Capitolo 11

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Passarono alcuni giorni dalla serata a base di sushi e Vivian ormai era tranquilla, aveva un quadro molto ampio della situazione e di come tutti fossero collegati tra loro. Le sembrava così di riuscire quasi a controllare davvero cosa stesse accadendo nella sua vita, invece ogni cosa stava sempre più svolgendosi in un modo che non si sarebbe mai aspettata.
Quella sera a lavoro non c'erano visi troppo diversi dai soliti, se ne stava dietro al bancone e si muoveva ogni volta che si riempiva il suo vassoio. Indossava dei jeans stretti che aveva comprato in un negozio in centro, una grossa catena d'abbigliamento femminile dove nessuno degli Archibald aveva mai osato mettere piede. Probabilmente era la prima volta che un prodotto di quella marca toccava la candida pelle di una di loro, le venne da ridere a quel pensiero.
« Vivian questi vanno al tavolo tre. » A rubarla dai suoi viaggi mentali fu la voce del barista, solitamente non c'era bisogno di richiamarla: scattava sull'attenti pronta a volare verso i clienti appena vedeva Diego avvicinarsi, quella volta non fu così e lui lo notó presto.
Si sentiva stranamente rilassata, come se nessuno potesse più turbare la sua vita finalmente perfetta.

Portó il vassoio fino al tavolino, dai clienti; questi iniziarono a parlare confessandole di essere in Italia per studiare.
Servì gli studenti francesi impeccabilmente, non aveva idea dove studiassero ma solo sapere che fossero lì in erasmus l'agitó rompendo tutta la calma in cui si era cullata prima. Le crolló addosso tutto il suo passato e i segreti che ancora non aveva rivelato a nessuno.

Dopo le supposizioni di Martina fece più attenzione a cosa combinassero Michael e Leonardo, il suo coinquilino non le avrebbe mai rivelato nulla sull'amico, ma poteva sempre spiarlo per captare strani segnali. Era così riservato che stargli dietro le sembrava impossibile, ma ci provó comunque, era divertente giocare all'investigatrice.
S'infiló il blocchetto delle ordinazioni nella tasca del grembiule insieme alla penna, tornó ad osservare la sala da dietro al bancone. I gomiti poggiati sulla superficie in legno e il busto piegato in avanti.
Sospiró annoiata, quella sera Martina non c'era, al suo posto lavorava la ragazza del turno pomeridiano ma con lei Vivian non aveva alcuna confidenza e non le sembrava simpatica e spigliata come la sua amica.
Ogni tanto controllava l'ingresso come a controllare se potesse entrare da un momento all'altro, ma non arrivava mai.
Si era presa una serata per stare con il fidanzato, da quello che aveva capito le cose andavano male ultimamente e credeva che una notte di passione avrebbe risolto tutto. Vivian non seppe cosa dirle quando le raccontó delle sue intenzioni, approvava assolutamente la notte di passione ma non aveva idea di come si aggiustassero le cose rotte.

Lei di solito scappava, e non funzionava mai.

All'improvviso in uno dei tanti momenti in cui si era persa a fissarla, la porta principale si aprì ma al posto di Martina entró un'altra faccia conosciuta. Era Michael, alzó una mano per salutarlo da lontano, mentre seguiva i suoi movimenti fino al bancone: camminava lento, osservava il posto intorno a sè come se non volesse perdersi neppure un dettaglio di quel locale squallido. Vivian non aveva mai saputo trovarci niente di interessante oltre all'area pittoresca tipica della citta di Firenze, invece lui era certa vedesse tutto in un modo diverso. I colori delle mattonelle incastrate a formare una colonna diventavano uno sfondo da ricreare, gli archi facevano da scenario ad una storia medievale ancora non narrata da nessuno e sicuramente avrebbe tolto tutti i led delle luci colorati per sostituirli con qualcosa di più naturale, più vero e rovinato.

I capelli gli coprivano metà del volto infatti prima di risponderle al saluto prese un elastico che teneva sul polso tatuato e se li legó sopra la nuca. Le piaceva di più quando li teneva sciolti, aveva un'aria più tormentata e misteriosa, così all'apparenza sarebbe potuto sembrare quasi una persona come le altre. Bastava osservarlo attentamente per capire che fosse di un altro universo.

