CAPITOLO 17 Decisioni difficili

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Crow se ne stava pensieroso di fronte alla lavagna magnetica, sulla quale erano stati trascritti i nomi delle quattro Veneri. Di Mara Volpe, vero nome di Maggie, colpevole del duplice omicidio di Massimo Bacci a Venezia e di Oliver Fisher a Londra, avevano sia il DNA che la foto recuperata dal medaglione; di Martina Ferrari, rea dell'omicidio di Luca Mieli a Castiglioncello, avevano la spontanea confessione; mentre si poteva ragionevolmente pensare che i diversi DNA recuperati dal capello e dal pelo pubico, rilevati nel Giardino dei Boboli a Firenze, appartenessero ad Angela Baroni e Giulia Romei, responsabili della morte di Paolo Galli.

Da sopra il bordo del proprio computer, la detective Bruni lo osservava, continuando a digitare sulla tastiera. L'ispettore Crow era una persona piuttosto rude e scostante, ma in più di un'occasione si era dimostrato piuttosto sensibile ai principi di lealtà e giustizia sociale: cosa dunque aspettarsi da un uomo come lui?

<<Se vogliamo estirpare il male all'origine,>> disse Edward, dopo un attento esame della situazione attuale <<non possiamo accontentarci di liberare Londra e basta; sarà necessario proseguire le nostre indagini a Livorno.>>

All'ascolto di queste parole, il cuore di Sarah si riempì di gioia e un sospiro di speranza le sollevò l'animo.

<<Tanto per cominciare dovremmo interrogare le famiglie di queste Veneri e farci dire tutto quello che sanno a proposito delle loro figlie e della terapia a cui le hanno sottoposte.>> continuò lui, come se avesse appena tirato le somme dei propri pensieri.

La detective incontrò il suo sguardo e annuì sorridente, poi gli domandò: <<La foto e il DNA di Mara Volpe sono stati inseriti nel sistema, signore, dobbiamo comunicarlo anche alla Dac?>>

<<Non ho ancora deciso.>> le rispose lui, increspando la fronte <<Prendiamoci del tempo: se Mara Volpe è ancora a Londra potremmo sperare di trovarla noi.>>

Alla Bruni fu chiaro che l'ispettore trovasse ora qualche difficoltà a fidarsi della polizia italiana e ne approfittò per incoraggiarlo ulteriormente in quella direzione.

<<Sono d'accordo con lei. La mia teoria è che, dopo aver commesso il crimine a Venezia, l'omicida abbia lasciato l'Italia per meglio sfuggire alla polizia; giunta a Londra si è sistemata in un appartamento in affitto e..>>

<<No, non lo credo possibile.>> la fermò Crow <<Chi sa di dover uccidere ancora, non può permettersi di alloggiare dove si richiede il documento d'identità. A meno che non se ne sia procurato uno falso, ma non penso che le Veneri siano così organizzate.>>

<<Potrebbe aver chiesto tra gli studenti universitari.>> suggerì l'agente Bennett dalla sua postazione <<In cambio di un letto gli avrà offerto un contributo spese, che ai ragazzi fa sempre comodo. E la sistemazione in incognito è garantita. Succede di continuo.>>

<<Plausibile.>> concordò la Bruni <<La data dell'omicidio risale al 10 luglio: durante quei due o tre mesi in cui Mara Volpe avrebbe vissuto a Londra, qualcuno l'avrà senz'altro conosciuta.>>

<<Avrà frequentato fast food o qualche altro punto di ristoro, avrà avuto bisogno di comprare indumenti o accessori, giusto?>> aggiunse la Bennett.

<<La foto della killer è stata diramata a tutti i Distretti; i poliziotti di pattuglia staranno già battendo ogni angolo di quartiere in cerca di informazioni utili.>> dichiarò l'ispettore, e mettendo una mano sulla spalla di Jodie, aggiunse <<E grazie alle telecamere del traffico continueremo a sorvegliare le strade.>>

<<Certo, capo! Mi sto concentrando soprattutto nelle aree vicino ai bus-stop e alle metropolitane: probabilmente userà i mezzi pubblici per spostarsi.>>

<<Ok, ma non trascurare i taxi. Non sappiamo di quante finanze disponga ma non possiamo escludere che non possa permettersi anche un mezzo del genere.>>

Il detective O'Connor e l'agente Taylor erano appena rientrati alla Met.

<<Anche questa è fatta.>> disse il primo, alludendo agli appuntamenti con gli atleti.

<<Perfetto, ho bisogno di entrambi per un altro lavoro.>>

<<Agli ordini, capo.>>

A Taylor, che aveva la licenza di pilota, chiese di far partire un drone BVLOS (Beyond Visual Line of Sight) per controllare i parchi, il lungo fiume e i ponti. E gli affiancò Sarah per dagli una mano. O'Connor, invece, doveva occuparsi delle videocamere dell'aeroporto di Heathrow, caso mai la Volpe decidesse in qualunque momento di tornarsene in Italia.

Prima di andarsene, l'ispettore si trattenne per un po' sulla soglia a guardarli lavorare: gli sembrò che l'operosità della squadra stesse affrontando bene la tirannia del tempo, quell'insaziabile divoratore di sogni, di occasioni perse e di vite umane, che avanza imperituro senza lasciarsi corrompere. Si diresse quindi nel proprio ufficio, dove continuò a pensare a cos'altro poteva essere fatto per acciuffare la Venere, prima del novilunio, e l'unica immagine che continuava a riproporsi alla mente era la Direzione anticrimine italiana. Tuttavia, un grande dubbio lo tormentava: condividere tutto ciò che avevano scoperto con gli investigatori italiani e affiancarli nelle indagini, avrebbe davvero velocizzato la cattura delle Veneri? La saccenteria e l'indolenza mentale, trapelate al loro primo incontro, furono già una sorta di avvertimento sul tipo di impegno e di collaborazione che avrebbero saputo offrire. Si erano dimostrati così poco attenti, e ancor meno solerti, nel ricercare nuove strategie per la cattura delle Veneri, che Edward li aveva subito giudicati degli incompetenti; ma ora, alla luce delle dichiarazioni rilasciate da Martina Ferrari - carnefice e al contempo vittima dell'intera vicenda criminale -, si chiedeva se non fossero stati deliberatamente negligenti. Avrebbero forse avuto maggiore interesse a lasciare il caso irrisolto?

L'alto commissario Kevin Bishop, un uomo di colore sulla quarantina, si presentò al piano della Divisione Criminale in abiti civili. Quando i poliziotti dell'area Major Crime lo videro passare, nell'elegante completo borgogna, si dibatterono subito in varie congetture circa il motivo di quella visita. Sarah sembrò l'unica a vederne i risvolti positivi: se ai piani alti si erano accorti della reale portata di questi crimini, per scongiurarne la crescita in termini sia numerici che di efferatezza, avrebbero deciso di indagare sulla loro origine e, di conseguenza, avrebbero fornito a Crow un adeguato supporto.

Il comandante dello Yard scomparve nell'ufficio dell'ispettore, richiudendo la porta dietro di sé. Era alto quanto Crow, ma di corporatura asciutta; il capello afro ben disciplinato in un taglio corto con bassa dissolvenza alle tempie, le basette sbiadite e un corto pizzetto, gli conferivano un aspetto fresco e pulito, che quasi contrastava con il ruolo che ricopriva. Qualcuno avrebbe potuto facilmente confonderlo con un subordinato di Edward Crow. Era sicuramente giovane, ma conosceva il fatto suo e sapeva come farsi rispettare.

L'ispettore lo invitò a sedersi per fargli leggere, con attenzione, la confessione di Martina Ferrari. Nel mentre, spiegò che la Venere si era costituita sua sponte, sorvolando sulla parte in cui la detective Bruni l'aveva tenuta nascosta nel proprio appartamento.

Dai precedenti rapporti dell'ispettore, il commissario si era fatto un'idea della complessità del "caso Cupido" già quando le prime indagini come crimine locale, avevano avuto uno sviluppo seriale e internazionale. Scoprire adesso che una delle assassine era stata catturata non poteva che compiacerlo; e giunto all'ultima pagina, poggiò il fascicolo sulla scrivania, esclamando sorridente: <<Bene, questo è un punto di svolta notevole, Crow!>>

Ma non appena Edward, in via del tutto confidenziale, gli parlò dei sospetti che gravavano sui colleghi italiani e, contestualmente, gli espose le proprie perplessità a condividere altre informazioni con loro, lo sguardo di Bishop si fece preoccupato.

<<Sarebbe più saggio indagare per conto nostro, signore.>> disse Crow, argomentando le propria opinione <<Se la polizia italiana stesse davvero coprendo i medici coinvolti in azioni illecite, gli basterebbe una soffiata e loro insabbierebbero tutto quanto.>>

<<No, nel modo più assoluto!>> il commissario lo fulminò da dietro gli occhialini di metallo dorato <<Agire da soli in territorio straniero non sarebbe soltanto professionalmente scorretto, ma anche poco produttivo. La collaborazione è uno dei fondamenti per la risoluzione di casi particolarmente complessi, ispettore.>>

<<Perciò dovrei continuare a lavorare con la Dac, con il rischio..>>

<<Non ho detto questo, ispettore. Anche solo nel dubbio che i poliziotti italiani siano corrotti non possiamo rischiare e, in via precauzionale, saremo costretti a bypassarli.>> disse, senza tentennamenti.

