Capitolo 3.

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Non riesco a spiccicare parola dall'imbarazzo e dalla sorpresa. Avevo appena preso a calci il mio idolo e l'avevo trattato da vera stronza. Per di più ora siamo così vicini che sento il suo profumo inebriarmi le narici. Indossa una canottiera bianca abbastanza attillata, con sopra una morbida camicia rossa sbottonata, abbinata a dei jeans skinny neri strappati sul ginocchio destro. 

Abbasso gli occhi dalla vergogna ma lui non demorde: afferra il mio mento fra indice e pollice e mi costringe a guardarlo. 

- Adesso non fai più la spavalda, eh?- domanda. Qualche ribelle ciuffo di capelli cade perfettamente sulla sua fronte, i suoi occhi sono piccoli e allungati, di un celeste così chiaro da sembrare ghiaccio. Ha un viso magro e dai tratti delicati, gli zigomi sporgono leggermente e le labbra sono rosee e carnose, incurvate in un ghigno. 

Confusa e col cuore a mille, penso a come avrei dovuto comportarmi per non peggiorare la situazione. Decido di rimanere coerente e non fare la figura della ragazzina che sclera davanti al suo idolo, anche se una parte di me avrebbe voluto saltargli addosso e chiedergli scusa in tutte le lingue del mondo. 

- Se tu smetti di toccarmi, io smetto di essere stronza - rispondo fingendomi convinta e indicandogli con lo sguardo la sua mano ancora appoggiata sul mio braccio. 

Non togliere quella dannatissima mano penso. Avevo passato giorni interi a fantasticare un nostro ipotetico incontro, cosa avrei potuto dire, a sperare di poterlo anche solo sfiorare per un millesimo di secondo. E ora stavo lì con lui a comportarmi come un'idiota. Ma ormai non potevo fare altro. 

Luke molla la presa alzando le mani e facendo un passo indietro, senza abbandonare quel maledetto ghigno. Poi i suoi occhi si scollano dalla mia figura, per posizionarsi sul parcheggio affianco al nostro, dove prima Simone stava appoggiato alla sua auto. 

- Il tuo ragazzo se ne sta andando - mormora appoggiando le spalle al pullman nero e portandosi una sigaretta ancora spenta fra le labbra. Osservo la Toyota bianca di Simo uscire dal parcheggio e immettersi nel traffico. Sbuffo scocciata, consapevole che non saprò mai il motivo per il quale si trovava ancora qui. Prendo il telefono e lo sblocco, intenzionata a mandargli un messaggio di fuoco e chiedere spiegazioni, alle quali tanto non avrei creduto. Faccio fatica a fidarmi delle persone perciò se mi menti una volta, per me, menti sempre.  

Entro diretta sulla chat con Simone, ma il ragazzo di fronte a me decide di sfilarmi il telefono dalle mani e infilarlo nella tasca posteriore dei suoi jeans e con l'altra mano mi lancia un accendino verde che fortunatamente afferro al volo. 

Mi guarda muovendo l'indice velocemente verso sinistra e destra come per dire in segno di negazione. 

- Non corrergli dietro come una bambina - biascica con la sigaretta ancora in bocca - Me l'accendi?- chiede senza distogliere gli occhi dai miei. 

- Perché non te l'accendi da solo e mi ridai il telefono? - domando stizzita. Si stava forse prendendo gioco di me? Che razza di comportamento era? 

- Come immaginavo, non sai nemmeno usare un accendino - si burla di me con una smorfia annoiata sul volto. 

- Si che so usarlo! - esclamo in mia difesa. 

- Allora accendila - ribadisce seccato, roteando platealmente gli occhi. 

Mi avvicino insicura e posiziono il pollice sulla rotella dell'accendino e premo verso il basso per attivare la fiamma, poi l'avvicino alla sigaretta che stringe fra le sue rimpolpate labbra.  Lo vedo aspirare avidamente il fumo mentre china la testa all'indietro. Inspira e mi guarda divertito. Rimango imbambolata a fissare i movimenti lenti con cui porta la sigaretta alla bocca, mentre il vento scompone i suoi riccioli dorati e spinge il fumo nella mia direzione. 

- E' stato un piacere, ragazza - saluta gettando il mozzicone a terra, per poi schiacciarlo con i suoi mocassini neri. 

Luke entra nel pullman e sparisce fra i vetri oscurati. 

Rimango qualche secondo interdetta. Che senso aveva tutto ciò? Probabilmente ora stava ridendo di me con gli altri, perciò scappo a gambe levate da quel parcheggio per tornare in fila dalle mie amiche.  Avevo appena parlato con Luke Gill, sempre se quella poteva definirsi una conversazione, il che mi rende eccitata e disorientata allo stesso tempo. Fin dagli esordi della band fantasticavo sul giorno in cui li avrei incontrati a tu per tu: gli avrei chiesto come stessero, mi sarei complimentata della loro bravura e probabilmente avrei fatto qualche domanda innocua per togliermi delle curiosità, ma mai e poi mai avrei pensato di incontrare singolarmente uno di loro, tanto più Luke, e di parlarci così liberamente, come se fosse un semplice ragazzo della mia età che incontri in un locale. 

