(Maia) Dimmelo domani

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Ero ancora immersa nel lavoro quando, alle quattro del pomeriggio, Ale suonò al campanello. Sentii il vociare concitato di Mattia e Lucas ancora prima di aprire la porta.

-Ciao mostri! -

La risposta dei miei figli fu riconducibile alle urla che di norma provengono dai passeggeri delle montagne russe. Lucas mi si aggrappò alle gambe come un koala rischiando di farmi cadere, Mattia saltellò sul posto consapevole di essere ormai un po' troppo cresciuto per imitare suo fratello.

-Possiamo fare merenda? - gridò Mattia, entrando in casa e, sospettai, senza nemmeno ascoltare la mia risposta affermativa.

Ale mi sorrise: portava sulle spalle gli zaini dei bambini.

-Fai merenda con noi? - lo invitai.

-Volentieri. -

Lo feci entrare. Indossava ancora gli abiti da lavoro. Quando si tolse la giacca a vento notai che si era già liberato della cravatta lasciandola, probabilmente, in auto. Appoggiò sulla sedia anche la giacca del suo completo antracite.

Stava benissimo, mentre io indossavo una tuta sgualcita e troppo larga. Anche i capelli erano un disastro e li avevo legati con un elastico per senso del pudore.

Mattia e Lucas stavano già frugando negli scaffali della cucina, entrambi eccitati e fuori controllo.

-Ho lo yogurt in frigo - proposi, poco fiduciosa.

Ale trattenne una risatina beffarda, i bambini nemmeno sprecarono fiato a rispondermi.

Alla fine optarono per i biscotti al cioccolato e un bicchiere di latte.

Liberai parzialmente il tavolo per far spazio alle due piccole furie affamate.

Io e Ale ci accomodammo ai lati, dove avevo ammucchiato le scartoffie su cui stavo lavorando prima che arrivassero.

-Biscotti anche per te? - gli chiesi.

-No grazie, sono a posto. A cosa lavori? -

Gli mostrai un catalogo di abiti sportivi.

-Sponsor - spiegai. - Ci hanno proposto di fare anche da testimonial alla prossima collezione e posare per il prossimo catalogo. Davo un'occhiata ai completi. -

Ale sfogliò i bozzetti e le foto dei top e dei leggins cui l'azienda stava lavorando.

-Sono carini. Quindi compariresti sui manifesti di mezza nazione con indosso uno di questi? -

Sapevo cos' aveva puntato. Vidi la sua fronte corrugarsi sui top piuttosto striminziti e variopinti. Aveva sempre digerito senza troppe storie gli abiti di scena, lontani dall'essere volgari ma pur sempre un mezzo per risaltare i nostri corpi e i nostri movimenti, ma sapevo che aveva anche sempre apprezzato la mia scelta di scendere dal palco ben più coperta.

Vedere sua moglie su un catalogo con indosso uno di quei completi sarebbe stato senza dubbio fonte di litigio. Ma non ero più sua moglie.

-Non hanno parlato di manifesti. Al momento stiamo vagliando solo il catalogo, sia cartaceo che digitale, e magari qualche sagoma nelle vetrine del marchio. Per i manifesti credo chiameranno qualche supermodella. -

-Capisco - commentò, asciutto.

-Stavo anche buttando giù una nuova playlist per la prossima dance battle e ascoltando qualche nuova hit per arricchire le prossime serate. -

Non c'era nessun motivo per cui il disappunto fino a quel momento manifestato da Ale all'idea della mia partecipazione al catalogo dovesse farmi sentire a disagio. Questa consapevolezza, però, non sembrava scalfire la frustrazione che sentivo crescere nell'affrontare il suo sguardo deluso.

-Mammaaaaa... - quando Lucas trascinava così l'ultima vocale, lagnandosi, era in atto una qualche crisi che poteva sfociare in un dramma costellato di pianti e capricci.

-Che c'è? - gli chiesi, felice di poter affrontare un dramma infantile anziché uno adulto.

-Non ne voglio più. -

Lucas, all'epoca aveva il vizio di riempirsi il bicchiere di latte per poi berne solo qualche sorso. Era un atteggiamento che mi mandava in bestia e per il quale lo rimproveravo un giorno sì e l'altro anche. Sbuffai sentendo le spalle crollare verso il basso, rassegnate come il resto del mio corpo ai vizi incorreggibili di mio figlio.

-E allora perché te ne sei versato così tanto? - intervenne suo fratello, senza dubbio più saggio e più paraculo al contempo.

-Perché io non lo sapevo! -

-Cos'è che non sapevi? - gli chiesi.

-Che poi non lo avrei bevuto tutto! -

-Ma se ti dico tutte le volte di versartene solo metà bicchiere alla volta! -

-Mi dimentico sempre. -

Sospirai di nuovo.

-Filate a lavarvi i denti. -

Partì immediatamente un'altra sequenza di lamenti, capricci e smorfie, stavolta in concerto con Mattia.

-Ha detto FILATE! - alzò la voce Ale, e i due bambini, seppur sbuffando, obbedirono.

Mi diede una mano a sparecchiare e a risistemare i documenti del lavoro sul tavolo, in silenzio.

-Come vanno gli allenamenti? -

-Mah, le braccia sono un mezzo disastro, Ale. Sono stata ferma poche settimane ma sto faticando il doppio di quando sono tornata dalle gravidanze. Sto invecchiando male. -

-Non direi proprio. -

Sentii la sua mano sulla schiena e il suo alito sul collo. Il brivido che ne conseguì era del tutto involontario, ma piacevole.

Mi schiarii la voce, un po' imbarazzata e un po' compiaciuta.

-E tu, tutto ok sul lavoro? -

Si allontanò dal mio corpo e fu come se mi avessero strappato una coperta calda di dosso.

-Sì, solita routine, i soci dello studio hanno portato avanti egregiamente i miei casi durante il ricovero di Lucas e ho pochi arretrati. -

Ci accomodammo di nuovo al tavolo, mentre sentivo che i bambini vuotano per terra un paio di scatoloni pieni di mattoncini di lego.

-Hai sentito Ricky, di recente? -

Mi guardò dubbioso.

-Perché me lo chiedi? Frequenti casa sua più di me. -

Sospirai, chiedendomi quanto fosse giusto sbottonarmi su qualcosa di così personale. Ale e Ricky non avevano lo stesso legame radicato che avevamo io e J, ma so che si frequentavano regolarmente.

- È che ultimamente vedo J un po' strana...-

-Avranno l'ennesima crisi, Maia. Ho visto Ricky un paio di sere fa e non mi è parso diverso dal solito. -

-Mi chiedo solo se J è l'unica dei due a... sentirsi così. Tutto qua.-

Ale alzò lo sguardo e mi inchiodò con un'espressione seria e tormentata.

-Non mi stupirebbe di certo se lei vedesse un burrone dove Ricky magari cerca di costruire un ponte. -

Ogni riferimento a luoghi o persone è puramente casuale, suppongo.

-Non tutto quello che accade nel mondo riguarda noi due, Ale. -

-Ma tutto quello che accade a noi due riguarda noi due. -

-E infatti si parlava di J e Ricky. -

Si zittì, ma vidi quanto era contrariato dal modo nervoso in cui scuoteva la testa, abbandonandosi di peso allo schienale della sedia.

Capii che voleva affrontare di nuovo il discorso, ma io non era sulla sua stessa lunghezza d'onda. In quei giorni ero sintonizzata su altre frequenze. Quelle di Marco Mancini, per la precisione.

-Ale, non mi va di litigare. Cambiamo discorso? -

Si alzò piano e mi si avvicinò. Restai seduta e mi godetti la tenerezza del suo tocco sulla guancia e il bacio che mi lasciò sulla nuca.

