Capitolo 9

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I giorni passarono tutti uguali, ogni tanto Vivian, Michael, Martina e Leo facevano serata insieme, era trascorsa una settimana e l'americana era contenta di aver trovato un gruppetto di persone con cui passare il tempo. Marti era stata gentilissima sin da subito, probabilmente era tutto merito suo se adesso sedevano insieme, a casa di Michael e Vivian con davanti dell'ottimo cibo giapponese e del vino da consumare.
L'avevano sgraffignato da lavoro le due cameriere, Vivian aveva finalmente ottenuto la sua paga e aveva deciso come prima cosa di offrire la cena a tutti i suoi amici: se ci fosse stato John l'avrebbe considerata una stupida, quello era un chiaro esempio di cosa secondo lui non dovesse mai farsi, cioè favori senza aspettarsi nulla in cambio, senza alcun ritorno in futuro.

Era seduta a terra, avevano deciso di sistemarsi in salotto davanti al caminetto per stare più caldi, infatti il clima si era raffreddato all'improvviso e Vivian aveva avuto l'idea di accenderlo. Scoprì che Michael non l'aveva mai usato perchè non sapeva come si facesse, lei non era mai stata una persona molto pratica ma a casa sua aveva visto tante volte i domestici ravvivare il fuoco in modo che tenesse caldo agli Archibald nelle lunghe giornate invernali.
Aveva sistemato una coperta sul pavimento per renderlo meno ghiacciato, Michael e Leo si erano accomodati sui divani in pelle mentre le ragazze sul plaid di lana con la schiena poggiata tra le gambe una dell'amico l'altra del fidanzato.

Vivian prese con le bacchette un uramaki.
« Io non ho ancora capito perchè voi due vi conoscete. » Parló con la bocca piena, indicando con i bastoncini di legno prima Leo poi l'amico, non aveva mai chiesto loro in che rapporti fossero e neppure era riuscita a dedurlo: erano talmente differenti, uno disprezzava le proprie origini americane mentre l'altro non vedeva l'ora di svignarsela via dall'Italia, Michael non aveva mai voluto saperne di studiare mentre Leonardo era un secchione di prima categoria, anche quella sera si era portato i libri dietro per ripassare delle cose che probabilmente somigliavano molto a quelle che avrebbe dovuto imparare lei a Parigi.

« Miche non te l'ha detto? Siamo fratelli. »
Vivian aggrottó le sopracciglia, una cosa simile le sembrava impossibile, perchè oltre a non avere nulla in comune nei loro caratteri, anche i tratti fisici erano totalmente opposti.

Si sentì il tintinnio di due bacchette che si posavano sul piatto, Michael si preparava a parlare. « Fratellastri. »
Le aveva detto che i suoi fossero separati, adesso era tutto più chiaro.

« Sua madre ha sposato mio padre, in pratica. »
« Questa casa sarebbe di suo zio. »
A vivian si geló il sangue nelle vene. Quindi la loro famiglia in qualche modo conosceva Lorenzo? Sapeva la verità su Vivian? Probabilmente no, altrimenti le avrebbero già chiesto spiegazioni.
La calma iniziale si tramutó in un'angoscia insistente e insopportabile, tanto che le si chiuse lo stomaco e le venne da vomitare. Doveva immediatamente sentire Lorenzo.
Si ricordó di quello che aveva detto Michael all'inizio del proprietario di casa, esattamente il primo giorno in cui si erano visti, lo descrisse come un riccone abbastanza stronzo che ogni tanto si scordava pure di ritirare la quota dell'affitto.
Doveva odiare quell'uomo, Vivian non disse niente, non era in alcun modo intenzionata a rivelare i suoi segreti ma non gli nascose un'espressione stupita. Lui incontró il suo sguardo e sembró vergognarsi di quella piccola omissione. Lei non lo giudicó in alcun modo, anzi, lo capiva, sua compagna di rancori e delusioni familiari. Ecco perchè, inconsapevoli l'uno della storia dell'altra, si erano comunque volutamente astenuti dal farsi domande troppo intime, sarebbero state scomode per entrambi.

