76 - Levante, 5 anni e 85 giorni fa

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Nel giro di una settimana Agata e Tseren racimolarono il denaro necessario a comprare due biglietti di sola andata per le montagne, su uno dei velivoli più all'avanguardia. Si trattava di un mezzo di trasporto tra i più costosi e mai sarebbero stati in grado di affrontare una spesa simile se non fossero capitati lì proprio nel mese dei giochi intercontinentali. 

Avrebbero potuto vendere uno dei fili d'oro che avevano ricevuto dagli Gnomi, ma sarebbe stato un peccato rinunciare a quel simbolo di buon augurio, e c'era il rischio che qualcuno decidesse di investigare cosa ci facessero due ragazzini con un materiale tanto prezioso.

Agata aveva inoltre spedito altre due lettere a Ponente, una per la sua famiglia e una per Holly Dee. Ci sarebbero voluti mesi perché venissero recapitate, ma era meglio di niente.

«E così siete in partenza?» domandò Zaafat dispiaciuta.

Agata annuì. In un paio di giorni sarebbe iniziato il torneo ufficiale e la Comune era deserta, gran parte dei ragazzi trascorreva giorno e notte agli eventi di inaugurazione. Latikaii non era ancora tornata, ma Utukur non sembrava particolarmente impensierito, Kita sapeva badare a se stessa.

«Vi conviene dormire una notte in una delle pensioni vicino al porto, e prendere uno dei primi voli che di solito sono i meno affollati» spiegò loro Utu. «Nonostante sia il periodo più trafficato dell'anno, un posto letto si trova sempre».

Agata e Tseren decisero di fidarsi di Utu, in fondo fino a quel momento l'incontro con quel brillante levantino si era rivelato provvidenziale. L'amico disse che si sarebbe trasferito anche lui dall'altra parte della città, perché era lì che si trovava l'arena del torneo, un'area attrezzata per ospitare quasi mezzo milione di persone. Quelli che riuscivano a seguire lo spettacolo erano i pochi fortunati che si accaparravano i posti nelle prime file, ma la maggior parte del pubblico andava lì per bere, mangiare e stare in compagnia.

Ci volle quasi una giornata intera per attraversare la città, ogni strada della capitale era congestionata. Tseren non aveva mai visto così tante persone tutte insieme, la calca era indescrivibile. Teneva stretta Agata, attento a proteggere anche il borsello dove erano riposti tutti i loro risparmi, i soldi guadagnati con il sangue di alcune tra le belve più feroci al mondo.

Il desiderio di tornare tra le montagne lo trainava lungo quelle stradine e cominciò a pensare a cosa avrebbe fatto una volta a casa. Voleva parlare a fondo con Xhoàn, capire perché, secondo lui, la madre aveva mentito a entrambi. E voleva saperne di più della sua razza, sentire i racconti della vita nel villaggio dei Draghi, ricordi che sua madre non condivideva mai perché troppo dolorosi. Infine, voleva trascorrere le sue giornate con Agata, esaudendo uno per uno i desideri della sua Ascendente. Chissà che non potessero vivere tra gli uomini, in una località remota di Ponente, lontani dai tentacoli di quel trio funesto che erano Thuulun, la FSI e la Setta degli Audaci.

Abbassò lo sguardo sull'Ascendente, i suoi occhi vivaci si posavano instancabili su tutto ciò che la circondava. Quel tratto della personalità di Agata lo aveva colpito fin da subito, lui di domande se ne era sempre poste molto poche e vedere come la ragazza fosse curiosa di conoscere e capire a trecentosessanta gradi il mondo, aveva gradualmente aperto anche le sue vedute. 

Ammirava, inoltre, come riuscisse ad adattarsi a qualsiasi contesto, che fosse un comizio di guerra o uno spettacolo truce come quello dei giochi. Anche quando non era d'accordo, evitava di giudicare le convinzioni di Levante, presentando il suo punto di vista mai come superiore.

Agata era una ragazza come poche, aveva avuto la conferma di ciò osservando come Utukur si rivolgeva a lei. Al contrario della ponentina, il giovane professore di Levante ogni tanto lasciava trasparire il fatto che si sentisse un gradino sopra gli altri. Succedeva raramente, ma il suo vero io di tanto in tanto emergeva dietro la maschera di educazione e bonarietà. Nella comune trattava tutti, compresa Zafaat, con fredda cordialità; era sempre sbrigativo, come se il tempo che dedicava loro fosse in parte tempo perso. Al contrario, sembrava non stancarsi mai di parlare con Agata; sorrideva genuinamente alle sue domande intelligenti e tirava fuori uno spirito ironico che gli altri, tranne forse Latikaii, non conoscevano neanche.

Quell'attaccamento sembrava corrisposto dalla sua Ascendente, che approfittava di ogni minuto libero per chiacchierare con Utukur. Questo continuava a ferirlo, come quando erano nell'accampamento, eppure nelle ultime settimane avevano trascorso molto tempo solo loro due e qualcosa era cambiato.

