59 - Levante, 5 anni e 115 giorni fa

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I primi giorni all'accampamento militare furono per Agata un incubo. C'era sempre confusione; di giorno e di notte, che ci fosse il sole o che diluviasse.

Avevano conosciuto alcuni dei soldati vicini di tenda, ma erano tutti rudi e impregnati delle convinzioni più assurde: per esempio che la guerra fosse l'unico modo per mantenere la pace o che i vertici dell'esercito li avrebbero ricompensati con chissà quali ricchezze.

L'Ascendente non aveva niente in comune con loro e, per la prima volta da quando aveva lasciato Ponente, si sentiva fuori posto. Non faceva nulla dalla mattina alla sera perché non c'era modo di trovare nuovi libri e quelli che aveva con sé li aveva letti già due, se non tre, volte. Non aveva senso neanche allontanarsi, non c'era nulla nel raggio di centinaia di chilometri. E così la ragazza passava le giornate ad assistere agli allenamenti della milizia, finché il fragore dello scontro tra lame non divenne insopportabile.

Una sera era seduta sul suolo arido e con un bastoncino scribacchiava nel terriccio alcune formule matematiche. Erano delle nozioni astronomiche di base che le aveva illustrato Kanzi, una delle amiche del dormitorio. Negli ultimi giorni, Agata si era accorta che aveva cominciato a dimenticare quanto imparato negli anni di studio universitario. Aveva paura che le sfuggisse anche il frutto di tutte quelle ore trascorse a ricoprire di numeri la lavagna della sala comune, tra una tisana e un pettegolezzo; e così, senza rendersene conto, aveva messo quanto ricordava per iscritto, nella terra.

«Non male, ponentina. Anche se qui hai sbagliato un segno» disse una voce energica mentre un altro bastoncino interveniva a correggere la sua equazione.

La ragazza si voltò a guardare il giovane che aveva parlato: era poco più grande di lei, anche se non riusciva ad attribuirgli un'età precisa; forse le leggere rughe intorno agli occhi erano semplicemente il risultato dell'esposizione al sole che batteva implacabile sulla steppa, e non un segno lasciato dallo scorrere del tempo.

Non era particolarmente bello, ma Agata fu immediatamente colpita dall'intelligenza che brillava nello sguardo. Dopo giorni e giorni tra occhi perennemente spenti e disinteressati a qualsiasi cosa, a meno che non si trattasse di donne o di come sbudellare un avversario, la ponentina colse immediatamente la differenza.

«Cosa ci fa una ragazza colta come te in questo luogo infernale? Io almeno sono stato costretto, qual è la tua scusa?» sorrise furbescamente il giovane.

Agata si ritrovò a ricambiare il sorriso; in mezzo a quel mare di solitudine, la comparsa di quel levantino brillante le parve un'ancora di salvezza. «Ho seguito una persona» rispose pensando a come giustificare il rapporto con Tseren, e quello di Tseren con Thuluun.

«E qual è la scusa di questa persona?» indagò ancora il soldato, accompagnando la domanda con un secondo ghigno accattivante.

«Conoscere meglio mio nonno, il colonnello Thuluun» gli altri due non si erano accorti dell'arrivo del Drago, che aveva notato immediatamente che la sua Ascendente era stata avvicinata.

Il soldato si tirò su e fece l'errore di aiutare Agata ad alzarsi. Tseren lo incenerì prontamente con lo sguardo e dovette passarsi per un attimo la mano davanti al volto per evitare che l'altro notasse la luce dorata che si era accesa nei suoi occhi di Drago. Mancavano solo un paio di giorni alla luna nuova ed era facile che i suoi tratti anomali emergessero quando era sconvolto da qualche emozione improvvisa: non gli piaceva il modo in cui quel tizio si era rivolto alla sua Ascendente e gli piaceva ancora di meno il modo in cui lei gli aveva sorriso.

«Non pensavo che a Ponente ci fossero persone con le iridi di quel colore, anche tu sei di Ponente non è vero? Comunque il mio nome è Utukur, e non avete idea di quanto mi faccia piacere sapere che ci sono due nuovi arrivi da queste parti! Cominciavo a essere stufo della solita compagnia» e il soldato parve rivolgersi più ad Agata che a Tseren.

Gli altri due pensarono non ci fosse alcun motivo di confutare quelle teorie, non era un male che avesse attribuito gli occhi inconsueti del Drago alla fisionomia di Ponente. Agata si presentò titubante e fu costretta a introdurre anche Tseren, che aveva mantenuto un atteggiamento ostile nei confronti di Utukur.

