(Marco) Le sembianze di un imprevisto

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Le avevo detto qualcosa di cui, in realtà, probabilmente non ero capace. Me ne resi conto mentre, con la cautela richiesta dal suo mal di schiena, le affondavo dentro. Non era solo una questione di carne, sebbene fosse spesso la carne a lanciarmi segnali.

Perché, se dopo quella discussione lei aveva ancora voglia di cioccolata, io avevo solo voglia di averla di nuovo.

Me ne andrò, le avevo detto.

Se tu continuerai a permetterglielo, io me ne andrò.

Sul momento mi era sembrato possibile. Difficile, ma possibile.

Ora mi sembrava l'esatto opposto di possibile.

Tra le tante parole che le avevo rivolto quella mattina, ne avevo dette due di cui invece ero finalmente sicuro: ti amo.

Ti amo. E poche sillabe dopo, me ne andrò.

Non me ne sarei andato, e quella consapevolezza era lacerante quanto il mio amore incondizionato. Se Maia non fosse stata in grado di ricostruirsi in merito alla sua condizione con l'ex, ne saremmo usciti con le ossa rotte sia io che lei. Beh... lei già non se la passava bene. Ma per quanto tempo, ancora, avrei avvertito quella situazione solo come un fastidio? Sentivo di essere già sul punto di virare verso l'esasperazione. Maia era una donna adorabile e forte, mi infastidiva vederla trasformarsi in un esserino tremante davanti al coglione dal quale si era allontanata già una volta. Possibile che una come lei non fosse più in grado di reagire? Che avesse perso la sua spina dorsale nel frequentare me?

Ma volevo quella donna. La volevo tra le mie braccia, nel mio letto, nelle mie giornate, nella mia vita. La volevo e non me ne sarei andato, quindi avremmo trovato la strada giusta. Ne ero davvero convinto, in quel periodo. Ancora non sapevo che la strada giusta mi avrebbe allontanato da lei.

Fu un sesso liberatorio, quella mattina, forse per entrambi.

La aiutai a lavarsi, le applicai un cerotto per il mal di schiena e la accompagnai da Jennyfer, dove sarei tornato a prenderla in serata.

Andai in ospedale.

***

- Come sta Daniele? -

Christian mi aveva abbandonato sulla scrivania tre nuovi casi di chirurgia, totalmente incurante del fatto che, in realtà, fossi in ferie. Due erano facilmente trattabili, sul terzo c'erano più incognite. La sua domanda mi colse mentre ragionavo sul come asportare una massa maligna in laparo, nella speranza di evitare un intervento eccessivamente invasivo. Appoggiai la cartella e alzai lo sguardo sudi lui. In realtà, voleva sapere come stavo io.

- È triste, ma sta reagendo con compostezza. Ha una fidanzata, sai? Questo renderà la cosa meno difficile. Pensavo di farli salire da Milano entrambi, per Natale. -

Christian inzarcò le sopracciglia.

- Addirittura...-

- Lo trovi strano? -

- È strano per te.-

- Già. Ma sto cercando di essere un genitore decente per lui, e non solo un bancomat. -

Christian fece spallucce.

- Sì, ha senso. Ci sarà anche Maia? -

- Non ci ho ancora pensato, suppongo che lei voglia stare con i bambini...-

- Non credo che una cosa escluda l'altra. Casa tua può ospitare tutti quanti. -

Sospirai. Non ero certo di essere pronto per una scena da film natalizio con l'allegra famiglia allargata.

- Vedremo, magari stasera ne parlo con lei. -

- Marco...-

Colsi su Christian la stessa ruga del pensatore che adoravo in Maia... ma che trovai decisamente poco rassicurante su di lui.

- Cristo, hai la faccia di uno che sta per darmi una pessima notizia -

- Non è proprio una pessima notizia...-

- E allora cos'è? -

- Una notizia che potrebbe assumere le sembianze di un imprevisto, mettiamola così. -

- Sentiamo. -

Christian si appoggiò con i gomiti alla scrivania, con una faccia seria che non gli vedevo da quando avevamo parlato della possibilità che tra lui e J le cose si facessero altrettanto serie.

- Non è ancora ufficiale, quindi prendila con le pinze, ma circola il tuo nome per quel progetto gemellato con Rochester. -

- Quello sulla chirurgia robotica? -

- Sì. -

- Riguarda la chirurgia generale, non quella pediatrica. -

- Sì, ma le tue conoscenze sulla microchirurgia hanno solleticato gli statunitensi. Sei il più qualificato per quel progetto: lo sai tu, lo so io, lo sa il consiglio e lo sanno i finanziatori. -

Non mi ero candidato per il progetto, ma sapevo che l'offerta sarebbe potuta arrivare lo stesso. In realtà non mi ero candidato proprio perché pensavo che sarebbero comunque venuti da me. Otto mesi prima ero ancora quel genere di professionista che gongolava all'idea di soffiare un progetto del genere ai colleghi senza nemmeno essersi proposto tra i partecipanti.

