La Filastrocca

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Garbuglio. Groviglio. Intreccia. Poi scalda.
Fortuna o sventura, la vita ti abbraccia.»

La Signora Marzia Anselmetti si aggira per la stazione, ogni giorno, da almeno cinquant'anni. Chiunque la incontri rimane col ricordo della sua filastrocca ipnotica; non esce più dalla testa, una volta che l'hai ascoltata.

Ogni viaggiatore che la incrocia se ne va canticchiandola sovrappensiero, diffondendo gli strani versi ad altri ignari viaggiatori, che si ritrovano a canticchiare la stessa filastrocca senza sapere che, presto o tardi, incontreranno la vecchia signora per la resa dei conti.

Nessuno sa da dove viene La Signora Anselmetti, se sia una del paese o sia arrivata da terre lontane. La leggenda narra solo che sia stata vista in groppa a un drago sputafuoco e che il suo aspetto sia sempre stato quello, da allora: i capelli crespi e bianchi come la neve, legati in una crocchia morbida alla sommità del capo; il cappotto lungo e rivestito di tanti pizzi e merletti, quanti sono gli anni in cui si aggira per la stazione, che vengono aggiunti a ricordare il tempo che scorre inesorabile; quel passo appesantito dall'età, l'andatura nervosa, che si calma all'improvviso, seguendo un ritmo tutto suo.

La Signora Anselmetti è 'tocca di testa' e ha la fama di elargire fortuna o disdetta, a seconda di un suo personalissimo metro di giudizio che nessuno riesce ancora a comprendere.

Per chi abbia provato a cercare autonomamente un confronto con lei, spinto da un coraggio che io non ho, si è trovato ad avere a che fare con una vecchia signora che "non aveva tempo da perdere" perché "il fuoco decide, il fuoco distrugge, il fuoco rinasce, il fuoco è costante".

La Signora è solita parlare a filastrocche; punta i suoi prescelti in mezzo a una marea giornaliera e incessante di sconosciuti che vanno e vengono. Spesso sono pendolari, come me. Chi vive la stazione, come la viviamo noi che ci spostiamo da una città all'altra per studio e lavoro, ha sempre l'impressione che la Anselmetti stia solo aspettando il tempo giusto per la sua prossima mossa.

Non nascondo che spesse volte ho cercato di nascondermi in mezzo ai miei colleghi, per evitare di essere scelto. Ma al suo sguardo non posso sfuggire. Lei mi osserva e mi studia. Continuamente.

In questi ultimi anni, ogni volta che prendo il treno per i miei brevi o lunghi viaggi, lei è lì, perenne come l'evidenza che qualcosa di più grande di noi esiste.

Quella mattina, quando arrivo in stazione, ho l'assoluta certezza che il mio momento sia arrivato.

Mi dirigo velocemente al mio binario, il terzo, guardandomi sempre le spalle. Mi stringo nel giaccone pesante, adatto a una giornata fredda di gennaio. Il gelo si diffonde nelle ossa e rabbrividisco a ogni passo.

Salgo le scale e ancora lei non c'è. Per una frazione di secondo, sospiro di sollievo, la vana speranza di averla, ancora una volta, scampata.

Fino a che non la vedo che mi fissa, ferma al binario uno.

«Garbuglio. Groviglio. Intreccia. Poi scalda.
Fortuna o sventura, la vita ti abbraccia.»

La filastrocca si affaccia nella mia testa e sudo freddo. Lei è lontana, eppure sta cantando per me. Dentro la mia testa.

Gli altri viaggiatori in attesa del treno canticchiano insieme a lei, voltandosi lentamente, e tutti, dalla mia parte.

Piano mi si avvicinano; io indietreggio non rendendomi conto che mi stanno circondando e non ho vie d'uscita.

«Garbuglio. Groviglio. Intreccia. Poi scalda.
Fortuna o sventura, la vita ti abbraccia.»

Me la trovo davanti, faccia a faccia. Il binario è isolato, in una stazione di altri tempi.

«Cosa vuoi da me ...» sussurro spaventato, mentre i versi, nel silenzio di quel luogo conosciuto, ma stranamente inusuale, continuano a essere snocciolati senza mai una tregua.

«Garbuglio. Groviglio. Intreccia. Poi scalda.
La vita, la terra, la storia, la danza.
Un nodo, due nodi, il terzo si slaccia:
Fortuna o sventura, è partita la caccia.»

La filastrocca si interrompe di colpo. Il silenzio cala come piombo. La Signora Anselmetti sorride sinistra, mostrando la bocca sdentata, gli occhi chiari che brillano di una luce divertita.

Tremo e lei scompare.

L'antica stazione di Bologna lentamente si riempie di altre figure sfumate per via di una nebbiolina che ci impedisce di vederci l'un l'altro. Impaurito, mi aggiro per il binario dove la signora mi ha bloccato, osservando la gente che va e viene: sono donne e uomini con lo sguardo vacuo, che camminano senza sosta, senza vedersi, senza incontrarsi. E quando succede, si scontrano, si guardano, piangono, poi tornano al loro vagare.

Capita anche a me e rimango impietrito quando un uomo mi viene addosso:

«Dante?» il mio vecchio compagno di scuola piange in un lento e sofferente lamento, prima di allontanarsi. Ricordo che, qualche anno fa, lo incontrai alla stazione: un pendolare come me, con scelte simili alle mie.

E solo allora capisco: la Signora Anselmetti cattura le anime vaganti dei viaggiatori che continuano a spostarsi senza mai fermarsi, perdendosi il gusto della vita e ingarbugliando le proprie esistenze, senza poterne più uscire.

Non sono stato da meno, infilato in un intreccio di situazioni nel quale devo rimanere per forza.

Fortuna o sventura. La caccia è aperta. Rimarrò qui fino a che non deciderò cosa fare della mia vita. E la disperazione mi assale, mentre mi siedo su una panchina a fissare la nebbiolina, in un lento e costante osservare che ha il sapore dell'eterno.

◾️

La Signora Anselmetti si allontana dal binario, in mezzo all'indifferenza della gente che controlla il cellulare senza rendersi conto di cosa gli succede attorno.

Un paio di uomini mi stanno cercando e incrociano il mio zaino lasciato a terra, abbandonato. Lo raccolgono e si guardano intorno.

«Ma non è lo zaino di Diego questo?»

«Sì, ma lui dov'è?»

Nell'aria si avverte la filastrocca, sempre la stessa:

«Garbuglio. Groviglio. Intreccia. Poi scalda.
La vita, la terra, la storia, la danza.
Un nodo, due nodi, il terzo si slaccia:
Fortuna o sventura, la scelta è di pancia.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro