Fattaccio alla Pensione Stella

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Stress. Ssssstresss. Sibilante come un serpente, si insinua sotto pelle, ti rende una molla. Scatti a destra e a manca, rimbalzando tra presentazioni e interviste e ti stritola, lentamente, come un Boa Constrictor. 

Finché la mente non visualizza un orizzonte piatto. Una spiaggia possibilmente deserta, un orlo di bandierine galleggianti che ipnotico si alza e si abbassa col mare. Su giù, su giù, come un respiro.

Ho bisogno di una vacanza.

L'ho realizzato nel pieno della campagna di crowdfunding del mio ultimo libro.

Credetemi, essere una scrittrice affermata non è affatto invidiabile come potreste pensare. Almeno, col mio carattere. L'ansia da prestazione è lentamente cresciuta, finché come un'onda ha cominciato a spazzar via le mie idee migliori.

Presente le mie Confessioni di una Caffettiera? E le Memorie della Teiera? E la mia arguzia che ispirò in televisione nientemeno che la serie della signora in giallo? Avete presente quell'ammirazione negli occhi dei fans che ti dice: caspita, sei un fottutissimo genio?

Beh... tutto ciò è distruttivo, una droga da cui cominci a dipendere. Devi continuare, continuare... e ogni cosa deve essere ALMENO all'altezza delle precedenti. Se non, meglio.

Lentamente, inesorabile, l'ansia comincia a serpeggiarti nella mente. Viscida, soffocante. Potrei scrivere... no, scontato. Questo? Troppo visto. Quest'altro? Popolare nel senso deleterio. Di facile accoglimento, ma senza contenuti aggiunti, insipido come le cose dietetiche, appunto, senza zuccheri. Allora... questo? Troppo ricercato, affettato, snob.

E la penna virtuale, fatta di clik clik di tasteria, rallenta e si ferma. Un giorno, due, un mese. Un mese senza scrivere. È tantissimo, un vero blocco.

Ho bisogno di una vacanza.

Mentre onoro gli impegni già presi, la organizzo. Irraggiungibile. Voglio rendermi irreperibile.

Quindi, mi serve un luogo dove non ci si aspetti d'incontrarmi, qualsiasi gusti la gente possa ritenere che io abbia. Un posto senza mostre, acquapark, castelli medievali... solo mare, e una pensioncina familiare. E per completare la bizzarria della scelta, prenoto quando al mare non ci si va più.

D'inverno, voglio andarci, o almeno in autunno avanzato. Cerco a casaccio località marittime italiane, scarto le più note e frequentate, aggiungo che siano vicine a oasi naturalistiche, cancello quelle troppo lontane da casa perché non voglio prendere aerei né traghetti né treni tecnologici, riduco a una lista, e tiro due dadi.

Sette. Ecco qui: il settimo nome è... Misano adriatica? Fisso il muro di fronte a me. Dove cavolo è?

Mi stringo nelle spalle.

Leggo: Oasi naturalistica del Conca. Uccelli migratori e acquatici stanziali. Percorso 14 km, in piano, facile a piedi, o in bicicletta, volendo. 

Ottimo. Pensione Stella, una delle poche aperte anche a Novembre. Prenotato.

E via di corsa, alla serata per presentare il libro che ancora non c'è ma ci sarà, se raccolgo abbastanza preordini. Così funziona 'sta cosa benedetta del crowdfunding, che vorrei non aver accettato.

Chi può comprare un libro ancora non stampato? Sulla fiducia? E mi sento schiacciare dall'aspettativa di chi mi ha letto in passato ed entusiasta ne vuole ancora. Ancora. Ancora parole, ancora avventure, ancora intuizioni geniali e colpi di scena.

I colpi li sento nello stomaco, e una vaga nausea mi impedisce di mangiare di gusto. 

Devo riposare, devo andare in vacanza. 

Il caldo di Luglio, l'afa di Agosto e poi le sue piogge improvvise. Il vento di Settembre, il freddo assurdo di Ottobre, senza più logica alcuna di stagioni, gli agricoltori disperati per andamenti che fanno impazzire le campagne, anticipare o persistere o distruggere fioriture inattese.

Novembre mi piomba addosso che la campagna è finita, gli ordini raggiunti, il libro in editing. E poi? Poi il vuoto, non ho più scritto niente. Infilo tre pantaloni di tuta e cinque felpe in valigia, scarpe da ginnastica di ricambio, biancheria, un libro e un'agenda intonsa. Chiudo la borsa con dentro le cose sparse: caricacellulare, chiavi, soldi, documenti, ombrellino, occhiali di scorta... spazzolino, dentifricio... cartina stampata da google maps, che almeno se il cellulare si scarica so dove andare. Ricevuta della prenotazione per la pensione. Mi arrovello per capire se dimentico altro, mi stringo nelle spalle e mi metto alla guida.

Nel silenzio, nella solitudine, nella pioggia di una giornata grigia e piuttosto fredda. Mi fa compagnia il tergicristalli, e mi lascio cullare dal ronfo del motore, regolare. Guido piano, senza fretta. Nessuno mi aspetta, ho la giornata per arrivare. Dove mangerò? Non ho idea ma sarà bello avere la libertà di fermarsi dove capita.

Prenderò un tramezzino. O forse una focaccia. E un gelato. O forse meglio una cioccolata calda. Mi trovo a sorridere, e quando la pioggia esagera, mi fermo semplicemente in una piazzola, a godermi il rumore sulla carrozzeria, chiusa in un piccolo guscio caldo.

Da tempo non sono così tranquilla, così disposta a guardarmi intorno, per vedere gli alberi sotto la pioggia e le pozzanghere tempestate di goccioloni fitti, ribollenti. Quando scampa un po' riprendo la strada, tra squarci di cielo schiarito, affacciato tra i nuvoloni.

Arrivo alla pensione Stella nel tardo pomeriggio, serena come se il vento abbia spazzato via, insieme, nuvole fuori e dentro. Salgo in camera e scopro dalle finestre il mare, inquieto. Davvero una boa fa su e giù.

La stanza è piccola, disadorna, pulita. Lascio le robe in valigia, tiro fuori solo scarpe e pantofole. Testo il materasso, morbido, il cuscino, troppo duro, le coperte, leggere, ma ce n'è una in più nel piccolo armadio.

Mi cambio al volo e scendo, mi informo e c'è un posto per mangiare praticamente di fronte a noi, dall'altra parte della strada. Mi copro bene ed esco a fare due passi. Saluto con un cenno i pochi che incrocio, in un rigurgito di cordialità.

Al rientro trovo delle macchine della polizia davanti alla pensione. Mi avvicino preoccupata superando il piantone perché, dico, ho una stanza nella pensione e praticamente mi scontro con un ufficiale che sta uscendo di furia.

Mi fissa: "La signora in giallo!" Esclama. E poi: "E ma certo che tra lei e don Matteo fate più morti che... ma andate nelle grandi città, che in quelle piccole decimate la popolazione!"

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