68 - Levante, 5 anni e 109 giorni fa (II)

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I sensi di Tseren, quando mutava in drago, non avevano nulla a che vedere con quelli propri della sua forma umana. Il modo di percepire il mondo si acuiva e si dilatava al tempo stesso. Alcuni elementi, come gli odori e le voci della natura, diventavano un quadro di cui era possibile distinguere ogni singola pennellata; altri, come il linguaggio degli uomini, erano invece per lui l'equivalente di una statua incompiuta. La creatura riusciva a cogliere solo il senso generale, qualche parola, come quando si ascolta una lingua che non si padroneggia. L'unica che comprendeva alla perfezione era, ovviamente, la sua Ascendente.

Agitò la coda per frantumare più frecce possibili, non si preoccupò dei dardi diretti verso di lui, ma di quelli in picchiata sui soldati al suo fianco, piegati sotto i loro fragili scudi. Utukur si muoveva con agilità, standogli sempre abbastanza vicino da essere riparato dalla corazza impenetrabile che era il suo corpo di drago.

Una volta che la cascata di frecce parve esaurirsi, la creatura si fece strada tra l'erba alta, innalzandosi in tutta la sua grandiosità. Vide davanti a sé le schiere ordinate degli avversari, molte egide erano dipinte con l'effige della setta: una rosa rossa avvolta in una spirale ondulata blu notte. Molti soldati, alla vista del rettile gigante, lasciarono cadere a terra gli scudi e indietreggiarono, abbandonando terrorizzati le prime file.

Tseren conosceva bene l'odore della paura, l'aveva sentito innumerevoli volte addosso alle bestie che abitavano sulle montagne, ma ora l'aria ne era completamente pregna. Fiutava il terrore di tutti quegli esseri umani e lo riconosceva nel modo in cui tremavano al suo cospetto. Era inebriante e faceva sì che il suo lato animale se ne nutrisse nel tentativo di prendere il sopravvento. Fortunatamente Agata era vicinissima, poteva sentire le sue piccole mani appoggiate sul collo e la sua criniera di capelli sfuggire dall'elmo, solleticandogli le ali.

Anche l'Ascendente aveva paura, non di lui, ma di quello che avrebbe potuto fare se avesse assecondato i suoi istinti più feroci. Glielo aveva detto chiaramente prima della battaglia e ripensare alle parole di Agata gli permise di soffocare la sete di sangue e pensare razionalmente a come uscire da quella situazione assurda, senza fare vittime.

Riconobbe la voce di Thuluun in lontananza, stava gridando qualcosa nella sua direzione e gesticolava animatamente. Fuoco, brucia. Sì, il vecchio colonnello voleva che scagliasse le sue fiamme contro i nemici. Quanti ne avrebbe inceneriti se avesse eseguito quel comando? Dieci? Venti? Cinquanta? Non aveva idea di quale fosse la portata della sua arma più letale.

Quei militi nemici gli sembravano così simili ai compagni che stava cercando di proteggere e la verità era che non si sentiva per nulla parte della causa. Non aveva ancora capito quali fossero le vere ragioni della guerra; non aveva scelto una fazione, vi si era ritrovato. Per quanto la Setta degli Audaci non gli piacesse, non lo convinceva neanche il modo goliardico con cui quel manipolo di ricchi governava il continente. Da quanto aveva capito dei discorsi di Agata e Utukur, erano una combriccola di privilegiati che sperperava le tasse per costruire palazzi sempre più lussuosi in cui riunirsi, sporadicamente, per deliberare sulle vite di centinaia di migliaia di persone.

Agata, accucciata contro il suo corpo, tremava come una foglia; voleva portarla disperatamente via di lì, allontanarsi al più presto da quel pantano infernale.

Si decise infine a soffiare il suo alito fiammeggiante, ma indirizzò il fuoco verso il cielo e non sullo schieramento dei nemici. Il gesto ebbe comunque l'effetto desiderato: i ranghi avversari erano nel panico più totale, i loro condottieri avevano perso il controllo e non riuscivano a evitare che le squadriglie battessero in una ritirata caotica.