Crow fissò in silenzio il superiore, cercando di capire che cosa gli stava dicendo di fare: indagare da soli non andava bene ma allo stesso tempo condivideva con lui il pericolo che le prove potessero venire distrutte.

Poi, assumendo un'aria sorniona, il commissario aggiunse: <<Magari senza farcene accorgere: daremo loro un contentino per non destare sospetti e, parallelamente, porteremo avanti le nostre indagini. Ma non da soli, intesi?>> e gli inviò un'occhiata più che eloquente.

<<Con chi dovremmo collaborare, allora?>>

<<So che in Italia operano differenti forze dell'ordine; oggi stesso mi confronterò con il Ministro dell'interno italiano.>>

<<D'accordo, allora aspetto sue notizie.>>

<<Non appena saprò da Roma quale forza intendono mettere in campo le fornirò i contatti necessari.>> Bishop si alzò in piedi e Crow fece altrettanto.

<<Perfetto, informerò la mia squadra e ci terremo pronti.>>

<<Quando sarete operativi voglio che mi faccia rapporto ogni giorno.>> ordinò il commissario, e gli porse la mano.

<<Sarà fatto.>> promise Crow, in una solida stretta.

Fecero insieme un tratto di corridoio per poi salutarsi definitivamente alle porte dell'ascensore, dopodiché l'ispettore raggiunse la sala operativa. La squadra stava sulle spine: dopo aver fantasticato sui possibili scenari d'azione, ora avrebbero finalmente scoperto chi c'era andato più vicino.

<<Bishop ci chiede di mantenere i contatti con la Dac.>> dichiarò Crow, con le mani sui fianchi.

<<Ma è un suicidio professionale, capo! Passargli le nostre informazioni significherebbe sabotare le indagini dall'interno! Non arriveremo a niente con quelli là fra i piedi!>> fu la prima reazione della Bruni.

<<Ha ragione Sarah, capo: inquineranno le prove, qualora dovessimo trovarle, e ci allontanerebbero dalle vere tracce!>> si unì O'Connor.

<<Ehi, ehi! Aspettate a scaldarvi tanto!>> abbaiò Crow, agitando un braccio nell'aria come a voler frustare la loro impazienza come farebbe un domatore con i propri leoni <<Fatemi finire, dannazione!>>

Ora che i toni si erano abbassati, Edward poté continuare nella spiegazione del piano: <<A loro insaputa, lavoreremo a fianco di un'altra forza dell'ordine operante in Italia.>>

<<Perciò mentiremo alla Polizia italiana?>> chiese la Bennett.

<<Più che altro ometteremo di dire.>> e non fu necessario specificare cosa, perché già s'immaginavano quali sarebbero stati i dati da proteggere <<Uno di questi giorni il commissario ci farà sapere con chi lavoreremo in questa indagine segreta; perciò teniamoci pronti a partire per l'Italia in qualsiasi momento. Non prendete appuntamenti con amici, parenti o fidanzati, e soprattutto tenete la cosa per voi. Domande?>>

<<Andremo tutti e quattro?>> chiese l'agente Taylor, massaggiandosi il collo con una mano e guardando il suo superiore di sottecchi per nascondere il timore della risposta.

<<Che domande, Greg, non vorrai mandarli da soli a risolvere una roba del genere?!>> s'intromise la Bennett <<La tua fidanzatina ti dovrà aspettare!>>

<<Ma quale fidanzatina!>> replicò lui, un po' scocciato <<Stiamo organizzando l'addio al celibato di un amico e ci tenevo..>>

<<Già, non volevi perderti l'incontro con le spogliarelliste, giusto?>> continuò a punzecchiarlo, la Bennett.

<<Piantatela! Non m'interessano le vostre storielle!>> tuonò l'ispettore <<Partiremo tutti e nessun permesso verrà concesso. Sono stato chiaro?>>

<<Sì signore!>>

Ancora una volta Crow era riuscito a disciplinare gli animi degli agenti. Sapeva cosa gli stava chiedendo, ma la professione del poliziotto non era un lavoro come un altro: cercare di rendere il mondo un posto migliore, a cominciare dalle realtà a loro più vicine, doveva essere sentito come una missione e perciò andava fatto con il cuore.

Ciascuno era tornato al proprio lavoro e per un po' non si sentì volare una mosca. Se gli ordini del Capo avrebbero in qualche modo intralciato i programmi privati di qualcuno, questi avrebbe dovuto farsene una ragione e provvedere a riorganizzarsi.