Battè le mani sul bancone e le rivolse un sorriso sfacciato e sfrontato ma al contempo dannatamente simpatico, quasi gentile.
Lei gli rivolse uno sguardo divertito. « Come mai qui? »
« Non sei contenta? » Si mise a sedere su uno sgabello e puntó i gomiti sulla superficie compatta, lo sguardo puntato in quello di Vivian. Lei alzó un sopracciglio, e lui in risposta a quel gesto così stranamente sfrontato da parte sua si sporse in avanti, per farsi sentire meglio mentre abbassava il tono della voce. « Te l'ho detto che sarei venuto a scroccare da bere e gradirei che tu mi facessi ubriacare. »
« Sei serio? » Si, si rispose da sola, era serissimo e fare le cose senza pensarci un attimo era un suo magnifico pregio, non si domandava quasi mai il senso delle sue decisioni, bastava che gli sembrassero divertenti.
« Certo, inzierei con dell'amaro. »
« Amaro Lucano? »
« Ti sembro così scontato? » Roteó lo sguardo, fece cenno al barista di non occuparsi di Michael, ci avrebbe pensato lei.
« In effetti, sei più un tipo da Jefferson. » Prese due bicchieri da sotto il tavolo, Michael la guardó sorpreso di quel gesto così irresponsabile e inusuale per come pensava fosse lei.
« Ti fanno bere mentre lavori? » La provocó volutamente, era curioso di sapere la sua risposta.
« Il capo non c'è. Comunque non mi hai risposto. »
« Si, mi piace il Jefferson, come l'hai capito? »
Stava per rispondergli male, per ridere di quella domanda stupida, invece lui era serio ancora una volta. Era curioso di sapere da quali sfaccettature della sua persona lei avesse compreso i suoi gusti, ammesso che non avesse tirato ad indovinare.
Lei alzó le spalle e si voltó per prendere la bottiglia dallo scaffale dietro.

Tornó poi a prestargli attenzione, lo guardó dritto negli occhi, stava ancora tentando di metterlo a disagio. « Perchè è intenso, sia il profumo che il sapore. Peró non è forte, fastidioso. È perfettamente bilanciato tra la dolcezza degli agrumi e l'amaro delle spezie. » Da uno che sapeva apprezzare le sfumature di ogni cosa e che adorava vivere sempre a mille non si aspettava niente di diverso, mentre parlava stappó la bottiglia e inzió a riempire i bicchieri. « È un po' come te, strano da morire. »
Riprese volutamente una frase che aveva usato lui con lei qualche tempo prima, Michael se ne accorse e invece che sentirsi in imbarazzo sembrava lusingato, intrigato da come lei riusciva a giocare con lui.

« Quindi secondo te mi piacciono le cose intense? »
« E delicate, il profumo è dato dagli agrumi. »
« Non ti facevo così attenta. »
Lei allungó verso di lui il suo calice e afferró il proprio, gli rivolse un sorrisetto beffardo mentre gli rispondeva soddisfatta. « Io osservo tutto. » Specialmente quello che le interessava o incuriosiva.

« Un brindisi? »
« È il mio primo brindisi in Italia. » Lui sgranó gli occhi, come se fosse stata davvero una cosa importante.
« Allora brindiamo al tuo arrivo. »
Lei alzó le spalle accontentandolo, tiró su leggermente il bicchiere e poi lo posó davanti a se, Michael fece lo stesso, poi si sfidarono con un'ultima occhiata e bevvero il loro amaro. Il liquido ambrato le scivoló nella bocca e le infiammó la gola, si sentì bruciare e quella sensazione mischiata a retrogusto amarognolo della bevanda era squisita.
Michael si passó la lingua sulle labbra per ripulirle completamente e non lasciare neppure una goccia non gustata. Lo osservó compiere quel gesto mentre si riprendeva, s'incantó qualche secondo e poi riprese a respirare.

Si guardó intorno come a controllare che nessuno le stesse prestando troppa attenzione. « Ti lascio la bottiglia, devo finire di servire. »
Lui storse la bocca perchè gli sarebbe piaciuto averla tutta per lui, fu un pensiero così strano che dovette scacciarlo via subito dalla sua testa. Era lì per l'alcol gratis, che ci fosse lei o Martina a lui poco doveva cambiare, anche se con Vivian si divertiva da morire, non poteva negarlo. Si versó ancora da bere, mentre osservava la sua coinquilina darsi da fare tra i tavoli da lontano.
Sembrava così brava e responsabile che si chiese come diavolo ci fosse finita a vivere con lui, in quell'appartamenro squallido con il più squattrinato e pigro degli artisti, scappato di casa e ripudiato da qualsiasi famiglia avesse mai avuto. Era così leggera mentre si muoveva nella sala che pareva quasi danzasse, sorrideva a tutti come se realmente fosse contenta di trovarsi lì. Quella era una dote che contrastava con l'idea che si era fatto di lei, una così ingenua come l'aveva immaginata non avrebbe mai saputo fare un'espressione talmente falsa da incantare tutti.

