6- Marta e Alessio

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Prima di andarmene devo fare alcune cose che non potrò più fare. La lista stilata con Giacomo non conta in questo caso. Ho una cosa molto più importante.

«La» mi richiama Giacomo. «Abbiamo detto che dobbiamo sfuggire ad un arresto no? Ecco.» Mi afferra per il braccio, «Non per entrare in un cimitero, che ci facciamo qui?» sbuffa. «Devo parlare con i tuoi genitori» affermo.

«Lara...» Lo fermo. «Senti, vado da sola tanto non voglio che ascolti, quindi dovresti stare lontano.»

Sospira. «All'arresto dobbiamo sfuggirci insieme, no?» Sorrido e annuisco. Per mano corriamo verso il grande cancello in ferro battuto d'entrata. Giacomo si arrampica per primo e, una volta in cima, resta con una gamba da un lato e una dall'altro. «Che fai?» domando senza capire la sua esitazione. «Resto qui almeno posso aiutarti in caso tu abbia bisogno.»

Sorrido e inizio a salire imitando i movimenti che ho studiato da lui. Quando sono quasi arrivata alla sua altezza mi prende la mano e mi solleva.

«Ok, ora saltiamo.» Porta anche l'altra gamba verso l'interno e resta appeso con le mani. Salta e atterra su due piedi senza cadere. «Giacomo, io mi spaccherò una gamba» gli faccio notare ironicamente. «Puoi provare a scendere, ma cadresti sicuramente.» Sbuffo sonoramente.

Inizio a pentirmi della mia pessima idea ma, qualunque decisione io prenda, che sia tornare indietro o andare avanti, dovrò saltare giù. Tanto vale cercare di entrare.

«Salta e ti prendo» propone Giacomo. «Ma che cosa dici, non riusciresti a prendermi.» Ride leggermente, «Al massimo attutirò la caduta e non ti farai male tu.»

Dopo un battibecco della durata di una manciata di minuti dice una cosa che mi convince. «Se vuoi essere arrestata resta lì e chiama i pompieri.»

Conto fino a tre e poi mi lascio andare con gli occhi chiusi, temendo l'impatto. Pochi secondi dopo mi rendo conto di non essere morta e di essere tutta intera. I miei piedi non toccano terra, sono stretta fortissimo tra le braccia di Giacomo che sta strizzando gli occhi e ha un'espressione terrorizzata sul volto, che mi fa scoppiare a ridere.

«Oddio sei viva!» Iniziamo a saltellare per esultare della nostra impresa riuscita, ma cercando di fare silenzio temendo il guardiano che vive nella casa dall'altra parte del cimitero. La fortuna vuole che abbia settant'anni e sia sordo, probabilmente a quest'ora starà dormendo da un pezzo e non ci creerà problemi.

«Andiamo.» Mi prende la mano e iniziamo a correre tre le lapidi. È impressionante come il cimitero di notte, tradizionalmente inquietante, a me appaia così bello con Giacomo vicino.

Quando arriviamo davanti alla tomba di Marta e Alessio Riva, i genitori di Giacomo, il suo umore si rabbuia immediatamente. Ricordiamo entrambi poco di loro, se non qualche bella esperienza, il giorno della morte e il funerale. Gran parte delle cose le abbiamo rimosse, probabilmente anche per soffrire meno.

«Ti lascio sola, mandami un messaggio quando finisci.» Mi metto in punta di piedi e, prendendolo per le spalle, lo faccio abbassare in modo da posargli un bacio sulla fronte liscia. Lui accenna un sorriso e si allontana nel buio.

Un lampione illumina le lapidi di Marta e Alessio, e altre cinque o sei intorno. Così mi chino e osservo le foto.

Sulla lapide di Marta lei è raffigurata al compleanno di Giacomo. Sei mesi prima di morire. Ricordo solo che abbiamo fatto la pentolaccia e che Giacomo ha raccolto tantissime caramelle, al contrario mio, che poi abbiamo diviso. La luce mette in evidenza l'eterocromia e si intravede un dolcevita bianco. Un sorriso spontaneo le illumina il volto paffuto e i capelli scuri, che Giacomo non ha ereditato, sono sciolti sulle spalle e pettinati in onde.