<<Pensiamo bene a cosa poter condividere con la polizia italiana e cosa no.>> si fece avanti la Bruni, rompendo l'imbarazzante silenzio.

<<Potremmo dargli tranquillamente i nomi delle Veneri, ma anche il DNA e la foto di Mara Volpe.... terrei invece per noi la presa in custodia di una di loro.>> affermò O'Connor.

<<Certo che non diremo niente di lei!>> si allarmò la detective Bruni <<Se sapessero che Martina Ferrari ha vuotato il sacco, probabilmente cercherebbero di farla fuori!>>

<<È indubbio che dobbiamo proteggerla.>> dichiarò l'ispettore <<Soprattutto ora che sappiamo essere una preziosa testimone degli illeciti compiuti da alcuni medici; con le prove che raccoglieremo e la sua testimonianza potremo incastrarli.>>

<<E allora come li avremmo scoperti i nomi delle Veneri? Gli racconteremo che ci sono apparsi in sogno?>> l'agente Taylor sembrò aver individuato un punto critico.

<<Diremo che Martina Ferrari, pentita del suo gesto, ha voluto scaricarsi la coscienza rivelandoci i nomi delle altre assassine.>> suggerì O'Connor.

<<No, rischiamo di non essere credibili e si insospettiranno.>> obiettò Crow <<Inoltre è molto probabile che la Dac ritenga più conveniente considerare le "Veneri assassine" come donne malvage e brutali, sprovviste di coscienza o desiderio di redenzione. Donne del genere attirano facilmente l'odio del popolo che, di conseguenza, si sentirà protetto da una serie di leggi pensate ad hoc dal governo. Da qui il motivo per cui ci hanno fatto credere di non sapere chi fossero le quattro assassine e di non avere elementi sufficienti per il loro arresto. Se indagassero seriamente, rischierebbero di portare alla luce delle scomode confessioni.>>

<<Sta dicendo, signore, che non avrebbero alcuna intenzione di risolvere il caso per lasciare vivo lo spauracchio di quelle Veneri che, ribellandosi alle regole comunitarie, si sarebbero auto dichiarate malate e, se non curate, assumerebbero comportamenti criminali? Una moderna caccia alle streghe, insomma.>> sintetizzò la Bennett.

<<E così il governo ha blindando le sperimentazioni sotto un mantello di terapie, legittimate dalla necessità di guarire le giovani donne "difettose" e di proteggere l'intera comunità.>> la mente di Sarah stava pian piano completando l'abominevole puzzle e dal proprio cuore si levò un grido di vendetta piuttosto che di giustizia.

<<Sarebbe dunque tutta una montatura del governo italiano? Quelle donne, senza la terapia, non sarebbero mai diventate delle assassine?>> si meravigliò l'agente Taylor.

<<Al momento sono solo supposizioni, mosse dalla confessione della Ferrari.>> precisò l'ispettore <<A noi spetta trovare le prove di presunti comportamenti volti a delinquere.>>

<<Come per esempio, scoprire il vero obiettivo della terapia?>> fu la domanda retorica della Bennett.

La detective Bruni fu lieta di vedere tutto questo interesse nella ricerca della verità. Una verità nascosta per anni - anche per colpa di tanta omertà fra la gente – che, se fosse saltata fuori, avrebbe rintoccato l'ora della resa dei conti per molte persone. Un epilogo che lei aveva sempre confinato nello spazio onirico delle proprie notti. Ora che gli ingranaggi della giustizia cominciavano a muoversi a tutto campo, la poliziotta sentì l'urgenza di parlare con Martina. Sapere che si sarebbe investigato anche sui medici che l'avevano ridotta così, l'avrebbe sicuramente dato un po' di conforto.

L'ispettore le accordò il permesso ad una condizione: per il bene sia della ragazza che delle indagini, la detective non sarebbe dovuta scendere in particolari.

La Bruni promise che non avrebbe rivelato nessun dettaglio dell'operazione e si dileguò nel corridoio.

<<Come è andata con i Bodybuilder?>> chiese l'ispettore a O'Connor.

<<Molto bene.>> rispose lui d'acchito, e guardò l'agente Taylor per coinvolgerlo nella conversazione <<Per guadagnare tempo ci siamo suddivisi gli atleti, e quelli che ho incontrato io sono stati tutti molto disponibili.>>

<<Anche i miei, capo.>> continuò Gregory <<Tutti hanno ascoltato con attenzione le istruzioni su come comportarsi, nell'eventualità che qualche donna gli si avvicinasse con fare sospetto.>>

<<Gli avete lasciato una foto di Mara Volpe?>>

<<Sì signore!>>

Nel frattempo, in una delle celle dello Yard, Sarah stava incoraggiando Martina ad avere fiducia nella polizia. Presto le indagini si sarebbero estese anche ai dottori del male; e per questo, la squadra sarebbe andata in Italia senza preavviso.

