Lo senti anche tu?

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«Harry James Potter!» esclamo, rincorrendo mio figlio di appena un anno e tre mesi, che, nonostante sia così piccolo, sta già scorrazzando da una parte all'altra della nostra abitazione sulla piccola scopa che Sirius gli ha regalato. È stato gentile, Felpato, certo; ma quel bambino è veramente iperattivo. Uguale a suo padre, dopotutto.
«Avanti, Harry!» lo appello, riuscendo ad acchiapparlo e prenderlo in braccio, facendo, però, cadere la scopa.
«Evans!» esclama mio marito, raggiungendoci a bocca aperta «Come puoi trattare una così bella dama in quel modo?» chiede, inorridito.
Scuoto la testa sorridendo: James Potter non cesserà mai di essere un bambino. Sistemo Harry sul divano e prendo gli occhiali di Ramoso:
«Non so come tu faccia, ma sono sempre sporchi...» prendo un fazzoletto di stoffa e li pulisco «e poi devi abituarmi a chiamarmi "Potter"» dico, rimettendo gli occhiali sul suo naso.
«Hai ragione, Evans» ribatte lui.
Io sorrido leggermente e lui scuote la testa:
«Potter. Volevo dire Potter» si corregge, ridendo.
Harry, intanto, tiene in mano Le Fiabe di Beda il Bardo e ci guarda come se ci stesse invitando a leggerle.
Guardo mio marito per un attimo e poi mi siedo sul divano, accanto a mio figlio, mentre James mette il piccolo sulle sue ginocchia.
«"La Fonte della Buona Sorte"?» chiedo.
Harry batte le manine, con un sorriso che avrebbe potuto mostrare tutti e trentadue i denti, se solo gli fossero già spuntati.
«In un giardino incantato chiuso da alte mura e protetto da potenti magie, in cima a un colle scorreva la Fonte della Buona Sorte.
«Una volta all'anno, tra l'alba e il tramonto del giorno più lungo, un solo infelice aveva il privilegio di intraprendere il viaggio alla Fonte, bagnarvisi e ricevere Buona Sorte per il resto della vita.
«In quel giorno, centinaia di persone giungevano da ogni parte del regno per essere davanti alle mura del giardino prima dell'alba. Maschi e femmine, ricchi e poveri, giovani e vecchi, con poteri magici e senza, si ammassavano nella notte, ognuno con la speranza di essere l'eletto a entrare nel giardino.
«Tre streghe, ognuna col proprio fardello di pene, s'incontrarono ai margini della folla e aspettando l'alba si raccontarono a vicenda le proprie disgrazie.
«La prima, di nome Asha, era malata di un morbo che nessun Guaritore sapeva curare. Sperava che la Fonte la risanasse e le garantisse una vita lunga e felice.
«La seconda, di nome Altheda, era stata derubata da un mago malvagio della casa, dell'oro e della bacchetta. Sperava che la Fonte la liberasse dall'impotenza e dalla povertà.
«La terza, di nome Amata, era stata abbandonata da un uomo che amava caramente e pensava che il suo cuore non ne sarebbe mai guarito. Sperava che la Fonte la sollevasse dal dolore e dalla nostalgia.
«Le tre donne ebbero pietà l'una dell'altra e decisero che, se la fortuna le avesse scelte, si sarebbero unite e avrebbero cercato di arrivare alla Fonte insieme.
«Il cielo fu squarciato dai primi raggi del sole e nel muro si aprì una fessura. La folla si accalcò, e ognuno gridava il proprio diritto alla benedizione della Fonte. Dal giardino uscirono dei rampicanti, serpeggiarono tra la gente e si attorcigliarono alla prima strega, Asha, che afferrò il polso della seconda strega, Altheda, che si strinse alla veste della terza, Amata.
«E Amata s'impigliò nell'armatura di un cavaliere dall'aspetto lugubre, in groppa a un cavallo magro fino all'osso.
«I rampicanti tirarono dentro le tre streghe attraverso la fessura e il cavaliere venne disarcionato e trascinato insieme a loro.
«Le urla furiose della folla delusa si levarono nell'aria del mattino, poi tacquero quando le mura del giardino si richiusero»
Un rumore. Smetto di leggere all'istante e il mio sguardo saetta verso mio marito, che sembra avere la mia stessa espressione.
Sento la voce di mio figlio che mi incita a continuare la lettura. Il rumore sembra cessato, ma non continuo comunque. Piuttosto, rimango a guardare Harry con occhi sbarrati: i suoi capelli corvini ordinatamente spettinati, i suoi occhi verdi come i miei-oltre ad essere l'unico tratto ereditato dalla sottoscritta-e il suo piccolo sorriso che, lentamente, si spegne.
«Mamma?» chiede.
È ancora uno stupore, per me, sentirmi chiamare in quel modo: la prima volta, qualche mese fa, è stato magnifico.
Guardandolo, mi chiedo solo ora se riuscirò mai a vederlo crescere, spegnere le candeline al suo compleanno, tornare a casa da Hogwarts insieme ai suoi amichetti... sono sua madre. Voglio vedere ciò che succederà.
Guardo mio marito con gli occhi lucidi. Lui mi bacia dolcemente, capendo al volo quello che sto pensando.

Un altro rumore.

Harry comincia a piangere, senza capire cosa stia succedendo. Sembra provenire da lontano. "Tutto andrà bene" mi ripeto "Non sa dove abitiamo. È un totale segreto".
Eppure presto scopro di sbagliarmi.
Una luce attraversa la serratura della porta, ed essa si apre all'istante.
Sono paralizzata: non riesco a muovere un muscolo.
«Lily!» James mi riporta alla realtà, scuotendomi per le spalle «Lily! Prendi Harry e scappa!» esclama.
Faccio per ribattere, ma lui mi pianta in braccio nostro figlio:
«Scappa!» mi ripete.
Stringo Harry tra le mie braccia e mi dirigo correndo verso la stanza più vicina: quella di mio figlio. Quando mi giro per chiudere la porta, sento un tonfo che mi fa rabbrividire: l'ultima immagine di mio marito è quella di lui a terra, con gli occhi spalancati e pieni di terrore.

Chiudo la porta e appoggio Harry nella sua culla. È in lacrime.
"Sciocca, sciocca Lily!" penso "Entrare in una stanza e chiudere la porta! Non c'è azione più stupida!".
Non c'è più tempo: sta arrivando. Voldemort sta arrivando ad uccidermi, tanto vale dire anche il suo nome.
Ma non può finire così. Devo avere l'ultima parola.
«Harry...» richiamo l'attenzione di mio figlio «Sii coraggioso. Mamma ti ama. Sii forte. Harry, papà ti ama».
La porta alle mie spalle si apre:
«Prendi me! Lascia stare Harry!» intimo al terribile uomo che mi sta affrontando. Non si può nemmeno chiamare "uomo", uno come lui.
Lui in tutta risposta ride: è una risata agghiacciante, terribile. Vedo la punta della sua bacchetta puntata contro di me e la sua voce sottile mormorare:
«Avada Kedavra».
E poi il silenzio.

§§§§§§§§

Stringo le mani sul manubrio della mia Motocicletta e cerco di fare mente locale. Con gli anni, ho imparato che nei momenti di difficoltà bisogna darsi delle risposte, iniziando da quelle più ovvie e via via complicandole.
"Mi chiamo Sirius Orion Black. Ho ventun anni. Sono scappato da casa quando ne avevo sedici, e sono andato a vivere dal mio migliore amico, James Potter, che è sposato con Lily Evans-Potter. O era sposato".
No, si sta già complicando tutto e sto andando in confusione. In un momento normale avrei pensato a quanto io sia sexy, ai miei morbidi capelli neri che si muovono al vento, ai miei occhi profondi che strizzo spesso quando vedo una bella ragazza... tutto sembra scomparire con il pensiero di James e Lily morti.
Ramoso morto. Quel Ramoso! Quello della mano tra i capelli, del boccino, degli occhiali, della Evans... il mio migliore amico. Morto. Eccolo lì, a terra, tra le macerie.
La vista mi si annebbia e non riesco più a pensare. È colpa mia. Avrei dovuto prendermi l'incarico di essere il loro custode segreto.
Scendo dalla motocicletta e vedo Hagrid, il guardacaccia, con in braccio Harry. Sono il suo padrino, l'ultimo punto di riferimento che gli resta.
«Dallo a me, Hagrid» gli intimo, avvicinandomi a lui, con le lacrime agli occhi che cerco di nascondere, invano.
«No, signor Black. Ordini di Silente» mi spiega.
Mi fido di quell'uomo, ma non voglio nemmeno lasciare Harry.
Alla fine annuisco, capendo che il Preside farà il possibile per dargli una vita.
«Prendi la mia motocicletta» gli dico, indicandola.
La guardo per un attimo e ricordo quei giorni in cui Ramoso e io andavamo su di essa per le strade di Londra e una lacrima scivola lungo la mia guancia.
No, nessuno deve vedere Sirius Orion Black piangere.
«Grazie» dice Hagrid, salendo sulla motocicletta. Harry, fra le sue braccia, piange ancora.
Mi chiedo come abbia fatto un bambino a sopravvivere a un attacco del genere. "Dovevo essere io il loro custode" penso di nuovo "Non..."
«Peter Minus» completo il pensiero ad alta voce e corro via.

