38- Laura è una buona madre

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I minuti dopo le mie parole sono un susseguirsi di pensieri nel silenzio in cui io e Giacomo siamo immersi. Sento solo il suo respiro regolare e credo stia ragionando su cosa dire. Me lo immagino passare le mani tra i capelli e socchiudere gli occhi.

Vorrei parlare io, solo che non so da dove partire. Potrei dire la verità, è pur sempre Giacomo, ma stavolta è diverso. Io e Giacomo non siamo migliori amici da una vita in questa situazione.

Guardo l'orologio al polso, sono passati sei minuti da quando gli ho detto la verità e il suo silenzio comincia ad innervosirmi; sento la necessità di parlare o sentire qualcosa da lui. Non qualcosa a caso: vorrei che mi dicesse di non farlo perché vuole stare con me, che lascerà Miriam e che affronteremo la distanza, ma vivremo l'amore che meritiamo.

Non dice nulla di tutto questo. Seduta sul pavimento del bagno della casa di Amsterdam, in cui vivo da un paio di mesi, Giacomo Riva mi spezza il cuore. Quando lo fa sento un dolore al petto e la gola si chiude. Fatico a respirare, ma non voglio che Giacomo lo noti. «Sono felice per te, Tommaso mi sembra perfetto. Comunque ora devo andare a fare una doccia, Miriam mi ha invitato a pranzo da lei per conoscere i suoi.» Conoscerà i suoi genitori, segno che la loro storia sta prendendo una piega seria. I miei non dovrebbero neanche conoscerlo, perché fa parte della nostra famiglia. Prima o poi mi dirà di amarla.

Ecco perché non dico nulla, «Sono contenta che le cose vadano bene tra voi» dico trapelando falsa felicità; ma alla fine della frase la voce mi tradisce e si spezza. Giacomo lo nota, so che lo fa perché lo sento trattenere il fiato.

Giacomo

Non riesco neanche a parlare, «Meglio che vada» mormoro,«Certo, ci sentiamo.» La voce rotta di Lara mi uccide. Non mi dà il tempo di replicare perché riattacca. Sbatto la mano sul legno della scrivania producendo un rumore forte e secco. Mi alzo facendo cadere la sedia che atterra sul pavimento con un tonfo.

Infilo la prima felpa che trovo e, in quel momento, zia Laura entra nella stanza. «Giacomo che è successo?» chiede visibilmente preoccupata. «Nulla. Esco.» Afferro le chiavi della macchina, ma, quando faccio per varcare la soglia della porta, zia Laura mi impedisce di farlo. «Non esci fin quando non spieghi» sentenzia. «Non sei mia madre» sputo acido. Poi succede una cosa inaspettata, che mi fa sentire come quella sera con Samuele. La mano di zia Laura va in collisione con la mia guancia. Anche lei è sorpresa da se stessa.

«Sono pur sempre il tuo tutore legale.» Faccio un passo indietro ancora sconvolto, «Sono maggiorenne. Mi hai cresciuto tu, ma non sei mia madre e non devi esserlo perché non potrai mai essere lei. Non puoi impedirmi di uscire.» Zia Laura scoppia in una risata amara, «Va bene allora esci. Mentre lo fai trova un lavoro e una casa in cui paghi affitto e bollette, poi fai la spesa e dopo due giorni torna strisciando qui. Smetti di comportarti da bambino immaturo e sii grato per tutto ciò che ho fatto e a cui ho rinunciato per te da quando Marta e Alessio sono morti.» Si sposta per farmi passare, come se mi stese sfidando ad uscire. Se lo faccio vado avanti da solo, anche se so che zia Laura non ne sarebbe assolutamente capace.

«Lara ha un ragazzo» sospiro levando la felpa che mi sta soffocando. «È una bella cosa» azzarda lei. Io mi sdraio sul letto e la mia schiena nuda entra in contatto con il piumino morbido.

