6. Il primo punto di svolta

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Flaminia stava ancora gridando a squarciagola, quando qualcuno la afferrò per le spalle e le diede una scrollata.

«E smettila! Siamo arrivate! Non ci siamo fatte niente» sbottò Hope.

Flaminia la fissò per un breve istante, poi aprì di nuovo la bocca per gridare. Hope soffocò il suo grido con una mano e la trascinò in un vicolo secondario, dietro un cassonetto della spazzatura. Kyle e Caleb erano seduti lì dietro e stavano armeggiando con un dispositivo dalle dimensioni di un'unghia, il cui lato destro era ricoperto da una superficie adesiva.

Flaminia li guardò con aria interrogativa e si dimenticò per un istante di essere ancora terrorizzata. Kyle le sorrise e le fece ciao con una mano, mentre Caleb gettò la testa di lato per sistemarsi il ciuffo.

«Ciao, tesoro» le disse il ragazzo. «Siamo ancora tutti interi, come vedi.»

«Non siamo ancora morti, ma non grazie a te, Hope! Porcoca***, ti pare il modo di...» sbottò Caleb. Si infuriò per la censura e cominciò a sibilare imprecazioni una dopo l'altra. «E vaffan***o, ma che c****, ma si può parlare così? Mi sembra di aver subito un'amputazione verbale!»

«Amputazione verbale» ripeté Kyle, con una risatina, mentre si sistemava il colletto del maglione con la consueta eleganza. «Come siamo sofisticati, oggi.»

Caleb gli rivolse un sorriso tronfio. «In me c'è molto più di quanto non credi. E che ca***.»

Kyle trasse un profondo sospiro. «Trovi sempre il modo di rovinare tutto, tu.»

«E che ho fatto adesso per tutti i *La Direzione si prende la libertà di censurare questa parte del discorso, perché ritenuta troppo volgare e inappropriata in questo momento. Ci scusiamo per il disagio e per la maleducazione di Caleb, ma non è colpa sua se lo scrivono così*.»

Hope guardò Flaminia e decise che ormai non era più pericolosa. Abbassò la mano e la ragazzina fu di nuovo libera di respirare, nonostante non fosse di grande utilità, in un mondo cibernetico. Però la sua mente le suggeriva comunque che inspirare pixel fosse di fondamentale importanza.

«Dove siamo finiti?» farfugliò Flaminia.

Si trovavano in un vicolo solitario che puzzava vagamente di urina – anche quella sotto forma di pixel – e di alcol. Un tizio privo di sensi abbracciato al peluche di un elefante dormiva sotto un cartone e borbottava sottovoce. Flaminia si chiese se fosse uno scrittore o un personaggio abbandonato. Se Hope era riuscita a stravolgerle la vita in due secondi e a imprigionarla nel suo computer, non c'era dubbio che altri personaggi meno invasivi avessero finito per vivere per conto proprio da qualche parte. Purtroppo non tutti finivano in una storia.

Un singolo lampione illuminava il vicolo e delle falene cozzavano contro la luce. Flaminia si sporse oltre la viuzza per cercare di capire la loro posizione, ma Hope la afferrò per un orecchio.

«Ferma dove sei, ci vedranno! Siamo appena a due passi dal caffè letterario, se ci vedono siamo fregati.»

«Ma dobbiamo entrarci» farfugliò Flaminia.

«Ci stiamo lavorando.»

«Ha a che fare con quella schedina?»

Solo in quel momento Flaminia si rese conto che Caleb e Kyle erano seduti sopra la schiena di un uomo in giacca e cravatta privo di sensi, e trasalì.

«Oddio, che avete fatto a quel poveretto?»

«Niente, niente» la tranquillizzò Kyle, col suo sorriso dolce. «E' solo svenuto, non preoccuparti. Starà bene.»

«Ma perché...»

«Ci serve un badge per accedere al caffè letterario» brontolò Caleb. «E si dà il caso che questo tizio ce l'avesse. Stava uscendo dal caffè, sfondato a me***, e così l'abbiamo portato qui. Con gentilezza, ovviamente.»

Flaminia dubitava che la parte della gentilezza fosse accaduta davvero, ma decise di credergli. Probabilmente l'uomo era stato così ubriaco da non rendersi conto di niente.

