciati fianco a fianco.

Il ragazzo rimase un attimo assorto, forse rivivendo i momenti più ardui di quell'avventura. «Diciamo che ero motivato dalla disperazione. Dovevo trovarti in tempo, lo sai» rispose con un sorriso triste.

***

Nel cuore della terza notte, Agata fu svegliata da un rombo che parve durare secondi interminabili. Quasi contemporaneamente una secchiata d'acqua gelida la bagnò dalla testa ai piedi. La ragazza aprì gli occhi spaesata, cercando di ricordare dove fosse. Prima che potesse mettere insieme gli indizi che la guidassero alla risposta, una raffica violenta fece ondeggiare la cesta della mongolfiera e la ragazza rotolò contro le gambe del pilota, che cadde imprecando.

Tseren le fu subito accanto e la aiutò a indossare una delle imbracature d'emergenza, che servivano appunto a legare l'equipaggio alla mongolfiera in caso di maltempo. Aveva già indosso la sua e con prontezza la legò a quella della sua Ascendente.

La pioggia continuava a picchiarli impetuosa ed era talmente fitta che la ragazza aveva l'impressione di annegare. Ogniqualvolta apriva la bocca per respirare, era costretta a sputare fuori l'acqua che vi entrava senza pietà.

Tseren non temeva per la propria incolumità, ma per quella di Agata. Aveva affrontato situazioni ben più rischiose e sapeva che il suo corpo di Drago era fatto per resistere alla forza bruta della natura. Al contrario di quello delicato della ragazza da cui dipendeva il corso che avrebbe preso il resto della sua vita. Da un lato si prospettava un'esistenza centenaria tranquilla, il suo segreto protetto tra i pendii del monte Ariun; dall'altro una vita solitaria con l'impossibilità di contenere la sua natura di drago, la sua metà incontrollabile assetata di distruzione. Il ragazzo strinse Agata a sé e appoggiò il capo di lei sul proprio petto.

L'Ascendente stringeva con forza le corde di cui era composta l'imbracatura di Tseren, anche in quel momento in cui rischiava di morire, il suo cervello continuava a macinare senza sosta. Tenersi stretta a lui invece che alla cesta non era razionalmente la scelta giusta. Era chiaro che la decisione più sicura fosse evitare a tutti i costi di venire catapultati fuori dall'abitacolo, eppure l'istinto la portava a non staccarsi dal Drago. Per nulla al mondo doveva separarsi da Tseren, non nei giorni in cui il ragazzo poteva perdere il controllo.

Il lampo successivo illuminò il cielo e i due ragazzi si accorsero che avevano perso quota. Erano pericolosamente vicini alle montagne e la pioggia si era trasformata in nevischio.

«Dobbiamo tornare indietro!» il vento spinse la voce del conducente fino alle orecchie di drago di Tseren.

«No!» gridò lui in riposta, «Non possiamo tornare indietro!»

«Non abbiamo scelta, proseguendo in quella direzione rischiamo di finire direttamente nel cuore della tempesta, dove si frangono i fronti!»

Tseren sapeva che non potevano permettersi di tornare indietro, mancavano solo due giorni alla fine della settimana di luna nuova e non voleva rischiare di affrontare la traversata senza la sicurezza di potersi trasformare in drago, in caso di pericolo non sarebbe stato in grado di proteggere la sua Ascendente.

«Ho detto di no!» gridò ancora. «No!» ripeté in ponentese.

«La decisione è mia, sono io che guido questa mongolfiera» e il pilota prese a trafficare con gli ingranaggi che servivano a governare il velivolo.

«Facci scendere qui!» gridò Tseren mentre l'ennesimo scossone faceva volare i cuscini gonfiabili fuori dal cesto.

«Ma sei impazzito? Vuoi che atterri nel bel mezzo della catena montuosa? Non so neanche dove siamo, potremmo avere già varcato il confine con Levante!»

Tseren si avvicinò minaccioso alla postazione di comando della mongolfiera, trascinando Agata con sé. La ragazza si chiese se avesse capito bene, il ragazzo aveva per caso chiesto di essere lasciato lì? Nel mezzo del nulla durante una tormenta?

«Ho detto di farci scendere qui!» e tirati fuori gli artigli, il Drago prese ad armeggiare con i comandi. La mongolfiera ondeggiò violentemente, fuori controllo.

«Tu sei matto!» gridò il pilota cercando di sovrastare il boato della bufera. 

«Vuoi morire qui?! E va bene! Ma non ho la minima intenzione di accompagnarti nell'aldilà». 

L'uomo riprese la guida della mongolfiera e la fece discendere bruscamente verso un pendio innevato.

«Vuoi scendere? E allora scendi!» continuava a gridare, ormai fuori controllo. Con rabbia afferrò le borse dei due ragazzi e le scaraventò fuori bordo.