« Okay, ora è tutto chiaro. »
« Sul serio non lo sapevi? » Marti stava seduta con le gambe incrociate, gli occhi spalancati mostravano un'espressione esageratamente sconvolta. Vivian alzó le spalle, decisa a non mandare troppo oltre quella conversazione, era evidente che a Michael desse fastidio.
Fece segno di no con la testa e si rimise a mangiare, odiava l'atmosfera silenziosa che si era creata attorno a loro. Decise di smorzarla cambiando discorso, dopo aver preso un altro uramaki, adesso che i pensieri irrazionali si erano calmati e allontanati dalla sua testa, la fame le era tornata.

« Mettiamo un po' di musica? »
« Ci penso io! » Si propose subito Leo, che si alzó per andare a prendere il telefono lasciato in camera di Michael, il quale invece si era assentato qualche momento per andare in bagno.
Rimasero solo lei e Martina. « Certo che Miche è davvero una persona particolare. »
Vivian alzó le spalle, rimase impassibile davanti al suo sushi. « Avrà le sue ragioni per comportarsi come crede. » Più che per difendere lui, Vivian rispose in quel modo perchè erano molto simili, si sentì attaccata quindi sul personale.
Martina rimase colpita da quello slancio di bontà di Vivi non capendone il vero motivo.

Certamente Michael non aveva bisogno di essere difeso dall'ultima arrivata, eppure non le sembró giusto lasciar passare quel commento.
« Già, si. Comunque volevo chiederti un favore. » Si liberó delle bacchette e avvicinó Vivian, come se volesse parlarle nell'orecchio. Si sistemó una ciocca di capelli scuri dall'altra parte del viso in modo che l'altra potesse leggerle il labiale.
« Dimmi. »
« Se dovessi scoprire che Leo mi tradisce, me lo diresti, vero? » Quindi era questo, il favore? Vivian si tranquillizzó, era esperta nel dire bugie e scoprire veritá scomode.
« Certo che si, ma perchè, temi che abbia un'altra? » Si ritrovarono entrambe a parlare sottovoce, ogni tanto volgevano lo sguardo altrove per controllare che nessuno dei due ragazzi stesse tornando.
« Di recente è un po' strano, sembra che non voglia più stare con me. »
« In che senso? »
« Sembra più il mio migliore amico che il mio ragazzo, non so come spiegarlo. »
Non aveva idea di come poterla capire, lei non si era mai trovata in una situazione simile: tutti i fidanzati li aveva lasciati perchè le sembrava noioso passare la vita solamente con una persona, credendo di poter sempre trovare di meglio. Riteneva il suo caso fosse la normale conseguenza di stare insieme a chiunque per troppo tempo, la passione si affievoliva e rimaneva solo il rispetto.
« Se dovessi sapere qualcosa te lo direi subito. »
« Grazie. »

Dopo qualche secondo tornarono gli altri e tutto riprese normalmente, Leo mise una delle sue playlist come sottofondo a quella serata e l'imbarazzo di prima venne, almeno apparentemente, dimenticato.

Quando la serata si concluse e i due inquilini rimasero da soli si misero a pulire, Vivian portava i piatti e bicchieri in cucina, poi Michael li lavava. Erano una squadra vincente, e quando anche l'ultimo fazzoletto fu buttato Vivian raggiunse la cucina e aiutó Michael a sistemare gli ultimi piatti, lavarli era il suo lavoro quindi faceva abbastanza presto.

« Non ti ho detto niente della mia famiglia perchè— »
Vivian lo interruppe subito, non voleva spiegazioni, non le pretendeva e non riteneva neppure fosse giusto lui dovesse dargliele per forza. « Michael, lascia stare, se non vuoi che— » Fu zittita da un gesto con la mano di lui, le fece cenno di no con un dito accompagnando il movimento ad uno sguardo di dissenso.

« Sono stato un idiota a dire quelle cose sullo zio di Leo, anche se sono vere.
Non ho un bel rapporto con quella parte di famiglia, neanche con l'altra in realtà, praticamente vado d'accordo solo con Leo. »
Lo capiva, lo comprendeva da morire. Indossava una maglietta nera da sotto una felpa con la zip dello stesso colore, i pantaloni della tuta grigi stonavano con la sua personalità così macabra ma gli donavano in ogni caso. Aveva il corpo rivolto verso Vivian, con un fianco si poggiava al bancone dove si trovava il lavello mentre le braccia erano incrociate sotto il petto.