«Ci sono tanti scrittori famosi di cui prendere le sembianze» mormorò Hope. Si avvicinò a una torretta dispensatrice di giornali e raccolse una schedina. Premette un pulsante blu su di essa e un ologramma si generò dall'oggetto. Scorse fra gli articoli, finché non ne emerse uno riguardante il padre di Flaminia. «Ecco qui! Un bell'articolo sul tuo papi. Scannerizzeremo la sua immagine e la useremo come travestimento. Una volta modificata la schedina, non avremo problemi: uno dei ragazzi assumerà le sue sembianze. Gli altri si travestiranno da altri personaggi della Società degli Scrittori.»

Sarebbe stato davvero un bel piano, se non ci fosse stato il rischio di incorrere nei loro doppioni all'interno del caffè letterario. Flaminia stava riflettendo su quell'aspetto, quando notò una mano che emergeva dal cassonetto della spazzatura.

«Ommioddio, ma quanti ne avete stesi?» gemette.

«Quanti bastavano per avere abbastanza badges per tutti» ridacchiò Hope, gli occhi che scintillavano. Era proprio un personaggio diabolico.

«E se ci fosse mio papà nel caffè? Che faremmo allora?»

«Lui non c'è» sbottò Caleb. «Altrimenti ci sarebbe una cac***o di folla adorante qua fuori.»

Non aveva tutti i torti. Ovunque papà andasse finiva per restare incastrato a causa dei suoi fans. Chissà se un giorno anche Flaminia sarebbe stata seguita a quel modo. Aveva sperato a lungo che le accadesse, mentre in quel momento sospirò di sollievo all'idea di potersene andare in giro senza essere riconosciuta da nessuno.

«Va bene, allora. Forse non siete del tutto pazzi» sussurrò la ragazzina.

«Grazie» disse Kyle, mostrandole il badge modificato.

Lo diede a Hope, che posò un dito sul chip-giornale. Da esso estrasse alcuni dati che trasferì all'interno del badge. Lo posò sul collo di Kyle e un attimo dopo davanti a loro c'era una copia del padre di Flaminia, con tanto di capelli neri con la riga in parte e baffetti da artista. A papà erano sempre piaciuti, nonostante la nonna di Flaminia dicesse che sembravano due bruchi morti.

«Come sto?» chiese Kyle, cercando di imitare la voce del padre di Flaminia.

«Sembri un vero co...» Hope si interruppe e guardò la ragazzina con occhi sgranati, poi le sorrise. «... confidente.»

«Confidente?» ripeté Flaminia, mettendosi le mani sui fianchi. «Ma non vuol dire niente!»

«Nel senso di persona che confida in se stessa.»

«Ma non è questo che...»

«Non abbiamo tempo per discutere! Avanti, vieni qui.»

Hope le piazzò una schedina sul collo e Flaminia si guardò le mani, aspettando qualche cambiamento. Lei si vedeva sempre uguale, ma per gli altri non doveva essere lo stesso, perché la guardarono con aria soddisfatta.

«Perfetto.»

Anche Hope e Caleb indossarono i loro travestimenti. La ragazza fece loro cenno di avvicinarsi e formarono un cerchio. Si passarono le braccia sulle spalle a vicenda e si abbassarono finché le loro fronti non arrivarono quasi a toccarsi.

«Okay, ce la possiamo fare» disse Hope. «Dobbiamo solo cercare qualcosa che possa darci ispirazione per la nostra storia e filare, nient'altro. Cercheremo di portare Flaminia dove tengono le loro ispirazioni e di rubar... cioè, prendere spunto. Io cercherò di seguirla, mentre voialtri dovrete creare qualche distrazione se le cose si mettessero male.»

«Roger!» disse Kyle.

«No, Kyle, io sono Caleb» ribatté il giornalista alla destra di Flaminia.

«Oh, signore...»

«Che ho detto adesso? Fai l'offeso e non riesci nemmeno a ricordarti il mio nome!»

Hope scoccò un'occhiata sconsolata a Flaminia.

«Adesso sai con cosa ho avuto a che fare finora» sussurrò, scuotendo la testa.