Scoprii in quel momento che non me ne fregava più un cazzo.

- Ne prendo atto. Se e quando arriverà la proposta valuterò il da farsi. Grazie di avermelo anticipato. -

- Tutto qui? -

- Che vuoi che ti dica? Sono solo voci. -

- Non prendermi per il culo, Marco. Dimmi cosa pensi di fare. -

- Non ho una risposta, al momento. E perché vuoi saperlo? -

Christian tornò ad appoggiarsi allo schienale. Sembrava stanco.

- Il nostro non è solo un lavoro. Puoi fare la differenza, là. Dovresti andare. Sono solo sei mesi. -

Mi presi un attimo per pensare. Non provavo nessun entusiasmo all'idea di partire per Rochester e mettere la mia firma su un progetto che poteva cambiare il volto della chirurgia robotica di lì a qualche anno.

- Ti confesso che ora come ora la cosa non mi stuzzica affatto. -

- Lo supponevo. Ma ti invito a rifletterci, ed è per questo che te l'ho anticipato. Parlane con Maia, non credo che una tua momentanea assenza possa causare chissà quale danno. -

Ero stato via tre giorni e l'avevo trovata con l'orgoglio sbriciolato da suo ex. Tre giorni. Non l'avrei lasciata sei mesi. E comunque... non volevo privarmi di lei per sei mesi.

- Ne parlerò con Maia se riterrò che il progetto sia almeno vagamente di mio interesse, Christian. E al momento non lo è. Quindi non ho nulla di cui parlare con lei, tanto più che non c'è nulla di ufficiale. -

Christian sembrò contrariato.

- È sempre stato questo il tuo cazzo di problema, Marco. Non sai essere due cose giuste insieme. O sei un medico coi contro coglioni, o sei una brava persona. Ma cazzo, puoi essere entrambe le cose, lo sai, vero? Basta un po' di impegno! -

- Ma che cazzo ne sai tu, Christian. Non mi pare tu abbia costellato di affetti la tua vita privata. Mi giudichi per le scelte che hai fatto anche tu. -

- Sono un bravo oncologo, forse uno dei migliori, ma non sono un cazzo di genio come te. Tu reinventi la chirurgia, Marco. Sei un artista del bisturi, mettila come vuoi. Trovi strade diverse, possibilità innovative, strategie... hai le idee, ecco. Tu hai le idee, idee nuove. Questo comporta delle responsabilità. -

- Le mie idee hanno lo stesso valore sia qui che a Rochester. -

Christian scosse la testa.

- Sai che non è del tutto vero. Le idee hanno bisogno di un sacco di cose, Marco. Collaboratori. Strumenti all'avanguardia. Tempo. E soldi. Un sacco di soldi. Tutta questa roba a Rochester c'è. -

- E allora che la usino. Poi magari gli vengono pure le idee. -

- Che stronzata. Perché non ci vuoi andare? Maia ti aspetterebbe senza dubbio! -

- Perché non ne ho voglia, Christian. Te l'ho già detto tempo fa. Sono stanco. Se vogliono le mie idee, devono muovere il culo quelli di Rochester. -

- È più facile trasportare le idee che tutto il resto! -

- Senti, in questo momento non ci voglio nemmeno pensare, ok? Sono voci. Dovessero concretizzarsi se ne parlerà. C'è un motivo se non mi sono candidato per il progetto. -

- Il motivo è che volevi fare la bella figa, e lo sappiamo entrambi. Lo sanno tutti. -

- E adesso non sanno più un cazzo. Capita. Possiamo chiudere l'argomento, ora? Stiamo discutendo di qualcosa che non è nemmeno certo. -

Christian sbuffò, risentito.

- Va bene. Adesso puoi raccontarmi di ieri. J mi ha mandato un vocale di otto minuti e sono certo che ha a che fare con te e Maia. -

- E in otto minuti di vocale cosa non hai capito di ieri sera? -

- Non ho detto di averlo ascoltato. -

- Cristo, ma non cambi mai. -

- Sono già cambiato abbastanza. È che credo che tu possa riassumere quegli otto minuti in un paio di frasi. Quindi spara, così stasera quando la vedo sono preparato. -

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