Quando il professorino non era tra i piedi, tutte le attenzioni di Agata erano concentrate su di lui ed era una sensazione che adorava. Sentiva sempre più spesso il bisogno di starle vicino, anche fisicamente, ma non riusciva a capire se a lei facesse piacere. Era certo di una cosa: se la ponentina avesse continuato ad attrarlo come una di quelle grosse calamite che avevano visto sul tetto della FSI, avrebbe smesso di opporsi alla possibilità che il loro rapporto prendesse il corso naturale di gran parte dei legami Drago-Ascendente. Purché lei avesse voluto, ovviamente.

«Ci siamo quasi, ragazzi!» La voce stridula di Utukur lo riportò alla realtà. Avevano abbandonato la parte della città adagiata sulle colline e stavano percorrendo un'ampia via pianeggiante, dove uomini e animali da trasporto si facevano largo tra le diligenze. C'era più chiasso del solito, forse per l'eccitazione dovuta all'imminente inizio del torneo, e l'ultimo tratto del tragitto fu incredibilmente faticoso.

Era già buio quando raggiunsero una bettola da cui si vedevano, in lontananza, sia il porto della Capitale che l'arena dei giochi. Si trattava di un edificio a due piani, pennellate di colore coprivano scritte volgari sui muri, ma qualcosa si intuiva ancora dalle frasi spezzate e dai disegni espliciti.

«Tranquilli, nonostante l'apparenza è un posto sicuro!» rise la loro guida nello spiare l'espressione allibita della ponentina. «Conosco i proprietari da una vita, e le stanze al piano superiore sono riservate a persone di fiducia» aggiunse, visto che i due non sembravano affatto convinti.

L'ingresso era uno stanzino che odorava di fritto, occupato da uno sgangherato bancone verde ricoperto di adesivi. La parete era invece nascosta da targhe su cui moniti e proverbi erano tracciati in una calligrafia traballante. Il Drago si perse tra quelle frasi piene di doppi sensi, nell'ultimo mese aveva messo da parte il suo proposito di imparare a leggere fluentemente ed ebbe l'impressione di aver fatto un bel po' di passi indietro.

«Quanto ti fermi da noi, Utu?» chiese il robusto albergatore seduto dietro a un'ingombrante macchina da cucire. Gettò a terra una pila di riviste di moda e aprì l'agenda degli ospiti.

«Io sto da un conoscente, Ingo» rispose il professore facendo cenno alla coppia di compagni di avvicinarsi. «Ho solo accompagnato due amici». Quel nome non aveva niente di levantese e così Agata si avvicinò per osservare meglio il loro anfitrione. Dietro alla peluria che risaliva lungo le guance, fin quasi alle palpebre inferiori degli occhi, c'era la carnagione pallida di un ponentino.

«Una compaesana!» esclamò lui non appena posò lo sguardo su Agata. «Di dove sei, ragazza?»

«Della zona costiera, tu?» tagliò corto l'Ascendente, non era a proprio agio a condividere dettagli personali. A Ponente, così come a Levante, la zona costiera era quella più estesa, quindi quel frammento di informazione era pressoché inutile.

«Mio padre è originario della Brughiera di Ponente, ma io sono nato e cresciuto qui» rispose l'uomo sfogliando il suo registro. «Una o due stanze?»

«Due» rispose Tseren senza un attimo di esitazione mentre Agata mostrava l'indice. I due si fissarono per un attimo perplessi; il ragazzo guardò l'unico dito di lei, sollevato a mezz'aria, e rimase sovrappensiero.

«Preferirei due, confinanti però» aggiunse rivolto sia all'Ascendente che al proprietario della pensione. Era sempre più difficile contenere l'attrazione nei confronti della ragazza e non era sicuro che fosse il momento giusto per fare un passo tanto importante.

«Che c'è, avete forse litigato?» li punzecchiò Utukur.

«Due stanze limitrofe e comunicanti» L'albergatore allungò loro due chiavi grosse quanto il palmo di una mano.

Tseren e Agata salutarono Utu, dandosi appuntamento alla mattina dopo e salirono in silenzio le scale. La ponentina si chiuse la porta della propria camera alle spalle senza neanche dare la buona notte. Il giovane rimase a fissare pensieroso l'uscio sprangato ed entrò nel locale attiguo. Senza accendere la luce si guardò attorno, la chiave era quasi più grande della stanza stessa e l'odore di vecchio era nauseabondo. Lasciò andare un sospiro e si sdraiò sul giaciglio, incapace di prendere sonno. L'espressione delusa di Agata lo attanagliava e stava per cedere al desiderio di raggiungerla, quando sentì dei singhiozzi sommessi al di là della parete sottile.

Perché la sua Ascendente stava piangendo? Forse aveva nostalgia di casa, oppure, finalmente sola dopo mesi, dava libero sfogo al nervosismo accumulato? Quella reazione era comprensibile visto tutto quello cui aveva dovuto assistere, dalla violenza senza volto sul campo di battaglia a quella mascherata dei giochi clandestini.

Il Drago appoggiò la mano al muro, ogni singhiozzo di Agata gli arrivava dritto al cuore e quella notte non riuscì a chiudere occhio, pensando a come avrebbe potuto rendere la sua Ascendente felice.

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