5 IL FASCINO DI GINERIS

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Pustos, il nuovo bibliotecario, era un vero idiota.

Da quando era morto Ladon la biblioteca reale era stata affidata a lui e Pheanie aveva smesso di scegliere i suoi libri. Era Pustos a decidere cosa sottoporle e, quando lei si era opposta, Gohr lo era venuto a sapere.

«Lui sa cosa è bene che tu legga» le aveva detto il padre, con sguardo severo.

Da quel momento, Pheanie non si era più presentata nel locale e cercava di evitare quel viscido uomo dal corpo pressoché scheletrico, dai capelli lunghi, radi e sempre unti e dalla gobba pronunciata a causa della vita passata piegato sui libri.

Ma, la principessa aveva fatto una promessa e non poteva rimandare ulteriormente. Era stata Dazira a chiederglielo.

A quel pensiero, Pheanie iniziò a figurarsi la giovane – che, per qualche tempo, era stata la sua ancella – acclamata come eroina dai soldati. Almeno, così l'aveva dipinta Therar.

Se lo meritava, quella ragazza, e Pheanie era davvero fiera di lei. In un certo qual modo, la principessa sentiva di aver contribuito alla felicità di Dazira, ma non quanto Dazira aveva contribuito alla sua: da quando aveva iniziato ad aiutarla, le sue giornate avevano preso un senso e Pheanie sentiva di potersi battere per una causa che meritava di essere difesa. Nonostante tutto.

Assistere Dazira le aveva altresì permesso di frequentare il suo maestro, Therar, e, finalmente, il mondo di centrini immacolati in cui la ragazza viveva aveva assunto tinte inaspettate e il suo cuore aveva iniziato a battere.

Non sarebbe stato sempre così, Pheanie lo sapeva bene. Sarebbe arrivato il giorno in cui suo padre l'avrebbe fatta sposare con qualche vassallo o nobiluomo e lei sarebbe tornata a ricamare e a suonare il clavicembalo per compiacere il marito. Probabilmente, considerati i suoi trent'anni, quel giorno non era neppure troppo lontano. Ma, fino ad allora, Pheanie aveva deciso che avrebbe colto ogni singola occasione per vivere a suo modo, a discapito di ciò che la convenzione di corte pretendeva da lei.

Certo, se mai Arthis e Gohr fossero venuti a sapere delle sue scappatelle con Therar, lei sarebbe finita nei guai... e anche Therar. Motivo per cui, dovevano essere sempre il più cauti possibile e, fino ad allora, era andato tutto bene.

Pheanie si ritrovò a chiedersi per quanto tempo sarebbero potuti andare avanti in questi termini. A giudicare dal loro ultimo incontro, non molto.

La ragazza sapeva che, in parte, era colpa sua. Era colpa sua se, in quei mesi, il sentimento per Therar era cresciuto fino a sopraffarla dalla gelosia. E la presenza di Gineris a corte non l'aiutava affatto.

Quella ragazza, in fin dei conti, non le aveva fatto niente di personale, ma la sua esistenza continuava a destabilizzarla e a renderla una persona così intollerante come Pheanie non avrebbe mai creduto di poter essere.

Detestava il modo in cui la bionda aveva abbindolato Arthis che ora pareva tenersela stretta come un gioiello di valore. Ma, più di tutto, non riusciva a levarsi dalla mente l'idea di Gineris a letto con Therar. Era un'immagine che non voleva abbandonarla e che la rendeva insofferente al solo pensiero.

Per quale cavolo di motivo lui si ritrovava attratto da Pheanie dopo aver avuto tra le mani la perfezione in persona?

La principessa si rendeva conto che le sue considerazioni sulla ragazza erano meramente dettate dalla propria parzialità. Eppure, sentiva che mai nella vita avrebbe potuto considerarla una persona di fiducia. Di questo ne era certa.

Tenendo tra le mani il lumino, Pheanie spinse il pesante portone che conduceva all'ambiente, che risuonò con un tonfo nell'immensa sala vuota.

Davanti a lei, un silenzioso ed inquietante buio.

Pheanie si guardò intorno mentre un brivido le percorreva la schiena. Non c'era nessuno lì ad osservarla.

La principessa, a quel punto, sospirò e si fece coraggio, addentrandosi nella biblioteca e socchiudendo la porta alle sue spalle.