<<Se nei prossimi giorni non mi vedrai farti visita, conosci già il motivo.>>

<<Non ti ringrazierò mai abbastanza.>> disse la ragazza, tra le lacrime.

Martina si accorse del dispiacere che la detective provava per doversi allontanare da lei, ma riuscì anche a sentire la soddisfazione che l'opportunità di chiudere il nefasto capitolo delle Veneri le dava.

Prima di andarsene, Sarah l'abbracciò energicamente come se cercasse di trasmetterle la forza e la speranza necessarie per portare a termine questa battaglia, e le sussurrò <<Voglio che tu sappia che non sei sola e la tua vittoria sarà anche la mia vittoria: il fatto che me la sia cavata nonostante l'esilio non vuol dire che non abbiano abusato anche di me.>>

Richiudendo la cella, guardò Martina un'ultima volta. Non disse niente. Il nodo alla gola sbarrava ogni parola. Si mise allora una mano sul cuore e si allontanò verso l'ascensore.

Nel tragitto verso i piani alti, rifletté su tutto ciò che aveva perso per colpa loro - gli affetti, l'autostima, la serenità– e la rabbia le fece stringere i pugni così forte da incidersi la pelle con le unghie. Quando le porte si aprirono, O'Connor se la trovò davanti, sconvolta. L'azzurro dei suoi occhi era virato al blu marino e Thomas pensò che fosse successo qualcosa alla Venere in custodia; decise allora di non entrare in ascensore ma di ritornare in sala con lei. Non poteva lasciarla da sola, in quelle condizioni.

Sarah camminò di fianco a lui come un automa. A metà corridoio, si fermò di colpo e gli confidò cosa la turbava.

<<Tom, ho l'adrenalina a mille! Combatti o fuggi, sono le alternative. Quest'attesa invece mi sta uccidendo: vorrei essere già "sul ring", capisci cosa intendo?>>

<<Lo capisco perfettamente, anch'io mi sento inutile qui. Il capo ci fa sorvegliare le strade e l'aeroporto di Londra ma, con tutto quello che abbiamo scoperto, è in Italia che dovremmo essere.>> la strinse a sé e la baciò sulla fronte.

Il bacio più completo che una persona possa ricevere. Sarah sentì forte e chiaro che Thomas era l'uomo giusto: il tocco delle sue labbra ebbero il potere di carezzarle l'anima. In quel semplice gesto, spontaneo, lei si sentì completamente abbracciata: i pregi, i difetti, le origini. E in quel preciso istante avrebbe potuto confidargli ogni cosa, senza timore.

Nel frattempo la Bennett li superò, ma la detective non poté vedere lo sguardo pungente che la collega aveva appena lanciato a Thomas, perché le dava le spalle.

Jodie, intuito che i due si sarebbero ben presto messi insieme, non la prese molto bene e dovette fare una piccola sosta nel bagno: doveva riprendersi da quella delusione sentimentale. Si rinfrescò il viso e parlò al riflesso nello specchio, come si fa a una vecchia e fidata amica: <<Ci hai provato, Jodie. Lei è stata gentile nel farti credere che ti avrebbe comunque lasciato una porta aperta; ma, a quanto pare, mia cara, è l'amore etero ad aver vinto.>>

<<Sono molto incazzata, Tom!>> continuò Sarah, alzando i pugni <<Se penso a quegli stronzi e a come hanno ridotto quelle povere donne, sento soltanto vendetta! Capisci? Quando invece dovrei percorrere la via della giustizia!>>

<<Sai, avrei un'idea per liberarti da tutta questa collera.>> disse Thomas, con il fascino della tenerezza.

<<Ah sì?>> replicò lei, con sguardo malizioso.

<<Mi dispiace deluderti ma sei fuori strada: non ci sto provando, lo giuro.>> ribatté lui, alzando le mani <<Penso di avere quello che ti serve; però ti devi fidare di me ed essere disposta a venire a casa mia.>>

La detective accettò il misterioso invito; tornò in sala a prendere le proprie cose per poi tornare in ascensore insieme a O'Connor.

<<Andremo a piedi!>> disse lui, dirottando l'indice di Sarah che stava per premere il tasto del sotterraneo <<Non è molto lontano il mio appartamento.>>

La Bruni lo guardò senza aggiungere niente: l'istinto le diceva di potersi fidare, inoltre non era una brutta giornata e due passi l'avrebbero aiutata a ossigenare il cervello.