In quel momento di confusione, Tseren sentì l'impulso di cercare Thuluun tra la folla. Lo individuò subito, adagiato su un cavallo gravato senza motivo da una sella ingioiellata, il suo ghigno soddisfatto che quasi raggiungeva le orecchie sformate dall'età. Senza un attimo di esitazione, il drago si voltò e con pochi balzi raggiunse quello che un tempo aveva creduto essere suo nonno.

Il vecchio mercante lo fissava senza capire, ignaro dell'istinto di distruzione che il Drago covava dentro di sé. Disse qualcosa, ma Tseren aveva ascoltato fin troppe delle sue parole false e vanesie. Vedeva quegli occhi abietti e tutto ciò che occupava la sua mente era il pensiero che, se vent'anni prima quel maledetto vecchio si fosse opposto, la sua razza non sarebbe stata sterminata. Per via della sua ingordigia lo aveva condannato a una vita di solitudine e gli aveva quasi strappato l'uomo che era stato il suo punto di riferimento tutta la vita. Ripensò al volto tumefatto di Xhoán e liberò un ruggito tonante.

Il cavallo che aveva l'ingrato compito di trasportare Thuluun, già terrorizzato dalla visione di quel predatore dai denti aguzzi, fu spaventato a morte dal verso della belva e si impennò, sgroppando freneticamente finché il colonnello non fu scaraventato al suolo.

Tseren si chiese se Thuluun si fosse rotto l'osso del collo, ma il vecchio si mosse debolmente nel fango e spalancò gli occhi. Lo sguardo solitamente calmo era rabbuiato da una preoccupazione senza appigli: il mercante non riusciva a capire cosa avesse portato il Drago a rivoltarsi contro di lui.

Tseren sentì il fuoco ribollire in corpo, lava pronta a emergere. Era dilaniato tra le sue due nature: il suo spirito di uomo si aggrappava alla compassione che aveva imparato da suo padre, mentre quello di drago voleva liberarsi, una volta per tutte, di quel vecchio sadico che costituiva una minaccia per lui e per Agata. Il vero nemico, quel giorno, sul campo di battaglia, non era il soldato dell'esercito avversario. Era quell'uomo spietato che aveva portato solo disgrazie da quando era entrato nella vita della sua famiglia.

«Tseren, portami via. Ti prego». La voce di Agata, l'unica chiara in quel frastuono assordante, ebbe l'effetto di destarlo e far sì che il suo lato umano riprendesse le redini.

Tseren guardò con gli occhi carichi di rabbia Thuluun e sperò che quella fosse l'ultima volta che le loro strade si sarebbero incrociate; poi, senza ripensamenti, seguì Utukur nella steppa.

«Lo so cosa volevi fare, ho sentito il tuo istinto omicida nelle mie vene». Il chiasso di armi e armature si ammutoliva ogni volta che Agata apriva bocca. Le sue parole non gli arrivavano attraverso l'udito, ma lungo quel canale di comunicazione privilegiato che condivideva solo con lei.

«Non sei mai stato così vicino, vero? Così vicino ad assecondare il tuo lato animale» gemette la sua Ascendente. «Ma l'importante è che tu non abbia ceduto, Tseren. Anche se mi rendo conto che cancellando quel maledetto vecchio dalla faccia della terra avresti fatto un favore all'umanità intera, non ne vale la pena. Non vale la pena perdere te stesso per vendicare la tua razza». La ponentina fece una pausa e infine concluse con delle parole che non l'avrebbero mai lasciato.

«Xhoán sarebbe fiero di te».

***NOTA***
Che dite è la volta buona che ci siamo liberati del vecchiaccio? Che soddifazione buttarlo nel fango!
Domandina della domenica: se poteste cambiare il nome a uno dei personaggi, chi scegliereste? Qual è il nome che vi piace di meno? E quello che vi piace di più, invece?

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