Sposto lo sguardo verso Alessio. La foto è stata scattata a Natale, quell'anno eravamo insieme. Indossa un maglione rosso e i capelli scuri sono molto corti, in un taglio alla militare. Ha un sorriso divertito stampato sul volto, secondo mia madre io e Giacomo ci stavamo esibendo ballando una coreografia inventata sulle note di All I want for Christmas is you di Mariah Carey.

«Domani vado ad Amsterdam» sospiro sedendomi tre le due tombe a gambe incrociate, non curandomi del terreno freddo. «Lo lascio qui e gli avevo promesso un per sempre che non potrò dargli. Voi non conoscete Giacomo. Cristo, fa schifo pensare che io conosca meglio il mio migliore amico dei suoi genitori. Gli mancate, anzi... Mancate ad entrambi. Vorrei che foste qui per sostenerlo quando da domani non mi avrà più vicina. Marta tu lo sapevi che tra me e lui non ci sarebbe mai stata una semplice amicizia; quando avevamo solo tre anni già sapevi che uno dei due si sarebbe innamorato dell'altro e la più debole sono stata io. Ho ceduto a quella promessa del "migliori amici per sempre", perché odio il fatto che lui sia solo mio amico. Vorrei andare lì e baciarlo, ma non posso. Domani vado ad Amsterdam e vi avevo promesso, a sei anni, che per lui ci sarei stata per l'eternità. Eravate lì, morti, o quasi, e Marta mi ha chiesto di prendermi cura di Giacomo per l'eternità, qualunque cosa fosse successa. Ero una bambina che neanche sapeva cosa fosse la morte che è piombata su di voi pochi secondi dopo. E io sono rimasta come unica persona per Giacomo. L'ho stretto forte nelle sue notti insonni, sono stata la sua migliore amica. Sono uno stupido e schifoso cliché. Quei libri che parlano della ragazza innamorata del suo migliore amico e alla fine si dichiarano e si mettono insieme. Non è il mio caso, domani parto e lo abbandono qui. Mi odio per questo. Vorrei poterlo portare con me, abbiamo ancora tanto da dirci. Vorrei che foste qui, perché almeno sarei sicura di lasciarlo in buone mani. Invece non è così, non lo lascio a nessuno. Non dico che Laura non gli voglia bene, ma lei lavora molto e lui è spesso solo. Ha solo me. Io lo lascio qui senza guardarmi indietro. Perdonatemi, per favore.»

Vengo scossa dai singhiozzi e so che non posso affrontarlo da sola. Afferro il telefono e, quindici secondi dopo, che ho contato nella mia mente, Giacomo è inginocchiato dietro di me e mi sta stringendo forte al suo petto.

Quando riapro gli occhi noto che sta fissando le lapidi dei suoi genitori con sguardo vacuo.

«Grazie» sussurra baciandomi la testa. «Per cosa?»

Ci sono tante cose per cui io potrei ringraziare Giacomo. Le potrei riassumere in una sola: per essere Giacomo. Lui è la mia persona. È la persona con cui dividerei un muffin al cioccolato, per cui ho una grave dipendenza; a cui regalerei il mondo; con cui lo girerei, in ogni luogo starei bene solo perché sarei con lui; è quella persona con cui vivrei nonostante io sia una disordinata cronica e lui abbia un disturbo ossessivo compulsivo secondo il quale tutto deve essere perfetto secondo regole prestabilite; è la persona con cui vorrei svegliarmi ogni mattina, girarmi e trovare la sua sagoma impressa tra le lenzuola, mentre prepara la colazione perché lui ama svegliarsi presto la mattina mentre io preferisco farlo tardi.

Giacomo è indescrivibile. Non esistono parole umane per descrivere ciò che provo quando sto con lui; non intendo l'amore, intendo tutto il resto. Giacomo mi fa sentire libera, spensierata, felice e un sacco di altre cose, ma non voglio annoiare nessuno con tutto questo elenco.

«Per essere stata la mia famiglia per tutta la mia vita.»

Spazio autrice
Buongiorno a tutti miei cari lettori! Avete finalmente scoperto la meta di Lara: la tomba dei genitori di Giacomo, Marta e Alessio... Ma come saranno morti? Sappiamo che Giacomo e Lara erano lì, ma cosa sarà successo davvero? Non ci resta che andare avanti insieme e scoprirlo. Buona lettura!♥️

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