«Ci si vede in giro allora!» il levantino li salutò allegramente e il Drago ebbe l'impressione che l'altro stesse cercando di dileguarsi per evitare il caporale, che nel frattempo si era avvicinato per richiamarli all'ordine.

**********

L'amicizia con Utukur era l'unica cosa che rendeva la permanenza nell'accampamento per Agata tollerabile. Nonostante le lamentele di Tseren, aveva messo in chiaro fin da subito che aveva il diritto di trascorrere il tempo con chi volesse; era il minimo, considerato che non era stata una sua idea andare in guerra, ma aveva accettato solo per via di quell'assurdo "patto delle due comete".

Il giovane soldato era straordinariamente colto e raccontò loro che, qualche mese prima, tutti i suoi sogni erano andati in frantumi. Suo padre non considerava la carriera accademica una professione seria e così aveva pagato l'università della capitale di Levante per cacciarlo; gli aveva poi promesso che avrebbe sborsato una somma altrettanto lauta per farlo riammettere, a patto che avesse prima dimostrato di che pasta fosse fatto, in guerra.

«Di che pasta volete che sia fatto? Di cellulosa!» concluse Utukur e lui e Agata scoppiarono a ridere.

«Perché i libri sono fatti di cellulosa» spiegò la ponentina, dal momento che palesemente Tseren non aveva capito la battuta. Nonostante il chiarimento, il Drago mantenne il cipiglio; non ci trovava niente da ridere.

Durante le lunghe chiacchierate tra Agata e Utukur, Tseren era nei dintorni; ma sempre più spesso, invece che sedere con loro, stava in disparte o trascorreva il tempo con il precettore. Questi non vedeva l'ora di tornarsene a casa, ma era stato pagato da Thuluun per dare al nipote analfabeta un'infarinatura di cultura generale, e Tseren era ben lontano dall'obiettivo.

«Puoi imparare molte più cose da Utu, perché sei sempre per conto tuo?» gli chiese una sera Agata mentre si infilava sotto le coperte.

«Per questo motivo» e il Drago accennò un colpo di tosse. Un fumo scuro fuoriuscì dalla bocca semiaperta e Agata agitò la mano freneticamente per non respirarlo.

«Ma cosa...» domandò sorpresa.

«Sono due giorni che non faccio altro che tossire fumo, te ne saresti accorta se non fossi così impegnata con il tuo nuovo amico» sbottò il Drago e fu colto da un altro attacco.

«Mi dispiace, Tseren. Ma cosa ti sta succedendo? È grave?» chiese Agata allarmata colpendolo sulla schiena.

«Cosa stai facendo? Perché mi picchi?» lui la guardò con gli occhi di fuori, «Non mi è mica andato qualcosa di traverso!»

Agata ritirò la mano. «È grave?!» ripeté.

L'altro scosse il capo e abbassò il tono di voce. «No, è semplicemente uno dei tratti della maturità dei Draghi. Ti ricordi? Ne avevamo parlato»

«Puoi sputare fuoco?» esclamò l'Ascendente ricordando la conversazione che avevano avuto sulla spiaggia di Ponente mesi prima.

«Non lo so, e di certo non posso controllare la prossima settimana. Non ho la minima intenzione di trasformarmi con tutta questa gente nei dintorni» rispose lui, e Agata riconobbe l'espressione preoccupata che compariva sul suo volto ogni volta che il pensiero di fare una strage faceva capolino.

Dopo aver discusso un altro po' di come mascherare, nei giorni successivi, quella tosse fin troppo appariscente, Tseren crollò in un sonno tranquillo, mentre Agata rimase a fissare la sagoma del suo Drago nell'oscurità, come ogni sera. Dormire nello stesso letto era una tortura e più andavano avanti più aveva paura che lui si abituasse a considerarla più una sorella che una donna. Era cresciuto con l'esempio di Xhoán e Baya, e nel corso di quei mesi non aveva dimostrato di essere minimamente attratto da lei. Negli ultimi giorni le era sembrato di cogliere qualche segnale di gelosia nei confronti di Utukur, e invece a quanto pareva stava per conto suo solo per non farsi vedere mentre tossiva fumo.

Nel chiasso incessante dell'accampamento, Agata bagnò il materasso che odorava di muffa di lacrime amare.

***NOTA***
Auguro a tutti i lettori de L'ultimo dei Draghi buon anno. Grazie per aver reso il 2016 per me speciale e spero che la mia storia vi continui a regalare molte sorprese anche in questo 2017.

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