L'incubo

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Eccolo.

Lo sento.

Sento i suoi passi nel corridoio.

Sta arrivando.

Il pelo che ricopre il mio retro si rizza sempre, nello stesso momento in cui me ne accorgo.

La maniglia si abbassa e lui corre, con quei passi pesanti, diretto verso di me, sopra di me.

Un tonfo sordo mi scoppia in tutti e tre i miei canali uditivi.

Il mio appiglio, il mio giaciglio, sobbalza con vigore, più e più volte.

Su e giù.

Su e giù.

Se fossi una creatura che ripone la propria fede in un'entità superiore, la pregherei di farlo smettere! Di far cessare questo tormento che mi scombussola le viscere.

Affondo gli artigli nel materasso per non cadere.

E finalmente tutto si ferma.

Ma non arriva il silenzio a lenire il mio dolore, no: arriva anche lei, la genitrice. I suoi passi sono lenti, leggeri, e tutto fuorché rassicuranti, perché io sento solo l'inquietudine crescere sempre di più, man mano che la distanza tra noi diminuisce.

«Quante volte ti ho detto di non saltare sul letto?» La sua voce graffia.

«Va bene, mamma...» Ma questa voce... Questa... Mi lacera la mente!

Allora uso due delle mie protuberanze palmate per coprire l'involucro del mio essere.

Vorrei essere una di quelle bestie dotate di guscio, per rintanarmi al suo interno e venirne fuori solo al mattino, quando questo mostro abbandona il nido e io posso ritrovare un po' di pace.

«Mi leggi una storia?» E invece no... Non ho il piacere di scomparire dal mondo.

Sono legato a questa stanza, a questo letto: il mio corpo si assottiglia, infilandosi tra la fredda rete pungente e il soffice materasso, e di questo vivo.

O forse, sopravvivo.

Perché non posso sopportare oltre le loro voci che leggono e commentano un'altra storia. Di fantasmi!

Magari fossi un fantasma! Potrei diventare evanescente e attraversare il pavimento e lasciare questa casa e tutti i suoi terribili abitatori. E potrei innalzarmi, su, nel cielo, per poi sprofondare nella terra ed essere accolto dalle sue viscere e non essere più obbligato, ogni notte, a questa tortura.

«No, è tardi».

Eppure a volte, raramente, succede: la genitrice si nega, e lo obbliga a mettersi a letto; in quel letto che è il mio letto.

«Ok. Buona notte, mamma».

«Buona notte, tesoro». E spegne la luce. E chiude la porta.

No! Non chiuderla, donna malefica! Lascia che io, guardando quello spiraglio, possa sognare di poter fuggire, di potermi liberare da tutto questo!

E invece la chiude.

E io rimango qui, in silenzio, sentendo il suo respiro farsi sempre più pesante.

Inspira.

Espira.

È lento.

È pressante.

E fa più paura della sua voce, perché quando parla posso individuarlo.

Invece quando è immobile, sotto le coperte, sopra di me, sento il suo corpo, sento la sua presenza, sento la paura.

Secerno il mio liquido fetido attraverso la peluria che ho sull'estremità inferiore.

Domani mattina sarò di nuovo costretto a leccarla. E a leccarmi.

Finché arriverà la notte e ricomincerà tutto. Daccapo.

E penserò di nuovo "Eccolo".


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Il prompt era questo:

https://www.wattpad.com/646893613-mettiti-in-gioco-anche-tu-2-giorno-22-l%27incubo



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