Ho sempre apprezzato i suoi lampi d'affetto, forse perché rari. Forse, fossero stati meno rari negli anni precedenti, avrebbero illuminato a sufficienza le tinte fosche delle incomprensioni e dei suoi frequenti disappunti.

-Ci tuffiamo nei lego con i bambini? - propose. Accettai volentieri.

***

Ale accettò di restare per cena, mi diede una mano a lavare i bambini e una volta che furono messi a letto si sedette al tavolo della cucina. Detestava sparecchiare, non lo faceva nemmeno quando eravamo sposati. Di contro, si era sempre occupato della raccolta differenziata. Ma quella non era casa sua, e si limitò a guardarmi mentre sgombravo la tavola.

-Puoi guardare la TV in sala, se vuoi. Io finisco qua prima di svenire sul divano. -

-No, ti aspetto. -

Impiegai parecchi minuti a riempire la lavastoviglie e pulire fornello e superfici della cucina, ma Ale non si stancò di aspettarmi. Mi osservava in silenzio, mentre mi aggiravo per la stanza. Quando ebbi finito ero scompigliata, poco pulita e svogliata. Avevo bisogno di una doccia, ma ero così pigra da prendere in considerazione l'ipotesi di buttarmi sul divano così com'ero.

Lanciai lo strofinaccio sul fornello, senza riguardo, sospirando e appoggiando la zona lombare al ripiano della cucina. Sospirai analizzando con lo sguardo la stanza, in cerca di qualche eventuale dimenticanza.

Il mio ex marito si alzò e mi si avvicinò fino a sfiorarmi il naso con il suo, appoggiando i palmi della mani al ripiano, accanto ai miei fianchi.

Conoscevo quell'uomo così a fondo che non provavo imbarazzo per le condizioni indecenti dei miei capelli, per lo sporco sul viso, per l'odore certamente poco sexy dei miei abiti sformati.

Fino a qualche anno prima, in una situazione del genere, avrei avvertito il cuore acellerare il ritmo e avrei sorriso maliziosamente. Probabilmente mi sarei seduta sul ripiano della cucina e avrei circondato i fianchi di mio marito con le gambe. E quasi certamente lui mi avrebbe infilato una mano tra i capelli e mi avrebbe tirato indietro la testa per potermi baciare con ingordigia sul collo.

Ma non fu quello che accadde quella sera.

Il cuore non partì al galoppo e io non incoraggiai Ale, nonostante l'innegabile calore che mi avvolse lo stomaco mi stesse lanciando messaggi forti e chiari.

Non abbassai lo sguardo, sostenni quello del mio ex marito. Mentre il mio respiro era sostanzialmente regolare, sentii che il suo si faceva più profondo.

Alla fine cedette lui, ed fu la sua bocca a cercare la mia. Cerai di resistergli per... boh... un paio di secondi? Ma quando mi circondò il viso con le sue mani calde fu fatta; si era sgretolata ogni barriera esistente e lasciai la sua lingua affondare nella mia bocca. Era un bacio avvolgente e caloroso, non prepotente ma sostenuto da un bisogno privo di dubbi. Guidava Ale, come è sempre stato, perché a me è sempre piaciuto seguirlo e assecondare ogni sua iniziativa. Non ho mai perso fiducia in lui, nemmeno in quel periodo in cui non ero più sua moglie avrei avuto dubbi nell'affidargli il mio corpo, la mia vita e persino la vita dei miei bambini. Il pensiero di essere ancora al centro del desiderio di un uomo del suo calibro mi faceva immensamente piacere. Un piacere senz'altro ingrato, dato che da lì a un paio di sere prevedevo di uscire con un altro.

Non appena le nostre labbra si allontanarono mi chiesi se fosse il caso di dirgli di Marco.

Sì, avrei dovuto. Avrei dovuto dirgli di smetterla, di fermare le sue mani che si stavano intrufolando sotto la felpa, di non guardarmi con quegli occhi lucidi per il desiderio. Quindi non so proprio perché, invece di parlare, usai la bocca per baciargli il collo.

Non so perché invece di allontanarlo con vergogna lo strinsi di più a me.

Non so perché feci tutto ciò che non avrei dovuto fare.

-Andiamo di là? - mi bisbigliò all'orecchio.

Dovevo trovare la forza di usare il cervello e tacere i bisogni della carne. Mi costò un'enorme fatica ritrovare la capacità di parlare per dire qualcosa che non fosse un vigoroso e voglioso "sì".

-Devo fare la doccia - biascicai, strisciando velocemente via da lui, senza guardarlo in faccia.

Casa mia era di piccole dimensioni e attraversai la zona giorno con pochi passi, salii le scale e mi fiondai in bagno, appoggiandomi pesantemente alla porta dopo averla chiusa. Sbuffai e mi passai le mani tra i capelli.

Iniziai a far scorrere l'acqua, in attesa della giusta temperatura. Mi avrebbe fatto bene... anzi, avrei dovuto farne una ghiacciata, di doccia. Ma odio il freddo. Mi liberai dei vestiti e attesi che l'acqua facesse scivolare via ogni mio desiderio. Non funzionò. Mi chiesi se quando fossi uscita da lì avrei trovato ancora Ale o se se ne fosse tornato a casa sua.

Non sapevo se avrei trovato il modo di dirgli che stavo cercando di conoscere un altro uomo. Non sapevo nemmeno se avrei trovato il modo di non calmare i miei appetiti con il mio ex marito.

Mi lavai a lungo, finché la stanza si riempì di vapore. Sarei voluta rimanere avvolta in quel tepore fino alla mattina seguente, magari sciogliendomi con le bolle del doccia schiuma.

Girare il miscelatore della doccia e interrompere il flusso dell'acqua mi costò tantissimo in termini di forza di volontà.

Con più calma del solito mi dedicai alla cura della mia pelle: ogni scusa era buona per rimandare la mia uscita dal bagno. Ma ben presto finii le scuse, dato che ero stata così rincoglionita da non essermi portata né la biancheria né il pigiama.

-Porca puttana...-

Mi pettinai i capelli bagnati e mi infilai di nuovo nell'accappatoio fradicio. Aprii la porta con l'intenzione di sgattaiolare in camera e appropriarmi della biancheria ma Ale era lì, davanti alla porta, con la schiena appoggiata al muro, le maniche della camicia fatte su fino al gomito, le mani in tasca e la camicia fuori dai pantaloni.

Aprii la bocca per dire non so cosa, e mai lo saprò dato che il mio ex marito mi interruppe prima che potessi emettere un fiato.

-Non dire niente, Maia. -

Staccò spalle dal muro con un colpo di reni e gli bastò un passo per essermi quasi addosso.

Mi slacciò l'accappatoio in un attimo. A quel punto avrei dovuto proprio dirglielo. Dovevo dirglielo subito, prima che diventasse impossibile per entrambi tornare indietro.

-Devo dirti una cosa... -

-Non dirmela. -

Mi baciò sulla fronte e mi accarezzò i capelli bagnati.

-Vorresti saperla. -

-Non voglio sapere niente. -

Provai a deglutire ma avevo la bocca asciutta. Le mani di Ale scesero lungo le mie spalle liberandomi definitivamente dall'accappatoio e la sua bocca mi riempì di baci deliziosi e delicati il naso, le guance, la bocca.

-Ale, ti prego... -

-No, ti prego io, Maia. Non dirmelo. Posso affrontarlo domani quello che vuoi dirmi, ma non stasera. Stasera voglio credere di avere ancora una possibilità di riprendermi mia moglie, e di tenermela stretta, e di spazzare via le speranze di qualunque altro coglione che pensa di poterti mettere anche solo una mano addosso. Dimmelo domani, Maia. Dimmelo domani, che stai pensando di farti toccare da qualcuno che non sono io. -

Alemi leccò via le lacrime che avevano abbandonato gli angoli dei miei occhi. Non lo so, cosa provavo. Credo fossero tante cose insieme, mischiate l'una con l'altra, nella più totale confusione. Non so nemmeno più se è importante capire quello che sentivo, dargli una forma o un nome. A quale scopo, poi? Per potermi assolvere un domani? Per potermi dire che tutto sommato la coscienza mi parlava dicendomi che stavo facendo qualcosa di clamorosamente perverso?

Lasciai perdere ogni pensiero, tanto non sarei stata capace di mettere ordine nel caos che mi devastava il cervello. Meglio abbandonarsi all'istinto. Lui ha le idee chiare.

-Portami a letto, allora - gli bisbigliai all'orecchio, mettendogli le braccia intorno al collo, in una presa morbida.

Lo sguardo di Ale si accese ancor di più, mi afferrò per i glutei e mi sollevò così che io potessi aggrapparmi a lui stringendogli le gambe ai fianchi.

Conosceva casa mia abbastanza da portarmi in camera da letto senza sbrogliare il nodo che teneva legati i nostri sguardi.

Mi adagiò sul letto, si soffermò in un bacio profondo che però interruppe quasi subito. Si allontanò e chiuse la porta prima di tornare da me, slacciandosi la camicia.

Dalla finestra filtrava la luce del lampione, e nient'altro illuminava la stanza.

-Voglio vederti. -

Mi voltai a pancia in giù per accontentarlo e accendere la lampada sul comodino, allungando il braccio.

La luce che emanò era calda e soffusa e proiettò le nostre ombre sulla parete opposta.

Ale soffocò la mia intenzione di tornare a voltarmi accarezzandomi la schiena con la lingua. Sentii una scossa di piacere attraversarmi il corpo e non tratteni un mugolio sottomesso.

Mi si sdraiò addosso per baciarmi sulla guancia, mi coprì con il suo corpo e le sue braccia furono sulle mie. Mi strinse le mani, sentii che non si era ancora liberato dei suoi vestiti. Ero arrendevole sotto il suo peso, alla mercè delle sue infinite e calde attenzioni. Non provavo nessun timore quando mi fece voltare con un gesto brusco: solo infinita eccitazione nel sentire il suo desiderio crescere con impeto. Si liberò definitivamente della camicia e si dedicò di nuovo al mio corpo, con particolare attenzione al mio seno.

Non sopportai a lungo di saperlo ancora in parte vestito e quando mi resi conto che le sue mani stavano per dirigersi verso il mio inguine mi sottrassi alla sua presa e iniziai a slacciargli la cintura dei pantaloni.

Lo vidi sorridere compiaciuto, ed era esattamente quello che speravo di leggere sul suo volto: compiacimento.

-Piccola ingorda. -

Nel giro di pochi istanti fummo finalmente nudi entrambi e Ale mi fece sdraiare di nuovo. La sua mano tornò a esplorare i territori che gli avevo negato poco prima.

-Sei già pronta, Maia? -

Oh, sì. Decisamente molto pronta.

Ale dovette essere d'accordo con me perché il sorriso che gli illuminò il volto traboccò di soddisfazione non appena le sue dita affondarono in luoghi decisamente umidi.

-Mi pare di capire che non servono i preliminari - disse.

La sua mano calda abbandonò ogni tentativo di darmi piacere e mi parve di sprofondare in un baratro di delusione.

-Oh, ti prego... - guaii.

Sentii la sua erezione innalzarsi con orgoglio alla mia supplica. In un gesto veloce che mi colse completamente alla sprovvista il mio ex marito mi scivolò dentro, con una semplicità disarmante.

Aveva ragione, i preliminari erano superflui, la strada era più che spianata.

Mi bastarono poche spinte per sentire il famigliare formicolio che di solito mi porta all'esplosione dei sensi. Mi ci abbandonai a occhi chiusi, in fiduciosa attesa dei miei fuochi d'artificio.

-Resta con me, Maia. Non chiudere gli occhi. -

Per me fu un'impresa epocale allontanarmi dal mio mondo e rialzare le palpebre. Mi costò tanto, e il formicolio ebbe una piccola battuta d'arresto.

Alemi incatenò con lo sguardo e ogni volta che sbattevo le palpebre mi costava uno sforzo enorme tornare sulla terra e non chiudere gli occhi.

Era come lanciarsi con il bungee jumping: l'adrenalina mi portava giù alla velocità della luce ma l'elastico mi rimbalzava indietro con violenza. Non riuscivo a lasciarmi andare come avrei voluto con gli occhi del mio ex marito che mi scrutavano. Ma è sempre stato così: ho bisogno di ritirarmi un angolo buio e nascosto per perdere quella necessaria dose di controllo affinché l'orgasmo arrivi in piena libertà.

-Lasciami andare Ale, ti prego. -

Ma il mio ex marito non era incline a esaudire il mio volere.

-Lasciati andare tu, Maia. Voglio vederti. Voglio vedere mia moglie che viene per me. -

Mi venne quasi da piangere: sentivo l'orgasmo bussare ma non sapevo come aprirgli la porta, non riuscivo più discernere il piacere dal dolore, ed ero tramortita dalla situazione.

Mio marito venne in mio soccorso aumentando il ritmo delle spinte, vidi i suoi occhi aprirsi di più e con una mano mi strinse i capelli: vederlo perdere il controllo fece sì che accadesse lo stesso a me.

Gridai il suo nome in tono quasi disperato, distrutta dalla fatica di gestire il mio bisogno di chiudere gli occhi e la necessità di non farlo, e finalmente arrivò un travolgente orgasmo che spazzò via per almeno un minuto qualunque controllo io potessi esercitare sul mio corpo. Mio marito... il mio ex marito, venne quasi in contemporanea e fummo entrambi scossi dai nostri spasmi per parecchi secondi.

Con il respiro ancora affannato Ale mi crollò addosso. Io finalmente mi concedetti di chiudere gli occhi avvertendo ancora il calore che dicerto mi stava +colorando le guance.

Lo circondai con le braccia e lui mi posò una serie di delicati baci sul collo.

Restammo così per un po'.

-Adesso posso lasciarti andare - mi sussurrò, liberando il mio corpo dal suo.

Si alzò ed uscì, suppongo per dirigersi in bagno. Cosa che avrei dovuto fare anche io. Ma rimasi immobile per un po', godendomi quell'attimo di sospensione, in cui mi permisi di crogiolarmi nell'appagante piacere che ancora mi avvolgeva i sensi senza preoccupami delle implicazioni di tutte le scelte fatte fino a quel momento, e che avrei dovuto fare nei giorni successivi.

-Stai bene? - mi chiese Ale. Non lo avevo sentito tornare, forse mi ero appisolata. Lentamente mi alzai a sedere.

-Sì, sto bene. -

Si sedette accanto a me e mi circondò le spalle con un braccio. Adagiai la testa nell'incavo perfetto tra la sua mascella e il suo collo.

-Trovo inaccettabile l'idea che tu possa andare a letto con un altro. Che tu possa anche solo lontanamente provare lo stesso piacere, o magari di più, tra le braccia di un corpo che non è il mio. -

Sospirai profondamente.

-Ma tu lo hai fatto, Ale. -

Lo sentii irrigidirsi.

-Non crederai che non sia venuta a saperlo, vero? -

-Figurati, il pettegolezzo viaggia più veloce della luce. -

-E allora perché mi dici queste cose? -

-Perché è la verità. -

-Quindi tu puoi scopare con chi vuoi e io no? -

Mi stringe più forte le spalle e mi accarezza il viso.

-Possiamo fare entrambi quello che ci pare, siamo liberi da qualunque vincolo coniugale da tempo. Solo che io vorrei che non fosse così. E, per la cronaca, non ho trovato nessun sollievo al mio tormento tra le lenzuola delle altre donne. -

Mi liberai con calma dal suo abbraccio. Stavolta ero io a volerlo guardare negli occhi.

-Ale, ma cosa stai dicendo? Il nostro è stato un divorzio consensuale. E, per la cronaca, io nemmeno ci ho provato a trovare sollievo tra lenzuola che non sono mie o tue. -

-Tu non hai nessun tormento, Maia. -

Lo disse con un tono che mi fece tremare le ginocchia. Avevo spezzato il cuore di quell'uomo nel momento stesso in cui avevo smesso di amarlo, e non aveva ancora smesso di sanguinare. L'ho amato con la stessa intensità anche io, per tanto tempo.

Ma poi qualcosa si è spezzato, e non sono più stata in grado di porre rimedio.

-Sei innamorato di una donna che non esiste, Ale. Non sono più la donna che desideri da parecchio tempo e francamente mi sono chiesta un sacco di volte se fossi mai stata la donna che desideravi o se erosolo un prototipo più o meno simile al tuo ideale. -

-Smettila Maia. Tu non lo sai, ok? Tu non lo sai quanto sono stato innamorato di te e quanto sono certo di esserlo ancora. Non ho mai dubitato, mai, che tu fossi la persona giusta per me. -

Scossi la testa, esasperata dai ricordi che mi affollavano la mente e che ancora mi fanno storcere la bocca.

-Le cose non andavano bene, Ale. Tutto quello che facevo era troppo approssimativo ai tuoi occhi e tutto quello che dicevo arrecava fastidio alle tue orecchie. Mi hai messa in discussione così tante volte e per così tanto tempo che è capitato anche che ti credessi. Ma quando è stata ora di scegliere tra amare me stessa o amare te, ho scelto di vivere in libertà. Libera dai tuoi giudizi. -

Deglutì un paio di volte e seppi di aver affondato una lama in un cuore già sanguinante. Ma posso affermare di sapere cosa si prova. E posso affermare che è possibile non solo sopravvivere, ma addirittura rinascere.

-Mi distrugge sapere di averti fatta sentire in quel modo. -

-Sei una brava persona, Ale. E un ottimo papà. Ma non possiamo più stare insieme. Non siamo più compatibili. -

Passò il mio corpo nudo al setaccio con i suoi occhi scuri. Incredibilmente, quella vigliacca là sotto rispose al richiamo come una gatta in calore.

Fui certa che Ale se ne accorse e non nutrii dubbi sul fatto che il mio infinito appetito sessuale nei suoi confronti regalasse al suo ego ingordo molto materiale con cui nutrirsi.

-E hai trovato qualcuno di più compatibile, mi pare di intuire. -

Lo disse quasi con ironia, come se fosse una cosa divertente.

-Non lo so ancora. Ma ho deciso che voglio scoprirlo, Ale. -

Lo fece di nuovo: mi guardò e sembrò studiare compiaciuto ogni centimetro della mia pelle. Poi alzò la mano e mi accarezzò la guancia. Emanava calore, come sempre. Un calore casalingo, affidabile, sicuro.

Mi abbandonai al suo tocco chiudendo gli occhi.

-Eppure non si può dire che tu mi sia indifferente. -

Aprii gli occhi per guardarlo mentre il cervello scandagliava alla svelta una serie di risposte piccate ma la sua mano passò da una dolce carezza sul viso, a una presa decisa ai capelli che mi tolse il fiato.

-Esistono ancora argomenti sui quali siamo indiscutibilmente compatibili. - Mentre mi parlava appoggiò le labbra alla mia gola esposta.

-Oh... - Non riuscii in nessun modo a soffocare quel gemito di stupito piacere.

Mi sembrava quasi di vederlo, il suo già grosso ego, fare le pernacchie alla mia dignità affranta.

-La notte è ancora lunga Maia. Stavolta nemmeno te lo chiedo se sei pronta. -

E così, ricominciammo.

Spazio autrice

E quindi Maia ci è ricascata.
È proprio così sbagliato? Doveva resistere? Voi cosa ne pensate?

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