82 - Levante, 5 anni e 6 giorni fa

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Dopo quattro giorni, Agata aveva ripreso a mangiare. Subito dopo essersi separata da Tseren, era stata caricata di forza su una diligenza e portata via da quel laboratorio nascosto tra le rocce rossicce del monte Enkher.

Il viaggio di ritorno a Ponente era stato molto meno accidentato di quello d'andata. Era accompagnata da due persone, un uomo e una donna che non parlavano mai, né con lei né tra di loro; e quel silenzio era la melodia perfetta per il suo dolore. Poteva crogiolarsi nella disperazione giorno e notte, senza dover interagire con i due scagnozzi di A-8Z8, due ombre che si limitavano a portarle del cibo e ad accompagnarla in bagno.

In quarantotto ore avevano raggiunto il capoluogo della zona montuosa e la ponentina aveva tenuto tutto il tempo le tende chiuse, per non vedere quelle strade che aveva percorso tante volte con il suo Drago. Persino le opprimenti giornate con Thuulun le sembravano momenti perfetti; eppure, più il tempo passava, più tutto aveva l'aria di essere un sogno a occhi aperti.

Avevano volato sulla catena montuosa su un velivolo della FSI, insieme a un manipolo di scienziati in trasferta. Qualcuno aveva provato a rivolgere la parola a quella ragazza dalle occhiaie scavate che viaggiava accompagnata da due guardie, ma la ponentina non rispondeva mai, non dava segno di voler reagire a qualunque cosa la attanagliasse.

Una volta giunti a Ponente, la sua nuova realtà erano divenute le quattro pareti della nuova diligenza. Agata mangiava poco, dormiva di meno e non parlava per niente.

Ogni tanto, nel cuore della notte, veniva destata dagli incubi. Un momento era avvolta in un abbraccio rovente di Tseren, l'attimo dopo si svegliava, sempre nel sogno, convinta che si fosse trattato di un sogno, tutto: l'esistenza dei Draghi, il suo anno in giro per Levante e lui.

A volte il dolore era talmente lancinante che si ritrovava a sperare che l'ultimo anno fosse stato veramente un sogno.

Ci era voluto poco meno di un mese per raggiungere il villaggio di pescatori dove l'Ascendente era nata. La sua famiglia l'aveva accolta a braccia aperte, ma i genitori si erano accorti subito che c'era qualcosa che non andava.

L'Agata che conoscevano, la ragazza vivace, dalla parlantina incessante e piena di progetti, era un guscio vuoto che mangiava, dormiva e piangeva; piangeva, dormiva e mangiava. Non c'era modo di farsi raccontare cosa fosse successo.

Il primo spiraglio di luce fu l'arrivo di Holly Dee; una volta saputo che la migliore amica era tornata, Holly aveva piantato Gregor nel bel mezzo della prima vacanza insieme ed era tornata al villaggio.

Con la compagna d'infanzia, Agata poté finalmente ripercorrere i dodici mesi che avevano sconvolto la sua vita. Le vomitò addosso tutto quello che era accaduto, tutta la verità: il segreto di Tseren, le peregrinazioni per le zone di Levante, la battaglia, la trappola di Utukur e la decisione del ragazzo che amava di abbandonarla. Perché il gesto del Drago era per lei, a tutti gli effetti, un abbandono. Tseren aveva scelto per entrambi, dopo mesi e mesi insieme era rimasto il ragazzo egoista che l'aveva strappata per ben due volte da un luogo che chiamava casa. Non le aveva chiesto cosa volesse, aveva deciso che per lei fosse meglio tornare a Ponente, da sola, e non l'aveva neanche salutata, non l'aveva neanche guardata mentre veniva trascinata via.

Holly Dee si sforzò di credere a tutte le assurdità che l'amica le raccontò: dall'esistenza dei draghi e degli gnomi, alle azioni impulsive, così inconciliabili con l'Agata con cui era cresciuta. Le lacrime inconsolabili e la presenza sospetta di due levantini che si erano stabiliti nel villaggio, e gironzolavano sempre loro intorno, fu la conferma definitiva che quella storia surreale doveva essere vera.

Era un pomeriggio come un altro e le due guardie della FSI sedevano sotto il sole di fine estate, la donna sonnecchiava con la testa appoggiata al petto, mentre l'uomo sfogliava un giornale, gettando di tanto in tanto lo sguardo verso la catapecchia dove viveva la ragazzina che dovevano sorvegliare. La vide sbucare dalla porta di legno consumato e avvicinarsi a passo svelto. Che si fosse finalmente risvegliata da quel torpore che la avvolgeva da quando erano partiti?

«Mi avete riaccompagnato a casa, si può sapere che ci fate ancora qui?» disse la giovane in perfetto levantese.

L'altro la fissò sorpreso, chiedendosi da dove fosse sbucato quel caratterino. «Le nostre direttive sono rimanere al tuo fianco per un po', per controllare che non ti vengano strane idee, come per esempio tornare a Levante».

«Puoi fare qualsiasi cosa della tua vita, ragazzina, tranne tornare a Levante». L'altra guardia si era svegliata ed era riuscita a cogliere al volo il senso del discorso.