« ...Ti vorrebbero diverso. »
Mormoró quella frase in un sussurro flebile, a denti stretti; non pensava lui l'avrebbe sentita.
Lo sguardo verso il basso, come se stesse parlando a se stessa, non a Michael.
Solo che l'italiano era proprio lì davanti a lei e aveva sentito tutto, si meraviglió per la seconda volta di quanto facilmente Vivian riuscisse a comprenderlo. Eppure sapeva ci fosse altro, dietro la maschera sempre assonnata e sorridente della sua coinquilina si nascondeva un animo decisamente tormentato e misterioso. Ne era convinto, solo qualcuno complicato come lui poteva leggergli la mente come stava facendo lei.

« ...Esatto, ma io sono così, e non potrei essere in un altro modo. »
Le sembró di sentire se stessa, dovette sbattere le palpebre un paio di volte per tornare collegata alla realtà. Lo sguardo di Michael era ancora puntato su di lei, la osservava cercando di capire cosa pensasse, ma era impossibile scavalcare il muro che metteva tra se e chiunque altro.

Aveva sofferto troppo per rischiare di farsi trovare nuovamente scoperta, vulnerabile. « Ti capisco. Non devi giustificarti con me. »
Perchè lo capiva? Non riusciva proprio ad aprirsi, Vivian, odiava l'idea che potesse considerarla una riccona viziata esattamente come lo zio, che tanto disprezzava.
« Ci sono cose di cui non è facile parlare, non si ha voglia di farlo. Dovremmo saper rispettare i silenzi degli altri. »

Si guardarono per un secondo in un modo diverso, come se qualcosa tra di loro si fosse realmente connesso, fu un istante davvero strano e se ne resero contro entrambi: infatti lui per primo distolse l'attenzione dallo sguardo di Vivian che gli fu grata di averle tolto quel peso terrificante.

Si riprese presto e scostatosi un ciuffo dietro l'orecchio le rubó ancora l'attenzione e qualche respiro. « Le persone dovrebbero essere tutte come te. »
Lo disse in modo spontaneo, quasi dolce, ma Vivian invece che sentirsi contenta si fece schifo, lui si era aperto mentre lei non aveva ancora avuto il coraggio di raccontargli nulla del perchè fosse lì, con lui in quella casa. « E cioè? Come sono io? »
Questa volta fu lei a provocarlo, per quanto fingesse bene di essere una brava ragazza era pur sempre Vivian Archibald. Quindi si poggió con un fianco al bordo del bancone e posizionó una mano sull'altro, lo sguardo fisso e malefico in quello di lui. Stava usando il suo trucchetto per divertirsi, era una cosa che aveva imparato a fare in famiglia, se quel modo di agire riusciva a far vacillare suo padre con Michael doveva essere una passeggiata.

Invece lui prese la palla al balzo e ribaltó la situazione, chinandosi verso di lei per averla più vicina. « Strana, strana da morire. » Lo sussurró piano, lei rimase immobile mentre le parole le scivolavano addosso e raggiungevano le sue orecchie. Voleva essere un complimento? Comunque quella vicinanza forzata non le piaceva, soprattutto perchè non ebbe la reazione che si era immaginata.

Con le altre persone era tutto facile, Vivian riusciva a prevedere sempre le risposte alle proprie provocazioni, mentre con lui era diverso. Sembrava riuscire sempre a fregarla, a metterla in difficoltà.
Non avere il totale controllo sugli altri e su se stessa era la più grande paura di Vivian.

Per farlo allontanare gli mise una mano in alto sul petto e fu la cosa più sbagliata che potesse fare, prima di quell'istante tra di loro non c'era mai stato alcun contatto fisico, non aveva idea di come fosse sentire il suo respiro da sotto il palmo delle sue mani, il petto che si alzava e abbassava lentamente. Sentì le dita tremare da sopra il tessuto della maglietta di lui.

Michael non disse niente, abbassó solamente lo sguardo e attese in silenzio che lei mettesse più forza in quel gesto, invece che rimanere immobile. Era curioso di vederla in imbarazzo, o a disagio, o semplicemente fare qualcosa.

Ritrasse la mano e assottiglió lo sguardo chiaro.
« Anche tu sei strano da morire, Michele. »
Non arrossì, per fortuna non era abbastanza innocente da sentirsi così in imbarazzo solo per quei momenti.

Lui le rivolse un sorrisetto sfacciatamente malizioso e poi se ne andó nella propria stanza.

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