Cammino svelta immersa nei miei pensieri e, raggiunte le mie amiche, mi siedo senza spiccicare una parola. Avrei dovuto parlare con loro di quello che era successo, ma se l'avessi fatto, avrei dovuto raccontare anche di Simone e non avevo la benché minima voglia di affrontare quell'argomento, perciò decido di non dire nulla. 

- Si può sapere dove diavolo sei stata? - domanda Anna allarmata - Ti ho riempito di messaggi. Silvia è tornata praticamente subito - continua afferrando e annusando una mia ciocca di capelli.  

- Non ho visto i mess... - mi blocco subito. Oh merda. Il mio telefono lo aveva Luke! Come avevo fatto a dimenticarlo? 

- Cazzo! - impreco portandomi la testa fra le mani.  Come avrei potuto recuperarlo? Di certo non sarei tornata al parcheggio a piagnucolare nella speranza che uno dei tre fratelli uscisse a restituirmi l'iPhone. Mi chiedo se il suo gesto era intenzionale o meno: aveva rubato di proposito il mio telefono o aveva semplicemente dimenticato di restituirmelo?

- Che succede? - chiede Silvia. 

- Io... - elaboro in fretta e furia una scusa - devo aver dimenticato il telefono in bagno mentre stavo sistemando il trucco. Quando mi sono accorta di averlo perso, sono tornata indietro ma non c'era più - informo le mie amiche del falso accaduto, cercando di risultare convincente. 

- E ora? - chiede Anna preoccupata. 

- Ormai è perso. Domani farò la denuncia e basta - taglio corto. 

- Puzzi di fumo - constata Anna sollevando un sopracciglio. 

Le due ragazze si scambiano degli sguardi, stranite dalla mia calma apparente e dalla situazione in sè. Se solo sapessero come sono andate realmente le cose, darebbero di matto. 

- Cos'è quello? - chiede Silvia facendo un cenno col capo in direzione dell'aggeggio verde che stringevo fra le mani. Era l'accendino di Luke. Sentii un formicolio allo stomaco: avevo qualcosa di suo. 

- Da quando fumi? - domanda Anna sbalordita.

- Io non fumo - asserisco con sicurezza. Ed era vero. 

- E dove l'hai preso, allora? - aggiunge la bionda. 

- E' di Simone - esclamo istintivamente sentendomi alle strette - Vi volete dare una calmata? - urlo fingendomi arrabbiata. 

- Simone non fuma - esclama con fare ovvio, trattenendo una risata. 

- E tu che ne sai? - domando sospettosa. Stavo cominciando ad innervosirmi sul serio. 

Silvia fa spallucce, mentre Anna mi guarda sospettosa. Sa che sto mentendo, lei mi conosce meglio di chiunque altra persona al mondo. Il silenzio cala fra noi e il discorso muore lì.

 Il tempo passa così velocemente che, senza rendercene conto, siamo già sotto il palco, circa in terza fila.  L'idea di essere così vicina mi rende eccitata e pensierosa: e se Luke riuscisse a riconoscermi il mezzo alla folla? Mi sentirei così in imbarazzo a scatenarmi e urlare, dopo quello che era successo nel parcheggio, soprattutto se anche Jason e Matthew avevano assistito alla scena, nascosti dietro il vetro oscurato del loro pullman. 

- Ragazze, Luke ha pubblicato una storia! - strilla Anna mostrandoci lo schermo del telefono. 

Aveva postato un suo selfie ravvicinato con la sigaretta spenta fra le labbra contornate da un sottile strato di barba bionda. Era dannatamente sexy. Una frase si sovrapponeva alla foto: 

A presto, ragazza ;-)

Sento nuovamente quella sensazione allo stomaco. Si riferiva forse a me? La sigaretta, il "ragazza", erano forse dei riferimenti al nostro incontro?

- Beata te, chiunque tu sia - sospira Anna mentre fissa insistentemente la foto, riferendosi alla frase letta. 

Deglutisco nervosamente. Il concerto sarebbe iniziato da lì a poco e l'adrenalina inizia a farsi sentire. Capisco di non essere l'unica perché sento le persone spingere con prepotenza per cercare di avvicinarsi il più possibile al palco. Le luci si spengono e l'attesa sembra interminabile, poi un fascio di luce blu inonda il palco rivelando le tre sagome. Matthew, il bassista della band, è a sinistra. Luke, la voce principale, è in piedi a destra col microfono fra le mani e Jason, il batterista, è al centro, leggermente più indietro rispetto ai suoi fratelli. Le urla divengono assordanti e ho la pelle d'oca. 

Luke inizia a cantare e, finalmente, il concerto inizia.  

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