«La amo» confesso, con le lacrime che mi riempiono gli occhi. «Lo so» replica lei. «Lo so da quando ha suonato alla porta con le trecce e il vestito rosso per giocare con te. Erano passati pochi giorni da quando eri tornato dall'ospedale e non volevi né parlare con nessuno né fare niente, avevo provato di tutto. Gliel'ho detto, ma la sua risposta è stata che sarebbe stata qui fino a quando non avresti reagito. Lì ho capito che ti amava. Poi lei è entrata nella tua stanza e ha dovuto pronunciare poche parole per farti sorridere. La guardavi come se fosse l'unica fonte di felicità rimasta sulla terra. Lì ho capito che i suoi sentimenti erano ricambiati.»

Si siede sul letto e mi accarezza i capelli biondi, come faceva mia madre quando ero piccolo. «Non è vero che non sei mia madre, io ti considero come tale» ammetto, «Lo so, eri solo arrabbiato. Scusa per lo schiaffo, ora sai di cosa sono capace.» Strizza l'occhio, lei non ha la stessa eterocromia che io ho ereditato da mia madre. I suoi occhi sono chiari, dello stesso colore del mio destro, un azzurro simile al mare. Una risatina esce spontaneamente dalla mia bocca.

«Sai perché ti ho preso io?» Scuoto la testa, «Io ero l'ultima opzione. Prima c'era qualche prozio e cose simili. Ma io volevo da sempre un bambino da crescere e sapevo che Marta avrebbe scelto mille volte me. Se tornassi indietro lotterei per prenderti ancora e ancora, anche perché mi hai fatto cambiare idea sull'avere figli: sei un adolescente in piena crisi che gira per casa... non ne voglio un altro.»

Ridacchiamo all'unisono, «Perché non eri la prima scelta?» domando curioso, «Ho avuto un passato molto difficile. A quindici anni ho iniziato a drogarmi e sono andata avanti per un po' insieme al mio ragazzo di allora. I tuoi nonni non lo accettavano e mi hanno cacciata. Poi il mio ragazzo è andato in overdose, una mattina mi sono svegliata e lui era morto nel letto accanto a me. Marta conviveva con Alessio e io avevo vent'anni quando mi ha accolta in casa sua. Ho tentato di disintossicarmi diverse volte, fallendo miseramente. Mi sono chiusa in un centro e ci sono rimasta fin quando non sono stata davvero bene. Una volta uscita mi sono messa d'impegno e sono diventata un avvocato, rendendo fiera tua madre e me. Quando si è parlato dell'affidamento hanno scoperto questa cosa, solo che è stato trovato una lettera in cui Marta diceva l'affidatario...» Esita un secondo «Ed eri tu» concludo, «Ero io» sorride con le lacrime agli occhi.

«Non ringrazierò mai abbastanza tua madre, mi ha donato te.» Mi accarezza dolcemente la guancia con le mani calde e lisce. «Non bevi per la tua dipendenza?» Lei annuisce, «Fingo con tutti di odiare l'alcol, l'altro giorno il padre di Valerio ha ordinato un gin tonic e io mi sono sentita in difetto a prendere un analcolico.» Abbassa lo sguardo leccandosi le labbra, «Penso che lui lo accetterà, è una brava persona» dico io.

«Ti dispiace se esco?» Scuote la testa, passandomi la felpa abbandonata sul pavimento.

«Ti voglio bene ok?» Annuisco. L'ha dimostrato diverse volte negli ultimi dodici anni in cui si è presa cura di me. «Ti voglio bene anch'io, tantissimo.»

Spazio autrice
Capitolo in cui conosciamo meglio Laura... ma manca ancora molto alla sua storia, quindi restate qui per scoprirlo.

Che ne pensate della conversazione tra Lara e Giacomo? Come si evolverà? Siete curiosi?

Mi dispiace... devo lasciarvi con tutti questi dubbi, ma ci risentiamo presto con un nuovo aggiornamento!💙

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