Costeggiarono il fianco destro dello Yard e si ritrovarono sulla Whitehall. Al centro della strada il monumento The Women of World War II era lì a onorare l'importante ruolo che le donne avevano avuto durante la grande guerra. Guardando i diversi indumenti femminili scolpiti sul grosso blocco di bronzo, Sarah provò un forte senso di orgoglio e gratitudine, e si chiese se anche lei sarebbe stata all'altezza della propria guerra.

O'Connor non intendeva affatto svelarle il rimedio che aveva in mente per lei, ma la detective voleva sentirsi un po' preparata prima di avventurarsi in casa sua; e buttandola sullo scherzo, quando furono all'altezza degli OWO Residences, disse: <<Ah, non pensavo tu fossi una persona così facoltosa! Vivi in uno di questi appartamenti di lusso?>>

L'Old War Office, un tempo sede delle decisioni politiche e militari più importanti– come quelle prese dal Primo ministro Winston Churchill quando guidò il Regno Unito alla vittoria nella seconda guerra mondiale -, fu completamente ristrutturato e, dal 2022, ospitava le Branded Residences, case di lusso con servizi da hotel.

<<Se hai intenzione di offrirmi un bel massaggio rilassante nella migliore spa di Londra,>> continuò lei, cercando di camuffare l'ansia da incognito <<accetto volentieri!>>

<<Vuoi scherzare? Con la paga da poliziotto? Per vivere qua dentro avrei dovuto rapinare una banca!>> replicò lui, divertito.

Raggiunsero l'imbocco di Great Scotland Yard, la strada che dette il nome alla prima stazione di polizia metropolitana aperta nel 1829. Dopo un attento restyling, che non snaturasse l'estetica architettonica, l'ottocentesco edificio di mattoncini rossi era diventato un pittoresco hotel a cinque stelle dai lussuosi e sorprendenti arredi, resi unici dagli inserti di vecchi oggetti appartenuti alla polizia e ai criminali del tempo. Un immobile davvero unico.

Mentre attraversarono la celebre via, la Bruni allungò un occhio sull'antico orologio affisso sull'angolo della facciata del vecchio Comando. Il parallelepipedo di legno, nel quale erano incastonati quattro quadranti, ricordava molto una casetta per gli uccellini. Sporgeva completamente dal fabbricato, e per questo sembrava essere sospeso nell'aria.

La pausa pranzo non era infinita e Sarah si stava un po' preoccupando.

<<Almeno puoi dirmi quanto c'è da camminare ancora?>>

<<Non ti facevo una pigrona!>> esclamò lui, affrettando il passo.

Presto la Whitehall si aprì nell'immensa Trafalgar Square: da un'altezza di 52 metri, l'ammiraglio Nelson, a cui i Britannici dovevano la vittoria sulla flotta Franco-Spagnola nel 1805 a largo di Capo Trafalgar in Spagna, dominava l'intera piazza; sul basamento della colonna, i bassorilievi - realizzati col bronzo fuso dei cannoni dei francesi sconfitti e in cui si narravano le sue grandi vittorie – e gli austeri leoni, accovacciati ai quattro angoli, ricordarono a Sarah che la vittoria andava conquistata con pazienza e perseveranza. Fece un respiro profondo e cercò di fare suo lo spirito del valoroso ammiraglio.

<<Siamo quasi arrivati, non ti fermare.>> le disse O'Connor, vedendola distratta.

In St Martin's Place lui si arrestò di colpo, guardò la collega e, mantenendo ancora alta la sua curiosità, le disse: <<Bene, siamo arrivati. Sei pronta?>>

Sarah lo seguì fino al portone e si meravigliò di star per entrare in casa di un uomo. Il suo ultimo, e unico, fidanzato risaliva al tempo delle scuole Superiori. Da quando le fecero credere che gli uomini con lei non sarebbero stati al sicuro, evitò di frequentarli. Iniziare una storia sentimentale con qualcuno, con l'incubo mensile di potergli fare del male, sarebbe stato un enorme tormento. Ecco perché l'esilio le era sembrato un modo sicuro per proteggere le persone che amava: suo fratello, suo padre e, ovviamente, Nicola. All'epoca, quando gli occhi ingenui di un'adolescente non erano ancora in grado di vedere oltre le apparenze, allontanarsi dall'Italia non rappresentò soltanto una condanna inflittale dal proprio governo ma anche un personale atto d'amore verso gli uomini della sua vita. Perciò, cosa ci faceva ora in casa di Thomas, avendo capito che lo amava davvero? E cosa sarebbe successo se avesse lasciato a tale sentimento la libertà di crescere e di esprimersi sul suo corpo?