Tornare a Levante? Agata non avrebbe saputo neanche da dove cominciare. L'impresa che aveva compiuto con Tseren un anno prima, le sembrava insormontabile da sola. Aveva a malapena la forza di mangiare; mettere insieme un piano così complesso era fuori dalla sua portata. «State alla larga dalla mia famiglia» aggiunse con stanchezza e li piantò sulla panchina, sparendo di nuovo dietro l'uscio di casa.

**********
Passarono due settimane e Agata non era riuscita a rimettere insieme i pezzi del suo animo. Se si alzava la mattina era solo per non impensierire troppo i genitori, ma che dormisse o vegliasse, la sensazione era la stessa: le sembrava di essere sballottata, di ora in ora, di giorno in giorno, tra tutto ciò che la circondava. La sua vita, se vita si poteva chiamare quel buio vegetare, era diventata il risultato di scelte non sue; si limitava a farsi trascinare dalla marea causata dalle azioni degli altri.

Holly Dee aveva chiesto a Gregor di non far loro visita al villaggio, la sensibilità che la caratterizzava le suggeriva che non fosse il momento migliore per condividere con l'amica quanto lei e Greg fossero felici insieme; sapeva di non poter sbandierare davanti ad Agata il proprio rapporto quando l'altra aveva appena perso l'amore. Doveva aspettare che la ragazza tenace che conosceva da vent'anni tirasse fuori le unghie e reagisse a quanto le era accaduto.

Ed Agata, infine, cominciò a guarire. Dopo un altro mese nel villaggio, accudita dall'affetto dei genitori, dei fratelli, della nonna, della zia e di Holly Dee, l'Ascendente ricominciò a pensare al proprio futuro, un futuro sì senza Tseren, ma che le permettesse almeno di ritrovare se stessa. Alla ragazza cresciuta tra i pescherecci di quei lidi era stato donato un destino unico, che la legava all'ultimo Drago in Terra, e nel giro di poco più di un anno le era stato strappato. Non si sarebbe mai ripresa del tutto, ma avrebbe fatto del suo meglio per andare avanti e, da quel momento in poi, creare lei stessa il proprio destino.

Quando era partita per Levante, lasciando l'università, Agata aveva appena completato il terzo anno, ma con metà degli esami del quarto anno già superati con il massimo dei voti. Aveva perso quindi sei mesi, che avrebbe potuto recuperare con facilità. Holly Dee non riuscì a trattenere la gioia quando l'amica le disse che voleva completare gli studi.

«C'è un'altra ragazza che ha preso il tuo posto nel dormitorio, ma...» esordì Holly scostandosi i boccoli grano dal volto.

«Ho bisogno di un cambiamento, Acca Di. Stavo pensando di iscrivermi in un'altra università. Nel capoluogo della Zona Costiera ci sono troppi ricordi. Non ho la forza di vivere in un posto dove ho condiviso dei momenti con Tseren». Pronunciare il suo nome era l'equivalente di un pugno nello stomaco, quindi aveva cominciato a farlo sempre meno spesso.

«Dove vuoi trasferirti?» domandò l'altra accondiscendente, sapeva infatti che quello di Agata era un equilibrio precario, il vortice di depressione che l'aveva quasi distrutta era sempre lì, pronto a risucchiarla. Se cominciare una nuova vita, in una nuova città, era quello che serviva alla migliore amica per riprendere le redini, lei l'avrebbe appoggiata.

Agata sorrise lievemente, il primo sorriso da quando era stata catturata dalla FSI. Aveva in mente il posto perfetto.

**********

Le strade erano deserte, in quella che sembrava a tutti gli effetti una città disabitata, ma che ospitava migliaia di persone, prevalentemente Tribuni delle varie zone del continente, uomini d'affari e studenti. L'università era tra le più prestigiose al mondo ed era collocata sull'unico isolotto sul fiume che tagliava a metà il centro antico. A nord del corso d'acqua si estendeva l'area dei palazzi di rappresentanza dove si incontravano i Tribuni, a sud c'erano gli alberghi e gli uffici delle aziende ricche abbastanza da avere una sede nella Capitale di Ponente.

Agata scese da una diligenza che si rifiutò di accompagnarla fino in cima alla collina; aveva affittato infatti una stanzetta in una delle costruzione edificate a ridosso del castelletto, a casa di conoscenti del villaggio che si erano trasferiti anni addietro in città.

Pagò rassegnata il conducente del veicolo e guardò la ripida salita che conduceva a quella che sarebbe stata la sua casa per i prossimi mesi. Fortunatamente non aveva molti bagagli.

Circa a metà della salita notò un negozietto illuminato da una luce calda, nella vetrina decine di oggetti in lana colorata penzolavano da ganci lavorati. Una sciarpa blu, in particolare, attirò la sua attenzione.

Entrò nel negozio e si trovò di fronte una mamma che allattava un neonato. «Dimmi, cara» proferì pacatamente la commessa.

«Mi fa provare quella, per favore?» rispose Agata senza neanche guardare gli altri articoli.

La ragazza strinse la lana morbida tra le dita e si avvolse la sciarpa attorno al collo. Un tepore l'avvolse e si rese conto che per settimane aveva sentito freddo. La sua fonte di calore, a cui si era abituata giorno dopo giorno, non c'era più. E senza di lui avrebbe sentito freddo per sempre. Pagò la sciarpa e si avviò su per la collina.

***NOTA***
No, non è ancora finito. :) In attesa del prossimo aggiornamento, consiglio di rileggere il prologo, soprattutto a chi lo ha letto mesi fa.

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