I suoi passi risuonavano echeggiando tra le colonne dell'immensa biblioteca interamente rivestita in marmo bianco.

Facendosi luce, la principessa proseguì a passo spedito verso le sezioni più lontane dalla porta d'entrata, quelle che Pustos non le permetteva di raggiungere.

A dirla tutta, non sapeva nemmeno lei, con esattezza, cosa dovesse cercare, né, tantomeno, dove si trovasse. Era solo consapevole della necessità che lei scoprisse qualcosa di più riguardo al demone e, l'unica pista sulla quale potesse basare le sue ricerche era "Dorothar". Almeno, così aveva detto Dazira.

Quella malaugurata notte nella quale il demone si era aggrappato al corpo della ragazzina, allora sedicenne, lei si era addentrata nella notte per i corridoi del castello – esattamente come Pheanie stava facendo in quel preciso momento – alla ricerca di un certo "tesoro di Dorothar".

Dorothar. Quel nome non le diceva niente. Perciò doveva agire per intuizione.

Senza pensarci oltre, Pheanie si infilò tra gli scaffali della sezione mitologica della biblioteca ed iniziò a scorrere i titoli degli innumerevoli volumi che ne facevano parte. Di tanto in tanto, quando le pareva che il tomo potesse essere interessante, lo afferrava e lo sfogliava nella speranza di trovare qualche informazione rilevante.

«Cosa stai facendo?» domandò ad un tratto una voce femminile alle sue spalle, facendola sobbalzare mentre il libro che stava esaminando le cadeva dalle mani per schiantarsi a terra con un tonfo, sollevando una nuvola di polvere.

La principessa si voltò verso colei che l'aveva colta in flagrante a spulciare nella biblioteca a quell'ora della notte e si ritrovò di fronte l'incantevole figura di sua sorella minore.

«Edilla! Per tutti i diavoli!» esclamò Pheanie sommessamente, sgranando gli occhi. «Mi hai spaventata a morte!»

A quell'accusa, la bocca carnosa della ragazza si storse in una smorfia mentre scuoteva il capo facendo ondeggiare i suoi bellissimi ricci neri. «Non ti avrei spaventata se tu non stessi facendo qualcosa di nascosto» replicò. «Mi chiedo soltanto... cosa».

«Torna a dormire, Edilla!»

«Non puoi darmi ordini, Pheanie!» esplose la principessa portandosi le mani sui fianchi stretti di una corporatura di statura medio-alta e proporzionata. «E sono stanca di essere tenuta allo scuro di tutto!» continuò imbronciata mentre le more sopracciglia si corrucciavano.

La principessa non sapeva se potesse fidarsi di sua sorella Edilla. In tanti anni, non avevano mai legato molto, forse anche a causa della differenza di età – poiché Edilla era di dieci anni più giovane – o per il trattamento che, probabilmente a causa della sua straordinaria bellezza, tutti riservavano alla minore. Lei era la principessa perfetta, destinata ad un matrimonio spettacolare che avrebbe portato a Gohr ottime alleanze. Così, persino le domestiche si erano attivate per far sì che Edilla diventasse la perfezione in persona e, benché questa trascuratezza nei suoi confronti avesse reso Pheanie soltanto felice, in questo modo, le due sorelle avevano avuto davvero poche occasioni per legare.

Di certo, però, Pheanie non avrebbe rischiato quella notte per scoprire che tipo di persona fosse, in realtà, la principessa.

Pheanie sospirò cercando di cacciare la tensione accumulata a causa dello spavento. «Non c'è niente da nascondere...» mentì.

«È per questo che giri per la biblioteca in piena notte? Perché non c'è niente da nascondere?» incalzò Edilla mentre i suoi grandi occhi verdi diventavano due fessure e l'iride non era altro che una linea di contorno sottilissima a causa della scarsa luminosità del luogo.

Pheanie si chinò e raccolse da terra il libro che le era caduto, passando sopra la copertina una mano per togliere la polvere. «Cercavo una lettura leggera... non riesco a dormire».

«Nella sezione "oscure e occulte leggende"?» domandò sospettosa la sorella mentre indicava l'etichetta che denominava il settore della biblioteca. «Sei strana».

«Già» ammise Pheanie sorpassandola in direzione dell'uscita. «Tu non sai quanto!»

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