Cercò di tenere a bada questa paura, mentre lo sguardo si allungava sull'open space che le stava davanti. Il piccolo loft aveva delle grandi vetrate a doppia altezza che, insieme al parquet di rovere, contribuivano a renderlo molto luminoso. Gli occhi della detective impattarono subito sulla cucina: un'isola centrale bianca fungeva, nella prima metà, da tavolo, con le tre sedie ambo i lati, mentre nella seconda conteneva un piano cottura e un lavello in acciaio. La parete bianca, verso cui correva l'isola, ospitava una colonna forno, una colonna frigo e una porta filo muro.

Sulla sinistra una rampa di scale minimali, con gradini senza parapetto, conduceva al soppalco, da dove il profilo delle lenzuola color caramello annunciava la presenza di una camera.

O'Connor la invitò a salire, poiché il rimedio per la sua collera stava proprio là sopra.

<<Se pensi di avere le vertigini stai lungo la parete.>> le suggerì, vedendola esitare.

Le mensole di rovere su cui dovevano camminare erano molto spesse e sicuramente robuste, ma per come erano fissate nel muro si aveva la sensazione di salire sulle tessere di un grandissimo domino, sospeso nel nulla. Tuttavia Sarah non era pensierosa per doversi confrontare con la scala nuda, ma perché non si sentiva più tanto sicura di voler continuare in quella direzione.

In cima alla rampa, la detective vide degli attrezzi da palestra che erano del tutto invisibili dal piano terra. All'angolo sinistro della parete perimetrale c'era una panca multifunzionale e poco distante da quella un sacco nero e rosso che penzolava dal soffitto.

<<Qui è dove alleno i muscoli e scarico i nervi.>> disse il collega, togliendosi giacca e maglietta, scarpe e calzini.

La Bruni lo squadrò, apprezzando silenziosamente il suo torso nudo.

<<Io corro...>> seppe dire soltanto.

<<Prova anche tu, dai. Mettiti comoda, così sarai più libera nei movimenti.>> disse, sorridente, mentre saltellava già sul posto come un vero pugile <<Coraggio, spogliati e colpisci! Vedrai, mi ringrazierai!>>

Lei lo guardò di sbieco. Il letto, addossato alla parete destra, sembrò ammonirla che poteva essere un trabocchetto per indurla a fare sesso. Non che non lo desiderasse – in fin dei conti, anche quello, sarebbe stato un buon mezzo per sciogliere le tensioni -, ma non poteva concederselo.

<<Vattene Sarah, va' via, è troppo pericoloso per entrambi. Non sottovalutare i tuoi ormoni: cosa succederebbe se Thomas risvegliasse la Venere difettosa dentro di te? Vuoi davvero rischiare di uccidere l'uomo che ami?>> le disse una vocina.

I dorsali si torcevano e i deltoidi si alzavano e si riabbassavano ad ogni colpo sferrato. Il corpo di Thomas cominciò a riscaldarsi e Sarah notò le prime goccioline di sudore affiorare sui bicipiti ben scolpiti e scorrergli sugli addominali. Rimase immobile a fissare la causa del proprio tormento, fino a quando O'Connor non la invitò di nuovo all'azione.

<<Coraggio, il kick boxing è ciò di cui hai bisogno. Fidati! Immagina che il sacco sia uno di quegli stronzi che vorresti abbattere, e dacci dentro con calci e pugni!>>

Le insegnò come fare: tre pugni dritti alternati, iniziando di destro, e un calcio col piede destro, poi ancora tre pugni, sinistra-destra-sinistra, e un calcio di sinistro. E così via.

Lei poggiò il giubbino in pelle sulla panca, ai cui piedi giacevano manubri di diversa grandezza, si tolse le scarpe e aprì, uno dopo l'altro, i bottoni a calamita della camicetta di jeans. Rimase con il reggiseno e una canotta fucsia a spalla larga; lui però le consigliò ti toglierla se non voleva intriderla di sudore, visto che dopo sarebbero ritornati al lavoro.

Sarah accettò il consiglio e tolse pure quella; cominciò quindi ad assestare i primi calci e pugni, che delusero un po' le aspettative di Thomas. Lui sapeva perfettamente che la collega aveva energia da vendere: in alcune situazioni di forte stress, aveva potuto cogliere tutta la sua aggressività.