Dopo un po' lo vedo: è lì, davanti a me, con il volto spaventato e la voce tremante:
«James e Lily, Sirius! Come hai potuto?» chiede.
Faccio per ribattere, ma un fascio di luce sfreccia verso di me. Sfodero la bacchetta e ricambio la Fattura.
Non voglio, non devo fargli male: era mio amico.
Sono così concentrato su questo pensiero che quasi non mi accorgo del fatto che Peter è sparito. I suoi abiti sono ancora lì, così come...
«Un dito!» esclama qualcuno, inorridito.
Strizzo gli occhi e rimango sconcertato: uno, due, tre... dodici corpi sono a terra, con il terrore dipinto sui loro volti. Babbani.
«Cosa...?» balbetto.
Non avevo mai pensato che Peter Minus potesse addirittura pensare qualcosa del genere.
Qualcuno mi prende per un braccio:
«Signor Black, lei è in arresto per omicidio di dodici Babbani innocenti e un mago coraggioso come Minus» annuncia una voce.
Riduco gli occhi a fessure e vedo il Ministro della Magia. Uno scherzo: dev'essere tutto uno scherzo. O è proprio quell'uomo ad essere un emerito idiota, come direbbe la McGrannitt. Comincio istintivamente a ridere, mentre mi scortano via. "Andrà tutto bene" mi ripeto, mentre continuo a ridere "Sono innocente".

§§§§§§§§

James e Lily non erano abbastanza? A quanto pare no. Anche Peter è morto. Vedo Sirius passarmi davanti. Ride.
Ride come quando James aveva provato a guardare Lily mentre faceva la doccia ed era caduto; ride come quando la McGrannitt aveva messo in punizione Ramoso per qualcosa che invece aveva fatto lui; ride come quando ero arrossito perché avevo raccontato loro il mio piccolo problema peloso.
Ride.
E non smette.
Il suo volto sembra segnato dalla pazzia; dall'incredulità, oserei dire.
Cosa farò, ora? Non ho alcun punto di appoggio.
Non ho nemmeno la forza di far ragionare il mio amico che sta diventando totalmente pazzo. Le gambe mi cedono, le palpebre mi si stanno chiudendo.
«Remus...» fa una voce dietro di me.
Non la ascolto. Torno a casa, con un peso immenso sul cuore, la mente annebbiata e i pensieri spenti e pessimisti. E piango. Piango come non ho mai fatto nella mia vita per il dolore di una trasformazione, per un incidente; piango persino di più di quanto io abbia pianto per la morte di mia madre.
È crudele che resti un solo Malandrino. È tecnicamente impossibile. I Malandrini erano quattro: o tutti, o nessuno.

§§§§§§§§

Il funerale è finito. Solo tre persone rimangono al cimitero di Godric's Hollow.
Prendi un respiro profondo e ti decidi ad aprire gli occhi. È difficile, per te, stare in piedi senza sentire il cuore martellare nel petto. La tristezza è immensa.
Guardi davanti a te: c'è un uomo inginocchiato a terra, con la testa bassa, gli occhi chiusi e le guance bagnate. I suoi capelli sono tendenti al grigio, sebbene sia molto giovane. Le poche parti che vedi del suo volto sono segnate da cicatrici.
Ci sono anche io, lo sai? Proprio lì, a poca distanza da quell'uomo. Anche io sono inginocchiata a terra, e guardo la lapide davanti a me come se le stessi parlando. Rassicurarlo? Non ci riuscirei. Il dolore è troppo grande.
Decidi di non rassicurarlo nemmeno tu. Ti siedi sull'erba, guardandoci. Ti chiedi perché il mondo sia così crudele da concepire qualcuno come Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Ti chiedi perché avesse dovuto uccidere qualcuno di così puro come Lily e James Potter.
Lo senti anche tu? Il pianto di entrambi, che si fonde a quello di una Fenice appollaiata su un albero qui vicino, che cerca di ridare forza a tutti? Lo senti anche tu?
Ti avvicini a noi. Alzo lo sguardo per un attimo e ti rivolgo un leggero sorriso. Poi torno a guardare la lapide, con gli occhi lucidi, sperando in un abbraccio che non arriverà.
Anche tu sorridi debolmente, come per rincuorare entrambi, ma anche te.
Lanci uno sguardo alla lapide:
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte".
Sfoderi la tua bacchetta e fai comparire una ghirlanda di fiori bianchi. Ti imito, creando delle rose rosse, simbolo del loro amore.
Non ce la fai più a guardare quella pietra e vedere Remus Lupin in quello stato. Giri le spalle ed esci dal cimitero, facendo dei respiri profondi.
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte".

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