Agata non riusciva a seguire la conversazione per via delle urla del vento e poiché i due parlavano in levantese. Era certa che Tseren avesse chiesto di scendere e la reazione furiosa del conducente le fece intuire che dopo essersi opposto, l'uomo aveva infine accettato di condannarli a quella che ai suoi occhi doveva sembrare una morte certa. Non poteva sapere che Tseren era già sopravvissuto alle insidie di quelle montagne. 

Nel momento in cui la mongolfiera scese di nuovo verso la distesa innevata, Tseren usò con prontezza i suoi artigli per tagliare le corde che li legavano alla cesta e salì in piedi sul bordo. L'ultima cosa che vide Agata, prima di cadere nel vuoto, fu la faccia atterrita del pilota. Quella vicenda l'avrebbe probabilmente perseguitato per sempre. 

La ragazza non era riuscita a stimare l'altezza da cui si erano tuffati, doveva essere almeno una decina di metri. Si strinse ancora di più a Tseren e chiuse gli occhi. Stranamente non aveva paura, sapeva che il ragazzo Drago l'avrebbe protetta. L'impatto fu attutito dal corpo di lui. Tseren non ebbe problemi ad atterrare su un ginocchio, nonostante la violenza del vento e il nevischio che inclemente pungeva loro la pelle.

Agata era completamente bagnata e il freddo le faceva gelare i vestiti addosso. Tseren si liberò dalle corde e recuperò una delle due borse, la ragazza sperò che fosse la sua, sarebbe stato un peccato aver perso la mappa di Levante. Fortunatamente una delle coperte di pelle di rinoceronte era caduta con loro e il ragazzo la avvolse attorno ad Agata, cosa che non parve sortire l'effetto desiderato. La ragazza batteva i denti in modo incontrollato e aveva le labbra e le mani viola. Si infilò anche lui nella coperta e prese la sua Ascendente in spalla. Agata si avvinghiò con gambe e braccia a lui, attratta dal calore che bruciava nel suo petto.

Dopo un tratto che parve interminabile i due ragazzi si trovarono di fronte a un muro di neve alto un paio di metri e spesso almeno cinque. Il ragazzo Drago posò delicatamente Agata a terra e cominciò a scavare freneticamente nella neve.

Agata lottava per rimanere sveglia, non aveva mai sentito tanto freddo in vita sua. Pensò alla sua famiglia, i fratellini che si rotolavano nella sabbia, i genitori che scendevano dal peschereccio con gli occhi colmi di stanchezza mista a serenità, le zuppe calde che preparava la nonna, le ore trascorse con la zia a ripetere quello che aveva imparato a lezione. Pensò alle sue compagne di dormitorio, Holly Dee, la persona che la conosceva meglio al mondo, Giuditta e i suoi vestiti sempre perfetti, Kanzi che prendeva in continuazione la matita da dietro l'orecchio per appuntarsi chissà cosa, le freddure di Anika...

Tseren le era di nuovo accanto. «Non chiudere gli occhi, Agata, non chiudere gli occhi» le ripeteva. Chiudere gli occhi era proprio quello che desiderava di più in quel momento. Il ragazzo la trascinò nella neve fin dentro la buca che aveva scavato nel muro di ghiaccio. Aveva creato un abitacolo, stretto quanto la fossa in cui avevano cercato fossili per una settimana. Portò dentro anche la borsa e freneticamente prese a rovistare all'interno finché non trovò i vestiti di ricambio della ragazza. Erano stati fortunati a recuperare proprio quella borsa.

Aiutò l'Ascendente a liberarsi dei vestiti bagnati e indossare quelli rimasti asciutti all'interno del bagaglio. Era buio pesto per Agata, mentre gli occhi di Tseren potevano vedere come se fosse giorno. Erano nel cuore della settimana di luna nuova, la luna era spenta e i suoi sensi di drago erano all'apice delle loro potenzialità.

Una volta che fu avvolta nei vestiti asciutti, la ragazza tastò nell'oscurità per trovare Tseren e si strinse a lui, bramosa del calore che il suo corpo emanava. Lui si fece attanagliare in quell'abbraccio disperato e continuò a ripeterle che doveva rimanere sveglia.

«Mi piace la tua voce, hai una voce profonda, ma al tempo stesso squillante» rispose Agata, incapace di distinguere i pensieri dalle parole.

«Mia madre dice...» si fermò. «Lei diceva che la mia voce è un misto della sua voce squillante e di quella profonda di mio padre. Mia madre aveva una di quelle risate argentine che mette il buon umore solo a sentirle...»

«Mi piacerebbe sapere qualcosa di tua madre... Raccontami di lei...» disse Agata, sicura che, come ogni volta che chiedeva del suo passato, il ragazzo avrebbe cambiato discorso.

E invece quella volta Tseren cominciò a raccontare.    

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