Tornó dopo un po' con il vassoio vuoto e tolse il proprio bicchiere da sopra al bancone, evidentemente decisa a non bere più. « Mi lasci bere da solo? »
Si mise davanti a lui, chinó il capo per avvicinarlo meglio mentre gli rispondeva abbassando il tono della voce.
« Per il momento, si. »
« È un invito questo, Miss America? »
Adorava sfotterla, le piaceva perchè sapeva rispondergli e non se la prendeva. Riusciva ad ignorarlo abbastanza da non farsi toccare troppo dalle stupidate che diceva ma contemporaneamente lo incalzava quasi sempre. Aveva una lingua inaspettatamente tagliente, sebbene il viso e i modi fossero tanto angelici.

Vivian gli sorrise, pronta a pungere con un'altra battuta ma fu interrotta dal rumore della vetrata all'ingresso mentre sbatteva forte contro lo stipite per chiudersi. Sospiró irritata ma indossó subito un sorrisetto cordiale per andare incontro a chiunque avesse sbattuto la porta, quindi alzó lo sguardo e cambió subito espressione quando vide chi fosse: Martina.

Aveva l'aria affranta e dopo quell'entrata irruente si bloccó come se non sapesse più cosa fare. Vivian rivolse un'occhiata stranita a Michael e poi andó incontro all'amica.
Quando le fu vicina notó gli occhi lucidi e le guance rosse. « Hai pianto? »
Marti fece per rispondere ma riuscì solo ad annuire in silenzio e a buttarsi su Vivian, l'abbracció così disperatamente che la bionda si sentì quasi a disagio, non abituata certamente a queste esternazioni. Dopo un primo istante di smarrimento l'accolse tra le proprie braccia avvolgendola delicatamente. Non aveva idea di cosa fosse successo ma supponeva c'entrasse Leonardo. « Dai, mettiamoci a sedere così mi spieghi, ti va? » La sentiva singhiozzare contro il proprio collo, disperata come non immaginava potesse mai essere nella sua vita una tipa solare come lei.

Mentre si staccavano Vivian si voltó e cercó lo sguardo di Michael per rivolgergli un'occhiata allarmata, scosse il capo come a dirgli che non sapeva cosa stesse succedendo, ma aveva bisogno di aiuto.

Si sedettero ad un tavolino e la giovane dai capelli dorati si sporse in avanti rendendo il suo sguardo tipicamente e naturalmente glaciale il più dolce possibile.
« Vuoi qualcosa di caldo? »
« Voglio ubriacarmi. »
« Dal tuo alito e da come parli posso presumere tu lo sia già abbastanza. » Rispose secca, mostrando una smorfia contrariata. Marti la guardó sconcertata, Vivian si rese conto di aver reagito come una perfetta Archibald, piena di freddezza e priva di qualsiasi tipo di sensibilità o empatia.

Sembro mia madre.
Colpevolizzare le vittime era tipico della sua famiglia, pensavano di renderle più forti. « Che cosa è successo? »

« Leonardo mi ha mollata, sicuramente ha un'altra quello stronzo. » Vivian sgranó gli occhi, le erano sempre sembrati così presi l'uno dall'altra, a quanto pareva l'unica realmente innamorata era Marti. « Stasera l'avevo invitato da me per stare insieme, risolvere la situazione di cui ti avevo parlato... » Fece una pausa per riprendere fiato e buttare giù il pianto che le era salito in gola e non la faceva respirare. Stava soffrendo da morire. « Invece lui ne ha approfittato per— » Non riuscì a continuare, tornó disperatamente a piangere. Non serviva che dicesse altro, la situazione era abbastanza chiara.
Incroció le braccia sul tavolo e ci infiló il viso dentro, Vivian si voltó nuovamente verso Michael, perchè non correva dalla sua amica?
Si chiese se non fosse a conoscenza delle intenzioni di Leonardo.

