APRILE

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


(Marco)

Lei si chiamava Sharon e quella volta ero stato attento, dato che le ultime ragazze si erano incazzate una volta resesi conto che non sapevo come chiamarle.

A Sharon piaceva stare sopra, e già avevamo un motivo di disaccordo. Sopra ci voglio stare io. Posso stare anche dietro: è un bel posto anche quello, se davanti c'è una donna come Sharon. Ma no, lei voleva stare sopra.

Che due coglioni.

L'accontentai, e quella volta me la ritrovai lì sopra a cavalcarmi come un'amazzone mentre io pensavo che l'indomani avrei dovuto convincere il dottor Green che 40 ore di corso non erano sufficienti per dichiarare il personale sufficientemente preparato prima di mettere le mani su un paziente attraverso dei cazzo di robot.

Nella testa stavo sciorinando tutta una serie di argomentazioni convincenti da utilizzare, chiedendomi se in inglese la resa di quel discorso fosse altrettanto efficace, ma dovetti interrompere ogni elucubrazione quando Sharon iniziò a squittire per l'arrivo di un orgasmo. Dovevo concentrarmi sul piacere, prima che a Rochester si spargesse la voce che "quello italiano" era impotente.



(Maia)

San Siro e Stadio Olimpico. Le location, per il tendone di Falchi, non mancavano. Accettammo 2 date a Milano e due a Roma, tra giugno e luglio. Non avevamo molto tempo per preparare nuove coreografie, ma J era piena di buone intenzioni e ottime idee. Io ero meno brillante, me ne rendevo conto, ma la mia resa sul palco era ancora inscalfibile, per fortuna.

- Ma per quale cristo di motivo ti rifiuti di chiamarlo? -

Avremmo dovuto lavorare sulla scelta delle musiche, ma avevamo ceduto a un pacchetto di caramelle gommose che avevamo condiviso solo in parte con i nostri figli, a due birre che non avevamo condiviso affatto e al cazzeggio che invece stavamo condividendo ampiamente con i frutti viventi del nostro utero.

- Se n'è andato, J! -

- Sì, ma è andato a lavorare, cazzo! E sapevi che poteva succedere, no? Anzi, avevi detto che lo avresti aspettato. -

- Sarebbe tutto perfetto, se non mi avesse invitata ad andarmene a fanculo molto lontana da lui, prima di partire. -

J liquidò quella mia specifica con uno sbrigativo gesto della mano, come se l'avermi lasciata mentre mi scopava accanto alla porta di casa sua fosse fastidioso quanto il ronzare di una zanzara accanto all'orecchio.

- Sono cose che si dicono e che si fanno quando il giramento di coglioni ha il sopravvento sulla ragione. Potresti chiamarlo benissimo, e dirgli che sei diventata un'insopportabile zitella acida da quando non lo senti, e che quella faccia di merda del tuo ex si aggira per la città indossando un sorriso che non ha alcun motivo di esistere, dato che tu non hai intenzione di darla a nessuno che non sia il tuo chirurgo preferito. Digli che ormai hai le ragnatele nelle mutande, e che l'unico che può toglierle è lui. -

Sbuffai, sospirai e e grugnii, tutto in una volta.

- Mi manderebbe a fanculo anche per telefono. -

- E amen. Potresti riprovare il giorno dopo. -

- Per farmi mandare a fanculo di nuovo? -

- Certo. Dovresti provare con cadenza regolare. E sai anche chi dovresti chiamare? -

- Non dirmelo. -

- La faccia di merda. -

Ovviamente avevo rivisto Ale quasi ogni giorno. Non gli avevo raccontato nulla di quanto accaduto con Marco, non ce n'era stato bisogno: la mia faccia rattrappita dalla nostalgia era la muta testimonianza del successo del suo piano degno del peggior villain della Disney (Non della Marvel! Della Disney!).

- E cosa dovrei dirgli? Grazie per avermi rovinato la vita... di nuovo? -

- Quello lo sa già. Dovresti dirgli che se prova di nuovo a mettere i bambini nel bel mezzo di una faida a sfondo sessuale tra adulti sarai tu a portare lui in tribunale. Ecco, cosa dovresti dirgli. Anzi, sai cosa? Se non lo fai tu, lo faccio io. Lo chiamo io, e se vedo che non la capisce, gli faccio ingoiare il cellulare. E se non capisce neanche così, gli faccio ingoiare anche la cravatta da avvocato dei miei stivali. E quasi quasi gli mando pure Christian a spiegargli dov'è il confine tra la vita e la morte. -

Eccola qui, la mia J. Se non fossi stata troppo occupata ad autocommiserarmi per una storia d'amore finita male mentre la mia vita professionale toccava vette che fino a pochi anni prima ritenevo troppo alte anche solo nei miei sogni, mi sarei commossa.

Invece stappai un'altra birra.



SPAZIO AUTRICE

Come dichiarato, lo stile asciutto e distaccato prosegue. Gli eventi hanno una rilevanza così ridotta che Maia e Marco ci raccontano il minimo indispensabile. Frammenti di vita gettati tra le pagine con il solo scopo di scandire il tempo che scorre, in attesa che quel dolore sordo faccia meno male.

Sono ancora tanto perplessa su questa mia scelta. Eppure i ritmi delle loro vite sono mutati, e volevo mutare la narrazione con loro. Mostrare questi mesi di vita in modo diverso, con un nuovo filtro.

Lettori... fatemi sapere che ne pensate, please!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro