(Marco) Bellissima

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Era bellissima. A quanto pare era destino che fosse sempre quello il mio primo pensiero nel rivederla a distanza di tempo. Lo avevo pensato anche alla cena di beneficienza, quando con la mano aveva seguito i tratti del mio tatuaggio, l'anno prima.

Mi era parsa in imbarazzo nei primi istanti, quelli che seguirono la chiusura delle porte da parte di J. Ma la sua espressione era mutata in fretta, me lo ricordo bene. Dio, se me lo ricordo.

Aveva messo il broncio. Un broncio adorabile, cazzo. Lo avevo già visto, quel broncio lì. Sul volto di Lucas, all'ospedale, quando mi disse che avrei potuto toccarlo solo se gli avessi sfilato il sondino naso gastrico. Già. Un primario che scende a compromessi con un nanerottolo, figuriamoci.

E Maia, con quel cipiglio lì, quel labbro leggermente piegato, quella fronte leggermente aggrottata, quello sguardo che conteneva un po' di paura e un po' di supponenza, cosa mi voleva dire, Maia?

Attesi qualche secondo che accadesse qualcosa. Attese anche lei. Io intanto mi riempivo gli occhi della sua figura, che non vedevo da un sacco di tempo. Cercai nelle reminiscenze delle notti trascorse in sua compagnia la sensazione delle mie mani su quei fianchi stretti, e, Cristo, mi affiorò con sorprendente facilità il ricordo delle due invitanti fessure sopra le natiche, e insieme al ricordo il desiderio, e insieme al desiderio il bisogno, e insieme al bisogno la fottuta erezione che premeva nei jeans.

Poi lei si fece avanti, prima un passo, poi due, poi tre, poi mi fu vicina, e aveva ancora il broncio, e io avrei voluto morderle il labbro e poi assaggiarla con la lingua, dappertutto.

- Sei ancora arrabbiato? - mi chiese, e ricordai che era una domanda che mi aveva fatto un'altra volta, e che quella volta era nuda, e che porca puttana no, non ero più arrabbiato. E l'unico modo che avevo avuto per restare arrabbiato con lei era stato salire su un aereo senza darle il tempo di parlarmi più.

- Che hai fatto in questi mesi? (ti sei fatta scopare da lui? ) -

Lei mi guardò quasi indignata.

- Ho lavorato (non ci sei stata, con lui), ho recuperato il tempo perso con i miei bambini (hai pensato a me, Maia? ), sono stata al mare con i miei figli e con i miei amici (hai pianto, pensando a me, Maia?). E tu, Marco? Cos'hai fatto a Rochester? -

Mi sentii una merda nel risponderle.

- Ho lavorato (mi sono fatto fare un pompino da una di cui non ricordo nemmeno l'iniziale, e intanto ti guardavo trionfare), ho litigato con gli statunitensi per aumentare le ore dei corsi di formazione (ho fatto sesso con altre donne), ho ottenuto tutto quello che speravo di ottenere da Rochester ( ho cercato di sostituirti con una che voleva stare sopra e che cucinava peggio di te). -

- Ale non mi ci porta, in tribunale. -

- Lo so. Lo sapevo anche prima. -

Maia occupò le mani infilandosi una ciocca inesistente di capelli dietro l'orecchio.

- Mi ero fatta prendere troppo dal panico, lo riconosco. Ma tu da cosa cazzo ti sei fatto prendere, per partire così, eh? Me lo spieghi? -

Una Maia inedita, incazzata. Incazzata con me. Il broncio era ancora lì. Desideravo solo leccarglielo via.

- Mi sono girati i coglioni, perché mi ero convinto che alla fine saresti finita di nuovo a letto con lui. -

Ecco servita una pietanza spesso sopravvalutata e difficile da digerire: la sincerità.

La smorfia di Maia mi rivelò che la pietanza, come sospettavo, era sia sopravvalutata che difficile da digerire.

- Sono destinata a perdere il mio tempo con uomini che mi sottovalutano, evidentemente. -

Fece per andarsene e io assecondai il mio ardente desiderio di toccarla prendendola per un polso. Un tocco leggero, ma che bastò a convincerla a non abbandonare la terrazza.

- Mi sei mancata - rivelai, ed era la prima volta che lo rivelavo anche a me stesso.

- Ah sì? - chiese, ma parve una provocazione. Mi si avvicinò di nuovo, e la mia mano lasciò il suo polso per adagiarsi sul fianco.

- Sì. -

- Quante te ne sei portato a letto, in sei mesi, doc? -

Il suo broncio era una sfida: se dovevo mentire, dovevo essere molto convincente.

- Un po'... - confessai, e il suo broncio divenne smorfia. Dovetti di nuovo implorarla di restare con la muta richiesta della mia mano sul suo polso.

- Puoi continuare a divertirti, sai? Due delle nostre ballerine non hanno impegni sentimentali, e scommetto che anche da te in reparto ci sarà almeno un cuore solitario. Se non ti bastano queste due fonti potresti ritentare in palestra, oppure... -

- Maia, smettila. -

Si fermò. Mi guardò con un certo disprezzo.

- Non è più successo da quando sono tornato... -

- Oh, quindi non scopi da due settimane. Vuoi un applauso? Possiamo fare arrivare una torta anche per te, alla festa, brutto stronzo! -

Mi piaceva che fosse arrabbiata. Non era ferita, era arrabbiata.

- Non stavamo più insieme ed eravamo entrambi liberi, lo sai. -

Mi dedicò un sorriso amaro, prima di tornare al broncio che mi stava facendo impazzire.

- Quindi ti sarebbe indifferente se ora ti dicessi che sono andata a letto con uno dei componenti dei Black Wolf, o magari con tutti i componenti dei Black Wof, e, perché no, anche con qualcuno delle altre crew della battle, un paio di bagnanti al mare, qualche amico di vecchia data... -

- Ok, ora basta! -

Sì, basta. Ci avevo fatto uno smodato affidamento sulla certezza che Maia non era come me, che non avrebbe ceduto al sesso occasionale e che dopo le minacce sui bambini non si sarebbe fatta sfiorare nemmeno dalla faccia da culo con cui li aveva messi al mondo. Ci avevo contato, dandolo quasi per scontato, aggrappandomi all'opinione che mi ero fatto di lei, cercando di mettere a tacere il dubbio che forse alla fine ero riuscito a spezzarla e a indurla a infilarsi dentro le mutande di qualcun altro. Avevo soffocato l'immagine di altre mani sul suo seno, altre bocche sulla sua intimità, altri corpi a prendere possesso del suo. Sentirla parlare così mi faceva perdere la testa.

- Non ci sei stata, vero? Non ci sei stata a letto con qualcuno che non sono io. -

Sospirò.

- Parli come Ale. -

La frase mi ferì. Ed era questo che voleva Maia. Questo, che sperava di ottenere, e che ottenne. E forse me lo meritavo.

- Non sono come lui. -

- Ah no? -

- No. -

- Ma anche tu, come lui, vai in giro a scopare con ogni vagina disponibile, salvo poi diventare una belva se spunta all'orizzonte la seppur remota possibilità che io possa fare altrettanto, o anche meno di altrettanto, ma comunque qualcosa. E che sia chiaro: quel qualcosa sarebbe ben più che legittimo.-

Un'arringa inattaccabile che mi spiazzò. E ora che mi rendevo conto di volere questa donna con tutte le mie forze, schiavo di un impeto senza freni, mi ritrovavo a fare i conti con le conseguenze del mio essere stato un pezzo di merda senza speranza una volta di troppo.

- Sì, hai ragione. L'ho fatto. -

- E quale conclusione pensi che dovrei trarne? Eh? Cosa farai ogni volta che avremo un'incomprensione? Ogni volta che non saremo d'accordo su qualcosa? Ogni volta che il tuo pensiero non coinciderà con il mio? Te ne andrai a cercare risposte diverse tra lenzuola diverse? -

- Non è la stessa cosa. Non ti ho tradita, ci siamo lasciati prima che io partissi per Rochester. -

- Tu! Tu mi hai lasciata! -

- Eh no, cazzo! Eri venuta a casa mia con l'evidente intenzione di piantarmi per paura di quel cazzone del tuo ex marito! Sii onesta, Cristo! -

Maia sbuffò come un toro nell'arena. Piantò le braccia sui fianchi e mi diede le spalle, combattuta, infuriata, confusa.

- Come ti sentivi prima di venire, stasera? - le chiesi.

Si voltò di nuovo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.

- In un sacco di modi, la maggior parte dei quali mi ha indotto a un pianto adolescenziale e privo di controllo. -

Le sorrisi, e mi azzardai ad allungare una mano per accarezzarla.

- Io volevo fare l'incazzato, ma temevo che mi sarei sgretolato non appena ti avessi rivista. -

- Ma non mi pare sia andata così. Sei un uomo tutto d'un pezzo, no? - rispose, apparentemente indifferente al mio tocco.

- Non mi sono sgretolato, no. Ma mi sono incendiato, Maia. Cristo, giuro che se mi pianti in asso senza consentirmi di toccarti come si deve prendo fuoco sul serio. -

E dopo un tempo che mi parve infinito e inaccettabile, Maia mi restituì il piacere di un bacio profondo, consentendomi di profanare la sua bocca con la lingua, a lungo, con voracità, mentre cercavo di gestire un impulso che si faceva sempre più strada dentro i boxer, consapevole che non avrei potuto dare sfogo a quel bisogno impellente per una quantità inammissibile di tempo.


SPAZIO AUTRICE

Se non era per Jennyfer, questi erano ancora nella fase "ti blocco su tutti i social pappappero".

Comunque Christian ha qualcosa da dire.

Non è ancora epilogo.

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