La ragazzina fece una smorfia. Hope non era una santa, ma era meglio trovarle una storia decente che l'avrebbe distratta dal destino che doveva condividere con quei due. E nel frattempo anche scrivere un bel Romanzo-Debutto.

«Ottimo, siamo pronti.»

«In realtà credo che questo piano abbia diverse falle» cercò di dire Kyle, ma una gomitata di Hope gli mozzò il fiato.

La ragazza lo spinse fuori dal vicolo e si diressero tutti assieme verso la luccicante insegna al neon che si trovava sul lato opposto della strada e recitava "Al Calamaio Strillante".

Una fila molto lunga si era radunata davanti all'entrata, composta da persone eleganti in abito da sera. Donne con pochette brillantinate e uomini dai baffi a spazzola li osservarono avvicinarsi con le sopracciglia aggrottate; stavano già per accusarli di aver saltato la fila e ricoprirli di insulti, quando notarono chi era a condurre il gruppo: il grande, il magnifico, l'immenso patrono delle arti Leopoldo Fanti, con indosso uno smoking di fine fattura e una tuba talmente lucida da accecare. I suoi baffetti impomatati avevano dato la vita a una vera leggenda, si diceva che fossero morbidi come la criniera di un cavallo di nuvole.

Le donne lo osservarono con occhi languidi, mentre gli uomini si rodevano dentro perché non erano lui.

«Buonasera» disse Leopoldo al bodyguard che bloccava il passaggio, un omone pelato dalle braccia talmente ampie che ci si sarebbe potuti perdere nelle sue ascelle. Era lui a svolgere la funzione di firewall. «So di non aver prenotato per questa sera, ma potrei...»

«Signor Fanti!» lo interruppe il bodyguard, abbozzando un inchino. «Ma si figuri, entri pure! Il Calamaio Strillante è sempre aperto per lei.»

Leopoldo si toccò il cappello con un indice in segno di saluto e proseguì. Venne accompagnato da tre sciatti individui che reggevano dei bloc-notes elettronici e cercavano di non farsi notare.

«E questi chi sono?» sbottò il bodyguard, sbarrando la strada con un braccio.

«Oh, non preoccuparti. Sono con me. Sono i miei prendi-appunti personali! Quando ho una grande idea non ho tempo di scriverla a volte – sa, la mia mente corre talmente veloce che una sola mano non riesce a starci dietro – e così parlo con i miei prendi-appunti.»

Il bodyguard ritrasse il braccio per lasciar passare i prendi-appunti e si umettò le labbra con la lingua per la paura di aver offeso Leopoldo. Dalla fila di persone provenne un sospiro collettivo di invidia. Anche loro avrebbero voluto dei prendi-appunti personali! Scrivere era un mestiere faticoso.

«Ancora una cosa, signor Fanti!» esclamò il bodyguard.

«Sì?» sospirò l'uomo con la tuba, cercando di contenere una nota di seccatura nella sua voce.

Il bodyguard si torse le mani. «Beh, ecco...volevo solo chiederle... me lo farebbe un autografo, signore?»

E gli porse un braccio. Leopoldo guardò i prendi-appunti in attesa di una conferma, poi prese una penna dal taschino della giacca e firmò i tricipiti del bodyguard.

«Con affetto, a...»

«Gulivero Von Slatovskij Mann Durkin» disse il bodyguard, con un sorriso.

Leopoldo lo guardò con aria confusa.

«Va bene solo Gulivero. Gulivero è per gli amici.»

«D'accordo. Allora, con affetto, a Gulivero... Leopoldo Fanti. Ecco qua, contento?»

«Sì, signore! Contentissimo!»

«Perfetto, allora alla prossima, Gulivero Von... Gulivero.»

Leopoldo sorrise un'ultima volta scoprendo i suoi denti perfettamente allineati, e scostò la porta ricoperta di velluto rosso de Il Calamaio Strillante, immergendosi nella luce soffusa del club letterario assieme ai suoi fedeli prendi-appunti.

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N/A: se volete seguirmi su Instagram, ho un profilo chiamato "dyonisia4526". Avevo una mezza idea di fare delle live dove parlare di libri, scrittura o altre cose. Vi andrebbe?

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