Il moro artista stava ancora gustandosi il suo amaro, ogni tanto le guardava da lontano e si dispiaceva terribilmente, si avvicinó solo quando fu certo di essere abbastanza brillo da poter offrire un supporto psicologico decente.
Prese la bottiglia che gli aveva dato Vivian insieme al suo bicchiere e porse entrambi gli oggetti a Martina.
L'americana lo fulminó con lo sguardo, a lui per un attimo parve di prendere fuoco. « Che fai? È giá ubriaca si sentirà male. »
Lui sospiró scocciato, come se stesse per spiegarle un'ovvietà. « Sai perchè piange? »
« Si, si è lasciata. » Mise le mani sopra i polsi di Michael per bloccarlo mentre avvicinava il bicchiere alla bottiglia per versare a Martina un po' di Jefferson.
Lui si bloccó e trasalì a quel contatto, succedeva ogni volta che si sfioravano per sbaglio, si creava una tensione strana e piacevole. Incatenó il proprio sguardo al suo e le sorrise languidamente.

« Conosci un altro modo per curare un cuore infranto, Miss America? »

Lei rimase zitta, in effetti no, non aveva idea di come si curasse un cuore infranto, non aveva idea di come si affrontassero la maggior parte delle emozioni.
Dell'amore poi non conosceva nulla, figuriamoci come consolarsi dopo una rottura. Non aveva mai amato, neppure da adolescente, neppure quando avrebbe potuto.
Allontanó la presa dalle sue braccia e si rimise composta, senza dire niente.
Lui invece era esperto di delusioni amorose?

Martina continuó a bere e Vivian decise solo di rimanerle accanto e farla sfogare come poteva, in quelle condizioni sarebbe stato inutile qualsiasi discorso, non l'avrebbe compreso e il giorno dopo se lo sarebbe scordata.

Chiese al barista di aiutarla con gli ultimi clienti e poi a chiudere il locale, quando andó via rimasero solo in tre: le due colleghe e Michael.
« Io lo amavo da morire, vi giuro, lo amavo. » Teneva la testa tra le mani e lo sguardo sconvolto sul tavolino di legno. « Io pensavo che ci saremmo sposati— un giorno. » E continuava a piangere. « È orribile, non ameró mai più, non troveró mai più un altro come lui. »
Farfugliava frasi sconnesse, cariche di tristezza. Si tirava ogni tanto le maniche del cappotto verde, torturandole come fossero un antistress. « Pensavo di essere tutto e invece non ero niente, credevo di aver capito un sacco di cose... sono stata una stupida. »
Vivian aveva già rimesso al suo posto la bottiglia di Jefferson da un pezzo, Michael non si era opposto segno che anche lui non volesse rischiare troppo.

Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno disse niente, aspettavano che Martina continuasse a sfogarsi ma anche lei pareva aver finito le lacrime. Alzó il capo dalla posizione che aveva tenuto quasi per tutta la notte e guardó prima Vivian poi Michael.

« Devo vomitare. »
« Cazzo. » mormoró subito lui a denti stretti. Balzarono subito entrambi all'impiedi e l'afferrarono lei da sinistra mentre lui da destra. Michael fece per andare verso il bagno ma lei gli fece cenno di no con il capo. « È chiuso, l'ho chiuso prima. »
Lui sgranó gli occhi. « Hai chiuso il bagno con lei in queste condizioni? »
Non aveva tutti i torti, non sapeva che rispondergli tanto era agitata, solo serró le labbra e poi gli urló la prima cosa che le venne in mente. « Sei tu che l'hai fatta ubriacare! »
« ...Ragazzi sto per vomitare. »

Merda, merda, merda.
« Fuori, fuori! » Lui alzó la voce e inizió a trascinarla verso l'uscita, fecero appena in tempo a varcare la soglia del locale che Martina vomitó tutto quello che aveva bevuto sul marciapiede. Vivian dovette girare un attimo il capo dall'altro lato per evitare di seguirla mentre le reggeva la testa con una mano posata sulla fronte.
« Michael togliti l'elastico e legale i capelli. »
Lui annuì e si sciolse la chioma corvina per aiutare l'amica. Mentre aveva le dita impigliate tra le ciocche brune di Martina la guardó visibilmente in difficoltà, Vivian non sapeva che dirgli, ma le sembró decisamente buffo.

Gli rise in faccia e subito scoppió a ridere anche lui.
« Siete degli stronzi. »
Commentó Martina, sentendoli così divertiti mentre lei stava soffrendo. Era inginocchiata a terra, con le mani cercava di tenersi i capelli per evitare che si sporcassero di vomito mentre i suoi amici la reggevano dalle spalle.

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