<<Così non servirà a nulla. Hai intenzione di fare il solletico ai tuoi avversari oppure vuoi cambiargli i connotati? Devi raccogliere tutta la tua rabbia e scaricarla qua sopra.>> disse lui battendo la mano sul sacco <<Pensi di farcela, baby?>>

La detective chiuse gli occhi e ripensò a tutte le ingiustizie subite negli anni, rievocò nel proprio cuore il dramma di Martina e di tutte le Veneri violentate, come lei, dalla falsa medicina. Quando i nervi iniziarono a fremere, sotto l'impulso della collera, e le iridi, blu mare, cominciarono a gridare vendetta, si accanì pesantemente su quel sacco che la mente nel frattempo aveva reso antropomorfo. Era così concentrata che Thomas scomparì dal suo campo visivo, sebbene fosse ancora lì a osservarla con preoccupazione.

L'urlo che accompagnava ogni singolo colpo sembrava provenire direttamente dalla disperazione dell'inferno: uscì rabbioso e graffiante come se l'aria, prima di attraversare le corde vocali, arrivasse dai polmoni corredata di artigli.

Dopo cinque minuti di ferocia continua, la detective si arrestò di colpo, abbracciò il sacco e si lasciò cadere sulle ginocchia, sfinita. Grazie alla pazienza e alla perseveranza dimostrate da Thomas era riuscita a vomitare buona parte di quel risentimento represso negli anni, e quella sensazione di leggerezza sullo stomaco e sul cuore la fece commuovere.

Si piegò in avanti fino ad appoggiare la fronte sul tatami verde salvia, come spesso si rannicchiano i neonati.

<<Ehi, Ehi! Perché piangi?>>

<<Sono una di quelle Veneri, Tom!>> avrebbe voluto confessare per sgretolare l'altra parte di macigno che gravava sul cuore, <<Piango perché sono felice di essere qui e di essermi innamorata di te. Ecco la ragione di queste lacrime.>> ma non ci riuscì.

O'Connor non tollerava vederla in quello stato: avrebbe voluto guarirla all'istante da quella sofferenza, qualunque essa fosse. S'inginocchiò di fianco a lei e le mise il braccio sinistro intorno alle spalle: un modo per dirle che lui era lì e che, al di là delle apparenze di dongiovanni, sapeva essere un uomo solido. Desiderava che Sarah potesse credere nella sincerità del suo cuore e per questo aveva deciso di mettere un freno alla propria natura libertina; tuttavia, quello che accadde in seguito fu proprio ciò che si era ripromesso di non fare.

L'elastico di Sarah si era spezzato e i capelli, scompigliati sotto l'irruenza dei colpi sferrati poco prima, le nascondevano completamente il viso. Thomas l'aiutò a portarsi seduta e la fissò, languido, mentre le liberava le guance da alcune ciocche che, col sudore misto lacrime, vi si erano appiccicate.

Lei sentì la sua carezza spostarsi dolcemente sul proprio mento, tenuto ora tra l'indice e il pollice; quest'ultimo decise di avanzare fino alla bocca e lentamente ne seguì il profilo, da sinistra verso destra e da destra verso sinistra.

Nel silenzio, ovattato dalla sospensione del tempo, si guardarono come l'"Adone e Venere" della scultura del Canova. Thomas notò gli sguardi fugaci della collega verso le proprie labbra e l'istinto gli suggerì di baciarla. <<Adesso o mai più.>> pensò lui.

Si posò, delicato, sul suo arco di cupido e vi si trattenne, aspettandosi uno schiaffo o un vaffanculo, da un momento all'altro. Non arrivando né l'uno né l'altro, meravigliato, desiderò guardarla in viso per esser sicuro di non aver sbagliato; a Sarah sembrò invece che si stesse tirando indietro, così fu lei a riprendersi quell'assaggio d'amore che un attimo prima aveva sentito arrivare dalle sue umide labbra.

Thomas incontrò la sua lingua in un paso doble e, senza alcuna resistenza di lei, si distesero sul pavimento: il contatto dei toraci nudi accelerò i battiti e la respirazione di entrambi. Thomas la liberò dal reggiseno e lei gemette non appena sentì il suo caldo respiro sul petto; poi tornò sulle ginocchia per sbottonarle il pantalone, e fece scendere la zip. Sarah avrebbe fatto altrettanto con i suoi jeans, se l'immagini di lei e Nicola nel ripostiglio della scuola non si fosse frapposta a quel desiderio, accendendo la sua più grande paura di morderlo e di nutrirsi del suo sangue.

In preda al terrore, dette una forte spinta al torace di Thomas e lo disarcionò dal proprio corpo.

<<Perdonami Tom! Perdonami!>> farfugliò mortificata, mentre raccoglieva le proprie cose.

Fuggì via, senza uno stralcio di spiegazione.

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