Verità?

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Passo la mattina a camminare distrattamente per il centro di Udine, mentre i miei passi si ingarbugliano come il filo dei miei pensieri.

Quando è ora mi dirigo verso il luogo dell'appuntamento. Prendo posto in un tavolino per due e aspetto. Dopo un paio di minuti mi raggiunge Alice, così le racconto della scenata di Cassandra e della sfuriata di stamattina coi miei.

"Certo che siete messi proprio bene." commenta sarcastica, soffiando nella tazza di cioccolata calda. "Dal messaggio sembravi molto preoccupata, suppongo ci sia qualcos'altro..."

Finisco di mescolare lo zucchero nel mio caffè e la fisso: "Beh, in effetti, c'è ancora qualcosa. Ti ricordi di quella volta che siamo andate in montagna e abbiamo fatto quell'escursione fino alle sorgenti del Piave?"

"No, non me la ricordo; forse ti stai confondendo. Non penso di esserci mai stata. Però ho fatto molte altre escursioni con te."

"Sicura? Quella in cui dopo ci siamo rincorse perché mi hai svegliata con una secchiata di acqua ghiacciata, quando ci siamo rotolate nell'erba a prendere il sole? Non puoi averla dimenticata!"

"Aspetta, ho già sentito questa storia, non c'eri andata con me però. Mi ricordo che me ne avevi parlato e che volevi portarmici una volta, ma non saprei proprio dirti chi ti avesse accompagnato, non mi ero mai posta il problema." conclude, bevendo dalla tazza.

"Oh, allora mi devo essere sbagliata." sorrido amaramente prima di inghiottire il caffè in un sorso.

"Se posso chiedere, come mai questa domanda così strana?" mi interroga Alice.

"Ecco, avevo chiesto a Cassandra un episodio che riguardasse noi due insieme, qualcosa che mi avesse colpito tanto da rimanermi impresso. Lei mi ha parlato di questa escursione, ma io ero sicura di averla fatta con te. A quanto pare mi sbagliavo. Non so più cosa pensare. Sono un disastro!" sono turbata, imbarazzata e soprattutto smarrita. Chino il capo e Alice viene dalla mia parte ad abbracciarmi.

"Andrà tutto bene, vedrai. La memoria ti ritornerà in fretta. Supererai anche questa." mi fa l'occhiolino, paga il conto e mi porta fuori.

"Vuoi che ti riaccompagni?"

"No, grazie mille. Andrò da sola, devo pensare a come chiedere scusa, a lei e ai miei. Ciao."

***

Sto ripetendo per la quinta volta il discorso di scuse che ho intenzione di fare ai miei e a Cassandra quando arrivo a casa. Noto che l'auto di papà non è in garage, probabilmente lui e la mamma sono usciti. Nessun segno di Cassandra. Supero la porta d'ingresso e mi dirigo verso le scale. Prendo il mio blocco appunti dallo studio e poi entro in camera. Mi appoggio sulla poltrona; il tessuto soffice mi avvolge mentre mi lascio abbandonare a una leggera sensazione di serenità.

***

Sento la porta sbattere e mi sveglio. Con la testa pesante e gli occhi ancora assonnati guardo la sveglia sul comodino: sono già le 18.30, ho dormito tantissimo.

Scendo le scale e mi dirigo in cucina dove sento ancora dei rumori. Appena entro noto una figura di spalle che armeggia ai fornelli.

"Cassandra?" Quando la chiamo si volge.

"Oh, ciao Amanda. Sei qui? Pensavo non ci fosse nessuno."

"Ero di sopra." Rispondo apatica.

"Scusami tanto per ieri sera, non so cosa mi sia preso. Forse volevo anch'io un po' di attenzioni e ho inventato quella scenata." si gira e spegne il gas: "Vorrei farmi perdonare, ho scaldato del tè, ne vuoi un po'? Comincia a fare freddo fuori."

"Sì, grazie." rispondo, sentendo la gola asciutta "Volevo scusarmi per aver dubitato di te." confesso, guardando fuori: i lampioni sono già accesi, piccoli punti luminosi nell'oscurità della notte.

Cassandra si gira con due tazze e me ne porge una. Sorseggio la bevanda calda: è buona, ma ha uno strano retrogusto.

"Dove sono mamma e papà?" chiede.

"Non lo so" rispondo "Stamattina abbiamo litigato. Ho chiesto semplicemente un altro ricordo che dovrei avere di te e loro sono letteralmente esplosi, specialmente papà." Intravedo un guizzo nei suoi occhi, ma è solo un attimo e ho ancora la mente annebbiata dal sonno.

"Sul serio?" mi guarda allibita.

"Hanno pensato che fosse uno scherzo che abbiamo progettato insieme." la informo.

"Cosa? Ahahah." La sua risata mi fa accapponare la pelle. "Sai, hai dei genitori proprio fenomenali! Mi hanno appena dato un'idea..."

"Ma cosa diavolo stai dicendo? Sono anche i tuoi genitori!" urlo indietreggiando.

"Beh, adesso posso raccontarti tutta la verità, Amanda."

La guardo stranita: la verità? Cosa vuol dire? Non ne posso più, mi sento una corda che viene tirata prima da una parte e poi da quella opposta: oscillo tra due diverse realtà senza capire quale mi appartiene, come le foglie che ballano ad ogni soffio del vento. Ora basta!

"Parla!" le ordino.

"Devo ammettere che è stato piuttosto facile entrare nella tua vita" comincia, "è bastato modificare i ricordi dei tuoi genitori - un giochetto da ragazzi, viste le loro menti malleabili - e creare ad hoc una gemella." indica se stessa.

Fa una pausa e io mi lascio cadere sul divano, sconvolta e pietrificata: "Ma tu... chi sei davvero?" chiedo tremando.

"Oh, non preoccuparti, ci arriverò molto presto."

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